In tema di determinazione dell’indennità dovuta all’agente commerciale alla cessazione del rapporto, la disciplina dettata dall’articolo 1751 c.c. può essere derogata soltanto in meglio dalla contrattazione collettiva e, nel caso in cui l’agente sostenga in giudizio la nullità del contratto individuale recettivo di quello collettivo, il raffronto tra la disciplina legale e quella pattizia deve essere effettuato con riferimento al caso concreto, dichiarando nulla la parte del contratto risultata sfavorevole all’agente.
Lo ha stabilito la Corte di Cassazione nella sentenza numero 4202 del 21 febbraio 2014. Il fatto. Una s.numero c. conveniva in giudizio una s.p.a., in qualità, la prima, di agente della convenuta per la promozione di contratti di vendita dei prodotti della seconda. All’origine della controversia, il recesso della s.p.a. che aveva corrisposto all’attrice l’indennità di cessazione del rapporto in misura insufficiente, in quanto calcolata secondo le modalità previste dall’Accordo Economico Collettivo AEC , anziché ai sensi dell’articolo 1751 c.c., norma inderogabile dalla contrattazione collettiva e individuale, se non in senso migliorativo per l’agente. La s.numero c. affermava che tale valutazione doveva essere stabilita non ex ante ma ex post, con riferimento, cioè, all’esito del rapporto in questione. Per questi motivi, l’attrice pretendeva dalla s.p.a. l’importo residuo. Quest’ultima affermava, al contrario, la legittimità del calcolo, effettuato secondo l’AEC e la non sussistenza dei requisiti per l’applicazione dell’articolo 1751 c.c. Il Tribunale di Milano rigettava la domanda attrice ritenendo la disciplina dell’AEC più vantaggiosa per l’agente sia con riguardo ai requisiti per la maturazione dell’indennità sia per quanto riguarda la sua entità. Appello il richiamo della giurisprudenza comunitaria. La s.numero c. proponeva appello ma tale gravame veniva rigettato sulla base di una pronuncia della Corte di Giustizia della Comunità Europea sent. 23 marzo 1986 , circa l’esatta interpretazione degli articolo 17 e 19 della direttiva europea numero 86/653, «relativa al coordinamento dei diritti degli Stati membri concernenti gli agenti di commercio» a parere dei Giudici di secondo grado poteva ritenersi pienamente legittimo, in quanto più favorevole all’agente, il calcolo dell’indennità di fine rapporto effettuato ai sensi dell’AEC. In particolare, la valutazione relativa al carattere pregiudizievole per l’agente della regolamentazione pattizia rispetto a quella legale, deve essere effettuata ex ante e non ex post cioè al momento della cessazione del rapporto , perché tale criterio introducendo elementi aleatori, sarebbe stato più svantaggioso per l’agente. Non era dovuto altro, anche considerando che l’indennità di fine rapporto ricomprendeva anche il nocumento insito nella cessazione del rapporto di agenzia. Per la cassazione di tale sentenza, la s.numero c. propone ricorso. Indennità di cessazione di fine rapporto criteri di calcolo. Come giustamente evidenziato dalla Suprema Corte, il problema centrale intorno al quale ruota la pretesa del ricorrente, è il criterio in base al quale calcolare l’indennità di cessazione di fine rapporto spettante all’agente ex articolo 1751 c.c., allo scopo di sapere quale sia la più favorevole tra quella “legale” e quella pattizia o convenzionale stabilita sulla base degli accordi collettivi vigenti, anche tenendo conto della disciplina comunitaria direttiva europea 86/653 . Raffronto tra disciplina legale e disciplina pattizia. Secondo la Corte distrettuale, la valutazione della pregiudizievolezza della valutazione della disciplina pattizia rispetto a quella legale non deve essere effettuata ex post, in quanto, se così fosse, l’agente non sarebbe in grado di soppesare, all’atto della stipulazione del contratto, la convenienza economica della pattuizione relativa all’indennità. Gli Ermellini, ritengono, invece, che il raffronto tra le due discipline va fatto con riferimento al caso concreto e, quindi, ex post più in dettaglio, in tema di determinazione dell’indennità dovuta all’agente commerciale alla cessazione del rapporto, la disciplina dettata dall’articolo 1751 c.c. può essere derogata soltanto in meglio dalla contrattazione collettiva e, nel caso in cui l’agente sostenga in giudizio la nullità del contratto individuale recettivo di quello collettivo, il raffronto tra la disciplina legale e quella pattizia deve essere effettuato con riferimento al caso concreto, dichiarando nulla la parte del contratto risultata sfavorevole all’agente. Quest’ultimo ha, pertanto, l’onere di provare nel giudizio di merito, con dettagliati calcoli conformi ad entrambi i criteri, legale e contrattuale, la differenza peggiorativa, mentre il preponente ha l’onere di provare il contrario, anche attraverso l’eventuale considerazione complessiva della clausola e la relativa compensazione di vantaggi e svantaggi. Uno sguardo al dettato della Corte di Giustizia delle Comunità Europee. Piazza Cavour puntualizza ulteriormente «A seguito della sentenza della Corte di Giustizia delle Comunità Europee, 23 marzo 2006, in causa C-465/04, interpretativa degli articolo 17 e 19 della direttiva 86/653, ai fini della quantificazione dell’indennità di cessazione del rapporto spettante all’agente nel regime precedente all’accordo collettivo del 26 febbraio 2002 che ha introdotto l’“indennità meritocratica”, ove l’agente provi di aver procurato nuovi clienti al preponente o di aver sviluppato gli affari con clienti esistenti ed il preponente riceva ancora vantaggi derivanti dagli affari con tali clienti ai sensi dell’articolo 1751, co. 1, c.c., è necessario verificare se l’indennità determinata secondo l’accordo collettivo del 27 novembre 1992 sia equa e compensativa del particolare merito dimostrato, dovendosi, in difetto, riconoscere la differenza necessaria per ricondurla ad equità». Il ricorso, quindi, deve essere accolto, e la sentenza cassata con rinvio ad altra sezione della Corte d’Appello di Milano.
Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 9 gennaio – 21 febbraio 2014, numero 4202 Presidente Piccialli – Relatore Bursese Svolgimento del processo Con atto di citazione notificato il 6.6.96 la Goffredo Viscardi & amp C. snc conveniva in giudizio la Vaillant Spa, e, premesso di essere agente della società convenuta per la promozione di contratti di vendita dei prodotti della stessa Vaillant, deduceva che quest'ultima, con lettera del 18.9.97 le aveva comunicato la propria determinazione di recesso, corrispondendo ad essa attrice l'indennità di cessazione del rapporto, ma in misura insufficiente in quanto calcolata secondo le modalità previste dall'Accordo Economico Collettivo AEC del 30.10.1992, anziché ai sensi dell'articolo 1751 c.c., norma questa da ritenersi inderogabile dalla contrattazione individuale e collettiva, se non in senso migliorativo per l'agente precisava al riguardo che tale specifica valutazione doveva essere stabilita non ex ante, ma ex post, e on riferimento cioè all'esito del rapporto in questione, di talché essa attrice vantava ancora nei confronti della Vaillant spa un credito corrispondente all'importo residuo. L'attrice chiedeva pertanto la condanna della convenuta al pagamento della somma residua, rispetto alla somma corrisposta e a quella che le spettava L. 851.787.674 , oltre a L. 188.790.070 a titolo di alcuni premi maturati nel corso del rapporto per l'asserito raggiungimento dei baget di vendita concordati con la convenuta, nonché al risarcimento del danno conseguente al recesso del contratto ai sensi dell'articolo 1751, 4 comma c.c. quantificato in via equitativa in L. 1.121.084,861, pari all'importo medio di un anno di provvigioni. Si costituiva in giudizio la Spa Vaillant chiedendo il rigetto della domanda attrice siccome infondata. Rilevava che l'indennità di fine rapporto era stata legittimamente calcolata sulla base dell'Accordo Economico Collettivo AEC del 30.10.1992 - applicabile nella fattispecie - per un importo pari a L. 269.297.187 che in ogni caso non sussistevano i requisiti per l'applicazione dell'articolo 1751 c.c. nel senso meritocratico invocato dall'agente, attesi i deludenti risultati ed i comportamenti non commendevoli dal medesimo manifestati nell'esercizio della sua attività professionale. Neppure secondo la Vaillant era dovuto il premio rivendicato dall'agente indennità di clientela non essendosi raggiunti gli obbiettivi di vendita stabiliti per tutte le famiglie di prodotti Vaillant né infine era configurabile alcun danno da risarcire, attesa la piena ed incontestata legittimità del recesso. Espletata l'istruttoria mediante la prova per testi circa l'imputabilità del mancato raggiungimento degli obbiettivi di vendita previsti per il riconoscimento del premio , l'adito Tribunale di Milano, con la sentenza numero 2017 del 18 febbraio 2003, rigettava la domanda attrice, ritenendo che la disciplina dettata dall'AEC del 1992 sembrava più vantaggiosa per l'agente sia con riguardo ai requisiti per maturare l'indennità sia per quanto riguardava la sua entità. Avverso la sentenza proponeva appello la Viscardi sostenendo che fosse errato ritenere che, quanto alla determinazione dell'indennità di fine rapporto, la disciplina collettiva prevista dall'AEC fosse più favorevole all'agente rispetto alla disciplina legale, contestando il criterio di raffronto tra le due discipline, che era stato utilizzato dal tribunale in astratto e con valutazione ex ante era configurabile un risarcimento dei danni anche da fatto lecito liceità del recesso , mentre infine erroneamente era stata rigettata la domanda riguardante i premi asseritamente maturati nel 1977. Resisteva la spa Vaillant, e l'adita Corte d'Appello di Milano, con sentenza numero 2599/06 rigettava l'impugnazione, confermando la sentenza impugnata e condannando l'appellata al pagamento delle spese del grado. Secondo la Corte milanese, alla luce della sentenza 23 marzo 1986 pronunciata dalla Corte di giustizia della comunità Europea circa l'esatta interpretazione degli articolo 17 e 19 della direttiva Europea numero 86/653, relativa al coordinamento dei diritti degli stati membri concernenti gli agenti di commercio , nonché della giurisprudenza di questa Corte di Cassazione, poteva ritenersi pienamente legittimo, in quanto più favorevole all'agente rispetto a quella legale, il calcolo dell'indennità di fine rapporto effettuato ai sensi dell'accordo AEC. A tal fine, in considerazione del principio fissato dalla Corte di Giustizia, la valutazione se la regolamentazione pattizia fosse o meno pregiudizievole per l'agente rispetto a quella legale, doveva essere effettuata ex ante e non ex post cioè al momento della cessazione del rapporto , perché tale criterio introducendo elementi aleatori, sarebbe stato più svantaggioso per l'agente. Null'altro era dovuto ad altro titolo, rilevato tra l'altro che l'indennità di fine rapporto doveva ritenersi ricomprendere il nocumento insito nella cessazione dello rapporto d'agenzia. Per la cassazione la suddetta decisione ricorre la Goffredo Viscardi & amp C. snc in liquidazione sulla base di 6 mezzi resiste con controricorso la Vaillant Saunier Duval Italia spa, illustrato da memoria ex articolo 378 c.p.c Motivi delle decisione 1 - Con il primo motivo la ricorrente, denunzia la violazione e falsa applicazione di norme di diritto articolo 1751 c.c. laddove la Corte d'Appello di Milano ha ritenuto legittima la deroga dei precedenti commi 1,2,3 ad opera dell'accordo economico collettivo del 27.11.92 che prevede la corresponsione all'agente dell'indennità di cessazione sulla base dei criteri contrastanti con quelli di cui al medesimo articolo 1751 c.c., in ragione del preteso carattere di miglior favore in astratto nella normativa convenzionale, la quale di converso implicherebbe in concreto la disapplicazione dei criteri legali in ogni concreta circostanza . Secondo la corte distrettuale gli accordi ponte e quindi il CCNL non sarebbero sfavorevoli per l'agente, atteso che gli accordi riportati gli garantiscono comunque un'indennità pari all'1% dell'ammontare globale delle provvigioni maturate e liquidate nel corso del rapporto oltre una ulteriore indennità aggiuntiva prevista in ipotesi particolari . Osserva però la ricorrente che nel caso specifico, in base a dettagliati conteggi da lei effettuati v. pag. 18-20 del ricorso l'indennità secondo l'articolo 1751 c.c. è senza dubbio più favorevole all'agente rispetto all'indennità stabilità secondo l'accordo AEC. Invero l'esponente non condivide l'assunto della corte distrettuale che sulla base del principio fissato dalla Corte di Giustizia Europea, al fine di stabilire se la regolamentazione pattizia sia o meno pregiudizievole per l'agente rispetto a quella legale, ha affermato che la valutazione relativa deve essere effettuata ex ante e non ex post cioè al momento della cessazione del rapporto , perché tale ultimo criterio, introducendo elementi aleatori, sarebbe stato più svantaggioso per l'agente. Invece, in conformità della prevalente giurisprudenza di questa S.C. a tal fine siffatta valutazione dev'essere effettuata ex post, sulla base delle circostanze del caso concreto, in modo tale che gli accordi collettivi troverebbero applicazione solo residualmente, nel caso in cui l'agente non possa provare i presupposti richiesti per l'applicazione di una disciplina a lui più favorevole. Il mezzo si conclude con il seguente quesito di diritto L'articolo 1751 comma 6 c.c., nel testo sostituito dall'articolo 4 d.lgs. numero 303/1991, s'interpreta nel senso che il giudice deve sempre applicare la normativa che assicuri all'agente, alla luce delle vicende del rapporto concluso, il risultato migliore, siccome la prevista inderogabilità a svantaggio dell'agente comporta che l'importo determinato dal giudice ai sensi della normativa legale deve prevalere su quello,inferiore, spettante in applicazione di regole pattizie, individuali o collettive . 2 - Con il 2 motivo l’esponente denuncia la violazione della direttiva comunitaria 86/653 articolo 17 e 18 attuata dal D.Lgs. 303/1991, in relazione all'articolo 1751 c.c. Parte dal presupposto che l'indennità legale ex articolo 1751 c.c. sia più vantaggiosa per l'agente rispetto a quella prevista nell'accordo AEC, le cui disposizioni pertanto devono ritenersi in contrasto con la norma comunitaria. Invero secondo la Corte di Giustizia una deroga può essere ammessa solo se, ex ante, è escluso che essa risulterà, alla cessazione del contratto, a detrimento dell'agente commerciale . Il motivo si conclude con il seguente quesito di diritto Gli articolo 17 e 18 della direttiva comunitaria 86/653 articolo 17 e 18 attuata dal d.lgs. 303/1991 ed in relazione all'articolo 1751 c.c. s'intendono nel senso che l'indennità di cessazione del rapporto che risulta dall'applicazione dell'articolo 17 numero 2 della direttiva non può essere sostituita, in applicazione di un accordo collettivo, da un'indennità determinata secondo criteri diversi da quelli fissati da quest'ultima disposizione a meno che tale accordo garantisca in ogni caso all'agente un'indennità pari o superiore a quella che risulterebbe dall'applicazione di questa disposizione e che la natura sfavorevole o meno dev'essere valutata al momento in cui le parti la prevedono. Queste ultime non possono prevedere una deroga di cui esse ignorino se si rileverà, alla cessazione del contratto, a favore ovvero a scapito dell'agente commerciale . 3 - Con il 3 motivo, si denunzia la violazione norme di legge articolo 1751 ultimo comma c.c. ovvero omessa considerazione del criterio secondo cui è consentito al giudice applicare l'AEC solo quando concretamente sfavorevole nella fattispecie concreta ovvero quando l'agente non è in grado di dimostrare che non ricorrono nel suo rapporto le caratteristiche . che determinano il diritto a richiedere l'indennità così come prevista legalmente e quindi chiede di usufruire della norma pattizia individuale e/o collettiva . Il mezzo si conclude con il seguente quesito di diritto Con riguardo alla formulazione di cui al 6 comma dell'articolo 1751 c.c. emerge che la normativa in materia di scioglimento del contratto di agenzia non esclude la sopravvivenza di istituti già esistenti quali l'indennità di clientela purché le forme di trattamento di fine rapporto alternativo all'articolo 1751 c.c. non si dimostrino svantaggiose per l'agente e sempre che da un esame di ogni singola fattispecie, non emerga che il trattamento di fine rapporto sia nella sua complessità migliorativa per l'agente . L'istituto quale l'indennità di clientela è migliorativo qualora l'agente non riesca a provare i presupposti di cui all'articolo 1751 c.c. . 4 - vizio di motivazione circa un punto decisivo della controversia si sottolinea che l'articolo 1751 c.c. non è derogabile per volontà delle parti e quindi anche dalla contrattazione collettiva a svantaggio dell'agente, e neppure attraverso l'introduzione di presupposti per l'indennità di cessazione del rapporto e di criteri di calcolo difformi da quelli della direttiva, che sono prevalentemente meritocratici. Si conclude con il seguente quesito L'articolo 1751 c.c., come novellato a seguito della citata direttiva Europea, non solo non è derogabile dalla volontà della parti, e quindi neanche dalla contrattazione collettiva a svantaggio dell'agente, ma neppure è derogabile mediante l'introduzione di presupposti dell'indennità di cessazione del rapporto e di criteri di calcolo della stessa difformi da quelli eminentemente meritocratici previsti dalla direttiva, ovvero genericamente non necessari per concedere all'agente un minimo garantito che è cosa diversa dalla previsione della direttiva del codice civile . 5 - I motivi di cui sopra possono essere esaminati congiuntamente stante la loro stretta connessione essi sono fondati essendo in sostanza conformi alla giurisprudenza di questa, Corte che si ritiene di dover condividere. Invero il problema centrale attorno al quale ruota la problematica evidenziata dalla ricorrente, è quello di stabilire il criterio in base al quale calcolare l'indennità di cessazione di fine rapporto spettante all'agente di cui all'articolo 1751 c.c. allo scopo di sapere quale sia la più favorevole, tra quella legale di cui allo stesso articolo 1751 c.c. e quella pattizia o convenzionale stabilità sulla base degli accordi collettivi vigenti, tutto ciò con riferimento alla richiamata direttiva Europea 86/653, così come interpretata articolo 17 e 19 dalla Corte di Giustizia delle Comunità Europee 23 marzo 2006 in causa C-463/04. Al riguardo secondo la corte distrettuale non sarebbe sostenibile, proprio alla luce del principio fissato dalla Corte di Giustizia, che la valutazione de la regolamentazione pattizia sia o meno pregiudizievole all'agente rispetto a quella legale, debba essere effettuata ex post, ossia al momento della cessazione del rapporto di lavoro, perché tale criterio introdurrebbe un intrinseco elemento di debolezza siccome aleatorio a discapito dell'agente stesso, il quale non sarebbe in grado di soppesare, all'atto della stipulazione del contratto, quale sarebbe la convenienza economica per lui della pattuizione relativa all'indennità . Al riguardo il giudice distrettuale cita una conforme decisione di questa S.C. Cass. numero 2383/04 secondo cui l'indennità ovvero i suoi criteri di calcolo dovranno essere preventivamente stabiliti dalle parti ai fini della deroga prevista dal menzionato articolo 1761 c.c Poste tali premesse, osserva il Collegio che la giurisprudenza successiva a cui si ritiene di dover aderire in quanto puntuale e convincente è invece di diverso avviso ed è ormai consolidata nel ritenere che il raffronto tra la disciplina legale e quella pattizia va fatto con riferimento al caso concreto e quindi ex post, non ritenendosi argomentazione di rilievo in senso contrario - come fa il giudice distrettuale - la possibile esclusione di elementi di aleatorietà a scapito dell'agente in una valutazione ex ante dell'indennità in discorso. Non v'è dubbio invero che elementi di maggior importanza da tener presenti nella valutazione in discorso, possono essere altri, come, ad esempio, il complessivo ammontare dell'indennità che l'agente verrebbe a percepire alla fine del rapporto di agenzia, in base ad un calcolo ex post. Questa S.C. ha così statuito In tema di determinazione dell'indennità dovuta all'agente commerciale alla cessazione del rapporto, la disciplina dettata dall'articolo 1751, c.c. può essere derogata soltanto in meglio dalla contrattazione collettiva e, nel caso in cui l'agente sostenga in giudizio la nullità del contratto individuale recettivo di quello collettivo, il raffronto tra la disciplina legale e quella pattizia deve essere effettuato con riferimento al caso concreto, pervenendosi alla dichiarazione di nullità della parte del contratto risultata sfavorevole all'agente. Quest'ultimo pertanto ha l'onere di provare nel giudizio di merito, con dettagliati calcoli conformi ad entrambi i criteri, legale e contrattuale, la differenza peggiorativa, mentre il preponente ha l'onere di provare il contrario, anche attraverso l'eventuale considerazione complessiva delle clausole e la relativa compensazione di vantaggi e svantaggi Cass. Sez. L, Sentenza numero 21301 del 03/10/2006 . Al riguardo ha altresì puntualizzato questa Corte A seguito della sentenza della Corte di Giustizia delle Comunità Europee, 23 marzo 2006, in causa C-465/04, interpretativa degli articolo 17 e 19 della direttiva 86/653, ai fini della quantificazione dell'indennità di cessazione del rapporto spettante all'agente nel regime precedente all'accordo collettivo del 26 febbraio 2002 che ha introdotto l’”indennità meritocratica , ove l'agente provi di aver procurato nuovi clienti al preponente o di aver sviluppato gli affari con i clienti esistenti ed il preponente riceva ancora vantaggi derivanti dagli affari con tali clienti ai sensi dell'articolo 1751, comma 1, cod. civ., è necessario verificare se - fermi i limiti posti dall'articolo 1751, comma 3, cod. civ. - l'indennità determinata secondo l'accordo collettivo del 27 novembre 1992, tenuto conto di tutte le circostanze del caso e, in particolare, delle provvigioni che l'agente perde, sia equa e compensativa del particolare merito dimostrato, dovendosi, in difetto, riconoscere la differenza necessaria per ricondurla ad equità. Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza di merito che, in adesione all'orientamento precedente alla citata sentenza della Corte di Giustizia delle Comunità Europee, aveva ritenuto la prevalenza del criterio previsto dalla contrattazione collettiva rispetto al criterio legale di cui all'articolo 1751 c.c. in quanto più favorevole secondo una valutazione complessiva ex ante , rimettendo al giudice del rinvio il compito di verificare se all'agente, sulla base degli elementi di fatto considerati, spettasse, per la meritevolezza del suo operato, una indennità di importo maggiore rispetto a quella garantita dall'accordo collettivo Cass. Sez. L, numero 4056 del 19/02/2008 Cass. numero 21311 del 3.010.2006 Cass. numero 21088 del 9.10.2007 Cass. numero 12724 del 1.6.2009 Cass. numero 4149 del 15.3.2012 Cass. numero 18413 del 01.08.2013 . 6 - L'accoglimento dei suddetti motivi comporta l'assorbimento dei restanti motivi 5 motivo - omesso esame e non ammissione delle prove dedotte articolo 365, numero 5 cpc e 6 motivo - violazione degli articolo 91 e 92 c.p.c. in tema di condanna alle spese processuali . In sintesi il ricorso dev 'essere accolto La sentenza dev'essere cassata in relazione ai motivi accolti e la causa rinviata, anche per le spese processuali, ad altra sezione della Corte d'Appello di Milano, che si adeguerà ai principi di cui sopra. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia la causa, anche per le spese di questo giudizio ad altra sezione della Corte d'Appello di Milano.