Caduta dalla gru del porto: niente risarcimento

Drammatica avventura per un dodicenne alla fine degli anni ’90. Egli però non può pretendere di addebitare ad altri la colpa per l’episodio, frutto della consapevole imprudenza commessa introducendosi nell’area portuale e salendo sulla gru per tuffarsi in mare.

Ragazzata assurda. Così viene catalogata la brutta avventura vissuta diversi anni fa da un dodicenne nell’area portuale di Napoli per lui una terribile caduta che non ha fortunatamente provocato conseguenze drammatiche. Impensabile, però, che egli ora pretenda addirittura un risarcimento per i danni riportati Cassazione, ordinanza n. 4390, sez. VI Civile, depositata oggi . Imprudenza. Il drammatico episodio si verifica alla fine degli anni ’90. Alcuni ragazzini si introducono di nascosto nell’area recintata del porto di Napoli. Uno di essi pensa bene di arrampicarsi su una gru , probabilmente per tuffarsi nonostante il divieto di balneazione , ma provando questa impresa’ scivola cade, batte la testa sulla banchina e finisce in mare . Per i Giudici della Cassazione, come già per quelli del Tribunale e della Corte d’appello, è priva di senso la richiesta di risarcimento avanzata dall’allora dodicenne oggi quasi trentenne , poiché è stato il suo comportamento altamente imprudente a provocare l’incidente, non certo le condizioni della struttura portuale. E neanche l’età può rappresentare un alibi, perché, sottolineano i magistrati, a 12 anni il ragazzo era in grado di comprendere l’imprudenza .

Corte di Cassazione, sez. VI Civile 3, ordinanza 13 dicembre 2016 21 febbraio 2017, n. 4390 Presidente Amendola Relatore Rubino Ragioni in fatto e in diritto della decisione E' stata depositata in cancelleria la seguente relazione Il relatore, cons. Lina Rubino esaminati gli atti, osserva 1. S. S. conveniva in giudizio l'Autorità Portuale di Napoli, il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e il Comando Circondariale Marittimo di Torre Annunziata, chiedendo il risarcimento del danno alla persona riportato nel 1999, allorché si introduceva con alcuni amici nell'area recintata del porto e si arrampicava su una gru, cadendo e battendo la testa sulla banchina per poi cadere in mare. 2. La domanda dell' attore veniva rigettata sia in primo che in secondo grado. 3. Il S. ha proposto tempestivo ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte d'Appello di Napoli, n. 4063 del 2014, depositata il 10.10.2014, articolato in due motivi, con i quali denuncia la violazione e falsa applicazione dell' art. 2051 cc. e la omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione in ordine alla adozione da parte dell'Autorità Portuale delle misure cautelari idonee a segnalare la situazione di pericolo. 4. Il Ministero ha depositato procura ai fini dell'eventuale partecipazione all'adunanza, gli altri intimati non hanno svolto attività difensiva. 5. Il ricorso può essere trattato in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 376, 380 bis e 375 cod. proc. civ., in quanto appare destinato ad essere dichiarato manifestamente infondato. 6. I rilievi relativi al vizio di motivazione, facendo riferimento, sia nell'intestazione che nella trattazione del motivo, ad una nozione di vizio di motivazione non più vigente al momento della proposizione del ricorso, non possono essere presi in considerazione. 7. Quanto alla dedotta violazione dell'art. 2051 cc, essa non sussiste. La corte d'appello si è conformata al principio di diritto più volte espresso da questa Corte, secondo il quale ai sensi dell'art. 2051 cc, allorché venga accertato, anche in relazione alla mancanza di intrinseca pericolosità della cosa oggetto di custodia, che la situazione di possibile pericolo, comunque ingeneratasi, sarebbe stata superabile mediante l'adozione di un comportamento ordinariamente cauto da parte dello stesso danneggiato, deve escludersi che il danno sia stato cagionato dalla cosa, ridotta al rango di mera occasione dell'evento, e ritenersi, per contro, integrato il caso fortuito da ultimo, Cass. numero del 2016 . Nel caso di specie, il giudice di merito ha ritenuto che unica causa del danno sia stato il comportamento non ordinariamente cauto ma al contrario altamente imprudente del ricorrente, all'epoca dei fatti dodicenne e quindi in grado di rendersi conto dell'imprudenza stessa, che si introduceva in area portuale recintata, raggiungeva una gru circondata da lamiere, vi si arrampicava probabilmente per tuffarsi nelle acque del porto ove era affisso il divieto di balneazione, e perdeva l'equilibrio cadendo a terra , fosse da considerare causa esclusiva dell'evento dannoso, che si traduceva in un uso improprio ed anomalo della cosa, integrante il caso fortuito che esclude la responsabilità del custode ex art. 2051 cc. La decisione impugnata resiste, in definitiva, alle critiche formulate da parte ricorrente. Il Collegio, riunito in camera di consiglio, ritiene di condividere il contenuto della relazione. Il ricorso proposto va pertanto rigettato. Nulla sulle spese, non avendo gli intimati svolto attività difensiva in questa sede. Atteso che il ricorso per cassazione è stato proposto in tempo posteriore al 30 gennaio 2013, ed in ragione della soccombenza del ricorrente, la Corte, ai sensi dell'art. 13 comma 1 quater del D.P.R. n. 115 del 2002 , dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale.