I due vengono trovati dai Carabinieri mentre stazionavano nel prato antistante la loro abitazione. Condannati in primo e secondo grado, si salvano grazie alla prescrizione.
Le aree condominiali, le dipendenze, i giardini, i cortili o gli spazi simili non sono da considerarsi di pertinenza dell’abitazione e come tali costituenti perimetro logistico di custodia. Questo è il principio ribadito dalla Sesta sezione Penale della Corte di Cassazione nella sentenza numero 5436/12, depositata il 13 febbraio scorso. Il caso. Un uomo e una donna sono sottoposti alla misura degli arresti domiciliari e vengono sorpresi dai Carabinieri nel prato antistante la loro abitazione. Scatta quindi l’accusa di evasione con relativa condanna in primo e secondo grado. Gli imputati ricorrono allora in Cassazione. Il giardino di casa è una pertinenza dell’abitazione? Il tutto sta nello stabilire se il prato, posto a ridosso della casa di abitazione, delimitato e di uso esclusivo degli imputati possa o meno rientrare nella previsione legale di pertinenza dell’abitazione stessa e come tale essere considerata parte integrante del domicilio, inteso quale perimetro logistico di custodia. A detta della difesa no. Ai sensi dell’articolo 358 c.p., il prato non è parte integrante del domicilio. La Suprema Corte è di diverso avviso dato che considera corretta la decisione dei giudici di merito che hanno aderito alla regola secondo la quale «agli effetti dell’articolo 385 c.p., deve intendersi per abitazione il luogo in cui la persona conduce la propria vita domestica e privata, con esclusione di ogni altra appartenenza, quali aree condominiali, dipendenze, giardini, cortili e spazi simili che non ne costituiscano parte integrante». Fortunatamente per gli imputati, però, la Cassazione annulla la sentenza impugnata rilevando l’estinzione del reato per intervenuta prescrizione.
Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 25 gennaio – 13 febbraio 2012, numero 5436 Presidente Agrò – Relatore Lanza Ritenuto in fatto e considerato in diritto L D. e R D.T. ricorrono a mezzo del loro difensore avverso la sentenza 14 gennaio 2011 della Corte di appello di Roma, che ha confermato la sentenza 22 novembre 2006 del Tribunale di Frosinone di condanna per il reato di evasione, per essere stati sorpresi dai Carabinieri nel prato antistante la loro abitazione, luogo degli arresti domiciliari. Con un primo motivo di impugnazione viene dedotto vizio di motivazione sotto il profilo che l'argomentazione posta dalla corte distrettuale come risposta al primo motivo di appello è costituita da una massima del Supremo collegio che finisce con l'essere la summa di un ragionamento che nella specie difetta . La critica del gravame si concretizzava infatti nella questione di diritto -, “se un'area, posta a ridosso della casa di abitazione, inteso quale luogo di custodia degli imputati, delimitata e di uso esclusivo dei medesimi, possa o meno rientrare nella previsione legale di pertinenza dell'abitazione stessa e come tale parte integrante del domicilio, inteso quale perimetro logistico di custodia”. Per il ricorrente la massima giurisprudenziale richiamata dalla Corte territoriale sezione. 6, 3212/2007 , che fa riferimento alle strette pertinenze dell'abitazione, sembrerebbe convergere proprio nel senso proposto dall'appellante. Con un secondo motivo si lamenta ancora vizio di motivazione per aver la corte distrettuale confuso la causa petendi con il petitum, posto che detto petitum, ovvero la richiesta avanzata al Giudice del gravame, tendeva a un riesame critico della vicenda e a una diversa qualificazione giuridica della medesima. In altri termini, avendo il primo giudice ritenuto la rilevanza penale del fatto, poiché il terreno ove stazionavano gli imputati veniva ritenuto fuori dal perimetro logistico di custodia, l'appello aveva invece evidenziato che non vi era soluzione di continuità tra l'abitazione recte casa e il terreno, entrambi di uso esclusivo degli imputati, terreno da considerarsi una pertinenza della casa. Entrambi i motivi si fondano sulla evenienza che il l'orto-prato , ove si trovavano entrambi gli accusati e non solo la casa, luogo degli arresti domiciliari, rientrasse nel perimetro logistico di custodia rilevante agli effetti dei disposti degli articolo 284 cod. proc. penumero e 385 cod. penumero . Osserva in proposito questa Corte che trattasi di questio facti , correttamente risolta dai giudici di merito, in adesione alla regola che, agli effetti dell'articolo 385 cod. penumero , deve intendersi per abitazione il luogo in cui la persona conduce la propria vita domestica e privata, con esclusione di ogni altra appartenenza, quali aree condominiali, dipendenze, giardini, cortili e spazi simili che non ne costituiscano parte integrante Cass. Penumero sez. 6, 3212/2008 Rv. 23841 . Tuttavia, essendo stati i fatti commessi il 25 febbraio 2004 si è maturato il tempo necessario a prescrivere l'illecito ritenuto che non ricorrono le condizioni per l’applicabilità dei disposti dei capoverso dell'articolo 129 cod. proc. penumero . È infatti noto che in presenza di una causa estintiva del reato il giudice del gravame è legittimato a pronunciare sentenza di assoluzione ex articolo 129, comma secondo, cod. proc. penumero soltanto se la prova dell'insussistenza del fatto, della sua irrilevanza penale o della non commissione del medesimo da parte dell'imputato, risulti evidente sulla scorta degli stessi elementi e delle medesime valutazioni che hanno fondato la sentenza impugnata, senza necessità di nuove indagini e di ulteriori accertamenti, che sarebbero incompatibili con il principio dell'immediata operatività della causa estintiva Cass. Penumero Sez. 4, 3J3Q2/2008 Rv. 241961 Rizzato . Evenienza questa assolutamente inverificata né verificabile nella presente vicenda attesa la sussistenza del fatto-reato contestato e la sua attribuibilità all'azione cosciente e volontaria di entrambi gli imputati avuto riguardo alle risultanze processuali ed agli accertamenti non contestati di Polizia giudiziaria. La sentenza impugnata va quindi annullata senza rinvio perché il reato è estinto per prescrizione. P.Q.M. annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il reato è estinto per prescrizione.