Il contratto a favore di terzo, previsto dall’articolo 1411 c.c., ricorre quando i contraenti, mediante apposita stipulazione, si accordino per attribuire ad un terzo estraneo alla convenzione uno o più diritti derivanti dal contratto stesso. Perciò, questa fattispecie non ricorre né quando il diritto attribuito al terzo sorga per legge, né qualora il terzo sia destinatario degli effetti economici vantaggiosi della prestazione, ma non acquisti il diritto a pretenderla, salvo il diverso diritto, eventualmente desumibile dal contratto, a che la prestazione, ove effettuata, sia eseguita in maniera diligente al fine di evitargli un danno. In tale ultimo caso, si configurerebbe, piuttosto, un contratto con effetti protettivi nei confronti del terzo.
Lo afferma la Corte di Cassazione nella sentenza numero 10272, depositata il 12 maggio 2014. Il caso. Un architetto chiedeva un decreto ingiuntivo nei confronti di una società per il pagamento di prestazioni professionali relative alla progettazione di un complesso immobiliare. La società si opponeva, deducendo la carenza della propria legittimazione passiva, essendo l’incarico stato conferito da un suo socio accomandatario, non in tale qualità ma a titolo personale. La Corte d’appello di Brescia rigettava la domanda dell’attore, rilevando che il contratto era stato stipulato tra il fratello dell’architetto ed il socio, da una parte, e lo studio professionale dall’altra, che la corrispondenza era intercorsa solo tra il socio e l’architetto, senza mai coinvolgere la società e che anche per il pagamento della parcella il professionista si era rivolto al socio come persona fisica e non alla società. L’architetto ricorreva in Cassazione, lamentando la violazione dell’articolo 1411 c.c. Contratti a favore di terzi . A sostegno di tale tesi, deduceva che il terreno oggetto dell’attività era di proprietà della società, che la concessione edilizia era stata chiesta e rilasciata a nome della società, che il socio accomandatario non aveva interessi personali sul terreno e, infine, che i committenti non avevano indicato nella società il beneficiario del contratto stipulato, né avevano indicato che si trattasse di contratto a favore di terzo. Perciò, mancando un interesse personale del socio alla stipulazione in favore del terzo, questa fattispecie non era, ad avviso del ricorrente, configurabile. Ipotesi di contratto a favore di terzo. Analizzando la domanda, la Corte di Cassazione ricordava che il contratto a favore di terzo, previsto dall’articolo 1411 c.c., ricorre quando i contraenti, mediante apposita stipulazione, si accordino per attribuire ad un terzo estraneo alla convenzione uno o più diritti derivanti dal contratto stesso. Perciò, questa fattispecie non ricorre né quando il diritto attribuito al terzo sorga per legge, né qualora il terzo sia destinatario degli effetti economici vantaggiosi della prestazione, ma non acquisti il diritto a pretenderla, salvo il diverso diritto, eventualmente desumibile dal contratto, a che la prestazione, ove effettuata, sia eseguita in maniera diligente al fine di evitargli un danno. In tale caso, secondo i giudici di legittimità, si configurerebbe, piuttosto, un contratto con effetti protettivi nei confronti del terzo. Nel caso di specie, tra le parti del contratto non rientrava la società, a cui non veniva neanche attribuito, nell’atto negoziale, il diritto ad esigere la prestazione professionale. Perciò, il fatto che essa fosse proprietaria del terreno non era una ragione sufficiente per configurare la fattispecie come contratto a favore di terzo. Per questi motivi, la Corte di Cassazione rigettava il ricorso.
Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 20 febbraio – 12 maggio 2014, numero 10272 Presidente Goldoni – Relatore Manna Svolgimento del processo La Vermat s.a.s. proponeva opposizione al decreto emesso dal presidente del Tribunale di Brescia su ricorso dell'arch. A.V. , col quale le era stato ingiunto il pagamento della somma di lire 42.185.931 quale corrispettivo di prestazioni professionali relative alla progettazione, assistenza amministrativa e direzione dei lavori di costruzione di un complesso immobiliare in OMISSIS . A sostegno dell'opposizione deduceva la carenza della propria legittimazione passiva, essendo stato conferito l'incarico professionale da S.O. , suo socio accomandatario, non in tale qualità ma a titolo personale. Proponeva, inoltre, domanda riconvenzionale per danni e controcrediti. Resistendo l'opposto, il Tribunale rideterminava il credito di quest'ultimo in lire 35.635.551 e rigettava la domanda riconvenzionale. Tale decisione era riformata dalla Corte d'appello di Brescia che, adita dalla Vermat s.a.s., con sentenza numero 268/07 rigettava la domanda dell'arch. A. , dichiarava inammissibile la riconvenzionale e compensava integralmente le spese del doppio grado di giudizio. La Corte territoriale premetteva che il contratto d'opera non necessariamente deve intercorrere fra il committente proprietario del terreno ed il professionista, ben potendo essere stipulato fra un terzo che, quindi, si accolla l'onere del pagamento della prestazione professionale ed il professionista, verificandosi, quindi, una classica ipotesi di contratto a favore di terzo . Quindi, rilevava che il contratto dedotto in giudizio era stato stipulato per iscritto il 12.11.1992 tra A.E. , fratello dell'appellato, e S.O. , da una parte, e lo studio CPPTU di A.V. e P. , dall'altra che tutta la corrispondenza era intercorsa fra A.V. e S.O. e mai tra il primo e la Vermat che inoltre se il contratto avesse impegnato detta società non avrebbe trovato spiegazione la presenza, tra i committenti, di A.E. , che non rivestiva qualità di rappresentante legale che tale conclusione era confermata dal fatto che nel richiedere il pagamento della parcella A.V. si fosse rivolto allo S. come persona fisica, e mai alla Vermat, e dalla deposizione del teste R. , che aveva riferito di aver appreso dallo stesso S. dell'incarico al predetto professionista. Per la cassazione di tale sentenza A.V. propone ricorso affidato a due motivi. Resiste con controricorso la Vermat s.r.l., già s.a.s., che propone ricorso incidentale condizionato basato su di un solo motivo. Motivi della decisione 1. - Preliminarmente va disposta la riunione dei ricorsi, ai sensi dell’articolo 335 c.p.c., perché proposti avverso la medesima sentenza. 1-bis - Il primo motivo di ricorso, corredato da quesito di diritto ex articolo 366-bis c.p.c. applicabile ratione temporis alla fattispecie denuncia la violazione degli articolo 99, 112, 346 e 329 c.p.c Sostiene parte ricorrente che la soc. appellante, sebbene avesse insistito nell'atto di citazione in appello sul difetto della propria legittimazione passiva, ha poi modificato le sue conclusioni rispetto al giudizio di primo grado chiedendo che fosse accertato il suo asserito credito verso l'arch. A.V. . Pertanto, conclude, non avendo l'appellante formulato alcuna specifica conclusione in ordine al capo della sentenza di primo grado che aveva respinto l'eccezione di carenza di legittimazione passiva, la Corte d'appello avrebbe dovuto limitare la propria indagine alla sola domanda riconvenzionale della società. 1-bis.1. - Il motivo è manifestamente infondato, perché si basa sulla scorretta riproduzione del fatto processuale invocato. Occorre rimarcare che il ricorrente ha riportato in maniera monca le conclusioni trascritte nell'epigrafe della sentenza d'appello, sopprimendo proprio un fondamentale anche v. pag. 7 ricorso che invece compare in quelle trascritte nell'epigrafe della sentenza impugnata, dove le conclusioni della società appellante sono così riprodotte dichiararsi che, anche in forza del credito vantato dalla Vermat, all'A. nulla è dovuto in via riconvenzionale . ecc Il che dimostra come pure sotto il profilo meramente verbale l'espressione adoperata non lasci spazio alla tesi che l'appellante abbia rinunciato a far valere il primo motivo di gravame, inerente alla questione della titolarità del rapporto nel lato passivo erroneamente qualificata come eccezione di carenza di legittimazione passiva . E poiché le suddette conclusioni corrispondono a quelle dell'atto di citazione in appello cui questa Corte ha accesso trattandosi del riscontro d'un fatto processuale , deve concludersi che non vi sia stato alcun mutamento fra le une e le altre, e che del tutto correttamente, pertanto, la Corte bresciana si sia pronunciata sul punto. 1-bis.2. - Oltre che infondata in fatto, la tesi sostenuta nel motivo in esame è anche oggettivamente insensata. Giova premettere che l'interpretazione degli atti processuali compete a questa Corte quando sia censurata la nullità della sentenza impugnata per violazione dell'articolo 112 c.p.c. cfr. Cass. S.U. numero 8077/12 . Ciò posto, non è dato comprendere come possa seriamente sostenersi senza manifestare nel contempo un'aspettativa - tanto ingiustificata quanto irriguardosa - sulle scarse capacità critiche di questa Corte Suprema che la parte l'appellante, dopo aver dedicato buona parte del proprio atto d'impugnazione a contestare la sentenza di prime cure sulla questione inerente alla titolarità passiva del rapporto sostanziale, nel chiudere la redazione del medesimo atto difensivo possa senza alcuna ragione aver rinunciato a quanto appena scritto poche pagine prima. Ne si comprende come possa prestarsi acquiescenza tacita ex articolo 329, cpv. c.p.c., chiedendo espressamente l'accoglimento delle conclusioni di primo grado v. pag. 11 citazione in appello . 2. - Il secondo mezzo d'annullamento, corredato da quesiti multipli, espone la violazione degli articolo 1411 e 1273 c.c. e la contraddittorietà della motivazione, in relazione, rispettivamente ai nnumero 3 e 5 dell'articolo 360 c.p.c La motivazione della sentenza impugnata confligge, sostiene parte ricorrente, con indiscutibili elementi documentali e con i risultati delle prove orali. Infatti, deduce il ricorrente, a il terreno oggetto dell'attività di progettazione negoziata fra le parti era, all'origine, in comproprietà fra la Vermat s.a.s. ed A.E. , il quale poi il 22.3.1993 cedette la sua quota a detta società b la concessione edilizia fu chiesta e rilasciata a nome della Vermat c fra l'arch. A. e S.O. vi erano all'epoca rapporti di amicizia, tant'è che il conferimento dell'incarico professionale non fu accompagnato dalla trascrizione delle rispettive generalità d S.O. non aveva alcun interesse personale sul terreno oggetto dell'intervento edilizio e i committenti non avevano indicato nella Vermat s.a.s. il beneficiario del contratto stipulato, né avevano indicato che si trattasse di contratto a favore del terzo. Pertanto, non essendovi un interesse personale dello S. alla stipulazione in favore del terzo, tale fattispecie non è configurarle, considerato, inoltre, che nel contratto stesso non è neppure menzionato il terzo. 2.1. - Il motivo è infondato. 2.1.1. - Esso procede da argomentazioni di puro fatto, che lungi dall'allegare e dal dimostrare un'intrinseca contraddittorietà del percorso motivazionale seguito dalla sentenza impugnata, sollecitano un inammissibile riesame di merito sulle emergenze probatorie, che come tale non può trovare ingresso in questa sede di legittimità. 2.1.2. - Quanto, poi, alla dedotta violazione di legge, va osservato che la statuizione della Corte territoriale è conforme al diritto, ma la relativa motivazione va corretta, ex articolo 384, ultimo comma c.p.c., per le considerazioni che seguono, e che rendono non pertinenti le censure svolte. Il contratto a favore del terzo, previsto dall'articolo 1411 c.c., ricorre allorché i contraenti, mediante un'apposita stipulazione si accordino per attribuire ad un terzo estraneo alla convenzione uno o più diritti derivanti dal contratto stesso. Pertanto, detta fattispecie ipotetica non ricorre né allorquando il diritto attribuito al terzo sorga per legge, né ove il terzo sia destinatario degli effetti economici vantaggiosi della prestazione ma non acquisti il diritto a pretenderla, salvo il diverso diritto, eventualmente desumibile dal contratto, a che la prestazione ove effettuata sia eseguita in maniera diligente al fine di evitargli un danno nel qual caso è corretta, piuttosto, la configurazione di contratto con effetti protettivi nei confronti del terzo . Nel caso in esame, la Corte territoriale ha accertato - con motivazione congrua e logica che come s'è detto resiste alla critica formulata nel motivo - unicamente che il contratto d'opera era stato stipulato tra A.E. , fratello dell'odierno ricorrente, e S.O. , da una parte, e lo studio CPPTU di A.V. e P. , dall'altra non anche che esso attribuisse alla Vermat il diritto a esigere la prestazione professionale. Pertanto, il fatto che detta società fosse proprietaria dell'area da edificare da un lato non è ragione sufficiente, in base alle superiori ragioni di diritto, per configurare la fattispecie come contratto a favore del terzo dall'altro, non pone minimamente in crisi la logicità della ricostruzione storica operata dalla Corte bresciana, che l'incarico non presuppone la proprietà dell'oggetto materiale su cui la prestazione professionale è destinata ad operare. 3. - La reiezione di entrambi di motivi del ricorso principale assorbe l'esame del ricorso incidentale condizionato, riguardante la pronuncia d'inammissibilità della domanda riconvenzionale della Vermat. 4. - Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza del ricorrente. P.Q.M. La Corte riunisce i ricorsi, rigetta il ricorso principale, assorbito quello incidentale, e pone a carico del ricorrente le spese, che liquida in Euro 2.200,00, di cui 200,00 per esborsi, oltre IVA e CPA come per legge.