Allorquando le parti, pur volendo attuare un rapporto di lavoro subordinato, abbiano simultaneamente dichiarato di volere un diverso rapporto lavorativo al fine di eludere la disciplina legale inderogabile in materia, il giudice di merito, cui compete di dare esatta qualificazione giuridica del rapporto, deve attribuire valore prevalente al comportamento tenuto dalle parti nell’attuazione del rapporto stesso.
Questo il principio ribadito dalla Corte di Cassazione nella sentenza numero 21824, depositata il 15 ottobre 2014. Il fatto. La Corte d’appello condannava il datore di lavoro a corrispondere una somma a titolo di compenso per il lavoro subordinato svolto in un determinato periodo dal lavoratore, nonché un’ulteriore somma, a titolo di indennità sostitutiva della reintegrazione per l’ingiustificato licenziamento ex articolo 18, comma 5, l. numero 300/1970, avendo la lavoratrice esercitato il diritto di opzione. La Corte riteneva che tra le parti fosse sussistito, accanto all’incontestato incarico professionale in qualità di produttore libero, anche un distinto rapporto lavorativo di natura subordinata. Ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza il datore di lavoro. Ciò che conta sono il contenuto e le modalità di esecuzione del rapporto di lavoro. Con un primo motivo il ricorrente lamenta che la Corte d’appello abbia ritenuto coesistenti due rapporti lavorativi tra le parti senza dare la giusta rilevanza alla volontà delle stesse in merito all’esistenza dell’unico rapporto di lavoro autonomo in qualità di produttore libero. Ad avviso della Corte di Cassazione questo motivo è formulato in modo generico. Il ricorrente, infatti, deduce la violazione della normativa contrattuale e individuale, limitandosi però ad esporre l’evoluzione giurisprudenziale in tema di rilevanza nella qualificazione del rapporto della volontà delle parti, senza però esplicitare sotto quali aspetti il Giudice di merito se ne sarebbe discostato. La soluzione adottata dalla Corte territoriale è coerente con il principio condiviso nella giurisprudenza della Cassazione derivante dal principio, più volte affermato dalla Corte Costituzionale, ad avviso del quale non è consentito al legislatore negare la qualificazione giuridica di rapporti di lavoro subordinato a rapporti che oggettivamente abbiano tale natura, in particolare non sarebbe consentito al legislatore di autorizzare le parti ad escludere con la loro dichiarazione contrattuale, l’applicabilità della disciplina inderogabile prevista a tutela dei lavoratori a rapporti che abbiano contenuto e modalità di esecuzione propri del rapporto subordinato. Il motivo di ricorso deve indicare un fatto controverso e decisivo. Col secondo motivo il ricorrente non prospetta circostanze di fatto o emergenze probatorie che sarebbero state ignorate dalla Corte d’appello, ma ripropone la soluzione da essa disattesa chiedendo che nella valutazione la Cassazione valorizzi maggiormente alcuni elementi che non sono stati ritenuti significativi. Questo però, si scontra con un consolidato principio della Suprema Corte il quale sostiene che ciò che attiene ad una scelta operata dal giudice di merito, correttamente ed adeguatamente giustificata, non può essere oggetto del sindacato della Corte di legittimità. A fronte delle suesposte considerazioni, la Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso e condannato la parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio.
Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 10 giugno – 15 ottobre 2014, numero 21824 Presidente Vidiri – Relatore Ghinoy Svolgimento del processo Con la sentenza numero 31 del 2008 la Corte d'Appello di Firenze condannava Alleanza Assicurazioni s.p.a. a corrispondere a F.S. la somma di € 24.096,10 oltre interessi e rivalutazione monetaria a titolo di compenso per il lavoro subordinato svolto dall'ottobre 1998 al settembre 2001, nonché l'ulteriore somma di € 11.776,05, oltre accessori, a titolo di indennità sostitutiva della reintegrazione per l'ingiustificato licenziamento ex articolo 18 comma 5 della L. numero 300 del 1970 nel testo vigente ratione temporis, avendo la lavoratrice esercitato il diritto di opzione. La Corte, andando di contrario avviso rispetto al Tribunale, riteneva che tra le parti fosse sussistito, accanto all' incontestato incarico professionale in qualità di produttore libero, anche un distinto rapporto lavorativo di natura subordinata avente ad oggetto l'attività di sportello ed altri compiti amministrativi, comportante una presenza in ufficio quantificata in tre ore al giorno. Aggiungeva che il contenuto subordinato della prestazione era desumibile dallo stabile inserimento nell'organizzazione aziendale, riferibile all'eterodirezione datoriale che la rendeva incompatibile con lo svolgimento in regime di autonomia. Per la cassazione di tale sentenza Alleanza assicurazioni s.p.a. ha proposto ricorso, affidato a due emotivi, cui ha resistito F. S. con controricorso e memoria ex articolo 378 c.p.c Ragioni della decisione 1. Come primo motivo parte ricorrente deduce violazione e falsa applicazione della normativa contrattuale collettiva e individuale nonché insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia in relazione agli articoli 1362, 1363, 1366, 2082, 2094, 2222 c.c. e 41 Cost. Addebita alla Corte d'Appello di aver ritenuto coesistenti due rapporti lavorativi tra Alleanza Assicurazioni e la S. senza dare la giusta rilevane alla volontà delle parti in merito all'esistenza dell' unico rapporto di lavoro autonomo in qualità di produttore libero. 2. Come secondo motivo lamenta il vizio di motivazione nel quale sarebbe incorsa la Corte di merito ritenendo che l' impegno della S. fosse quotidiano, pur precisando che i testi indotti non erano costantemente presenti ed ha quantificato tale presenza in tre ore giornaliere sulla base di un criterio di verosimiglianza desumendolo dal contenuto delle mansioni amministrative assegnate. 3. Il primo motivo sotto il profilo del vizio denunciato ex articolo 360 numero 3 c.p.c. è inammissibile per violazione degli arti. 366 comma 1 numero 4 e 369 comma 2 numero 4 c.p.c., essendo esso formulato in modo generico, parzialmente inconferente e formalmente inadeguato. Il ricorrente infatti deduce la violazione e falsa applicazione della normativa contrattuale collettiva e individuale, senza tuttavia indicare quale sarebbe la norma collettiva violata dalla Corte di Firenze né riportarne né allegarne il testo la falsa applicazione del contratto individuale esorbita inoltre dal motivo di ricorso previsto dall'articolo 360 numero 3 c.p.c 3.1. Sotto il profilo dei vizio di motivazione, la parte ricorrente si limita ad esporre l'evoluzione giurisprudenziale in tema di rilevanza nella qualificazione del rapporto della volontà delle parti, senza esplicitare sotto quali aspetti il Giudice di merito se ne sarebbe discostato. La soluzione adottata dalla Corte d'Appello è peraltro coerente con il principio condiviso nella giurisprudenza di questa Corte v. tra le altre da Cass. Sez. L, Sentenza numero 9264 del 18/04/2007, Sez. L, Sentenza numero 19568 del 2610812013 secondo il quale allorquando le parti, pur volendo attuare un rapporto di lavoro subordinato, abbiano simulatamene dichiarato di volere un diverso rapporto lavorativo al fine di eludere la disciplina legale inderogabile in materia, sia nel caso in cui l'espressione verbale abbia tradito la vera intenzione delle parti, sia infine nell'ipotesi in cui, dopo avere voluto realmente il contratto di lavoro autonomo, durante lo svolgimento del rapporto le parti stesse, attraverso fatti concludenti, mostrino di aver mutato intenzione e di essere passate ad un effettivo assetto di interessi corrispondente a quello della subordinazione, il giudice di merito, cui compete di dare l'esatta qualificazione giuridica del rapporto, deve attribuire valore prevalente al comportamento tenuto dalle parti nell'attuazione del rapporto stesso. Tale conclusione deriva dal principio che è stato chiamato dell 'indisponibilità del tipo contrattuale più volte affermato dalla Corte costituzionale, ad avviso della quale non è consentito al legislatore negare la qualificazione giuridica di rapporti di lavoro subordinato a rapporti che oggettivamente abbiano tale natura, ove da ciò derivi l'inapplicabilità delle norme inderogabili previste dall'ordinamento . e .a maggior ragione non sarebbe consentito al legislatore di autorizzare le parti ad escludere, direttamente o indirettamente, con la loro dichiarazione contrattuale, l'applicabilità della disciplina inderogabile prevista a tutela dei lavoratori a rapporti che abbiano contenuto e modalità di esecuzione propri del rapporto subordinato C. Cost. numero 121 del 29 marzo 1993 e numero 115 del 31 marzo 1994 . 3.2. Nell'individuazione delle caratteristiche della prestazione, la Corte d'Appello si è poi attenuta ai criteri elaborati dalla giurisprudenza di questa Corte, da ultimo v. Cass. Sez. L, Sentenza numero 8364 del 0910412014, Sez. L, Sentenza numero 9251 del 1910412010 ed ha valorizzato gli elementi, quali la presenza quotidiana in ufficio, lo svolgimento dell'attività di sportello estranea alle mansioni del produttore libero, l'inserimento stabile nella struttura aziendale, che denotavano l' assoggettamento della lavoratrice al potere organizzativo e decisionale del datore di lavoro. 4. Il secondo motivo è parimenti inammissibile in quanto la parte ricorrente di fatto chiede a questa Corte di riesaminare il merito dell'intera vicenda processuale. Il vizio di motivazione concerne infatti solo la motivazione in fatto, in quanto la norma che lo regola, il punto numero 5 dell'ari. 360 c.p.c., nella formulazione anteriore alla modifica introdotta dal D.L. numero 83/2012, conv. nella L. numero 134/2012, consente il ricorso per cassazione solo per omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio . Questa formula è stata introdotta dalla riforma del giudizio di cassazione operata con la legge numero 40 del 2006, che ha sostituito il concetto di punto decisivo della controversia con quello di fatto controverso e decisivo . Delimitando in tal modo l'ammissibilità dei ricorso per vizio di motivazione, il legislatore ha mirato ad evitare che il giudizio di cassazione, che è giudizio di legittimità, venga impropriamente trasformato in un terzo grado di merito. Prendendo atto di tale volontà legislativa questa S.C. ha affermato, con orientamento da tempo consolidato, il seguente principio di diritto il motivo di ricorso con il quale - ai sensi dell'articolo 360, numero 5, c.p.c. così come modificato dall'articolo 2 del d.lgs. 2 febbraio 2006, numero 40 - si denuncia omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione, deve specificamente indicare il `fatto' controverso o decisivo in relazione al quale la motivazione si assume carente, dovendosi intendere per `fatto' non una `questione' o un `punto' della sentenza, ma un fatto vero e proprio e, quindi, un fatto principale, ex articolo 2697 c.c., cioè un fatto costitutivo, modificativo, impeditivo o estintivo od anche un fatto secondario cioè un fatto dedotto in funzione di prova di un fatto principale , purché controverso e decisivo ex plurimis, Sez. L, Sentenza numero 18368 del 31107/2013, Cass. 29 luglio 2011, numero 16655 Cass. ord. 5 febbraio 2011, numero 2805 . Nel caso in esame, la parte ricorrente non prospetta circostanze di fatto o emergenze probatorie che sarebbero state ignorate dalla Corte d'Appello, ma ripropone la soluzione da essa esplicitamente disattesa chiedendo che nella valutazione complessiva dell'esito della prova si valorizzino maggiormente alcuni elementi che, pur esaminati, non sono stati ritenuti significativi, il che appunto attiene alla scelta operata dal giudice di merito e che, in quanto correttamente ed adeguatamente giustificata, non può essere oggetto del sindacato di questa Corte di legittimità. 5. Alle considerazioni esposte segue il rigetto del ricorso e la condanna della parte soccombente al pagamento delle spese del presente giudizio. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in € 4.000,00 per compensi professionali ed € 100,00 per esborsi, oltre accessori di legge.