Non può essere invocata la scriminante del diritto di critica laddove la condotta trascenda in espressioni ingiustificatamente aggressive dell’onore e della reputazione della persona il cui comportamento viene denunciato, meramente denigratorie e sovrabbondanti rispetto allo scopo informativo proprio della denuncia e tali da superare, pertanto, il limite della continenza che, comunque, regola il legittimo esercizio del diritto in esame.
È quanto emerge dalla sentenza della Corte di Cassazione numero 9862 del 28 febbraio 2014. Il fatto. Il giudice di Pace di Varese dichiarava un uomo responsabile del reato di cui all’articolo 595 c.p. in danno di un avvocato, inviando all’Ordine degli Avvocati di Varese una missiva nella quale accusava il professionista in relazione ad un procedimento ingiuntivo dallo stesso promosso nei suoi confronti per il pagamento di prestazioni professionali, di incompetenza e malafede, nonché di essersi procurato una falsa parcella grazie all’associazione a delinquere con lo stesso ordine. L’imputato propone ricorso in Cassazione, contestando la ritenuta attendibilità della persona offesa, con riguardo all’elemento psicologico del reato, e il diniego delle scriminanti di cui agli articolo 51, 598 e 599 c.p. L’offensività delle espressioni usate è oggettiva. Il tema dell’attendibilità delle dichiarazioni della persona offesa è, a parere degli Ermellini, irrilevante dal momento che la sussistenza del reato contestato, anche sotto il profilo dell’elemento psicologico, era affermata nella sentenza impugnata con riguardo all’uso di espressioni oggettivamente offensive dell’onore e delle reputazione di un legale, le quali finivano, inevitabilmente, per ledere i valori tutelati dalla norma incriminatrice. E, infatti, per quanto riguarda la scriminante di cui all’articolo 598 c.p. Offese in scritti e discorsi pronunciati dinanzi alle autorità giudiziarie o amministrative , le accuse gratuite di falsità nella redazione della parcella e di appartenenza ad un’associazione a delinquere risultano evidentemente esorbitanti rispetto a quanto consentito nella presentazione di un esposto in sede disciplinare e, quindi, di per sé offensive. Scriminante delle provocazione. Quanto alla scriminante delle provocazione, Piazza Cavour nota come la virulenza delle frasi contestate è indicativa dell’insussistenza delle condizioni per la ravvisabilità dell’attenuante in esame, considerando anche che l’iniziativa dell’avvocato di richiedere un decreto ingiuntivo nei confronti dell’imputato non può costituire il fatto ingiusto richiesto dalla norma per la sua concessione. Diritto di critica sì, ma a determinate condizioni. Da escludere anche la scriminante del diritto di critica, laddove la condotta trascenda in espressioni ingiustificatamente aggressive dell’onore e della reputazione della persona il cui comportamento viene denunciato, meramente denigratorie e sovrabbondanti rispetto allo scopo informativo proprio della denuncia e tali da superare, pertanto, il limite della continenza che, comunque, regola il legittimo esercizio del diritto in esame. Non può, quindi, che procedersi al rigetto del ricorso.
Corte di Cassazione, sez. V penale, sentenza 29 gennaio – 28 febbraio 2014, numero 9862 Presidente Ferrua – Relatore Zaza Ritenuto in fatto Con la sentenza impugnata, in parziale riforma della sentenza del Giudice di pace di Varese del 29/04/2010, veniva confermata l'affermazione di responsabilità di G.G. per il reato di cui all'articolo 595 cod. penumero , commesso il omissis in danno dell'avv. Gi.Anumero inviando all'Ordine degli Avvocati di Varese una missiva nella quale accusava il predetto legale, in relazione ad un procedimento ingiuntivo dallo stesso promosso nei confronti del G. per il pagamento di prestazioni professionali, di incompetenza e malafede, nonché di essersi procurato una falsa parcella grazie all'associazione a delinquere con lo stesso Ordine. La sentenza di primo grado veniva riformata con la rideterminazione della pena, per effetto del riconoscimento di attenuanti generiche prevalenti, in Euro. 300 di multa, ferma restando la condanna al risarcimento dei danni in favore della parte civile. L'imputato ricorre sui punti e per i motivi di seguito indicati. 1. Sull'affermazione di responsabilità, il ricorrente deduce mancanza di motivazione in ordine all'attendibilità della persona offesa, con riguardo all'elemento psicologico del reato, ed ai rilievi dell'atto di appello sul riferimento dell'espressione “falsa parcella” ad un documento non corrispondente alle prestazioni e sull'essere il richiamo all'associazione a delinquere oggetto di una mera domanda retorica rivolta dall'esponente a sé stesso. 2. Sul diniego delle scriminanti di cui agli articolo 51, 598 e 599 cod. penumero , il ricorrente deduce violazione di legge e mancanza di motivazione in ordine all'invio dell'esposto anche alla Procura della Repubblica di Varese ed alla ravvisabilità di un fatto ingiusto della persona offesa nell'aver accusato il G. , in una comparsa di costituzione e risposta, di malafede o quanto meno di colpa grave nell'instaurare il giudizio. Considerato in diritto 1. I motivi di ricorso relativi all'affermazione di responsabilità dell'imputato sono infondati. Il tema dell'attendibilità delle dichiarazioni della persona offesa, posto dal ricorrente in quanto asseritamente non oggetto di adeguata motivazione, è invero irrilevante nel momento in cui la sussistenza del reato contestato, anche sotto il profilo dell'elemento psicologico, era affermata nella sentenza impugnata con riguardo all'indiscussa presenza, nella missiva di cui all'imputazione, di espressioni oggettivamente offensive dell'onore e della reputazione di un legale, quali quelle riferite alla redazione di una falsa parcella e all'adesione ad un'associazione criminosa. In questa prospettiva, tale oggettivo significato delle espressioni veniva coerentemente valutato dai giudici di merito quale implicante consapevolezza, nel ricorrere alle stesse, di produrre un risultato inevitabilmente lesivo dei valori tutelati dalla norma incriminatrice ed a ciò il ricorrente oppone mere valutazioni di merito su possibili diverse interpretazioni delle frasi in discussione, estranee al giudizio di legittimità e comunque non tali da escludere la portata offensiva delle stesse. 2. Sono altresì infondati i motivi di ricorso relativi al diniego delle scriminanti di cui agli articolo 51, 598 e 599 cod. penumero . Per quanto riguarda l'ipotesi di cui all'articolo 598 cod. penumero , anche a voler ritenere la stessa astrattamente configurabile per l'esposto inviato da un privato al Consiglio di un ordine forense, il riferimento del ricorrente alla contestuale trasmissione dell'esposto alla Procura della Repubblica di Varese è superato dalle considerazioni della sentenza impugnata sull'intervenuta archiviazione del relativo procedimento non senza considerare, peraltro, che le gratuite accuse di falsità nella redazione dalla parcella e di appartenenza ad un'associazione a delinquere risultano all'evidenza esorbitanti rispetto a quanto consentito nella presentazione di un esposto in sede disciplinare, e come tali di per sé offensive. Quanto alla scriminante della provocazione, il Tribunale escludeva coerentemente la ravvisabilità di un fatto ingiusto nell'iniziativa della persona offesa di richiedere l'emissione di un decreto ingiuntivo nei confronti dell'imputato, valutazione implicitamente estesa agli atti di parte del relativo giudizio, quale la comparsa di costituzione e risposta del quale il ricorrente lamenta i contenuti provocatori rilevando peraltro anche a questi fini la virulenza delle frasi contestate, in quanto comunque espressive di sproporzione della dedotta reazione rispetto al fatto asseritamente ingiusto, correttamente valutabile come indicativo dell'insussistenza delle condizioni per la ravvisabilità dell'attenuante in esame, in particolare lo stato di ira ed il rapporto causale dello stesso con il comportamento del soggetto passivo Sez. 5, numero 24693 del 02/03/2004, Vannozzi, Rv. 228861 Sez. 1, numero 30469 del 15/07/2010, Luciano, Rv. 248375 . Congrua era infine la motivazione della sentenza impugnata nell'escludere la sussistenza dell'invocata scriminante del diritto di critica laddove la condotta trascenda, come ritenuto nel caso di specie, in espressioni ingiustificatamente aggressive dell'onore e della reputazione della persona il cui comportamento viene denunciato, meramente denigratorie e sovrabbondanti rispetto alla scopo informativo proprio della denuncia Sez. 5, numero 208 del 13/12/2005, Gangemi, Rv. 233054 Sez. 5, numero 29730 del 04/05/2010, Andreotti, Rv. 247966 Sez. 5, numero 15060 del 23/02/2011, Dessi, Rv. 250174 , e tali da superare pertanto il limite della continenza che comunque regola il legittimo esercizio del diritto in esame Sez. 5, numero 36602 del 15/07/2010, Selmi, Rv.248432 . Il ricorso deve quindi essere rigettato, seguendone la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.