Condannato il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca a pagare, a titolo risarcitorio all’insegnante supplente, una somma pari alle mensilità non corrisposte nei periodi di interruzione del rapporto di lavoro dalla data del primo contratto fino all’immissione in ruolo.
Sul punto si è espresso il TAR di Brescia con sentenza numero 810/18 depositata il 21 agosto. La vicenda. Il ricorrente, abilitato all’insegnamento in qualità di professore di matematica e informatica in diversi istituti tecnici, aveva svolto diverse e più supplenze annuali. Proponeva ricorso davanti al Tribunale per far accertare l’illegittimità della reiterazione dei rapporti di lavoro a tempo determinato, denunciando che una serie prolungata di supplenze costituirebbe violazione della clausola 5, paragrafo 1, dell’Accordo Quadro sul lavoro a tempo determinato del 18 marzo 1999, reso vincolante dalla direttiva europea numero 1999/70/CE del 28 giugno 1999. Il ricorrente, essendo stato superato il limite massimo di 36 mesi stabilito dalla normativa, chiedeva la disapplicazione delle norme nazionali sulle assunzioni temporanee nella scuola e la conversione a tempo indeterminato del rapporto di lavoro, con conseguente risarcimento del danno. La richiesta di risarcimento al MIUR. Secondo precedente giurisprudenza, il TAR dichiara illegittima la reiterazione dei rapporti di lavoro a tempo determinato, poiché privi di ragioni oggettive e condanna il Ministero a pagare, a titolo risarcitorio, una somma di denaro pari alle mensilità non corrisposte in tutti i periodi di interruzione del rapporto di lavoro dalla data del primo contratto a termine fino all’immissione in ruolo, « previa detrazione degli importi versati al ricorrente a titolo di ferie non godute e di indennità di disoccupazione, oltre agli interessi legali dalla decisione al saldo». Al ricorrente, quindi, spettano invece le mensilità corrispondenti all’interruzione dell’attività lavorativa. Continua poi il Tribunale, « le retribuzioni mensili, al netto delle indennità corrisposte e degli interessi legali, dovranno inoltre essere regolarizzate sotto il profilo previdenziale con il versamento dei relativi contributi, in quanto la situazione giuridica sottostante, come accertata dal giudice del lavoro, è assimilabile alla prestazione di attività lavorativa subordinata. Il relativo onere è a carico del Ministero». Il ricorso è dunque accolto.
TAR Lombardia, sez. Brescia, sez. I, sentenza 6 giugno – 21 agosto 2018, numero 810 Presidente Politi – Estensore Pedron Fatto e diritto 1. Il ricorrente, abilitato all’insegnamento nelle classi di elettronica e matematica, ha svolto plurime supplenze annuali, o per periodi inferiori, in qualità di professore di matematica e informatica in diversi istituti tecnici rientranti nella competenza degli Uffici Scolastici di Catania, Bologna e Brescia. Le supplenze si collocano nel periodo compreso tra il 16 gennaio 2003 e il 30 giugno 2012. Dal 1 settembre 2012 il ricorrente è assunto in ruolo. 2. Nel 2011 il ricorrente ha proposto ricorso davanti al Tribunale di Brescia per far accertare l’illegittimità della reiterazione dei rapporti di lavoro a tempo determinato. La tesi sostenuta è che una serie prolungata di supplenze costituirebbe violazione della clausola 5 par. 1 dell’Accordo Quadro sul Lavoro a Tempo Determinato del 18 marzo 1999, reso vincolante dalla Dir. 28 giugno 1999 numero 1999/70/CE. Essendo stato superato il limite massimo di 36 mesi stabilito dagli articolo 1 comma 1, e 5 comma 4-bis, del Dlgs. 6 settembre 2001 numero 368 in attuazione della suddetta direttiva, il ricorrente ha chiesto la disapplicazione delle norme nazionali sulle assunzioni temporanee nella scuola e la conversione a tempo indeterminato del rapporto di lavoro, con risarcimento del danno. 3. Questa tesi è stata condivisa dal Tribunale di Brescia nella sentenza numero 5 del 16 febbraio 2016, passata in giudicato. La suddetta pronuncia ha dichiarato illegittima la reiterazione dei rapporti di lavoro a tempo determinato, in quanto privi di ragioni oggettive. Su questo presupposto, preso atto della sopravvenuta immissione in ruolo del ricorrente, il giudice del lavoro ha condannato il Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca a pagare, a titolo risarcitorio, una somma pari alle mensilità non corrisposte da determinare in misura equivalente a quella spettante ai docenti di ruolo e con riconoscimento degli scatti di anzianità via via maturati sulla base della progressione economica in tutti i periodi di interruzione del rapporto di lavoro dalla data del primo contratto sino all’immissione in ruolo, previa detrazione degli importi versati al ricorrente a titolo di ferie non godute e di indennità di disoccupazione, oltre agli interessi legali dalla decisione al saldo. A carico del Ministero sono state poste anche le spese di lite, liquidate per la parte non compensata in € 1.000, oltre a IVA, CPA, e spese generali al 15%. 4. Nel presente giudizio il ricorrente ha proposto l’azione di ottemperanza, lamentando l’inerzia del Ministero nel dare esecuzione alla sentenza numero 5/2016, ed evidenziando che finora è stato corrisposto solo un importo pari a € 729,56, ossia la metà delle spese di lite incrementata degli oneri di legge accredito del 10 ottobre 2016 . Oltre al pagamento di quanto spettante, somma inizialmente non esplicitata, il ricorrente ha chiesto la relativa regolarizzazione pensionistica e la liquidazione delle penalità di mora. Nella memoria depositata il 29 maggio 2018 il ricorrente ha precisato il contenuto della richiesta economica, indicando un importo finale complessivo detratte le voci indicate dal giudice del lavoro pari a € 25.557,56, oltre agli interessi legali v. stima – docomma 28 . 5. Il Ministero si è costituito in giudizio, chiedendo la reiezione del ricorso, ed evidenziando in ogni caso le difficoltà tecniche di esecuzione della sentenza, sia per la complessità della materia sia per l’incompletezza dei dati trasmessi dagli Uffici Scolastici Regionali. 6. Così riassunta la vicenda, sulle questioni rilevanti ai fini della decisione si possono svolgere le seguenti considerazioni a la sentenza numero 5/2016 pone in effetti dei problemi interpretativi, in quanto la motivazione, dopo aver qualificato come illegittima e discriminatoria l’apposizione del termine finale ai singoli rapporti di lavoro, individua due tipologie di danno, ossia, da un lato, la mancata retribuzione nei mesi di luglio e agosto pag. 18 , e dall’altro il mancato riconoscimento dell’anzianità economica pag. 20-21 . Nel dispositivo, invece, il Ministero viene condannato a pagare le mensilità corrispondenti agli intervalli tra i singoli rapporti di lavoro, ma, per quanto riguarda gli scatti di anzianità, la quantificazione viene prevista solo per le mensilità non corrisposte, non per la carriera complessivamente intesa b il fatto che la motivazione risulti potenzialmente idonea a sostenere un dispositivo più ampio non significa che vi sia contraddizione interna. Il giudice del lavoro ha semplicemente chiarito nel dispositivo quali parti della motivazione debbano passare nella decisione del caso in esame, e quali rimangano obiter dicta c nello specifico, quindi, non è necessario ridefinire l’intera posizione economica del ricorrente ipotizzando un unico rapporto di lavoro a tempo indeterminato con decorrenza dal 16 gennaio 2003, e conseguentemente non devono essere ricalcolate su base annuale le voci accessorie della retribuzione, come ad esempio la tredicesima mensilità d al ricorrente spettano invece le mensilità corrispondenti all’interruzione dell’attività lavorativa. In proposito, è possibile fare riferimento al curriculum giuridico prodotto dal Ministero v. docomma 2 . Il calcolo deve essere effettuato mese per mese, e non trasformando il totale delle giornate in mesi convenzionali di 30 giorni. Oltre ai mesi di luglio e agosto, devono essere retribuiti anche i restanti mesi non inseriti in un rapporto di lavoro, in quanto l’indicazione dei mesi estivi contenuta nella sentenza si deve ritenere puramente esemplificativa. Poiché il risarcimento riguarda tutti gli intervalli non coperti dai singoli rapporti di lavoro fino all’immissione in ruolo, devono essere considerate anche le frazioni di mese secondo il rapporto tra i giorni fuori contratto e il totale dei giorni del mese in questione e per stabilire la retribuzione mensile da utilizzare come base di calcolo, trattandosi di intervalli di disoccupazione inseriti in una sequenza di rapporti di lavoro non modificata dalla sentenza, il criterio preferibile è quello dell’ultima retribuzione versata al ricorrente per un intero mese di lavoro prima di ogni singola interruzione dell’attività lavorativa. Non si cerca quindi un valore medio, ma l’importo mensile versato al ricorrente subito prima della scadenza delle singole supplenze. Questa retribuzione, verosimilmente, tiene conto della progressione economica fino a quel momento, e ha il vantaggio di rispettare l’andamento della curva delle retribuzioni all’interno della sequenza dei rapporti di lavoro. È possibile desumere l’importo dal netto complessivo della busta paga, senza effettuare ricalcoli delle singole voci, anche se relative a prestazioni straordinarie o variabili. Devono però essere escluse le voci una tantum relative a rimborsi spese o a indennità liquidate in via cumulativa ad esempio, il pagamento sostitutivo delle ferie non godute f dalle retribuzioni devono essere detratte l’indennità di disoccupazione e l’indennità per ferie non godute, come stabilito dal giudice del lavoro g per quanto riguarda la prima voce, il ricorrente ha documentato attraverso il Cassetto Previdenziale INPS v. riepilogo – docomma 27 di aver beneficiato di prestazioni di disoccupazione tra il 2006 e il 2012 per un totale di € 16.412,39. Questo importo è coerente con i dati forniti dal Ministero v. docomma 4-a . Il Ministero sostiene poi che risulterebbero ulteriori pagamenti dell’indennità di disoccupazione nel periodo 2011-2015 v. docomma 4-b . Questa estensione del beneficio non sembra tuttavia un fatto certo, sia perché è incompatibile con l’immissione in ruolo del ricorrente a partire dal 1 settembre 2012, sia perché il nome del beneficiario degli ulteriori pagamenti non coincide perfettamente, nella e-mail di invio dei dati, con quello del ricorrente. L’importo che deve essere detratto dalle retribuzioni rimane quindi fissato in € 16.412,39 h per quanto riguarda l’indennità per ferie non godute, il ricorrente ne fornisce una stima approssimativa in € 5.042, ossia circa 100 €/giorno. Il Ministero offre dati più precisi, ma parziali v. docomma 5-b , quantificando le ferie non godute in 21,17 giorni anno scolastico 2005-2006 , 24,47 giorni anno scolastico 2009-2010 , e 23,47 giorni anno scolastico 2010-2011 . Per gli stessi periodi sono esposte in dettaglio le indennità versate al ricorrente. Poiché le Ragionerie Territoriali dello Stato sembrano in condizione di fornire i dati completi per tutti gli anni scolastici che qui interessano, il Ministero dovrà disporne l’acquisizione nel termine tassativo previsto dalla presente sentenza per il completamento della procedura di ottemperanza. In caso di inerzia degli uffici, o di impossibilità di risalire ai dati, l’importo netto delle indennità per ferie non godute resterà fissato in € 5.042 i una volta calcolate le retribuzioni mensili, e detratte le indennità corrisposte, dovranno essere applicati gli interessi legali dal 16 febbraio 2016 al saldo j le retribuzioni mensili, al netto delle indennità corrisposte e degli interessi legali, dovranno inoltre essere regolarizzate sotto il profilo previdenziale con il versamento dei relativi contributi, in quanto la situazione giuridica sottostante, come accertata dal giudice del lavoro, è assimilabile alla prestazione di attività lavorativa subordinata. Il relativo onere è a carico del Ministero k al ricorrente dovrà infine essere corrisposta la seconda metà delle spese legali liquidate dal giudice del lavoro, ossia € 500, oltre agli oneri di legge l la complessità della sentenza oggetto del ricorso per ottemperanza non consente di ritenere equa la liquidazione di penalità di mora ex articolo 114 comma 4-e cpa. La questione potrà tuttavia essere riesaminata ai sensi dell’articolo 114 commi 6 e 7 cpa, all’interno di una valutazione complessiva delle circostanze sopravvenute, qualora il credito del ricorrente continuasse a rimanere insoddisfatto dopo la scadenza del termine tassativo di completamento della procedura di ottemperanza. 7. Il ricorso deve pertanto essere accolto nei limiti e con le precisazioni di cui ai punti precedenti. 8. Per il completamento della procedura di ottemperanza è fissato il termine tassativo di 120 giorni dal deposito della presente sentenza. Quale commissario ad acta è individuato il direttore generale dell’Ufficio Scolastico Regionale per la Lombardia, con facoltà di delega a un dirigente di struttura. Trattandosi di funzionari dell’amministrazione resistente, non deve essere stabilito alcun compenso. 9. Nel termine tassativo sopra indicato il commissario ad acta acquisirà i dati ancora mancanti ed effettuerà il calcolo degli importi dovuti al ricorrente, secondo le indicazioni contenute nella presente sentenza, curando inoltre l’emissione dei relativi mandati di pagamento. Entro il medesimo termine dovrà essere avviata la procedura di regolarizzazione previdenziale. 10. Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza, e possono essere liquidate in € 1.500, oltre agli oneri di legge. 11. Il contributo unificato è a carico dell’amministrazione ai sensi dell’articolo 13 comma 6-bis.1 del DPR 30 maggio 2002 numero 115. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia Sezione Prima definitivamente pronunciando a accoglie il ricorso, nei limiti e con gli adempimenti precisati in motivazione b nomina commissario ad acta il direttore generale dell’Ufficio Scolastico Regionale per la Lombardia, con facoltà di delega a un dirigente di struttura c condanna il Ministero a corrispondere al ricorrente, per le spese del presente giudizio, la somma di € 1.500, oltre agli oneri di legge d pone il contributo unificato a carico del Ministero e incarica la segreteria del TAR di trasmettere la presente sentenza al commissario ad acta.