Ben(ci)venga la Legge Pinto, ma l’importo dell’indennizzo va adeguato ai dettami della CEDU!

L’Italia ha 3 mesi per adeguare l’importo dell’equo indennizzo ex L. n. 89/01, richiedibile anche se la controversia non è stata definitivamente risolta dalla Cassazione. Per la CEDU, infatti, la Legge Pinto è adeguata al contrario del risarcimento per l’eccessiva durata del processo.

La CEDU, con le sentenze Bencivenga ed altri v. Italia ricorsi 15015/03 , 19419/03 , 19436/03 , 19448/03 , 19469/03 , 19470/03 e Ascierto e Buffolino v. Italia ricorsi 20619/03 e 23751/03 del 05 novembre 2013, condanna nuovamente l’Italia per l’eccessiva durata dei processi, nella fattispecie civili, ma, contestualmente, afferma l’efficacia del rimedio interno introdotto dalla Legge Pinto, di cui, però, critica l’inadeguatezza dell’importo dell’indennizzo. I casi. Nel primo, alcuni ricorrenti, nelle more della definizione delle loro controversie in Cassazione, ricorrevano per la liquidazione dell’equo indennizzo per l’eccessiva durata dell’appello. L’Italia eccepiva che non era tenuta a versare alcun risarcimento per l’eccessiva durata del processo, non essendo ancora concluso il suo iter in attesa delle pronunce della S.C. e dato che era già stato versato un rimborso ai sensi dell’art. 2 L. n. 89/01 ritenuto, però, insufficiente. È questa la principale doglianza dell’altro. Per tali motivi le parti ricorrevano alla CEDU lamentando di essere vittime dell’eccessiva durata dei processi ai sensi del combinato disposto degli artt. 6 1 e 34 CEDU. La CEDU ha accolto le loro doglianze ricalcolandolo e condannando l’Italia a saldare il nuovo importo. In entrambi, infatti, la Corte ha liquidato una somma a titolo di danno morale oltre oneri legali tasse ed imposte ed interessi di mora. La giurisprudenza italiana. Si noti che, anche in forza a recenti sentenze, di cui mi sono spesso occupata sulle pagine di questo quotidiano, sin da quelle dalla Cass. civ. SSUU 1338 Balzini , n. 1339 Lepore , n. 1340 Corbo , n. 1341 Lepore +1 del 2004, la giurisprudenza italiana ha chiarito diverse lacune su questo delicato argomento ed ha stabilito che l’azione è esperibile per una pluralità di giudizi e non solo per il processo civile, ma anche per quello tributario, amministrativo e penale. Infine non sono opponibili gli eventuali ritardi causati dalle parti Cass. civ. SSUU n. 6306 e 6307/10, Cass. civ. sez. I sent.12687/10 ordd. nn. 7550 e 1330/10 Cass. SSUU civ. n. 27365/09 . In particolare le decisioni del 2004 v. nota di De Stefano, Pace fatta tra Roma e Strasburgo sulla Legge Pinto la Cassazione italiana si adegua alla Corte europea dei diritti umani sanciscono che i criteri di determinazione del quantum della riparazione applicati dalla Corte europea non possono essere ignorati dal giudice nazionale, anche se questi può discostarsi in misura ragionevole dalle liquidazioni effettuate a Strasburgo in casi simili . La liquidazione del danno non patrimoniale effettuata dalla Corte d’appello a norma dell’art. 2 della legge n. 89/2001, pur conservando la sua natura equitativa, è tenuta a muoversi entro un ambito che è definito dal diritto, perché deve riferirsi alle liquidazioni effettuate in casi simili dalla Corte di Strasburgo, da cui è consentito discostarsi purché in misura ragionevole. L’ambito giuridico della riparazione equitativa del danno non patrimoniale è, in altri termini, segnato dal rispetto della Convenzione Europea dei Diritti Umani, per come essa vive nelle decisioni, da parte di detta Corte, di casi simili a quello portato all’esame del giudice nazionale . . In breve il G.I. è obbligato a rispettare i principi di diritto dettati dalla CEDU e dalle altre Corti Ue, così come imposto da recenti riforme processuali. e la giurisprudenza CEDU. Queste ultime riprendono quanto sancito dal Caso Scordino ed altri c. Italia del 27/3/03. In essa la CEDU ha affermato che la L. n. 89/01 deve essere applicata alla luce del principio della immediata e diretta rilevanza nell’ordinamento giuridico italiano della CEDU, della Convenzione di Nizza e della giurisprudenza della Corte stessa che ne costituisce parte integrante. La CEDU, poi, è tenuta a verificare la loro applicazione. Infine ha detto che non era necessario che la causa fosse stata decisa dalla Cassazione per avanzare la richiesta d’equo indennizzo. Questi principi sono stati confermati dai Casi Di Salute c. Italia del 24/6/04, Cocchiarella c. Italia del 2006 e Della Grotta e Corrado c. Italia del 5/6/07 v. anche apposita voce nel massimario della CEDU factsheet - . La Legge Pinto è inadeguata? Ribadendo che le parti sono vittime dell’eccessiva durata dei processi, la CEDU fa dei distinguo sulla sua inefficacia e sulla sua inadeguatezza l’azione è adatta a raggiungere i suoi scopi, ma l’importo dell’indennizzo è insufficiente. In ogni caso l’Italia è condannata per non aver adottato ancora misure volte a contrarre i tempi di giustizia e diminuire i relativi costi economico-sociali. Modalità di calcolo del danno. Prendendo in considerazione i parametri dettati dal Caso Cocchiarella ha operato un raffronto tra l’importo che sarebbe spettato al ricorrente in assenza di un rimedio previsto dall’ordinamento nazionale ed il tipo, l’oggetto, la complessità della lite e la presenza di eventuali ritardi a lui imputabili è pari ad una percentuale, calcolata in base alle tabelle allegate alla pronuncia della CEDU. Interessi. I risarcimenti perciò sono compresi in un range tra 1.950 e 10.500 oltre ad oneri di legge e rimborso spese pari ad 1.500 ciascuno l’Italia ha 3 mesi per saldarli. Su queste somme andranno calcolati gli interessi di mora dalla scadenza di questo termine al dì dell’effettivo pagamento pari al tasso d’interesse di rifinanziamento marginale della Banca Centrale Europea aumentato di 3 punti percentuale .

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