Ricorso alla maternità surrogata non punito se avviene integralmente in un paese in cui è ammessa

È ciò che conferma la Cassazione, in tema di maternità surrogata. È possibile portare a termine la pratica in un paese estero, purchè in tal paese sia legalizzata, senza essere perseguiti penalmente in Italia.

Sul tema, la Corte di Cassazione con sentenza numero 5198/21, depositata il 10 febbraio. Una coppia si era recata in Ucraina, dopo aver contattato e preso appuntamento con una cittadina ucraina per una gestazione su committenza con relativo contratto di maternità surrogata formalizzato, nel quale la stessa accettava di portare a termine la gravidanza, frutto di una ovodonazione e di fecondazione di tipo eterologo con i gameti dell’uomo algerino. Da questa, nascono due gemelli in Kiev, la cui registrazione degli atti di nascita avviene presso l’ufficio di stato civile del comune ucraino. La coppia in questione ha chiesto successivamente la trascrizione dell’atto nei registri dello stato civile del comune di nascita della donna italiana. Giunta la vicenda dinanzi al Tribunale di Pesaro, il Giudice riteneva di non doversi procedere nei confronti della coppia perché il reato di cui agli articolo 110 c.p. e 12, comma 6, l. 40/2004 fosse si era consumato in Kiev. Il PM ricorreva in Cassazione per la violazione di cui all’articolo 606, comma 1, lett b c.p.p., in relazione all’erronea applicazione dell’articolo 12, comma 6, l. 40/2004. Secondo il PM il Giudice di primo grado avrebbe erroneamente escluso dalla sfera del reato la domanda del paziente che costituisce parte indissolubile del contratto, elemento del reato che si collocava in Italia. Essendo, infatti, vietato e sanzionato, nel nostro ordinamento, il ricorso a pratiche di surrogazione della maternità. Nel caso di specie la decisione del Tribunale avrebbe interpretato e circoscritto la rilevanza penale delle condotte, antecedenti alla nascita, a quelle eziologicamente ad essa collegata, ritenendo, quindi, che il reato contestato si fosse consumato integralmente all’estero. Il ricorrente invece sollecitava una verifica degli atti diretta all’individuazione di un segmento della condotta che sarebbe stata commessa in Italia dal punto di vista fattuale. La Cassazione ricorda che secondo l’articolo 6 c.p., affinchè sia applicabile la legge italiana, occorre che l’azione o l’omissione si sia realizzata, in tutto o in parte, in territorio italiano. È necessario che la parte di condotta commessa in Italia sia comunque riconducibile in modo chiaro e univoco alla parte restante realizzata in territorio estero. Di conseguenza il Tribunale ha interpretato la norma incriminatrice dell’articolo 12, comma 6, l. 40/2004, non violando il principio di tassatività e legalità. È dunque corretta l’affermazione secondo cui «poiché la condotta si era integralmente consumata in territorio straniero, in assenza di richiesta del Ministero della Giustizia, il reato commesso dai cittadini italiani all’estero non era procedibile ai sensi dell’articolo 9 c.p., comma 2, non essendo avvenuta in Italia anche solo una parte dell’azione ai sensi dell’articolo 6 c.p., comma 2». Per queste ragioni, il ricorso del PM va rigettato.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 28 ottobre 2020 – 10 febbraio 2021, numero 5198 Presidente Laporcia – Relatore Gai Ritenuto in fatto 1. Il Procuratore della Repubblica del Tribunale di Pesaro ricorre per l’annullamento della sentenza del Tribunale di Pesaro, ai sensi degli articolo 442 e 529 c.p.p., che ha dichiarato non doversi procedere, nei confronti di S.A. e V.V. , perché l’azione penale non doveva essere iniziata in mancanza di richiesta del Ministero della giustizia, ritenuto il reato a loro ascritto commesso all’estero. 1.1 S.A. e V.V. sono imputati del reato di cui all’articolo 110 c.p. e la L. 19 febbraio 2004, numero 40, articolo 12, comma 6, perché, previo concerto tra loro e con altre persone, mediante l’ausilio di strutture sanitarie all’estero, di notaio e di funzionario pubblico, previo accordo con una cittadina ucraina, la quale accettava l’impianto dell’embrione e portava a termine la gravidanza da cui nascevano due gemelli, e cori dichiarazione con cui si attribuiva la maternità a V.V. , realizzavano una condotta di maternità surrogata di tipo eterologo. Fatto commesso in omissis con competenza determinata ai sensi dell’articolo 6 c.p., comma 2. Muovendo dai delineati presupposti di fatto come accertati sulla base degli atti - segnatamente una gestazione su committenza realizzata in Ucrania, ove, previo contatto e appuntamento, i due imputati si erano recati e, previo accordo con una cittadina ucraina, formalizzato con contratto nel quale la stessa accettava di portare a termine la gestazione, frutto di una ovodonazione e di fecondazione di tipo eterologo con gameti del S. , che si concludeva con la nascita, in Kiev, di due gemelli e con la registrazione degli atti di nascita presso l’ufficio di stato civile del comune di Kiev dei minori, quali figli dei genitori S.A. e V.V. , secondo la disciplina straniera, e con la successiva richiesta di trascrizione dell’atto nei registri dello stato civile del comune di Vallefoglia - il Giudice ha ritenuto che la consumazione del reato fosse da collocarsi in Kiev, presso la clinica ove gli imputati si erano recati e dove avevano concluso il contratto di maternità surrogata, ritenendo che i contatti iniziali con la clinica volti alla conoscenza delle modalità attraverso le quali si sarebbe potuto conseguire la surrogazione di maternità, erano da ritenersi al di fuori della fattispecie tipica, la cui condotta è imperniata sul concetto di realizza , mentre i fatti successivi, tra cui la trascrizione Italia dell’atto di nascita, costituivano condotta susseguente al reato già commesso all’estero e, stante l’assenza della richiesta del Ministero della giustizia, prevista dall’articolo 9 c.p., comma 2, l’azione penale non poteva essere iniziata. 2. A sostegno dell’impugnazione, il ricorrente Pubblico Ministero deduce, con un unico e articolato motivo, la violazione di cui all’articolo 606 c.p.p., comma 1, lett. b , in relazione all’erronea applicazione della L. 19 febbraio 2004, numero 40, articolo 12, comma 6. Argomenta il ricorrente l’erronea applicazione della legge penale, segnatamente della L. 19 febbraio 2004, numero 40, articolo 12, comma 6, con riferimento al momento iniziale della condotta e soprattutto al contenuto della condotta tipica, che si snoda attraverso un articolato iter, dal momento dell’iniziativa di coloro che ricorrono alla surrogazione della maternità all’estero e termina con la nascita al termine della gestazione e la registrazione prima e la trascrizione poi dell’atto di nascita nei registri dello stato civile italiano. Il Giudice avrebbe erroneamente escluso dal perimetro della condotta del reato la domanda del paziente che costituisce parte indissolubile del contratto, che precede la sua sottoscrizione, costituendo parte dello stesso, il pagamento rateale per stadi progressivi tra cui il pagamento proveniente dalla provvista su conti italiani dei genitori committenti, la reiterata espressione di volontà da parte dei genitori committenti dalla quale dipende la prosecuzione del contratto di maternità surrogata. Il reato si sarebbe consumato in Ucrania, a seguito di condotta iniziata in Italia e proseguita in parte in Italia. Da tale errore sarebbe derivata l’erronea applicazione dell’articolo 9 c.p., comma 2 e la conseguente pronuncia di non doversi procedere. Laddove questa Corte di legittimità ritenesse priva di tassatività la norma incriminatrice di cui alla L. 19 febbraio 2004, numero 40, articolo 12, comma 6, dalla cui insufficienza sarebbe conseguita l’interpretazione della condotta tipica fatta propria dal Giudice, chiede che venga sollevata questione di legittimità costituzionale. 3. Il Procuratore generale ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio della sentenza. Considerato in diritto 1. Il ricorso del Pubblico ministero non è fondato. 2. Il ricorrente deduce l’errata applicazione della L. numero 40 del 2004, articolo 12, comma 6, nell’interpretazione della fattispecie incriminatrice del Tribunale di Pesaro. Occorre muovere dall’esegesi della L. numero 40 del 2004, articolo 12, comma 6 Norme in materia di procreazione medicalmente assistita , e, in tale ambito, viene in rilievo l’apparato sanzionatorio penale contenuto nell’articolo 12, comma 6, che punisce 6. Chiunque, in qualsiasi forma, realizza, organizza o pubblicizza la commercializzazione di gameti o di embrioni o la surrogazione di maternità, è punito con la reclusione da tre mesi a due anni e con la multa da 600.000 a un milione di Euro . La volontà legislativa, che sottendeva e permeava la prima disciplina organica in questa materia, di circoscrivere fortemente l’ambito della procreazione medicalmente assistita, si completava con la previsione di un sistema sanzionatorio amministrativo e penale diretto a sanzionare la mercificazione della procreazione medesima. Come è noto, la L. numero 40 del 2004 è stata oggetto di ripetuti interventi da parte del Giudice delle leggi tra cui la sentenza numero 162 del 2014, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della L. 19 febbraio 2004, numero 40, articolo 4, comma 3, nella parte in cui stabilisce, per la coppia di cui all’articolo 5, comma 1, della medesima legge, il divieto del ricorso a tecniche di procreazione medicalmente assistita di tipo eterologo, qualora sia stata diagnosticata una patologia che sia causa di sterilità o infertilità assolute ed irreversibili. Anche all’esito di tale pronuncia, il ricorso a pratiche di surrogazione della maternità continua ad essere vietato e sanzionato nel nostro ordinamento, a differenza di altri Paesi in cui, come in Ucrania, tale pratica è consentita. Quanto al profilo della disciplina sanzionatoria, all’esito della pronuncia che ha eliminato il divieto di procreazione medicalmente assistita di tipo eterologo, la stessa Corte costituzionale ha chiarito, per quanto qui di rilievo, che le norme di divieto e sanzione non censurate le quali conservano validità ed efficacia , preordinate a garantire l’osservanza delle disposizioni in materia di requisiti soggettivi, modalità di espressione del consenso e documentazione medica necessaria ai fini della diagnosi della patologia e della praticabilità della tecnica, nonché a garantire il rispetto delle prescrizioni concernenti le modalità di svolgimento della PMA ed a vietare la commercializzazione di gameti ed embrioni e la surrogazione di maternità L. numero 40 del 2004, articolo 12, commi da 2 a 10 sono applicabili direttamente e non in via d’interpretazione estensiva a quella di tipo eterologo, così come lo sono le ulteriori norme, nelle parti non incise da pronunce di questa Corte Corte costituzionale numero 162 del 2014 . Nessun dubbio residua sulla persistente illiceità del ricorso alla maternità surrogata. La stessa Corte costituzionale, nel rigettare una questione di legittimità costituzionale sollevata dalla Corte d’appello di Milano, ha colto l’occasione per definire la maternità surrogata quale pratica che offende in modo intollerabile la dignità della donna e mina nel profondo le relazioni umane sent. numero 272/2017, par. 4.2 . Sotto il versante sovranazionale il parere consultivo pronunciato il 10 aprile 2019 dalla Grande Chambre della Corte Edu, su richiesta della Corte di cassazione francese, in occasione della prima applicazione del Protocollo numero 16 allegato alla Cedu 7, riconosce che rientra nel margine di apprezzamento di ogni Stato adottare politiche che scoraggino i propri cittadini dal ricorrere, recandosi all’estero, a pratiche procreative proibite nel proprio territorio, pur evidenziando l’incompatibilità con l’articolo 8 Cedu di divieti assoluti di riconoscimento dello status filiationis derivante dagli effetti del suo mancato riconoscimento nei confronti di bambini nati a seguito di ricorso alla maternità surrogata. 3. Fermo, dunque, il divieto, sanzionato penalmente, del ricorso alla maternità surrogata, il pubblico ministero sostiene che il giudice avrebbe errato nell’applicazione della legge penale sostanziale in relazione all’individuazione della fattispecie tipica. L’articolo 12 comma 6 cit., punisce Chiunque, in qualsiasi forma, realizza, organizza o pubblicizza la commercializzazione di gameti o di embrioni o la surrogazione di maternità . Nel caso in esame, viene in rilievo la condotta di chi realizza il cui significato etimologico di portare a compimento , attuare avverare già individua e seleziona quali condotte rilevino dal punto di vista penale. Se il compimento della gestazione per conto di altri, che si conclude con la nascita, individua il momento di consumazione del reato, il tema è quello di stabilire il perimetro delle condotte antecedenti alla nascita che integrano la condotta di realizza , non venendo in rilievo, nel caso in esame, secondo la stessa imputazione elevata agli imputati, le condotte di organizza o pubblicizza . Nel tracciare il perimetro della condotta incriminata, ai fini della tipicità della norma penale incriminatrice, si deve avere riguardo al contenuto etimologico della condotta di realizza che, accanto a quelle di organizza e pubblicizza , costituiscono le condotte tipiche del reato di cui all’articolo 12, comma 6 cit La decisione impugnata si è posta in questa linea interpretativa ed ha circoscritto la rilevanza penale delle condotte, antecedenti alla nascita, a quelle eziologicamente ad essa collegata e funzionali allo scopo, così da circoscrivere e da delimitare il contenuto della fattispecie tipica entro limiti di riconoscibilità della fattispecie e prevedibilità delle conseguenze. Ciò in quanto la norma penale deve essere sufficientemente chiara per essere prevedibile il comportamento che è fonte di responsabilità penale. Prevedibilità del significato della legge che oggi assume rilievo anche alla luce della giurisprudenza sovranazionale, nell’Interpretazione della Convenzione dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamenti, all’articolo 7, come chiarito nella pronuncia del noto caso Contrata c/Italia secondo cui l’agente deve conoscere, a partire dal testo della legge e dell’interpretazione che ne viene data dai tribunali, per quali atti od omissioni gli viene attribuita la responsabilità penale. 4. In fatto, sentenza impugnata ha ritenuto che il reato contestato si fosse consumato integralmente all’estero sulla base dei seguenti elementi. In territorio ucraino, dove gli imputati si erano recattprto, venne vagliata la possibilità di ricorrere alla maternità surrogata secondo la disciplina dello Stato sempre nella clinica ucraina previamente individuata, gli imputati furono visitati, e lì venne commissionato l’intervento, sottoscritto il contratto, adempiuto lo stesso con il prelievo dei gameti e l’impianto degli stessi nella madre di parto, previa individuazione della donatrice, e lì si svolse tutta la gestazione fino al parto. Sempre in Ucrania, secondo le leggi di quel Paese, l’atto di nascita dei gemelli venne registrato presso l’ufficio di stato civile di Kiev cfr. pag. 8 . Mentre non assumevano rilievo, sempre secondo la sentenza impugnata, i contatti iniziali avuti dagli indagati con la clinica ucraina per conoscere le modalità attraverso le quali era possibile tale pratica, contatti prodromici a verificarne la praticabilità in quel Paese, contatti che non raggiungevano la soglia di rilevanza penale perché non ancora dimostrativi della decisione di ricorrere a tale pratica che, si rammenta, è disciplinata dalla legislazione straniera e dalla necessaria verifica di fattibilità avvenuta in quel Paese dopo gli accertamenti medici. L’accordo e la sottoscrizione del contratto si erano perfezionati in Ucraina, dove si erano concluse le pratiche volte alla maternità surrogata e dove essa si era realizzata, con la nascita dei gemelli, figli degli imputati secondo la legge straniera. La trascrizione dell’atto di nascita che, comunque, non integra il reato di cui all’articolo 567 c.p., comma 2, Sez. 6, numero 48696 del 11/10/2016, Rv. 272242 - 01 Sez. 6, numero 8060 del 11/11/2015, Rv. 266167 - 01 Sez. 5, numero 13525 del 10/03/2016, Rv. 266672 01 , è stata ritenuta condotta susseguente al già commesso reato. 5. La decisione impugnata, tenuto conto del perimetro della contestazione come descritta nel capo di imputazione, misurandosi con queste, ha così selezionato le condotte integranti la fattispecie di realizza nei termini sopra indicati, ancorati ai dati di fatto e in rapporto alla contestazione elevata cfr. pag. 7 della sentenza impugnata , escludendo le condotte non direttamente e inequivocabilmente funzionali a realizzare la maternità surrogata che si perfeziona, secondo la sentenza impugnata, con la nascita a gestazione terminata, ovvero con l’evento della condotta di realizza , così da circoscrivere e delimitare il contenuto della fattispecie tipica entro limiti di riconoscibilità della fattispecie e prevedibilità delle conseguenze penali della condotta. Poiché la condotta si era integralmente consumata in territorio straniero, in assenza di richiesta del Ministero della Giustizia, il reato commesso dai cittadini italiani all’estero non era procedibile ai sensi dell’articolo 9 c.p., comma 2, non essendo avvenuta in Italia anche solo una parte dell’azione ai sensi dell’articolo 6 c.p., comma 2. 6. Alla stregua della ricostruzione operata dal giudice del merito cfr. par. 5 supra ancorata alla contestazione mossa agli imputati, come descritta nel capo di imputazione, il ricorrente sollecita, senza allegare un travisamento probatorio per omissione, una verifica fattuale degli atti, che non può avere ingresso in questa sede, diretta alla individuazione di un segmento della condotta che sarebbe stata commessa in Italia, segmento di condotta neppure contestata, dal punto di vista fattuale, nel capo di imputazione. A tale riguardo, esclusa ogni valutazione di elementi di fatto non contestati nel capo di imputazione quale condotta di realizzazione di pratiche di maternità surrogata, residua unicamente il profilo della rilevanza penale dei contatti via e-mail, nell’ottobre 2015, con la clinica ucraina propedeutici all’incontro in loco con tutto il corredo documentale medico al fine di valutare la situazione e le possibili soluzioni, condotta che il giudice ha motivatamente escluso dal perimetro della fattispecie. Affinché sia applicabile la legge italiana, ai sensi dell’articolo 6 c.p., occorre, infatti, che l’azione o l’omissione si sia realizzata, in tutto o in parte, in territorio italiano nel senso che è necessario che la parte di condotta commessa in Italia sia comunque significativa e collegabile in modo chiaro e univoco alla parte restante realizzata in territorio estero, ma tale connotazione non può essere riconosciuta ad un generico proposito, privo di concretezza e specificità, di commettere all’estero fatti delittuosi, anche se poi ivi integralmente realizzati Sez. 6, numero 56953 del 21/09/2017, P.M. in proc. Guerini, Rv. 272220 - 01 Sez. 3, numero 35165 del 02/03/2017, Sorace, Rv. 270686 01 . 7. Infine, va dichiarata manifestamente infondata la prospettata questione di legittimità costituzionale della norma incriminatrice per difetto di tassatività nella interpretazione fatta propria dal Tribunale di Pesaro che, attraverso la selezione delle condotte di rilevanza penale in quelle funzionalmente e inequivocabilmente dirette alla gestazione per conto di altri, è, contrariamente a quanto ritiene il ricorrente, orientata ad aumentare la tipicità della norma penale incriminatrice. In ogni caso, da tempo la giurisprudenza costituzionale richiede al giudice a quo la verifica della praticabilità dell’interpretazione adeguatrice tra le tante vedi sent. numero 356 del 1996 numero 350/1997, numero 133-115-190 del 2000 numero 270 del 2011, 184 del 2012, numero 10 del 2013, decisione con la quale la Corte costituzionale ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione che non aveva percorso la via dell’interpretazione adeguatrice e ciò in quanto le leggi non si dichiarano costituzionalmente illegittime perché è possibile darne interpretazioni incostituzionali, ma perché è impossibile darne interpretazioni costituzionali tra le più recenti sent. numero 21-46 del 2013 42 e 83 del 2017 numero 77 del 2018 secondo gli ordinari strumenti ermeneutici sent. numero 191 del 2018 . Il Tribunale di Pesaro, con il ricorso agli ordinari strumenti ermeneutici, è pervenuto ad un’interpretazione della norma incriminatrice della L. numero 40 del 2004, articolo 12, comma 6, che non viola il principio di tassatività e legalità. Ritiene, pertanto, il Collegio che non vi sia spazio per richiedere un intervento della Corte costituzionale sulla norma penale incriminatrice della maternità surrogata per difetto di tipicità. L’interpretazione del Tribunale di Pesaro appare corretta in diritto e, conseguentemente, corretta la decisione di improcedibilità per essere il reato commesso all’estero, in assenza di richiesta del Ministro della Giustizia. 8. Sulla scorta delle esposte ragioni il ricorso del pubblico ministero va rigettato. P.Q.M. Rigetta il ricorso. In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi, a norma del D.Lgs. numero 196 del 2003, articolo 52, in quanto imposto dalla legge.