Le intercettazioni al Presidente della Repubblica devono essere in ogni caso distrutte

La Corte Costituzionale accoglie il ricorso del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano alla Procura di Palermo non spettava valutare la rilevanza delle conversazioni casualmente captate. Avrebbe dovuto chiederne la distruzione al giudice. Lo ha reso noto la Consulta - con un comunicato stampa del 4 dicembre – risolvendo così il conflitto di attribuzione in favore della Presidenza. Le motivazioni sono attese tra qualche settimana con ogni probabilità bisognerà aspettare il nuovo anno.

Le conversazioni casualmente captate. Durante l’indagine sulla trattativa Stato-mafia, la Procura di Palermo, intercettando l’ex ministro Nicola Mancino, si è imbattuta in 4 conversazioni dello stesso, con il Presidente Napolitano. Dialoghi di pochi minuti, captati tra novembre 2011 e maggio 2012. Il conflitto di attribuzione. La Presidenza della Repubblica osserva che «l’avvenuta valutazione sulla rilevanza delle intercettazioni ai fini di una loro eventuale utilizzazione» e «la permanenza delle intercettazioni agli atti del procedimento» comportano una lesione delle sue proprie prerogative costituzionali. Richiama inoltre l’articolo 7 della legge numero 219/1989, che proibisce l’esecuzione di intercettazioni in capo al Presidente della Repubblica, estendendone l’interpretazione anche a quelle c.d. indirette. Tiene anche conto del fatto che la Procura ha definito come irrilevanti tali conversazioni ai fini delle indagini. Per questi motivi solleva il conflitto di attribuzione il 16 luglio. Conflitto ritenuto ammissibile il 19 settembre. La decisione la Procura doveva chiederne subito la distruzione. La Corte Costituzionale rileva che non spetta alla Procura «valutare la rilevanza della documentazione relativa alle intercettazioni delle conversazioni telefoniche del Presidente della Repubblica, captate nell’ambito del procedimento penale numero 11609/08 e neppure spettava di omettere di chiederne al giudice l’immediata distruzione ai sensi dell’articolo 271, comma 3, c.p.p. e con modalità idonee ad assicurare la segretezza del loro contenuto, esclusa comunque la sottoposizione della stessa al contraddittorio delle parti». I divieti di utilizzazione. La norma del c.p.p. richiamata impone la distruzione delle intercettazioni che non sono state eseguite legalmente o che non possono essere utilizzate perché rivelatrici di informazioni tutelate dal segreto professionale. L’articolo 269 c.p.p. prevede che la distruzione può essere chiesta anche dagli interessati, quando la documentazione non è necessaria per il procedimento. Essa deve essere eseguita sotto controllo del giudice. Le intercettazioni indirette. In questo modo vengono definite quelle comunicazioni effettuate da terzi con utenze controllate. Non c’è una normativa specifica per quanto riguarda questo istituto in relazione alla Presidenza della Repubblica. C’è però ampio dibattito dottrinale sull’estensione delle tutele dei parlamentari ex articolo 68 Cost La legge numero 140/2003, all’articolo 6, cercava di risolverlo, stabilendo che il giudice poteva disporne la distruzione nel caso in cui un parlamentare fosse finito in un’intercettazione e se tali conversazioni fossero giudicate in parte o in tutto irrilevanti,. Le intercettazioni casuali. La Corte Costituzionale ha avuto modo di esprimersi al riguardo. Con la sentenza numero 390/2007, ha potuto specificare la differenza tra intercettazioni indirette e casuali. Quelle indirette sono intercettazioni finalizzate ad ascoltare in maniera indiretta l’indagato, intercettando quindi le sue utenze abituali. Non possono quindi essere predisposte per i Parlamentari. Quelle casuali sono quelle fortuite per cui in maniera non voluta ci si imbatte in un’interlocuzione imprevista. Le norme e gli orientamenti richiamati sono quelli più affini alla problematica. L’immunità del Presidente della Repubblica, sostiene la Procura, non dovrebbe essere totale anche per gli atti extra-funzionali. Quando verrà depositata la motivazione, vedremo quali sono le ragioni che hanno portato la Corte Costituzionale a decidere per la distruzione immediata delle intercettazioni casuali del Presidente della Repubblica.