Sul diniego della patente di guida per mancanza dei requisiti morali decide il giudice ordinario

La controversia avente ad oggetto il diniego al rilascio della patente di guida per insussistenza dei requisiti morali previsti dall'articolo 120 d.lgs. numero 285/1992 rientra nella giurisdizione del giudice ordinario.

Così il TAR Parma con la sentenza numero 77/19, depositata il 1° aprile. Il caso. Il TAR veniva adito a seguito del provvedimento con cui veniva impedito al ricorrente l’accesso alla prova pratica per l’abilitazione alla guida contestando l’assenza di motivazione. I giudici amministrativi hanno però declinato la propria giurisdizione a favore di quella del giudice ordinario. Giurisdizione. Richiamando la prevalente giurisprudenza amministrativa sul tema, il Collegio ricorda che la giurisdizione sui provvedimenti «fondati sui rilievi ostativi di cui all'articolo 120 del d.lgs. numero 285/1992 - in presenza di una posizione del privato interessato qualificabile in termini di diritto soggettivo - appartiene al Giudice ordinario». Ed infatti «come nei casi speculari di revoca della patente già rilasciata, laddove le condizioni ostative vengano evidenziate in riferimento al rilascio del titolo abilitativo alla guida di veicoli a motore, e salvo quanto si preciserà di seguito, il relativo diniego non è espressione di discrezionalità amministrativa, ma atto vincolato sia nel presupposto esistenza della situazione richiamata , sia nel contenuto impossibilità del rilascio della patente». Tale orientamento è stato condiviso anche dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione secondo la quale sussiste la giurisdizione del giudice ordinario in tema di contestazione di atti con cui l’amministrazione rileva l’insussistenza dei requisiti morali previsti dall’articolo 120 d.lgs. numero 285/1992. Tale valutazione non contiene infatti margini di discrezionalità «profilandosi quindi una posizione di diritto soggettivo al pari delle ipotesi di iscrizione negli albi o registri professionali laddove l’attività amministrativa si limita al solo riscontro formale dei presupposti determinati dalla legge».

TAR Parma, sez. I, sentenza 27 marzo – 1 aprile 2019, numero 77 Presidente Conti – Estensore Lombardi Fatto e diritto Con ricorso depositato in data 24 luglio 2015, -omissis ha impugnato il provvedimento con cui gli è stato impedito l’accesso alla prova pratica per l’abilitazione di guida in particolare, il ricorrente ha contestato l’assenza di indicazione, nell’atto censurato, dei motivi che gli avrebbero precluso, ai sensi dell’articolo 120 del codice della strada, l’accesso al titolo. Si è costituito il Ministero convenuto e la Sezione ha respinto la proposta domanda cautelare la causa è stata infine trattenuta in decisione alla pubblica udienza del 27 marzo 2019. Il ricorso è inammissibile per difetto di giurisdizione del Tribunale adito, come segnalato alle parti, ex articolo 73, comma 3 c.p.a., nel corso dell’udienza pubblica di discussione. Invero, il Collegio non ha motivo di discostarsi dall’orientamento, seguito dalla prevalente giurisprudenza amministrativa cfr., da ultimo, Tar Campania, Napoli, sent. numero 4071 del 2018 , secondo cui la giurisdizione sui provvedimenti fondati sui rilievi ostativi di cui all'articolo 120 del d.lgs. numero 285 del 1992 in presenza di una posizione del privato interessato qualificabile in termini di diritto soggettivo appartiene al Giudice ordinario. In effetti, così come nei casi speculari di revoca della patente già rilasciata, laddove le condizioni ostative vengano evidenziate in riferimento al rilascio del titolo abilitativo alla guida di veicoli a motore, e salvo quanto si preciserà di seguito, il relativo diniego non è espressione di discrezionalità amministrativa, ma atto vincolato sia nel presupposto esistenza della situazione richiamata , sia nel contenuto impossibilità del rilascio della patente C.S. V 29 agosto 2016 numero 3712 T.A.R. Genova, Liguria , sez. II, 10/07/2017, numero 601 . Tale orientamento giurisprudenziale appare allo stato da condividersi anche perché conforme alla giurisprudenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, cui spetta pronunciarsi sulle questioni di giurisdizione, la quale ha più volte affermato che sussiste la giurisdizione del giudice ordinario in ordine alla contestazione degli atti con cui l'Amministrazione rileva la insussistenza dei requisiti morali previsti dall'articolo 120 del d.lgs. numero 285 del 1992 Cass., Sez. Unumero , sentenze numero 22491 del 2010, numero 28239 del 2011, numero 2446 del 2006 v. anche le sentenze numero 10406 del 2014, numero 8693 del 2005 e numero 7898 del 2003 . Va infine osservato che la giurisprudenza amministrativa ha affermato che anche con riferimento al diniego di ammissione all’esame di guida ai sensi dell’articolo 219, comma 3-ter del C.d.S. venga in rilievo una posizione di diritto soggettivo, non configurandosi alcuna spendita di poteri discrezionali dell’Amministrazione. Secondo tale orientamento, la valutazione in ordine alla sussistenza o meno del requisito di cui al citato articolo 219, comma 3 ter – assimilabile all’accertamento ex articolo 120 del Codice della Strada non contiene margini di discrezionalità, profilandosi quindi una posizione di diritto soggettivo al pari delle ipotesi di iscrizione negli albi o registri professionali laddove l’attività amministrativa si limita al solo riscontro formale dei presupposti determinati dalla legge T.A.R. Lombardia – Milano, Sez. I, numero 1274/2015 T.A.R. Lazio – Roma, numero 3817/2015 T.A.R. Abruzzo – Pescara, numero 266/2013 C.d.S., Sez. IV, numero 3158/2013 . Le conclusioni appena raggiunte non sono state infine incise, quanto meno su di un piano sistematico, dalla sentenza della Corte costituzionale numero 22 del 2018, con cui è stata dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’articolo 120, comma 2, del decreto legislativo 30 aprile 1992, numero 285, nella parte in cui – con riguardo all’ipotesi di condanna per reati di cui agli articolo 73 e 74 del decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, numero 309 , che intervenga in data successiva a quella di rilascio della patente di guida – dispone che il prefetto «provvede», invece che «può provvedere», alla revoca della patente. Innanzitutto, risulta rilevante che lo stesso Giudice delle leggi, nel dichiarare la manifesta inammissibilità per difetto di giurisdizione dell'ordinanza di rinvio emessa sulla medesima questione dal TAR Friuli Venezia-Giulia, abbia osservato che per risalente e consolidata giurisprudenza della Corte di cassazione, giudice regolatore della giurisdizione, i provvedimenti adottati ai sensi dell’articolo 120 cod. strada incidenti su diritti soggettivi non degradabili ad interessi legittimi per effetto della loro adozione, né inerenti a materia riconducibile alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo sono riservati, infatti, alla cognizione del giudice ordinario . In secondo luogo, le motivazioni in base alle quali la Corte ha trasformato il potere del Prefetto da vincolato a discrezionale, nello specifico caso di revoca della patente a seguito di condanna penale in materia di stupefacenti, attengono al seguente, specifico duplice profilo 1 il fatto che la norma ricollegava, in via automatica, il medesimo effetto ovvero la revoca del titolo , ad una varietà di fattispecie non sussumibili in termini di omogeneità, atteso che la condanna, cui la norma fa riferimento, può riguardare reati di diversa, se non addirittura di lieve, entità , reati che, per di più, possono essere assai risalenti nel tempo, rispetto alla data di definizione del giudizio 2 la contraddizione esistente nella circostanza per cui – agli effetti dell’adozione delle misure di loro rispettiva competenza che pur si ricollegano al medesimo fatto-reato e, sul piano pratico, incidono in senso identicamente negativo sulla titolarità della patente – mentre il Giudice penale aveva la “facoltà” di disporre, ove lo ritenga opportuno, il ritiro della patente, il Prefetto aveva invece il “dovere” di disporne la revoca. Ne consegue, pertanto, che la decisione della Corte costituzionale non ha affatto smentito l'assunto fondamentale della giurisdizione del giudice ordinario sulle controversie concernenti i provvedimenti adottati dal Prefetto in sede di applicazione dei primi due commi dell'articolo 120 del d.lgs. numero 285/1992 assunto che è stato anzi ribadito dalla stessa Corte costituzionale, come visto -, ma ha semplicemente corretto la stortura legislativa irragionevole e come tale contrastante con l'articolo 3 della Costituzione costituita dall'automatismo della revoca della patente in sede amministrativa sul mero presupposto di un'intervenuta condanna per il reato di stupefacenti qualunque siano la modalità della condotta e il tempus commissi delicti , a fronte di una discrezionalità piena concessa al Giudice penale per analoga fattispecie. In altri termini, per salvaguardare il parametro legale oggetto di lesione nel caso esaminato articolo 3 della Costituzione , il Giudice delle leggi ha creato una fattispecie autonoma e connotata da discrezionalità amministrativa , all'interno di un sistema in cui il principio regolatore resta quello dell'adozione di provvedimenti che incidono su diritti soggettivi e che si limitano ad applicare, in via ordinaria, parametri oggettivi normativamente prestabiliti. Tale fattispecie autonoma, connotata da evidenti profili di discrezionalità amministrativa, si pone dunque come eccezione alla regola e non come fonte di un criterio direttivo cui si devono conformare, anche in tema di giurisdizione, tutte le altre fattispecie contemplate dall'articolo 120 del codice della strada, salvo l’effetto di ulteriori pronunce di incostituzionalità. In ragione delle considerazioni complessivamente esposte, non può dunque che conseguire, nel caso di specie, l’inammissibilità del ricorso per difetto di giurisdizione, trattandosi di controversia relativa a diritti per i quali è competente il Giudice ordinario in osservanza degli ordinari criteri di riparto, con la conseguenza che il processo potrà essere proseguito dinanzi a tale giudice mediante riassunzione a cura della parte interessata, nel termine di tre mesi dal passaggio in giudicato della presente sentenza, ai sensi e per gli effetti di cui all’articolo 11 c.p.a., fatti salvi gli effetti sostanziali e processuali della domanda proposta innanzi a questo Tribunale amministrativo. Sussistono gravi ragioni per disporre la compensazione delle spese di giudizio tra le parti, in considerazione della novità della questione esaminata e dei diversi orientamenti esistenti in questa materia in ordine al riparto di giurisdizione. P.Q.M. il Tribunale Amministrativo Regionale per l'Emilia Romagna, Sezione di Parma, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, ne dichiara l’inammissibilità per difetto di giurisdizione, con gli effetti di cui in motivazione. Spese compensate. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Ritenuto che sussistano i presupposti normativi vigenti in materia di privacy, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità del ricorrente