Il verbale è difforme dalla realtà: l’attestazione falsa del vice sovrintendente non può dirsi innocua

L’innocuità del fatto ricorre solo allorché la condotta determini un’alterazione irrilevante per il significato dell’atto, tale pertanto da non incidere concretamente sulla funzione documentale dello stesso e sul’interesse tutelato della norma incriminatrice.

Lo ha precisato la Corte di Cassazione con la sentenza n. 44839/13, depositata lo scorso 6 novembre. Cosa è accaduto La Polizia stradale fermava un automobilista alla guida di un veicolo di cui non era e non è proprietario. Visto lo stato di ebbrezza del conducente e il superamento del limite di velocità, scattava il ritiro della patente e si procedeva a contattare il proprietario del mezzo. Quest’ultimo, impedito da malattia, invia sul luogo la moglie e il figlio, che aveva prestato l’autovettura all’amico e che si metteva alla guida della stessa fino agli uffici della Polizia, ove anch’egli veniva sottoposto al controllo alcolemico, risultando positivo. e cosa è stato verbalizzato. Diversa, invece, è la versione del vice sovrintendente della Polizia che aveva redatto il verbale. Egli, infatti, aveva attestato, falsamente, di aver fermato l’automobilista – il figlio del proprietario del mezzo e non il vero conducente - a seguito di un controllo casuale su strada, in quanto in sospetto stato di ebbrezza, procedendo al controllo sul luogo. Vice sovrintendente condannato. Per tale attestazione, il poliziotto viene condannato per il reato di falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici art. 479 c.p. . L’imputato ricorre quindi in Cassazione rilevando l’innocuità del falso. Tuttavia, a parere degli Ermellini, nel caso di specie, la dedotta innocuità deve essere esclusa. Siffatta innocuità – ribadisce la S.C. - ricorre solo allorché la condotta determini un’alterazione irrilevante per il significato dell’atto, tale pertanto da non incidere concretamente sulla funzione documentale dello stesso e sul’interesse tutelato della norma incriminatrice . Dolo generico. Anche la motivazione fornita in ordine alla sussistenza dell’elemento psicologico del reato è ritenuta congrua dalla Corte di legittimità. Tale reato – viene precisato - ha natura di dolo generico, e si riduce alla consapevolezza ed alla volontarietà della falsa attestazione , non comprendendo pertanto l’intenzione di nuocere, e non essendo peraltro escluso dalla convinzione di non cagionare alcun danno, ma solo dall’essere il falso riconducibile a leggerezza e negligenza. E comunque sia, nella fattispecie, l’unica ipotizzabile ragione della falsità era individuata nel preciso intento dell’imputato di occultare le proprie eventuali responsabilità nell’aver permesso al figlio del proprietario dell’auto di porsi alla guida dell’autovettura senza verificarne preventivamente lo stato di idoneità fisica. Pertanto, il ricorso viene rigettato e il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 24 settembre – 6 novembre 2013, n. 44839 Presidente Dubolino – Relatore Zaza Ritenuto in fatto Con la sentenza impugnata, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Verbania del 04/12/2009, veniva confermata l'affermazione di responsabilità di I.M. per il reato di cui all'art. 479 cod. pen., commesso il 26/08/2007 quale vicesovrintendente della Polizia stradale attestando falsamente nel relativo verbale di aver fermato l'automobilista B.C. in alle ore 6,20 a seguito di un controllo casuale su strada, in quanto in sospetto stato di ebbrezza, laddove il controllo avveniva invece presso la sede degli uffici della Polizia stradale di Verbania dopo che il veicolo vi era stato condotto dallo stesso B. senza che ne fosse verificata l'idoneità alla guida, a seguito di un controllo eseguito in alle precedenti ore 6, con ritiro della patente di guida nei confronti dell'originario conducente P.I. per velocità eccessiva e guida in stato di ebbrezza. Con la stessa sentenza lo I. veniva assolto per insussistenza del fatto dall'imputazione di analogo reato contestato come commesso attestando falsamente di aver affidato la stessa autovettura a Pa.Ma. dopo il ritiro della patente del P. , rideterminandosi la pena in mesi otto di reclusione. L'imputato ricorre sui punti e per i motivi di seguito indicati nell'ordine logico-giuridico di trattazione. 1. Sull'eccezione di inutilizzabilità delle dichiarazioni del B. , in quanto assunte senza le garanzie difensive allo stesso dovute quale indagato per il reato di guida in stato di ebbrezza, il ricorrente deduce violazione di legge nel mancato riconoscimento a questi fini del collegamento probatorio fra i due reati. 2. Sull'affermazione di responsabilità, il ricorrente deduce illogicità della motivazione in ordine alla rilevanza della difformità dell'atto dal vero ed all'impossibilità di ricondurre la stessa a mera disattenzione, giustificate nella sentenza impugnata con riferimento all'intento dell'imputato di sottrarsi a responsabilità per le vicende successive al fermo del veicolo in ed alla possibilità per il B. di far valere la realtà dell'accaduto nel procedimento per il reato di guida in stato di ebbrezza evidenziando la contraddittorietà di tali argomentazioni con l'assoluzione dello I. per il reato di falso relativo all'affidamento dell'autovettura, e con la possibilità per il B. di provare testimonialmente la circostanza a suo favore. Il ricorrente lamenta altresì violazione di legge nell'esclusione dell'innocuità del falso e nella ritenuta sussistenza dell'elemento psicologico del reato, nel momento in cui l'atto indicava il luogo di esecuzione del controllo in via omissis , ove in effetti si trovavano gli uffici della locale Polizia stradale, con una difformità riguardante una circostanza non rilevante rispetto alla funzione probatoria dell'atto stesso, avente ad oggetto la condizione di ebbrezza del B. . Considerato in diritto 1. Il motivo di ricorso relativo all'eccezione di inutilizzabilità delle dichiarazioni del B. è inammissibile. Il ricorso è infatti carente nell'interesse ad impugnare sul punto nel momento in cui, come già evidenziato dalla Corte territoriale, la circostanza dell'esecuzione del controllo alcolimetrico sulla persona del B. nel cortile della sede della Polizia stradale di Verbania, determinante per l'affermazione di falsità della difforme indicazione contenuta nel verbale oggetto dell'imputazione, veniva confermata dalla totalità delle deposizioni testimoniali assunte fra le quali in particolare quella del sovrintendente R. , in servizio la mattina dei fatti presso gli uffici della Polizia stradale e non direttamente coinvolto nella vicenda. Le dichiarazioni del B. sono pertanto irrilevanti nella struttura motivazionale della sentenza impugnata. 2. I motivi di ricorso relativi all'affermazione di responsabilità dell'imputato sono infondati. La sentenza impugnata premetteva l'incontestata ricostruzione della vicenda, per la quale l'autovettura oggetto del controllo veniva fermata per velocità eccessiva in allorché era condotta da P.I. , che risultava in stato di ebbrezza all'esito dell'esame alcolimetrico contattato il proprietario del veicolo B.A. , questi, impedito da malattia, inviava sul luogo la moglie Pa.Ma. ed il figlio B.C. , il quale aveva effettivamente in uso l'autovettura e l'aveva prestata al P. ed allo stesso B.C. era affidata la conduzione del veicolo fino agli uffici della Polizia stradale in Verbania, ove anche il B. risultava positivo al controllo alcolimetrico. Sulla base di questi elementi, veniva correttamente esclusa nel caso di specie la dedotta innocuità del falso. Siffatta innocuità ricorre invero solo allorché la condotta determini un'alterazione irrilevante per il significato dell'atto, tale pertanto da non incidere concretamente sulla funzione documentale dello stesso e sull'interesse tutelato dalla norma incriminatrice Sez. 5, n. 3564 del 07/11/2007 23/01/2008 , De Mori, Rv. 238875 Sez. 5, n. 38720 del 19/06/2008, Rocca, Rv. 241936 Sez. 5, n. 35076 del 21/04/2010, Immordino, Rv. 248395 . D'altra parte, a questi fini occorre fare riferimento all'intero ambito attestativo del documento, che non è circoscritto a quanto denotato dalla sua formulazione testuale, ma comprende i presupposti di fatto necessari della realtà documentata, anch'essi implicitamente attestati Sez. 5, n. 34333 del 12/04/2005, Aurea, Rv. 232316 Sez. 5, n. 7718 del 13/01/2009, Fondazione Centro S. Raffaele Del M.t., Rv. 242569 . Ed è nel pieno rispetto di queste coordinate giuridiche che la Corte territoriale osservava come l'offensività della condotta non fosse venuta meno per il fatto che il verbale avesse riportato l'esatta circostanza dell'esito del controllo alcolimetrico sulla persona del B. e come viceversa la difformità dal vero del documento sul luogo di esecuzione del controllo riguardasse un dato anch'esso facente parte del contenuto attestativo del verbale. Altrettanto coerentemente veniva ritenuta irrilevante la circostanza dell'indicazione, quale luogo di esecuzione del controllo, della via antistante la sede della Polizia stradale di Verbania rappresentandosi viceversa come significativo il fatto che con tale indicazione il controllo venisse descritto quale operazione casualmente effettuata sulla pubblica via, con la totale obliterazione dell'aver gli stessi agenti della Polizia stradale consentito al B. di condurre il veicolo da fino al luogo in cui l'esame veniva eseguito, circostanza non priva di possibili riflessi sull'accertamento giudiziale del reato di guida in stato di ebbrezza che da quel verbale sarebbe scaturito. Né contrasta con questo rilievo la possibilità per il B. di provare testimonialmente la predetta circostanza, evidenziata dal ricorrente, a fronte del venir meno di un elemento di prova documentale in tal senso. Congrua motivazione veniva altresì fornita dai giudici di merito in ordine alla sussistenza dell'elemento psicologico del reato. Va rammentato che quest'ultimo ha natura di dolo generico, e si riduce alla consapevolezza ed alla volontarietà della falsa attestazione non comprendendo pertanto l'intenzione di nuocere, e non essendo peraltro escluso dalla convinzione di non cagionare alcun danno, ma solo dall'essere il falso riconducibile a leggerezza o negligenza Sez. 5, n. 15255 del 15/03/2005, Scarciglia, Rv. 232138 Sez. 5, n. 29764 del 03/06/2010, Zago, Rv. 248264 . Condizione, quest'ultima, che veniva coerentemente ritenuta non sussistente nel caso in esame, laddove l'unica ipotizzabile ragione della falsità era individuata nel preciso intento dello I. di occultare le proprie eventuali responsabilità nell'aver permesso al B. di porsi alla guida dell'autovettura senza verificarne preventivamente lo stato di idoneità fisica. Non sussiste infine, rispetto a questa conclusione, il dato di contraddittorietà segnalato dal ricorrente rispetto all'assoluzione dello I. per l'imputazione di falso relativa all'affidamento dell'autovettura alla Pa. . Detta assoluzione veniva infatti motivata unicamente in base alla possibilità di ritenere l'atto veritiero sul carattere formale di tale affidamento, a prescindere dalla consegna di fatto della vettura al B. . Il ricorso deve pertanto essere rigettato, seguendone la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.