Il tutto è più della somma delle singole parti? Non in questo caso, citare i soci è uguale a citare la società

E' possibile, come modalità equipollente di instaurazione del contraddittorio, la citazione di tutti i soci, invece che della società, dato che non è configurabile un interesse di quest'ultima, intesa come autonomo soggetto giuridico, che non si identifichi con la somma degli interessi dei soci medesimi.

Lo afferma la Corte di Cassazione nella sentenza n. 5391, depositata il 7 marzo 2014. Il caso. Un uomo conveniva in giudizio i suoi tre ex soci di una s.n.c. per ottenere la dichiarazione di nullità della delibera di esclusione dalla società, deducendo il mancato rispetto della procedura prevista dalla legge. Il Tribunale di Roma rilevava che la titolarità attiva e passiva dei rapporti, in cui sia parte la società, spetta ad essa, non ai soci, per cui questi ultimi difettavano di legittimazione passiva. L’uomo contestava questa decisione, rilevando che non era stata sollevata alcuna eccezione di difetto di legittimazione passiva da parte dei soci. La Corte d’appello respingeva l’appello, ritenendo che il difetto di legittimazione passiva fosse rilevabile d’ufficio. L’equiparazione. L’uomo ricorreva in Cassazione, ritenendo che, ai fini dell’instaurazione del contraddittorio nei confronti di una società di persone, fosse sufficiente la presenza in giudizio di tutti i soci, facendo poi stato la sentenza, emessa nei loro confronti, anche nei confronti della società. Secondo la Corte di Cassazione, è consentita, come modalità equipollente di instaurazione del contraddittorio, la citazione di tutti i soci, invece che della società, dato che non è configurabile un interesse della società, intesa come autonomo soggetto giuridico, che non si identifichi con la somma degli interessi dei soci medesimi. Il precedente. Ricordando la sentenza n. 5248/2012 della Cassazione, i giudici di legittimità chiarivano anche che la domanda di liquidazione della quota di una società di persone, da parte del socio receduto o escluso, ovvero degli eredi del socio defunto, fa valere un’obbligazione non degli altri soci, ma della società medesima, come unico soggetto passivamente legittimato. In più, il contraddittorio, nei confronti della società, può ritenersi regolarmente instaurato anche nel caso in cui non sia convenuta la società, ma siano citati in giudizio tutti i suoi soci, a condizione che risulti accertato che l’attore abbia proposto l’azione nei confronti della società, per far valere il proprio credito nei suoi confronti. Per questo motivo, la Cassazione accoglieva il ricorso e rinviava alla Corte d’appello.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 8 novembre 2013 – 7 marzo 2014, n. 5391 Presidente Campanile – Relatore Bisogni Fatto e diritto Rilevato che 1. D.T.C. ha convenuto, davanti al Tribunale di Roma, Ro.Gi. , R.G. e C.G. , soci della GB Auto s.n.c., per ottenere la dichiarazione di nullità della delibera di esclusione dalla società per violazione dell'art. 2287 primo comma c.c. Ha dedotto il mancato rispetto della procedura prescritta da tale norma e l'insussistenza dei fatti contestati. 2. Si sono costituiti i soci e hanno chiesto il rigetto dell'impugnazione della delibera o, in subordine e in via riconvenzionale, l'accertamento della sussistenza della causa di esclusione. 3. Il Tribunale di Roma, con sentenza del 7 luglio - 11 settembre 2002, ha rilevato che la titolarità attiva e passiva dei rapporti in cui sia parte la società spetta ad essa e non ai soci sicché questi ultimi difettano di legittimazione passiva. 4. Ha proposto appello D.T. contestando la decisione di primo grado perché fondata su una decisione di legittimità relativa a una diversa domanda e rilevando che non era stata sollevata alcuna eccezione di difetto di legittimazione passiva da parte dei soci. 5. La Corte di appello di Roma ha respinto l'appello ritenendo che il difetto di legittimazione passiva fosse rilevabile d'ufficio e che l'appello, quanto alla ritenuta insussistenza del difetto di legittimazione, fosse privo di specificità. 6. Ricorre per cassazione D.P.C. con due motivi illustrati da memoria difensiva. 7. Non svolgono difese Ro.Gi. , R.G. e C.G. . 8. Con il primo motivo di ricorso si deduce violazione e/o falsa applicazione dell'art. 342 e 161 c.p.c. in relazione agli artt. 1362 e segg. c.c. nonché omessa e/o errata motivazione. Il ricorrente ritiene che non sia necessaria una puntuale analisi critica delle valutazioni e delle conclusioni del giudice di primo grado analoga a quella richiesta per i motivi di ricorso per cassazione e contesta pertanto di essere incorso in inammissibilità dell'appello sostenendo di aver comunque enunciato i punti sui quali ha chiesto al giudice del secondo grado il riesame delle questioni costituenti il fondamento della decisione. 9. Con il secondo motivo di appello si deduce la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 81, 101, 102 c.p.c. in relazione agli artt. 2266, 2267, 2291 c.c. nonché la omessa e/o errata motivazione. Il ricorrente ritiene che,- ai fini di una rituale instaurazione del contraddittorio nei confronti di una società di persone, è sufficiente la presenza in giudizio di tutti i soci facendo poi stato la sentenza emessa nei loro confronti anche nei confronti della società. Ritenuto che 10. Il primo motivo di ricorso è fondato. Nell'atto di appello vi è una chiara e specifica contestazione alla sentenza di primo grado proprio in quanto ha ritenuto decisivo, al fine di escludere la legittimazione passiva dei soci della società in nome collettivo, nel giudizio di impugnazione della delibera di esclusione del socio, il precedente delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione citato nella sentenza di primo grado. L'appellante rappresenta infatti la diversità del caso oggetto della decisione delle Sezioni Unite da quello in esame e ritiene che l'esclusione della necessità di chiamare in giudizio i soci, di una società di persone, in una causa relativa alla liquidazione della quota del socio receduto o escluso o deceduto, non può significare l'esclusione della legittimazione dei soci nel diverso giudizio di impugnazione della delibera di esclusione. Seppure in termini sintetici la questione della pertinenza del precedente giurisprudenziale fondante la decisione di primo grado è stata poster con riferimento alla diversità della domanda decisa e come tale doveva essere esaminata dalla Corte distrettuale. 11. Anche il secondo motivo appare fondato con riferimento ai precedenti giurisprudenziali specifici, sia recenti che risalenti, in materia di opposizione avverso l'espulsione del socio di una società di persone Cass. civ. sezione I, nn. 25860 del 2 dicembre 2012, 8570 dell'8 aprile 2009, 13438 del 12 settembre 2003, 3962 del 24 giugno 1980, 1781 del 9 maggio 1977 in cui si afferma che è consentita, come modalità equipollente di instaurazione del contraddittorio, la citazione di tutti i soci invece che della società non essendo configurabile un interesse della società, intesa come autonomo soggetto giuridico, che non si identifichi con la somma degli interessi dei soci medesimi. Di recente la giurisprudenza di legittimità Cass. civ. sezione I n. 5248 del 2 aprile 2012 e n. 12125 del 23 maggio 2006 ha anche chiarito che la domanda di liquidazione della quota di una società di persone o di fatto da parte del socio receduto o escluso, ovvero degli eredi del socio defunto, fa valere un'obbligazione non degli altri soci, ma della società medesima quale unico soggetto passivamente legittimato e che il contraddittorio, nei confronti della società, può ritenersi regolarmente instaurato anche nel caso in cui non sia convenuta la società, ma siano citati in giudizio tutti i suoi soci, solo se risulti accertato, attraverso l'interpretazione della domanda e con apprezzamento di fatto riservato al giudice di merito, che l'attore abbia proposto l'azione nei confronti della società per far valere il proprio credito nei suoi confronti. 12. Il motivo di ricorso è pertanto fondato sia in quanto evidenzia la diversità della ipotesi della impugnazione della esclusione del socio di società di persone da quella della domanda di liquidazione della quota del socio cessato, sia perché mette in rilievo come la stessa pronuncia delle Sezioni Unite civili n. 291 del 2000, citata dai giudici di merito, ha escluso la necessità dell'integrazione del contraddittorio nei confronti della totalità dei soci nell'ipotesi in cui il giudizio per la liquidazione della quota sia stato proposto, correttamente, nei confronti della società ma non ha affatto escluso che tale chiamata in giudizio dei soci possa avvenire. Né, secondo la giurisprudenza successiva, può ritenersi che il precedente delle Sezioni Unite abbia escluso l'equipollenza della chiamata in giudizio di tutti i soci alla condizione, da verificare attraverso l’interpretazione della domanda e con apprezzamento di fatto riservato al giudice di merito, che l'attore abbia proposto l'azione per far valere il proprio credito nei confronti della società. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di appello di Roma che, in diversa composizione, regolerà anche le spese del giudizio di cassazione.