I proprietari di un immobile omettono di ristrutturare l’edificio dal quale si è già distaccata l’inferriata di un balcone nonostante l’ordine di provvedere emesso dal primo cittadino. Condannati ad una ammenda tentano di contestare in Cassazione la legittimità della costituzione dell’Amministrazione nel processo, ma senza successo.
Il caso. Dal balcone di un immobile si stacca l’inferriata. L’episodio fa scattare gli accertamenti tecnici del Comune, al seguito dei quali il sindaco emana una ordinanza per imporre ai comproprietari dell’immobile di svolgere i lavori necessari ad impedire eventuali crolli. I destinatari del provvedimento lo disattendono e così per loro scatta l’accusa di omissione di lavori in edifici o costruzioni che minacciano rovina. Segue poi la relativa condanna a 1.500 euro di ammenda ciascuno. Il vano tentativo di non pagare. Due degli imputati, però, non ci stanno e ricorrono in Cassazione. Il loro tentativo è quello di contestare la legittimità dell’ammissione della costituzione di parte civile del Comune. A detta degli imputati, non avendo quest’ultimo subito danno alcuno, non avrebbe alcun titolo per costituirsi. La Suprema Corte, però, con la sentenza numero 12883/12 depositata il 5 aprile scorso, rigetta il ricorso perché infondato. Il Comune può costituirsi parte civile. Del resto, ricordano i giudici, «ai fini della legittimazione alla costituzione di parte civile di un ente, le categorie di interessi collettivi o diffusi che si assumono lesi devono non solo essere preventivamente individuati dalla legge, ma anche dalla stessa collegati, concretamente ed effettivamente, alle finalità proprie dell’ente medesimo». È fuor di dubbio poi che la sicurezza dei cittadini nei luoghi municipali messa in pericolo dalla omessa ristrutturazione dell’edificio rientri tra le finalità istituzionali perseguite dal Comune, così come è fuor di dubbio la natura di ente esponenziale territoriale titolare di un interesse diffuso all’osservanza dei provvedimenti sindacali del Comune. Da ciò consegue per l’Amministrazione l’assoluta legittimità a costituirsi parte civile nel processo.
Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 1° marzo – 5 aprile 2012, numero 12883 Presidente Siotto – Relatore Bonito Motivi della decisione 1. M.M. e M.A. ricorrono per l'annullamento della sentenza resa dal Tribunale di Trapani con la quale, il 28 giugno 2010, sono stati condannati, insieme ad altri coimputati, alla pena di Euro 1500,00 di ammenda ciascuno, perché giudicati colpevoli della contravvenzione di cui all’articolo 677 c.p., per aver omesso, quali comproprietari dell'immobile posto in omissis , di svolgere lavori urgenti necessari per rimuovere i pericoli per la pubblica incolumità derivanti da eventuali crolli, così come loro imposto con ordinanza sindacale. In omissis . 2. A sostegno della doglianza i ricorrenti, ancorché con distinti atti di impugnazione, illustrano due identici motivi di doglianza. 2.1 Con il primo di essi denunciano i predetti violazione di legge in relazione all'articolo 74 e segg. c.p.p., perché ammessa la costituzione di parte civile del Comune di Trapani nonostante a detto soggetto giuridico, con la condotta omissiva loro contestata, non sia stato cagionato alcun danno da parte degli imputati. 2.2 Col secondo motivo di impugnazione denunciano i ricorrenti la violazione dell'articolo 677 co. 3 c.p., sul rilievo che non è stata individuata con certezza a quale appartamento e, quindi, a quale proprietario è imputabile la caduta dell'inferriata del balcone, cagione dell'ordinanza sindacale di cui alla imputazione. 3. I ricorsi, come detto, sovrapponibili, sono infondati. 3.1 Quanto al comune, primo motivo di ricorso giova premettere che, ai fini della legittimazione alla costituzione di parte civile di un ente, le categorie di interessi collettivi o diffusi che si assumono lesi devono non solo essere preventivamente individuati dalla legge, ma anche dalla stessa collegati, concretamente ed effettivamente, alle finalità proprie dell'ente medesimo. Nel caso in esame non può dubitarsi che, l'aver omesso lavori di manutenzione straordinaria volti ad evitare pericolo di crollo di parti di un manufatto urbano, abbia leso la sicurezza della vita quotidiana dei cittadini di quei luoghi municipali, sicurezza statutariamente ed istituzionalmente perseguita dalla municipalità per assicurare la ordinaria e normale convivenza dei consociati. Nella indicata prospettiva il Comune è ente esponenziale territoriale Titolare di un interesse diffuso all'osservanza dei provvedimenti sindacali volti alla tutela della sicurezza ed al bene specifico da individuarsi proprio nel territorio, il cui assetto urbano viene ad essere pregiudicato dal pericolo di crolli di manufatti immobiliari. La municipalità è pertanto legittimata a costituirsi parte civile nel processo per il reato di cui all'articolo 677 c.p. allorché, come nella fattispecie, una ordinanza sindacale volta a fronteggiare il pericolo di crolli di parti di un edificio fatiscente, non viene rispettata dai proprietari destinatari del provvedimento amministrativo. Il primo motivo di entrambi i ricorsi è pertanto infondato. 3.2 Infondato è altresì il secondo motivo di censura, anch'esso comune ai ricorrenti. Ed invero il distacco della inferriata del balcone è stato l’accadimento che ha innescato gli accertamenti tecnici all'esito dei quali il Sindaco di Trapani ha poi emesso l'ordinanza sindacale. Ma il provvedimento in tal guisa adottato dalla pubblica amministrazione imponeva a tutti i comproprietari dell'immobile, indipendentemente dalla proprietà della parte interessata dalla rovina del balcone, di eseguire i lavori necessari sulle parti comuni dell'edificio, al fine al di ripristinare le condizioni di sicurezza dell'immobile, unitariamente e complessivamente considerato. Ne consegue che nessun rilievo ha sulla responsabilità degli imputati ricorrenti, in relazione al reato contestato, la circostanza che la sentenza impugnata non individui i proprietari della parte di immobile interessata dal balcone la cui inferriata ha subito il distacco precipitando sulla strada sottostante. Anche il secondo motivo di impugnazione è, pertanto, infondato. 4.1 ricorsi vanno, in conclusione, rigettati ed al rigetto consegue, ai sensi dell'articolo 616 c.p.p., la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese del procedimento. P.Q.M. la Corte rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.