Richiesta di rimpatrio del minore: verifica sull’esercizio dell’affidamento e della situazione di fatto

Il Tribunale chiamato ad esprimersi sulla richiesta di rimpatrio di un minore, nei confronti del genitore affidatario, non deve limitarsi all'esame della situazione legale e giuridica, ma deve considerare la situazione di fatto, nell'ottica della massima considerazione dell'interesse del minore.

E’ questo il principio ribadito dalla Suprema Corte, con la sentenza numero 14561, depositata il 26 giugno 2014. Il caso. Nel 2010, venne chiesto al Tribunale per i minorenni di Palermo di ordinare il rimpatrio in Germania della minore R.S., illecitamente condotta in Italia dalla madre, al fine di ristabilire l’esercizio della potestà genitoriale in capo al padre, al quale era stata affidata in via esclusiva dal giudice del divorzio, in Germania. Il padre, peraltro, ne aveva fatto istanza tramite l’Autorità centrale tedesca, ai sensi della Convenzione dell’Aja del 25 ottobre 1980 in materia di sottrazione internazionale di minori. Il Tribunale, ascoltati i genitori e i servizi sociali, con decreto del 10 marzo 2011 dispose l’immediato rimpatrio della minore in Germania, premettendo che la Convenzione dell’Aja intende apprestare una tutela dell’affidamento come situazione di fatto, sulla base del presunto interesse del minore a ristabilire la situazione di affidamento in questo caso al padre . Ha poi escluso l’esistenza di gravi ragioni ostative al rimpatrio, nonché di situazioni intollerabili o di pericolo che impedissero il rientro in Germania, e dichiarato che nessun rilievo si potesse attribuire alla dichiarazione della figlia di voler restare con la madre. Contro tale decreto, ha proposto ricorso per cassazione la madre, sulla base di tre motivi. Il padre non ha svolto attività difensiva. Con il primo motivo, deducendo falsa applicazione e violazione dell’articolo 13 della Convenzione dell’Aja, la ricorrente sostiene che il Tribunale avrebbe dovuto far riferimento alla situazione di fatto esistente al momento del trasferimento della minore in Italia, quando la figlia viveva di fatto con lei, dato che la coabitazione con il padre era cessata da più di un anno, come risultante anche dal certificato di residenza. Inoltre, secondo la ricorrente, la decisione di portare la figlia con sé era stata dettata dal presupposto che, anche se affidata al padre, la minore era andata a vivere con la madre da tempo. In pratica, secondo la ricorrente, ai sensi della Convenzione e dell’interesse del minore, al di là del mero affidamento, si deve guardare alla situazione di fatto. Al di là dell’affidamento legale, per la decisione sulla richiesta di rimpatrio si deve tener conto della situazione di fatto del minore e del suo reale interesse. La Suprema Corte ha accolto il primo motivo di ricorso, dichiarando assorbiti gli altri. Secondo la Cassazione, il presupposto imprescindibile perché possa essere esercitato il diritto di rimpatrio, è che al momento del trasferimento il diritto di affidamento non rimanga solo sulla carta, ma venga effettivamente e continuativamente esercitato dal richiedente il rimpatrio, non rilevando i motivi del mancato esercizio del diritto, e che quindi il genitore affidatario abbia in concreto esercitato il suo diritto al momento dell’illecito trasferimento del minore. Per la Suprema Corte, nel caso in esame questo principio non è stato tenuto in considerazione dal Tribunale, il quale, pur avendone fatto cenno nelle premesse di fatto della sua decisione, si è poi contraddetto, senza verificare se il richiedente esercitasse concretamente il diritto di affidamento, e tenendo in considerazione esclusivamente il ripristino della situazione corrispondente all’affidamento legale, in violazione del reale interesse del minore. Di conseguenza, la Suprema Corte, viste anche le dichiarazioni della minore, che dichiarava di voler rimanere con la madre, vista anche la sua certificazione di residenza e gli altri elementi che dimostravano il mancato esercizio del diritto di affidamento del padre, ha ritenuto, in applicazione del principio sopra indicato, che il reale interesse della minore corrispondesse alla situazione di fatto e quindi alla sua convivenza con la madre. In applicazione di detti principi e ragionamenti, ha quindi deciso la causa nel merito, rigettando la domanda di rimpatrio del padre, in quanto ha considerato, visti gli elementi di prova e la volontà della minore, del tutto capace di discernimento vista anche la sua età tredici anni , di fatto inattuato il provvedimento del giudice tedesco di affidamento al padre.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 30 maggio – 26 giugno 2014, numero 14561 Presidente Luccioli – Relatore Lamorgese Svolgimento del processo Al Tribunale per i minorenni di Palermo è stato chiesto dal Procuratore della Repubblica presso il medesimo Tribunale di ordinare il rimpatrio in Germania della minore S.R. nata l' omissis , illecitamente condotta in Italia dalla madre, R.G. , al fine di ristabilire l'effettivo esercizio della potestà genitoriale in capo all'altro genitore, S.L. , al quale era stata affidata in via esclusiva dal giudice tedesco nel giudizio di divorzio e che ne aveva fatto istanza il 7 giugno 2010 tramite l'Autorità centrale tedesca, ai sensi dell'articolo 8 della Convenzione dell'Aja del 25 ottobre 1980 in materia di sottrazione internazionale di minori, resa esecutiva con legge 15 gennaio 1994 numero 64. Il tribunale, ascoltati la minore ed entrambi i genitori e svolti accertamenti tramite i servizi sociali, con decreto 10 marzo 2011, ha disposto l'immediato rimpatrio della minore in Germania. Il tribunale ha premesso che la Convenzione dell'Aja intende apprestare una tutela dell'affidamento come situazione di fatto, sulla base del presunto interesse del minore al ristabilimento della situazione di affidamento precedente all'illecito trasferimento e, quindi, a non essere allontanato dal luogo della sua residenza abituale, senza che ciò implichi un giudizio sulla meritevolezza dell'affidamento al genitore richiedente il rimpatrio ha poi esaminato ed escluso l'esistenza di gravi ragioni ostative al rimpatrio articolo 13 della Convenzione dell'Aja , tenuto conto delle seguenti circostanze il trasferimento in Italia era illecito, poiché avvenuto senza il consenso del padre e non erano state addotte situazioni intollerabili o di pericolo che impedivano il rientro in Germania nessun rilievo poteva attribuirsi alla dichiarazione di volontà della figlia di vivere in Italia con la madre, essendo capace di un discernimento ancora limitato e condizionabile non rilevava che la madre avesse chiesto l'affidamento della figlia, spettando esclusivamente al giudice tedesco valutare la congruità dell'affidamento all'uno o all'altro genitore. Avverso detto decreto R.G. ricorre per cassazione sulla base di tre motivi il ricorso è stato notificato alla Procura della Repubblica presso il Tribunale per i minori di Palermo e a S.L. , il quale non ha svolto attività difensiva. Motivi della decisione Nel primo motivo, che deduce violazione e falsa applicazione dell'articolo 13 della Convenzione dell'Aja, la ricorrente sostiene che il tribunale avrebbe dovuto fare riferimento alla situazione di fatto esistente al momento del trasferimento della minore in Italia, quando la figlia in Germania viveva di fatto con lei, essendo la coabitazione con il padre cessata da oltre un anno, come risultava anche dal certificato di residenza la decisione di condurre la figlia in Italia era motivata sulla base del presupposto che, benché affidata al padre, da tempo essa era andata a vivere con la madre e aveva espresso il desiderio di vivere con lei. Il motivo è fondato. In tema di sottrazione internazionale di minori, presupposto indispensabile perché possa essere disposto il rimpatrio del minore, ai sensi dell'articolo 13 della Convenzione dell'Aja del 25 ottobre 1980, è che, al momento del trasferimento, il diritto di affidamento sia effettivamente esercitato dal richiedente il rimpatrio, non rilevando le cause e le ragioni del mancato esercizio v. Cass. numero 277/2011 sulla necessità di verificare se il genitore che lamenti la violazione dei diritti di affidamento li abbia in concreto esercitati al momento dell'illecito trasferimento del minore o del suo mancato rientro, v. Cass. numero 12293/2010 . Questo principio è stato disatteso dal tribunale, il quale non ha verificato se il richiedente il rimpatrio esercitasse concretamente il diritto di affidamento sul minore al momento del suo trasferimento in Italia, ma ha avuto di mira esclusivamente il ripristino della situazione corrispondente all'affidamento legale, contraddicendo quanto correttamente enunciato in premessa sulla necessità di avere esclusivo riguardo a situazioni di mero fatto costituenti oggetto della protezione del minore riconosciuta dalla Convezione dell'Aja contro gli effetti nocivi derivanti dal suo trasferimento o dal mancato rientro v., tra le altre, Cass. numero 17648/2007, numero 12293/2010 . Gli altri due motivi, che deducono la violazione degli articolo 12 e 13, comma 2, della medesima Convenzione, restano assorbiti. In relazione al motivo accolto, il decreto impugnato è cassato e, non essendovi ulteriori accertamenti da compiere, la causa può essere decisa nel merito con il rigetto della domanda di rimpatrio proposta da S.L. . Non è contestato che la figlia minore, S.R. , all'epoca del trasferimento in Italia nel marzo 2010 già vivesse con la madre R.G. , restando di fatto inattuato il provvedimento del giudice tedesco di affidamento al padre. Che la sua volontà fosse in tal senso è stato confermato dalla stessa minore in sede di audizione, ma i giudici di merito ingiustificatamente non ne hanno tenuto conto, benché non emergessero elementi concreti da cui desumere che non fosse capace di discernimento nonostante l'età all'epoca tredici anni . Sussistono giusti motivi per compensare le spese del giudizio di legittimità, tenuto conto della natura della causa e delle ragioni della decisione. P.Q.M. La Corte, in accoglimento del primo motivo, assorbiti gli altri, cassa il decreto impugnato e, decidendo nel merito, rigetta la domanda di rimpatrio proposta da S.L. compensa le spese del giudizio. In caso di diffusione del presente provvedimento, omettere le generalità e gli altri dati identificativi.