Guerra dei Roses tra gli Stati d’origine degli ex coniugi: lei può ricorrere alla CEDU per il mancato recupero degli alimenti dal marito disoccupato?

Sì, perché l’Italia doveva dare seguito alle richieste della Francia circa il recupero dei crediti alimentari ex Convenzione di New York del 1956. Irrilevante che l’uomo fosse indigente come l’ex moglie, che non solo è legittimata, pur non essendo parte in causa di questo giudizio, a ricorrere alla CEDU, ma può azionare anche la procedura ex Legge Pinto, sinora mai esperita per l’eccesiva durata di questo giudizio internazionale.

Per la CEDU, come esplica nella sentenza Panetta v. Italia ricomma 38624/07 emessa il 15/7/14. l’Italia, aveva l’obbligo di agire per dare seguito al recupero di crediti alimentari e per ottemperare alla sentenza francese, riconosciuta dal nostro ordinamento. Dichiarata esclusivamente la violazione dell’articolo 6 § .1 Cedu, mentre le altre censure articolo 8, 1 protocollo 1 e 5 protocollo 7 non sono state esaminate. Il caso . La ricorrente ha la doppia cittadinanza italiana e francese e vive in Francia. Nel 1994 si sposò con un italiano che, dopo il divorzio, regolarmente trascritto presso i pubblici registri italiani, tornò a vivere nella natia Calabria e nel febbraio 1998 l’Alta Corte di Colmar pronunciò la sentenza di divorzio riconosciuta dalla CDA di Reggio Calabria solo il 27/1/10 , in cui si condannava l’ex marito a versare a lei ed al figlio una somma pari a circa € 200. Dal momento che si era reso irreperibile e che non aveva pagato il mantenimento, l’ex moglie interessò la Francia, perché, nell’ambito della cooperazione internazionale, agisse ai sensi della Convenzione di New York del 1956 per il recupero dei crediti alimentari. Il Ministro degli Esteri contattò il nostro dell’Interno per ottenere informazioni sull’uomo, lamentando più volte lo stato d’abbandono in cui versava la sua famiglia ed inviando periodici aggiornamenti sull’entità del credito vantato dalla Panetta. Dopo varie ricerche si scoprì che viveva in Calabria, aveva un’autofficina che versava in cattive condizioni economiche e che, da altre proprietà, percepiva un reddito di € 530 mensili. L’ex marito, intervenuto nel citato procedimento di riconoscimento, dichiarò l’impossibilità, pur volendo assolvere ai suoi doveri, di saldare queste obbligazioni alimentari perché disoccupato e, quindi, non aveva i mezzi per ottemperarvi. Parimenti la ricorrente dichiarava di non poterlo denunciare in Italia per lo stato d’abbandono suo non si conosce l’esito della denuncia fatta in Francia e del figlio, per carenza di risorse finanziarie è una madre single, pubblico funzionario con un mutuo da pagare e deve ricorrere agli aiuti economici della propria famiglia per mantenere sé ed il figlio. Nel ricorso si lamenta l’inerzia dell’Italia per queste inottemperanze rilevanti ai sensi della Convenzione dell’Aja del 1973 «sulle obbligazioni alimentari in materia di diritto di famiglia» ed ai sensi della L. numero 89/01. Il punto focale, però, è se l’ex moglie è legittimata ad agire presso la CEDU, dato che non è parte in causa in detti rapporti tra Francia ed Italia. Quadro normativo. La CEDU rinvia alla sentenza K. v. Italia del 20/7/04 per l’analisi delle norme della L. numero 218/95 «riforma del sistema italiano di diritto internazionale privato» e della L. numero 89/01 applicabili alla fattispecie. Legittimazione processuale dell’ex moglie. Ai sensi dell’articolo 6 Convenzione di New York, l’Italia, come Ente intermediario, doveva adottare tutte le misure necessarie al recupero del credito, anche se il beneficiario può esperire un’esecuzione coattiva delle somme dovute, per altro iniziata il 19/2/14, ma subito sospesa. L’eccessiva durata di queste procedure la legittima ad agire per l’equo indennizzo ex L. numero 89/01. Ed è per questo motivo che è legittimo il suo ricorso alla CEDU, pur non essendo parte in causa di detta procedura internazionale tra Italia e Francia, che è esente da qualsiasi tipo di responsabilità per il mancato pagamento dell’assegno divorzile, venendo così meno le contestate violazioni degli articolo 8 ed 1 protocollo 1 Cedu. Si noti infine che se intentato sarebbe il primo caso di giudizio per l’equo indennizzo fondato sulla Convenzione di New York. Rilevanza dell’esito del recupero dei crediti alimentari. Pur non essendo parte di questi rapporti di cooperazione internazionale, l’esito della procedura è determinante per la riscossione del suo credito, sottintendendo diritti ed obblighi di natura civile W.K. v. Italia del 25/6/02 . È palese che lo Stato sia venuto meno ai suoi doveri sia interni, non avendo, per negligenza, ottemperato alla sentenza di divorzio sia verso la Francia. Violazione dell’equo processo. La giurisprudenza costante sulla ragionevole durata del processo comporta il vaglio del quadro globale, non essendo necessario scendere nei dettagli della lite Ferraro v. Italia del 19/2/91 è iniziata oltre 13 anni fa e la sola fase di riconoscimento della sentenza di divorzio è durata 5 anni. Inconfutabile la spettanza dell’equo indennizzo, tanto più che nulla può essere imputato alla donna che ha ripetutamente sollecitato sia il suo paese che l’Italia. Risarcimento danni. L’Italia ha 3 mesi per risarcirla con una somma complessiva danno morale e spese pari a € 21.250 oltre interessi.

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