Nella difficile arte dell’ermeneutica, la stella polare è il senso letterale delle espressioni

Quando il senso letterale delle clausole sottoscritte dalle parti contrattuali è idoneo a rilevare con chiarezza e univocità la comune volontà, non è necessario fare ricorso al criterio sussidiario dell’analisi dei comportamenti tenuti successivamente alla stipulazione.

Lo ha spiegato con chiarezza la Cassazione Civile – sezione Seconda – nella sentenza numero 17033/12 del 5 ottobre. L’antefatto. Un uomo conveniva una donna per ottenere la condanna al pagamento di un’ingente somma di denaro a titolo di compenso dovuto per l’acquisizione del progetto, l’approvazione dello stesso e il rilascio della concessione inerente al complesso di una Villa. Secondo l’attore, la convenuta avrebbe concluso la vendita in spregio delle ragioni dell’istante. Discordanza nei meriti. Il Tribunale di Genova condannava la donna, ritenendo che con una scrittura avesse assunto l’obbligo di cedere a terzi solo per il tramite di una s.r.l. all’epoca incaricata dalle parti in causa di reperire acquirenti , con l’obbligo di trasferire con il compendio immobiliare anche il progetto approvato. Di diverso avviso la Corte d’Appello la riforma del decisum derivava dal fatto che né la lettera né lo spirito dei patti avrebbero consentito di ritenere che la signora avesse assunto l’obbligazione incondizionata e senza termine finale di cedere solo a persona interessata anche al progetto. Seguiva il ricorso dell’uomo alla Cassazione. Gerarchia delle regole ermeneutiche. La norma di riferimento è l’articolo 1362 c.c. primo comma , solo eventualmente integrato dai criteri ex articolo 1363 c.c. nel caso di una pluralità di cause nella determinazione del pattuito. Qualora il giudice di merito abbai ritenuto il senso letterale delle espressioni, utilizzate dagli stipulanti, idoneo a rilevare con «chiarezza ed univocità la comune volontà degli stessi», cosicché non sussistano residue ragioni di divergenza tra tenore letterale del negozio e intento effettivo dei contraenti, non è necessario fare ricorso al «criterio sussidiario» del secondo comma dell’articolo 1362 c.c il quale attribuisce rilevanza ermeneutica al comportamento delle parti successivo alla stipulazione ex multis, Cass. nnumero 10250/00, 9438/00, 6482/99, 8590/98, 11878/98 . Non è stata consona la vendita unilaterale. La riforma della sentenza di primo grado richiedeva una «più appagante motivazione», non essendo sufficiente la deduzione della lettera o dello spirito dei patti indirizzate verso altri percorsi. È invece pacifico che con una prima scrittura si era convenuto che, in caso di alienazione a terzi, l’acquirente avrebbe detenuto la facoltà di acquisire il progetto con la seconda pattuizione messa nera su bianco, invece, l’intesa era stata modificata dando il valore del 35% - sul monte totale - al progetto. La vendita a terzi, derivata da iniziativa della sola donna, ha obiettivamente dato luogo a situazione diversa, la cui valutazione «non è stata sufficientemente delibata con particolate riferimento alla comune intenzione della parti conclamata nella seconda scrittura». Inevitabile la Cassazione con rinvio.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 19 giugno – 5 ottobre 2012, numero 17033 Presidente Schettino – Relatore Correnti Svolgimento del processo C P. conveniva in giudizio davanti al Tribunale di Genova M.C C. per ottenere la condanna al pagamento della somma di lire 210.000.000 oltre interessi a titolo di compenso dovuto per l'acquisizione del progetto, l'approvazione dello stesso ed il rilascio della concessione inerente al complesso OMISSIS , per il quale la proprietaria aveva concluso la vendita in spregio delle ragioni dell'istante. Esponeva di aver provveduto alle attività delle quali aveva chiesto la remunerazione dopo la stipula di un preliminare di acquisto, poi risolto per mutuo consenso successivamente con una prima scrittura 9.10.1995 aveva convenuto con la C. che, ove costei avesse alienato a terzi, l'acquirente avrebbe avuto la facoltà di acquisire il progetto, redatto a cura e spese del P. , al prezzo che sarebbe stato liberamente contrattato con successiva scrittura 3.12.1996 l'intesa era stata modificata, attribuendosi al complesso il valore di lire 600.000.000, delle quali il 35% era riconosciuto al progetto le parti avevano deciso di affidare alla Progest casa srl l'incarico di reperire acquirenti e di chiedere il rinnovo della concessione. Esponeva che la C. , ad insaputa del contraente e della Progest, aveva venduto il complesso per lire 435.000.000, donde la violazione delle obbligazioni assunte e la condanna alla somma richiesta o alla diversa somma ritenuta dal decidente. La convenuta resisteva ed il Tribunale la condannava al pagamento di lire 210.000.000 oltre interessi dal rogito e spese, ritenendo che la C. con la seconda scrittura avesse assunto l'obbligo di cedere il complesso a terzi solo per il tramite della Progest, con l'obbligo di trasferire rectius, procurare l'acquisizione in una con il compendio immobiliare, anche il progetto approvato su commissione del P. . Tale decisione veniva riformata dalla Corte di appello di Genova, con sentenza 510/2006, che respingeva la domanda con condanna alle spese, sul presupposto che né la lettera né lo spirito dei patti consentivano di ritenere quanto affermato dal tribunale, cioè che la C. avesse assunto l’obbligazione incondizionata e senza termine finale di cedere solo a persona che avesse inteso rilevare anche il progetto approvato avvalendosene obbligazione che per la sua onerosità avrebbe richiesto una specifica previsione che non si ricavava né dalla lettera né dallo spirito della scrittura. Per contro, essendo espressamente previsto che le parti si impegnavano a chiedere il rinnovo della concessione e che l'impegno a favore della Progest fosse limitato nel tempo, alla durata del provvedimento che fosse stato concesso, doveva concludersi che anche l'impegno assunto dalla C. in favore del P. fosse munito di analogo termine finale di efficacia, oltre che soggetto alla medesima condizione sospensiva. Ricorre P. con tre motivi e relativi quesiti, illustrati da memoria, resiste controparte. Motivi della decisione Col primo motivo si deduce violazione degli articolo 1218, 1362, 1366, 1367 e 1379 cc perché la Corte di appello inizia il suo ragionamento osservando che le due scritture sarebbero complementari, riconosce che l'attività del P. ha accresciuto il valore del compendio e che entrambe le parti si sono impegnate a chiedere il rinnovo della concessione, per poi pervenire ad una soluzione errata. Col secondo motivo si lamenta insufficiente motivazione circa l'interpretazione delle scritture alla luce dell'altra documentazione in atti ed in ispecie della lettera del Comune di Genova 25.2.1997. Col terzo motivo si denunzia violazione dell'articolo 112 cpc circa l'interpretazione della domanda in ordine all'affermazione di pagina 15 della sentenza di pronunzie risarcitorie, peraltro - si rileva - mai richieste dall'attore in primo grado e si riportano le conclusioni di primo grado. Le censure meritano accoglimento per quanto in motivazione. L'opera dell'interprete, mirando a determinare una realtà storica ed obiettiva, qual è la volontà delle parti espressa nel contratto, è tipico accertamento in I fatto istituzionalmente riservato al giudice del merito, censurabile in sede di legittimità soltanto per violazione dei canoni legali d'ermeneutica contrattuale posti dagli articolo 1362 ss. CC, oltre che per vizi di motivazione nell'applicazione di essi pertanto, onde far valere una violazione sotto entrambi i due cennati profili, il ricorrente per cassazione deve, non solo fare esplicito riferimento alle regole legali d'interpretazione mediante specifica indicazione delle norme asseritamente violate ed ai principi in esse contenuti, ma è tenuto, altresì, a precisare in qual modo e con quali considerazioni il giudice del merito siasi discostato dai canoni legali assuntivamente violati o questi abbia applicati sulla base di argomentazioni illogiche od insufficienti. Di conseguenza, ai fini dell'ammissibilità del motivo di ricorso sotto tale profilo prospettato, non può essere considerata idonea - anche ammesso ma non concesso lo si possa fare implicitamente - la mera critica del convincimento, cui quel giudice sia pervenuto, operata mediante la mera ed apodittica contrapposizione d'una difforme interpretazione a quella desumibile dalla motivazione della sentenza impugnata, trattandosi d'argomentazioni che riportano semplicemente al merito della controversia, il cui riesame non è consentito in sede di legittimità e pluribus, da ultimo, Cass. 9.8.04 numero 15381, 23.7.04 numero 13839, 21.7.04 numero 13579, 16.3.04 numero 5359, 19.1.04 numero 753 . Ad ulteriore specificazione del posto principio generale d'ordinazione gerarchica delle regole ermeneutiche, il legislatore ha, inoltre, attribuito, nell'ambito della stessa prima categoria, assorbente rilevanza al criterio indicato nel primo comma dell'articolo 1362 CC - eventualmente integrato da quello posto dal successivo articolo 1363 CC per il caso di concorrenza d'una pluralità di clausole nella determinazione del pattuito - onde, qualora il giudice del merito abbia ritenuto il senso letterale delle espressioni utilizzate dagli stipulanti, eventualmente confrontato con la ratio complessiva d'una pluralità di clausole, idoneo a rivelare con chiarezza ed univocità la comune volontà degli stessi, cosicché non sussistano residue ragioni di divergenza tra il tenore letterale del negozio e l'intento effettivo dei contraenti, detta operazione deve ritenersi utilmente compiuta, anche senza che si sia fatto ricorso al criterio sussidiario del secondo comma dell'articolo 1362 CC, che attribuisce rilevanza ermeneutica al comportamento delle parti successivo alla stipulazione Cass. 4.8.00 numero 10250, 18.7.00 numero 9438, 19.5.00 numero 6482, 11.8.99 numero 8590, 23.11.98 numero 11878, 23.2.98 numero 1940, 26.6.97 numero 5715, 16.6.97 numero 5389 . Tuttavia, nella specie, la stessa controricorrente riconosce pagina 4 del controricorso che, con la seconda scrittura, fu stabilito di attribuire all'area con progetto approvato un valore commerciale di complessive lire 600.000.000 .delle quali il 65% sono riferite alla quota d'area C. ed il 35% alla progettazione con conseguente concessione edilizia, di richiedere, nel comune interesse, il rinnovo della concessione edilizia prossima alla sua naturale scadenza , di incaricare la Progest Casa srl di reperire acquirenti per la proprietà in oggetto per il periodo di rinnovo della concessione stessa , di riconoscere alla Progest un compenso provvisionale pari al 3% del prezzo effettivamente realizzato che verrà corrisposto pro quota dalle parti , con la previsione che il corrispettivo della vendita verrà incassato, sempre pro quota, dalle parti distintamente . La riforma della sentenza di primo grado richiedeva una più appagante motivazione, non essendo sufficiente la deduzione che né la lettera né lo spirito dei patti consentivano di ritenere quanto affermato dal tribunale, cioè che la C. avesse assunto l'obbligazione incondizionata e senza termine finale di cedere solo a persona che avesse inteso rilevare anche il progetto approvato avvalendosene obbligazione che per la sua onerosità avrebbe richiesto una specifica previsione che non si ricavava né dalla lettera né dallo spirito della scrittura. La sentenza impugnata afferma pagina 13 che essendo espressamente previsto che le parti si impegnavano a chiedere il rinnovo della concessione e che l'impegno che esse assumevano in favore della Progest fosse limitato nel tempo, alla durata del provvedimento che fosse stato concesso, deve concludersi che anche l'impegno assunto dalla C. in favore del P. fosse munito di analogo termine finale di efficacia, oltre che soggetto alla medesima condizione sospensiva e conclude pagina 15 per la piena liceità della condotta della C. che si ritenne libera di cedere a terzi, dopo che erano comunque decorsi ben tre anni dalla assunzione dell'impegno di cui alla seconda scrittura, avendo comunque essa reso pienamente edotto l'acquirente della esistenza del progetto. Poiché nessun inadempimento si è verificato, ne consegue che non è luogo ad adottare pronunzie risarcitorie, peraltro .mai chieste in primo grado . Quest'ultima affermazione incidentale non è decisiva ai fini della valutazione della domanda, ma resta l'inadeguatezza della motivazione anche in ordine alla mancata attivazione per il rinnovo della concessione, tanto più che si riconosce che il P. chiese una proroga di mesi dodici per l'inizio dei lavori con domanda ovviamente sottoscritta dalla C. che era a tanto legittimata pagina 14 della sentenza . È pacifico che con una prima scrittura 9.10.1995 si era convenuto che, ove la C. avesse alienato a terzi, l'acquirente avrebbe avuto la facoltà di acquisire il progetto, redatto a cura e spese del P. , al prezzo che sarebbe stato liberamente contrattato con successiva scrittura 3.12.1996 l'intesa era stata modificata, attribuendosi al complesso il valore di lire 600.000.000, delle quali il 35% era riconosciuto al progetto si era deciso di affidare alla Progest casa srl l'incarico di reperire acquirenti e di chiedere il rinnovo della concessione, ma, soprattutto, si era previsto che il corrispettivo della vendita verrà incassato, sempre pro quota, dalle parti distintamente . La vendita a terzi, per iniziativa unilaterale della C. , del complesso per lire 435.000.000 obiettivamente dava luogo ad una situazione diversa, la cui valutazione non è stata sufficientemente delibata con particolare riferimento alla comune intenzione delle parti conclamata nella seconda scrittura, donde la cassazione con rinvio. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, per un nuovo esame e per le spese, ad altra sezione della Corte di appello di Genova.