Politico scatenato, in piena campagna elettorale, contro la vecchia amministrazione. A finire nel mirino, però, è soprattutto un rappresentante dell’Ufficio tecnico, cui viene addebitata la riduzione, pari a quasi un miliardo di lire, dei fondi stanziati per il terremoto. Quelle parole, però, rischiano di essere catalogate non come critica politica
“In guerra e in amore, tutto è permesso ”. E, volendo allargare l’orizzonte, anche in politica. Esempio azzeccatissimo il comizio elettorale, una sorta di ‘arma di distruzione di massa’, soprattutto quando l’obiettivo è attaccare l’amministrazione – comunale, in questa vicenda – che si appresta a chiudere la propria esperienza. Logico trovare difetti, naturale sottolinearli ad alta voce, necessario motivarli adeguatamente soprattutto per evitare di dover rispondere di “diffamazione” Cass., sent. numero 18981/2014, Quinta Sezione Penale, depositata oggi . Comizio. Attacco frontale «I soldi si sono persi per colpa dell’amministrazione ». La pecunia, per la precisione, è quella stanziata come contributo per la ricostruzione post terremoto. E il politico, in piena campagna elettorale, addebita all’Ufficio tecnico del Comune la responsabilità per il ‘taglio’ subito, pari a quasi un miliardo di vecchie lire. E, di rimbalzo, a finire nel mirino, in occasione del comizio, è anche il ragioniere dell’‘Ufficio tecnico’, che, secondo il politico in piena ‘trance agonistica’, avrebbe dovuto essere messo «in condizioni di non nuocere». Piccata la reazione del ragioniere, che si sente ‘ferito’ nella dignità e nell’onore, e che chiede giustizia prima in Tribunale e poi in Corte d’appello. Esiti? Negativo in primo grado – conclusosi con pronuncia di assoluzione –, positivo in secondo grado, laddove viene ritenuta dimostrata la «malafede» del politico, concretizzatasi nell’attribuzione alla persona del ragioniere di «un’incapacità tale da aver causato la riduzione dei contributi assegnati per il terremoto al Comune». Documenti. Ma a riaprire la vicenda, almeno per quanto concerne il fronte del «risarcimento dei danni» riconosciuto a favore della persona offesa, provvedono ora i giudici del Palazzaccio, evidenziando le contraddizioni tra la decisione del Tribunale e la decisione della Corte d’appello, nonostante il «materiale probatorio» sia rimasto immutato. Più in particolare, a catturare l’attenzione è la mancata valutazione, in secondo grado, della «delibera contenente i rilievi critici alle acquisizioni dell’‘Ufficio tecnico’», acquisizioni messe ‘nero su bianco’ dal ragioniere con una «nota» ad hoc relativa a «un controllo di carattere contabile, successivo ad una erogazione già avvenuta e non certo a controlli di carattere tecnico sulle schede prodromici alla stessa concessione del finanziamento». È credibile, secondo i giudici, la visione, adottata in primo grado, che i «rilievi» contenuti nella «delibera» potessero escludere la «sussistenza del dolo» da parte del politico in pieno comizio. Proprio per questo, è necessario un approfondimento della vicenda, affidata nuovamente ai giudici d’Appello, che dovranno tenere conto, per valutare il ‘peso’ delle parole del politico, dei due documenti a disposizione, ossia la «nota» del ragioniere e la «delibera» comunale.
Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 31 gennaio – 8 maggio 2014, numero 18981 Presidente Dubolino – Relatore Caputo Ritenuto in fatto 1. Con sentenza in data 05/10/2007, il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere assolveva, perché il fatto non costituisce reato, G.C. dal reato di diffamazione, ascrittogli perché, nel corso di un comizio pubblico, offendeva la reputazione di A.R., pronunciando le seguenti frasi «il mio avversario politico M.I. non vuole accettare che i soldi si sono persi per colpa dell'amministrazione , perciò, quando ti sei accorto che il responsabile dell'UTC, che ha fatto un danno di 960.000.000, ha fatto un danno a questa comunità, ma che hai aspettato a non prenderlo ed a metterlo in condizioni di non nuocere». Con sentenza deliberata il 07/02/2013, la Corte di appello di Napoli, in riforma della sentenza di primo grado appellata dal pubblico ministero e dalla parte civile A.R., ha dichiarato non doversi procedere nei confronti di G.C. in ordine al reato a lui ascritto perché estinto per prescrizione e ha condannato l'imputato al risarcimento dei danni subiti dalla parte civile, oltre al pagamento delle spese da questa sostenute. La Corte di merito rileva che l'imputato, nel corso di un comizio pubblico, aveva fatto espresso riferimento ad una nota di R., dove quest'ultimo si sarebbe riservato di effettuare un capillare e più attento accertamento sulle schede tecniche inviate al ministero sulla base dell'esistenza e del contenuto di tale nota, il giudice di primo grado ha affermato che C., quando ha pronunciato le parole di cui all'imputazione, aveva, almeno putativamente, tutte le ragioni per ritenere che il finanziamento non fosse stato reso disponibile per intero, essendo state inviate al Ministero schede contenenti dati incompleti. Tuttavia, rileva la sentenza impugnata, la semplice lettura della nota in questione mette in luce che R. non si era assolutamente riservato di effettuare presunti controlli tecnici sulle schede, ma aveva comunicato al sindaco e al segretario comunale che « è importante predisporre e voler far controllare dal punto di vista contabile tutti gli importi erogati ed assegnati per opere private e pubbliche in essi inseriti» è evidente, pertanto, che R. fa un chiaro riferimento a un controllo di carattere contabile successivo ad una erogazione già avvenuta e non certo a controlli di carattere tecnico sulle schede prodromici alla stessa concessione del finanziamento. La circostanza che la nota abbia un contenuto ben diverso da quello al quale l'imputato fa invece espresso riferimento nel corso del comizio, nonostante la sua stessa espressa affermazione durante il comizio stesso di starne leggendo in quel momento il contenuto, dimostra in maniera evidente la malafede di C. e, quindi l'insussistenza di un legittimo diritto di critica politica nell'attribuzione a R. di un fatto non veritiero lesivo della sua reputazione, avendolo, di fatto, tacciato di un'incapacità tale da aver causato la riduzione dei contributi assegnati per il terremoto al Comune di Ruviano pari a 960 milioni di lire, sicché lo si sarebbe dovuto mettere « in condizioni di non nuocere». Rilevata l'estinzione del reato per prescrizione perfezionatasi dopo il giudizio di primo grado, la Corte di merito ritiene che l'imputato debba essere condannato al risarcimento dei danni subiti dalla parte civile. 2. Avverso l'indicata sentenza della Corte di appello di Napoli ha proposto ricorso per cassazione, nell'interesse di G.C., il difensore avv. V.G., denunciando - con un unico promiscuo motivo di seguito enunciato nei limiti di cui all'articolo 173, comma 1, disp. att. cod. proc. penumero - violazione della legge penale, dell'articolo 576 cod. proc. penumero , degli articolo 51 e 595 cod. penumero L'appello presentato dalla parte civile era inammissibile per violazione dell'articolo 576 cod. proc. penumero , in quanto i motivi non sono stati redatti ai soli fini della responsabilità civile i motivi di appello hanno investito la responsabilità penale dell'imputato suggestionando la pubblica accusa il cui atto di appello è conforme a quello della parte civile. La Corte di appello ha ritenuto raggiunta la prova del reato ascritto all'imputato unicamente sulla scorta del contenuto della nota del 16/06/1993, omettendo l'adeguata valutazione del contesto verbale e ambientale dei fatti. La Corte di merito, inoltre, trascura il contenuto della delibera del Comune di Ruviano del 29/09/1995, alla luce del quale la sentenza di primo grado ha escluso la sussistenza dell'elemento psicologico del reato, in quanto la mancata erogazione, per intero, dei fondi stanziati dipese proprio dalle inesattezze dei dati economici contenuti nelle schede predisposte dall'Ufficio Tecnico del Comune di Ruviano. L'intervento dell'imputato nel corso del comizio ha rappresentato una critica politica alla vecchia amministrazione comunale e, nello specifico, al suo ufficio tecnico, non costituendo un attacco alla persona di A.R., come è confermato dal fatto che C. non ha effettuato alcun espresso riferimento alla parte civile, limitandosi a citare il geometra di detto ufficio. La convinzione dell'imputato che la mancata erogazione dei finanziamenti sia stata dovuta all'inadeguatezza dei dati economici riportati nelle schede dell'ufficio tecnico è maturata proprio dal testo della nota del 16/06/1993, in cui il responsabile dell'ufficio fa riferimento alla necessità di una revisione contabile di tutti gli importi, circostanza confermata dallo stesso R. nel corso dell'udienza del 05/10/2007, quando ha affermato che tale verifica rientrava nelle competenze non del suo ufficio, ma del ragioniere. La sentenza impugnata non ha motivato adeguatamente in ordine alla verifica di natura contabile, esaminata analiticamente dalla sentenza di primo grado. 3. In data 08/01/2014, il difensore dell'imputato ha depositato memoria, con la quale insiste per l'annullamento - con o senza rinvio - della sentenza impugnata. In data 18/01/2014 è stata depositata nomina di A.R. a favore dell'avv. M.M., che ha depositato memoria, conclusioni scritte e specifica spese. Considerato in diritto Il ricorso è fondato, nei termini di seguito indicati. Il primo motivo è manifestamente infondato. Secondo l'orientamento di questa Corte, l'impugnazione della parte civile avverso la sentenza di proscioglimento che non abbia accolto le sue conclusioni, è ammissibile anche quando non contenga l'espressa indicazione che l'atto è proposto ai soli effetti civili Sez. U, numero 6509 del 20/12/2012 - dep. 08/02/2013, P.C. in proc. Colucci e altri, Rv. 254130 deve, pertanto, ritenersi ammissibile l'appello presentato dalla parte civile avverso la sentenza di assoluzione in primo grado, tanto più che l'atto di gravame si concludeva con l'esplicita richiesta di condanna dell'imputato al risarcimento dei danni. Del tutto privo di consistenza è poi il rilievo del ricorrente circa la suggestione esercitata dalla parte civile sull'appello poi proposto dal pubblico ministero. Il secondo motivo è, invece, fondato. Secondo il consolidato orientamento di questa Corte, condiviso dal Collegio, nel giudizio di appello, in assenza di mutamenti del materiale probatorio acquisito al processo, la riforma della sentenza assolutoria di primo grado, una volta compiuto il confronto puntuale con la motivazione della decisione di assoluzione, impone al giudice di argomentare circa la configurabilità del diverso apprezzamento come l'unico ricostruibile al di là di ogni ragionevole dubbio, in ragione di evidenti vizi logici o inadeguatezze probatorie che abbiano minato la permanente sostenibilità del primo giudizio Sez. 6, numero 8705 del 24/01/2013 - dep. 21/02/2013, Farre e altro, Rv. 254113 . La sentenza impugnata non è in linea con questo principio. La Corte di merito ha colto un profilo dì indubbio rilievo nel mettere in luce come il tenore della nota di R. facesse riferimento ad un controllo successivo ad una erogazione già avvenuta. La sentenza di primo grado, tuttavia, aveva valorizzato, nella prospettiva dell'esclusione almeno dell'elemento psicologico del reato, anche la delibera comunale del 29/09/1995, ricostruendo le espressioni dell'imputato come riferite alla perdita del finanziamento statale causato dalla «inidoneità dell'azione amministrativa che aveva preso per buone in modo acritico ed anzi non tenendo conto delle riserve del Segretario Comunale le insufficienti risultanze istruttorio acquisite dall'UTC, nella persona del Geometra R., del quale, solo per tale motivo, si lamentava l'omessa rimozione dall'incarico» l'argomentare del primo giudice, pertanto, faceva leva anche su un atto - appunto, la delibera del 1995 - successivo alla nota di R. e contenente i rilievi critici, non recepiti dal consiglio comunale, alle acquisizioni dell'ufficio tecnico, rilievi ritenuti idonei ad escludere la sussistenza del dolo. In questo quadro, la Corte di merito, valorizzando l'inferenza valutativa relativa alla nota di R., ha omesso di porla a confronto con l'argomentazione svolta dal giudice di primo grado sulla base della delibera del 1995 pertanto, la sentenza impugnata non ha assicurato il confronto puntuale con la motivazione della pronuncia assolutoria necessario a minarne la permanente sostenibilità. Già dichiarata l'estinzione per prescrizione del reato ascritto all'imputato, la sentenza impugnata deve essere annullata agli effetti civili, con rinvio al giudice civile competente per valore in grado di appello. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata agli effetti civili con rinvio per nuovo esame al giudice civile competente per valore in grado di appello.