Mantenimento dei figli naturali maggiorenni non economicamente autosufficienti: sì alla legittimazione concorrente o straordinaria del genitore convivente

A seguito della riforma del diritto di famiglia con Legge n. 54/2006, non essendo intervenuta una sostanziale modifica degli assetti normativi che disciplinano gli obblighi di entrambi i genitori nei confronti dei figli, ancorché maggiorenni, deve ritenersi tutt’ora sussistente la legittimazione del coniuge convivente definita normalmente concorrente o straordinaria ad agire iure proprio nei confronti dell’altro genitore, in assenza di un’autonoma richiesta da parte del figlio, per richiedere tanto il rimborso, pro quota, delle spese già sostenute per il mantenimento del figlio stesso, quanto il versamento di un assegno periodico a titolo di contributo per detto mantenimento.

Il Giudice dovrà così valutare caso per caso se disporre il relativo versamento nelle mani del genitore, ovvero direttamente in quelle del figlio maggiorenne, ovvero in parte all'uno ed in parte all'altro. Ad affermarlo è la Corte di Cassazione nella sentenza n. 359 del 10 gennaio 2014. Il caso. La vicenda decisa dalla Suprema Corte è un classico” dei giudizi di separazione e divorzio. I genitori si trovano infatti a litigare in merito all’ammontare dell’assegno di contributo al mantenimento che il padre deve versare alla madre per il mantenimento del figlio maggiorenne ma non ancora autosufficiente con il quale la donna convive. La particolarità della fattispecie è legata al fatto che i genitori non sono coniugati si tratta quindi di ipotesi di filiazione naturale al di fuori del matrimonio e che il padre lamenta la carenza di legittimazione attiva della madre in punto di assegno di mantenimento del figlio, stante il raggiungimento della maggiore età da parte di quest’ultimo Versamento dell’assegno al genitore convivente. A seguito della riforma del diritto di famiglia, il novellato art. 155 c.c. stabilisce che, anche in caso di separazione personale dei genitori – quindi, stante l’identità di ratio, anche nei procedimenti di divorzio e altresì, anche nel caso di filiazione naturale al di fuori del matrimonio – il figlio minore conserva il diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno dei genitori, ricevendo cure, educazione istruzione e mantenimento da entrambi. Per quanto attiene più specificamente al mantenimento, la legge prevede che entrambi i genitori debbano provvedervi in misura proporzionale al proprio reddito. In caso di contrasto e discussione sul punto, il giudice stabilisce, se necessario, la corresponsione di un assegno periodico al fine di realizzare l’anzidetto principio di proporzionalità, valutando le esigenze del figlio, il tenore di vita goduto durante la convivenza dei genitori, i tempi di permanenza presso ciascun genitore, le risorse economiche di cui dispone ciascuno. L’art. 155 quinquies prevede inoltre che, salvo diversa determinazione del giudice, tale assegno è versato direttamente all’avente diritto. Proprio su questo punto si inasprisce la discussione tra le parti in causa. In pratica, ad avviso del ricorrente, il nuovo art. 155 quinquies così modificato dalla legge sull’affido condiviso del 2006 avrebbe eliminato la legittimazione attiva in argomento del genitore con cui il figlio convive. In altre parole, una volta maggiorenne, solo il figlio avrebbe potuto agire nei confronti del genitore onerato per ottenere il versamento dell’assegno. Per motivare la decisione, gli Ermellini ripercorrono gli orientamenti giurisprudenziali precedenti la novella del 2006 per valutare se davvero il nuovo art. 155 quinquies abbia mutato qualcosa in punto di legittimazione. Prima dell’entrata in vigore della citata legge, l’orientamento principale riteneva che il coniuge che provvedeva direttamente ed integralmente al mantenimento del figlio convivente maggiorenne ma non ancora autosufficiente, fosse legittimato iure proprio ad agire in giudizio per ottenere l'assegno di mantenimento, ma solo a fronte dell’inerzia del figlio maggiorenne per tale motivo era considerata come legittimazione concorrente . La ratio , secondo gli ermellini, era dovuta al fatto che per via della convivenza uno dei genitori sopporta, per così dire in prima battuta”, le spese che gravano ex art. 148 c.c. su entrambi. Su tale consolidato quadro giurisprudenziale è intervenuta la nuova formulazione dell’art. 155 quinquies in base al quale, come anticipato prima, l’assegno di contributo al mantenimento salvo diversa determinazione del Giudice, è versato direttamente all'avente diritto ”. Al riguardo, la giurisprudenza ha prospettato diverse soluzioni interpretative descritte nel dettaglio dalla Suprema Corte nella decisione in commento. Secondo alcuni arresti con tale disposizione si sarebbe sancito il diritto esclusivo alla percezione dell’assegno da parte del figlio. Secondo un altro indirizzo interpretativo solo in ipotesi residuali da verificare caso per caso sarebbe attribuibile un diritto iure proprio al genitore convivente. Secondo un’ulteriore tesi poi, l'art. 155 quinquies , primo comma, seconda parte, c.c. si sarebbe limitato a dettare delle mere norme regolanti il momento attuativo” dell’obbligo di corresponsione dell’assegno, prevedendo il versamento direttamente al figlio maggiorenne, ovvero al genitore convivente laddove ravvisato opportuno dal giudice. Come osservato dai giudici, tale ultimo indirizzo pare maggiormente condivisibile e coerente anche con i previgenti principi operanti in materia. Di certo poi la definizione delle modalità concrete di attuazione del versamento del contributo deve da un lato assicurare l’autonomia del figlio maggiorenne nella selezione e nella cura dei propri interessi dall’altro deve evitare di comprimere l’interesse del genitore convivente ad ottenere l'anticipazione di quelle spese, che per forza di cose in prima battuta gravano su di lui. Al coniuge separato l’assegno per il mantenimento del figlio maggiorenne non autosufficiente. Si è al riguardo osservato che con il raggiungimento della maggiore età, ove il figlio tuttora economicamente dipendente continui a vivere con il genitore che ne era affidatario, resta invariata la situazione di fatto oggetto di regolamentazione, e più, specificamente restano identiche le modalità di adempimento dell'obbligazione di mantenimento da parte del genitore convivente. Deve pertanto ritenersi ancora esistente il diritto del coniuge alla percezione dell’assegno di contribuzione al mantenimento del figlio maggiorenne e convivente, nulla essendosi modificato rispetto al regime previgente. Secondo la Cassazione quindi, non essendo intervenuta una sostanziale modifica degli assetti normativi, sussiste tutt’ora la legittimazione del coniuge convivente definita normalmente concorrente o straordinaria ad agire iure proprio nei confronti dell’altro genitore, in assenza di un’autonoma richiesta da parte del figlio, per domandare sia il rimborso, pro quota , delle spese già sostenute per il mantenimento del figlio stesso, sia il versamento di un assegno periodico a titolo di contributo per detto mantenimento Cass. n. 4188/2006 . Il giudice quindi, se investito da una domanda proveniente dal genitore convivente con figlio maggiorenne non autosufficiente, dovrà sussistendone i presupposti – come nel caso di specie – riconoscere in ogni caso il diritto all’assegno, salva la facoltà di modulare in concreto il provvedimento, prevedendo un versamento nelle sue mani, o in quelle del figlio. Rimangono comunque salve le possibilità per il figlio di iniziare autonomamente un procedimento ordinario inteso al riconoscimento di quel diritto, escludendo così la legittimazione in capo al genitore convivente, o di intervenire nel procedimento relativo alla determinazione e all'attribuzione dell'assegno Cass. n. 4296/2012 già incardinato dal genitore. Per tali ragioni la censura del ricorrente in punto di carenza di legittimazione attiva dell’altro genitore non poteva essere accolta e il ricorso finiva per essere respinto.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 23 settembre 2013 - 10 gennaio 2014, numero 359 Presidente Carnevale – Relatore Campanile Svolgimento del processo 1 - Con sentenza depositata in data 2 agosto 2006 il Tribunale di Roma condannava il Sig. A.R. al pagamento in favore di V.V.L. della somma di Euro 700,00 mensili, con decorrenza dalla data della domanda 6 dicembre 2002 , a titolo di contributo per il mantenimento di A.A. , figlio naturale di entrambi, nato il omissis . 1.1 - Avverso tale decisione, fondata su una valutazione comparata dei redditi e delle consistenze patrimoniali dei genitori, il Sig. A.R. proponeva appello, deducendo l'erronea determinazione, per eccesso, del contributo posto a suo carico per il mantenimento dei figlio, con violazione del principio di proporzionalità sancito dall'art. 155 c.c 1.2 - La Corte di appello di Roma, con la sentenza indicata in epigrafe, ha confermato la decisione di primo grado, rilevando che la somma determinata in prime cure sostanzialmente rispecchiava le rispettive potenzialità economiche dei genitori, in quanto, a fronte della preminente posizione della madre, titolare di un cospicuo e redditizio patrimonio immobiliare, doveva altresì tenersi conto dell'attività di antiquario svolta, in forma societaria, dal padre, le cui dichiarazioni fiscali non venivano considerate corrispondenti alla realtà, tenuto anche conto della consistenza del compendio immobiliare. Considerato il tenore medio alto delle condizioni di vita mantenute dalla coppia durata la convivenza, valutate le maggiori esigenze del figlio, ormai ventenne e studente universitario, la corte territoriale, pur riconoscendo la preponderanza delle condizioni economiche della madre, riteneva congrua la somma determinata dal tribunale con riferimento al contributo paterno Euro 700,00 in relazione a un'esigenza complessiva di Euro 1.700 , anche perché comprensiva della partecipazione alle spese straordinarie. 1.3 - Per la cassazione di tale decisione l'A. propone ricorso, affidato a tre motivi, cui la V. resiste con controricorso. Le parti hanno depositato memorie. Motivi della decisione 2. - Con il primo motivo di ricorso si deduce violazione e falsa applicazione dell'art. 155 c.c., nonché insufficiente o illogica motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione, rispettivamente, all'art. 360, primo comma, numero e numero 5 c.p.c, per aver la Corte territoriale fatto riferimento alla buona posizione economica dell'A. , senza indicare le risultanze probatorie relativa alla consistenza patrimoniale dello stesso e senza considerare l'entità minima delle quote di partecipazione sociale dell'A. , per poi esprimere un giudizio di congruità del contributo posto a suo carico nonostante la preponderante situazione economica della V. e la conseguita autosufficienza del figlio. Vengono formulati i seguenti quesiti di diritto 1 Dica la Suprema Corte se le circostanze - quote di partecipazione del sig. A. pari allo 0,20 % nella società Galleria dei Cosmati S.r.l. - proprietà del sig. A. di appartamento in OMISSIS in comproprietà al 50%, e ricevuto per successione ereditaria, gravato da ipoteca giudiziale a favore di Banca di Roma e di Credito Emiliano, e un rustico, costituito da struttura a gabbia in cemento, sito in XXXXXXX - quote di partecipazione della sig.ra V. pari al 15 % nella società Galleria dei Cosmati S.r.l. - proprietà della sig.ra V. di patrimonio immobiliare in Italia da uno solo dei suoi immobili in Roma percepisce un canone di locazione pari a Euro 7.500 mensili , negli USA Texas , oltre a ingenti renditi da investimenti vari. Integrino validamente e legittimamente, in relazione alla misura dell’assegno di mantenimento posto a carico del sig. A. , il principio di proporzionalità enunciato nell'art. 155 c.c 2 Dica la Suprema Corte se al fine di realizzare il principio di proporzionalità, ritenuta la necessità di corresponsione di un assegno periodico, la relativa quantificazione vada effettuata tenendo anche conto delle attuali esigenze del figlio quindi della sua intervenuta autosufficienza economica e delle risorse economiche di entrambi i genitori, e se, ove le informazioni economiche offerte dai genitori non apparissero sufficientemente documentate, debba essere disposto accertamento della Polizia tributaria . 2.1 - Il motivo è inammissibile. Prescindendo dal rilievo che le censure sopra indicate, per come formulate, tendono inequivocabilmente ad ottenere una diversa e più favorevole valutazione, non consentita in questa sede, delle risultanze processuali già considerate dal giudice del merito, va rilevato che la confusa prospettazione, nell'ambito dello stesso motivo, di questioni relative a violazione di legge e vizi motivazionali, trattate indistintamente, si riflette nella stessa indicazione dei quesiti sopra trascritti. Deve invero rilevarsi come al ricorso in esame, avente ad oggetto un provvedimento emesso nel mese di marzo dell'anno 2008, debbano applicarsi le disposizioni del D.Lgs. 2.2.2006 numero 40 in vigore dal 2.3.2006 sino al 4.7.2009 , e in particolare l'art. 6, che ha introdotto l'art. 366 bis nel codice di procedura civile. Alla stregua di tali disposizioni - la cui peculiarità rispetto alla già esistente prescrizione della indicazione nei motivi di ricorso della violazione denunciata consiste nella imposizione di una sintesi originale ed autosufficiente della violazione stessa, funzionalizzata alla formazione immediata e diretta del principio di diritto al fine del miglior esercizio della funzione nomofilattica - l'illustrazione dei motivi di ricorso, nei casi di cui all'art. 360 comma 1, nnumero 1 – 2 – 3 - 4, deve concludersi, a pena di inammissibilità, con la formulazione di un quesito di diritto che, riassunti gli elementi di fatto sottoposti al giudice di merito e indicata sinteticamente la regola di diritto applicata da quel giudice, enunci la diversa regola di diritto che ad avviso del ricorrente si sarebbe dovuta applicare nel caso di specie, in termini tali che per cui dalla risposta che ad esso si dia discenda in modo univoco l'accoglimento o il rigetto del gravame. Analogamente, nei casi di cui all'art. 360 comma 1, numero 5 c.p.c., l'illustrazione del motivo deve contenere cfr., ex multis Cass. S.U. numero 20603/2007 Cass., numero 16002/2007 Cass., numero 8897/2008 un momento di sintesi - omologo del quesito di diritto - che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità. Questa Corte ha altresì affermato che la formulazione del quesito di diritto di cui all'art. 366 bis cod. procomma civ. deve avvenire in modo rigoroso e preciso, evitando quesiti multipli o cumulativi. Da ciò consegue non solo che i motivi di ricorso fondati sulla violazione di leggi e quelli fondati su vizi di motivazione debbono essere sorretti da quesiti separati, ma anche che non è consentito al ricorrente censurare con un unico motivo e quindi con un unico quesito sia la mancanza, sia l'insufficienza, sia la contraddittorietà della motivazione Cass., 29 febbraio 2008, numero 5471 . Più recentemente si è ribadito che è inammissibile la congiunta proposizione di doglianze ai sensi dei numeri 3 e 5 dell'art. 360 cod. procomma civ., salvo che non sia accompagnata dalla formulazione, per il primo vizio, del quesito di diritto, nonché, per il secondo, dal momento di sintesi o riepilogo, in forza della duplice previsione di cui all'art. 366-bis cod. procomma civ. Cass., 20 maggio 2013, numero 12248 . 2.2 - Il motivo in esame non è conforme a tali disposizioni, in quanto - a prescindere dalla deduzione, nell'ambito di un unico motivo, in violazione al principio di chiarezza dettato dal richiamato art. 366 bis c.p.comma cfr. Cass., 29 ottobre 2010, numero 22205 , di violazione di legge e di carenze motivazionali, nei suddetti quesiti non è possibile distinguere prospettandosi indistintamente una diversa valutazione delle risultanze probatorie da sussumersi nella previsione di cui all'art. 155 c.c. gli aspetti riferiti alla violazione di legge ovvero ai vizi motivazionali, richiamandosi per altro, nel secondo di essi, circostanze di fatto autosufficienza del figlio difformi da quelle emergenti dalla decisione impugnata. 3 - Con il secondo motivo, deducendosi violazione e falsa applicazione dell'art. 155 quinquies c.comma ed omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su punti decisivi, si sostiene che la corte territoriale avrebbe omesso di specificare le ragioni in base alle quali avrebbe derogato al principio fissato da detta norma, laddove prevede la corresponsione in via diretta al figlio maggiorenne della somma stabilita a titolo di contributo per il suo mantenimento. Il motivo è corredato da due quesiti di diritto, correttamente formulati soltanto in relazione alla denunciata violazione dell'art. 155 quinquies c.c., ragion per cui non può tenersi conto di vizi della motivazione, per altro non adeguatamente individuati neppure nell'esposizione della censura. I quesiti sono così precisati 1 Dica la Suprema Corte se la decisione impugnata abbia fatto corretta applicazione dei principi di diritto enunciati dell'art. 155 quinquies c.comma in relazione al fatto della sopravvenuta maggiore età del figlio Alexander nel corso del giudizio di primo grado. 2 Dica la Suprema Corte se in relazione al contenuto dell'art. 155 quinquies c.comma il diritto al mantenimento di un figlio naturale maggiorenne, evidentemente fuori da un giudizio di separazione o di divorzio, possa essere azionato dal genitore e se, nel caso di riconoscimento di un assegno periodico, questo debba essere versato direttamente all'avente diritto. 3.1 - La doglianza è infondata, ragion per cui ai quesiti, complessivamente considerati in quanto il primo, singolarmente preso, si risolve in un mero interpello deve rispondersi negativamente. Vale bene premettere che il riferimento del ricorrente all'estraneità del presente procedimento alla materia della separazione e del divorzio non è conferente, non dubitandosi che la disciplina in questione, come del resto espressamente previsto dalla l. numero 54 del 2006, art. 4, comma 2, si applica anche ai figli di genitori non coniugati . Prima dell'entrata in vigore della legge numero 54 del 2006, la giurisprudenza di legittimità era costante nel ritenere che il coniuge, il quale provvedesse direttamente ed integralmente al mantenimento del figlio convivente divenuto maggiorenne e non ancora autosufficiente, fosse legittimato iure proprio a pretendere l'assegno di mantenimento oltre che il rimborso di quanto sostenuto dall'altro coniuge ex multis Cass. Civ., Sez. I, 27 maggio 2005, numero 11320 Cass. Civ., Sez. I, 25 giugno 2004, numero 11863 Cass. Civ., sez. I, 13 febbraio 2003, numero 2147 . Tale legittimazione , definita concorrente rispetto a quella del figlio maggiorenne, restava subordinata alla mancata iniziativa giudiziaria di quest'ultimo Cass. Civ., Sez. I, 24.12.2006, numero 4188 Cass. Civ., Sez. I, 16.7.1998, numero 6950 Cass. Civ., Sez. I, 10849/1996 Cass. Civ., Sez. I, 12.3.1992, numero 3019 Cass. Civ., Sez. I, 7.11.1981, numero 5874 e si fondava sulla circostanza che in ragione della convivenza uno dei genitori sopporta delle spese che gravano ex art. 148 c.comma su entrambi Cass. Civ., Sez. I, 21.6.2002, numero 9067 Cass. Civ., Sez. I, 16.2.2001, numero 2289 Cass. Civ., Sez. I, 16.6.2000, numero 8235 Cass. Civ., Sez. I, 5.12.1996, numero 10849 Cass. Civ., Sez. I, 29.4.1994, numero 3049 . Su tale consolidato quadro giurisprudenziale è intervenuta la nuova formulazione dell'art. 155 quinquies, I comma, c.c Tale disposizione normativa, inserita nel contesto dedicato allo scioglimento del matrimonio ed alla separazione dei coniugi, espressamente prevede che il giudice, valutate le circostanze, può disporre in favore dei figli maggiorenni non indipendenti economicamente il pagamento di un assegno periodico. Tale assegno, salvo diversa determinazione del giudice, è versato direttamente all'avente diritto . Con riferimento al versamento diretto a figlio maggiorenne non autosufficiente convivente con uno dei genitori sono state prospettate diverse soluzioni interpretative. Secondo una prima tesi sarebbe stato sancito il diritto esclusivo con evidenti riflessi in tema di legittimazione attiva alla percezione dell'assegno da parte del figlio maggiorenne non autosufficiente. Secondo un altro indirizzo interpretativo la norma citata attribuirebbe il diritto alla percezione dell'assegno di mantenimento, quale regola generale, al figlio maggiorenne, e solo in ipotesi residuali, da verificare caso per caso, un diritto iure proprio al genitore convivente. Secondo una ulteriore tesi, poi, l'art. 155 quinquies, primo comma, seconda parte, c.comma si sarebbe limitato a dettare, in seno ai giudizi di separazione e divorzio, delle mere norme regolanti il momento attuati-vo dell'obbligo di corresponsione dell'assegno, prevedendo il versamento nelle mani direttamente del figlio maggiorenne, ovvero del genitore convivente laddove ravvisato opportuno dal giudice. Non è chi non veda come, in base a quest'ultimo indirizzo interpretativo, che appare maggiormente condivisibile, siano fatti salvi i previgenti principi operanti nei giudizi di separazione personale e di divorzio applicabili, anche nell'ambito dell'ormai superata distinzione fra figli legittimi e naturali, anche nell'ipotesi di genitori non coniugati e attinenti al potere inteso quale diritto-dovere del giudice del relativo provvedimento di determinare, nella ricorrenza dei presupposti, il contributo per il mantenimento del figlio maggiorenne, salvo poi stabilire, valutate le circostanze , cioè a dire tenuto conto delle esigenze e delle richieste specifiche, le modalità del relativo versamento. Di certo, la modulazione delle modalità di attuazione del versamento del contributo deve tendere, da un lato, ad assicurare l'autonomia del figlio maggiorenne nella selezione e nella cura dei propri interessi purché meritevoli di tutela un assegno versato direttamente a un figlio in preda al demone del gioco o tossicodipendente sarebbe contrario, sia pure in una visione in un certo senso paternalistica, allo spirito della norma dall'altro, a non comprimere l'interesse del genitore convivente ad ottenere l'anticipazione di quelle spese, che per forza di cose gravano su di lui, in virtù di un munus specifico Cass. 8 settembre 1998, numero 8868, Giur. it., 1999, 916 , ma che, tuttavia, costituiscono l'adempimento di un obbligo solidale facente capo, ai sensi degli inalterati artt. 147 e 148 e. e, ad entrambi i genitori. Si è al riguardo osservato che con il raggiungimento della maggiore età, ove il figlio tuttora economicamente dipendente continui a vivere con il genitore che ne era affidatario, resta invariata la situazione di fatto oggetto di regolamentazione, e più, specificamente restano identiche le modalità di adempimento dell'obbligazione di mantenimento da parte del genitore convivente, e che la pretesa di quest'ultimo di ricevere dall'altro il contributo a suo carico trova ragione non solo o non tanto nell'interesse patrimoniale del medesimo a non anticipare la quota della prestazione gravante sull'altro, ma anche e soprattutto nel munus a lui spettante di provvedere direttamente ed in modo completo al mantenimento, alla formazione ed all'istruzione del figlio Cass., 19 gennaio 2007, numero 1146 . Deve pertanto ritenersi - esclusa ogni efficacia abrogante alla facoltà sancita dall'art. 155 quinquies c.comma rispetto alle norme che disciplinano i doveri verso i figli, ancorché maggiorenni - che il fondamento giuridico del diritto del coniuge alla percezione dell'assegno di contribuzione al mantenimento del figlio maggiorenne e convivente, nulla essendosi modificato rispetto al munus ad esso spettante di provvedere direttamente ed in modo completo al mantenimento, alla formazione ed all'istruzione del figlio v. anche Cass. Civ., Sez. I, 3.4.2002, numero 4765 e Cass. Civ., Sez. I, 8.9.1998, numero 8868 , munus che affonda le radici nelle immutate disposizioni di cui agli artt. 147 e 148 c.c., sussista anche dopo l'introduzione della norma contenuta nell'art. 155 quinquies c.c È stato adeguatamente sottolineato come la soluzione in esame venga suggerita anche dalla lettura dell'art. 148, comma secondo, c.c., laddove si prevede che il presidente del tribunale, in caso di inadempimento di uno dei due coniugi, possa disporre che una quota dei redditi dell'obbligato sia versata all'altro coniuge o a chi sopporta direttamente le spese di mantenimento della prole. Non minor rilievo assume la collocazione sistematica della norma in questione in un contesto normalmente riservato ai coniugi quali parti essenziali del procedimento vedi Corte Costituzionale, 14 luglio 1986, numero 185 . Deve pertanto ritenersi che, non essendo intervenuta una sostanziale modifica degli assetti normativi che disciplinano gli obblighi di entrambi i genitori nei confronti dei figli, ancorché maggiorenni, la legittimazione del coniuge convivente definita normalmente concorrente , ma anche, da qualche autore, straordinaria ad agire iure proprio nei confronti dell'altro genitore, in assenza di un'autonoma richiesta da parte del figlio, per richiedere tanto il rimborso, prò quota, delle spese già sostenute per il mantenimento del figlio stesso, quanto il versamento di un assegno periodico a titolo di contributo per detto mantenimento, sussista tuttora Cass., 24 febbraio 2006, numero 4188 . Il giudice, laddove investito da una domanda proveniente dal genitore convivente con figlio maggiorenne non autosufficiente, dovrà quindi sussistendone i presupposti riconoscere in ogni caso il diritto al contributo fatto valere dal genitore che abbia avanzato la relativa domanda, salva la facoltà di modulare in concreto il provvedimento, prevedendo un versamento termine di per sé maggiormente aderente alla regolamentazione di un mero aspetto attuativo del diritto nelle sue mani, ovvero direttamente nelle mani del figlio maggiorenne, ovvero in parte all'uno ed in parte all'altro. Assume, quindi, rilievo giuridico l'inerzia del figlio maggiorenne alla percezione dell'assegno di mantenimento, essendo comunque salva la possibilità per lo stesso di iniziare un procedimento ordinario inteso al riconoscimento di quel diritto, in maniera tale da eclissare la legittimazione in capo al genitore convivente Cass., Sez. I, 24.12.2006, numero 4188 Cass., Sez. I, 16.7.1998, numero 6950 Cass., Sez. I, 10849/1996 Cass. Civ., Sez. I, 12.3.1992, numero 3019 Cass. Civ., Sez. I, 7.11.1981, numero 5874 , nonché salvo il diritto del figlio stesso di intervenire nel procedimento relativo alla determinazione e all'attribuzione dell'assegno Cass., 19 marzo 2012, numero 4296 . 4 - Il terzo motivo, con il quale, deducendo omesso esame di fatti controversi decisivi per il giudizio , il ricorrente si duole della insufficienza della motivazione circa la propria posizione economica, della contraddittorietà della comparazione dei redditi dei genitori, nonché dell'omesso esame della questione inerente alla dedotta attività lavorativa del figlio è inammissibile, a causa della totale assenza di quel momento di sintesi , omologo del quesito di diritto, da formularsi nei termini sopra illustrati, previsto dalla disposizione contenuta nell'art. 366 bis c.p.c., nell'interpretazione datane da questa Corte. 5 - In conclusione, il ricorso deve essere rigettato, con condanna dell'A. al pagamento delle spese processuali relative al presente giudizio di legittimità, che si liquidano come in dispositivo. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, liquidate in Euro 2.200,00 di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge. Dispone che in caso di diffusione del presente provvedimento siano omesse le generalità delle parti e dei soggetti menzionati in sentenza.