Anche il socio di minoranza può proporre querela

Non è rilevante che a presentare querela contro le false comunicazioni sociali sia il socio di minoranza o un creditore. L'importante è rispettare i termini per la sua presentazione, che decorrono dalla conoscenza dell'evento dannoso.

Tutti i danneggiati, sia i soci di minoranza che i creditori, possono proporre querela contro il reato di false comunicazioni sociali. Il termine per proporla decorre dall'effettiva conoscenza dell'evento, ovvero dalla conoscenza della falsificazione dei bilanci. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione con la sentenza numero 36924/2011, depositata il 13 ottobre.La fattispecie. Il ricorso per cassazione viene presentato dall'amministratore e legale rappresentante di una srl dopo che la Corte d'appello aveva confermato la condanna a suo carico per i reati di false comunicazioni sociali articolo 2622 c.c. ed appropriazione indebita articolo 646 c.p. . Nel ricorso viene dedotta la tardività della querela e la carenza di legittimazione a proporla in capo al socio di minoranza.Il diritto di querela spetta a qualsiasi soggetto danneggiato anche a soci di minoranza e creditori. Gli Ermellini, in primis, rilevano che il reato di false comunicazioni sociali, nei casi in cui riguardi società non quotate, è perseguibile a querela della persona offesa, la quale, trattandosi di reato contro il patrimonio, è individuabile in colui che ha tratto detrimento patrimoniale dall'illecito, e, quindi, il danneggiato . Danneggiato che, ovviamente, può essere anche il socio di minoranza. Non importa, infatti, se la partecipazione sia di maggioranza o minoranza, ciò che conta è il diritto a ricevere un'informazione vera, affidabile e trasparente .Da quando decorre il termine per la proposizione della querela? Anche l'altro motivo di ricorso viene ritenuto infondato dalla S.C Infatti, il socio di minoranza ha tempestivamente presentato le due querele una volta avuta la precisa contezza dell'effettiva perpetrazione delle condotte illecite. In conclusione, afferma il Collegio, il termine per proporre la querela articolo 124 c.p. decorre dalla conoscenza dell'evento dannoso, quale conseguenza della comunicazione sociale infedele . Il ricorso dell'imputato viene quindi rigettato.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 28 settembre - 13 ottobre 2011, numero 36924Presidente Sirena - Relatore D'ArrigoOsservaLa Corte d'appello di Lecce, con sentenza dell'11 marzo 2011, confermava interamente la condanna inflitta a G B. dal Tribunale di Brindisi per i reati di false comunicazioni sociali articolo 2622 c.c. ed appropriazione indebita articolo 646 c.p. commessi nella qualità di amministratore e legale rappresentante de La Generale Elettrica s.r.l. .Avverso tale condanna l'imputato ha proposto ricorso in cassazione, deducendo la tardività della querela, la carenza di legittimazione a proporla in capo al socio di minoranza C N. e l'insufficienza delle prove raccolte a suo carico.Il querelante, costituito parte civile, ha depositato memorie difensive oltre il termine di cui all'articolo 611, primo comma, c.p.p., che si applica anche alle udienze pubbliche Cass. 11 marzo 2004, numero 17308 le stesse sono quindi tardive ed inutilizzabili.Il ricorso è infondato e deve essere rigettato.Va premesso in proposito che il reato di cui all'articolo 2622 c.c., nel caso in cui il falso riguardi società non quotata, è perseguibile a querela della persona offesa, la quale, trattandosi di reato contro il patrimonio, è individuabile in colui che ha tratto detrimento patrimoniale dall'illecito, e, quindi, nel danneggiato. Pertanto, il termine di cui all'articolo 124 c.p., per la proposizione della querela decorre dalla conoscenza dell'evento dannoso, quale conseguenza della comunicazione sociale infedele, il cui accertamento, costituendo profilo di fatto, sfugge al giudizio di legittimità Cass. 10 giugno 2010, numero 27296 .Ciò posto, la tardività della querela è stata espressamente esclusa dalla sentenza di primo grado e sul punto il ricorso non offre alcun nuovo elemento di valutazione. La corte invece osserva che il N. ha presentato tempestivamente le due querele acquisite agli atti del 2/12/2005 e del 22/1/2007 una volta avuta la precisa contezza dell'effettiva perpetrazione di quelle illecite condotte da parte del Barletta, e ciò ali 'esito degli accertamenti dallo stesso N. demandati a un professionista di sua fiducia .In mancanza di qualsivoglia elemento di segno contrario rispetto alla ricostruzione dei fatti indicata dal giudice di merito, il ricorso in parte qua risulta infondato.Va incontro ad analoga sorte la questione della legittimazione a proporre la querela. L'arresto di legittimità testé citato chiarisce che il diritto di querela spetta a qualsiasi soggetto danneggiato dalle false comunicazioni sociali, tali potendosi ritenere finanche i creditori della società v. pure Cass. 21 maggio 2009, numero 27571 .Nella specie non è controverso che il N. , pur dopo la cessione di una quota significativa delle sue partecipazioni ne La Generale Elettrica s.r.l. , ne sia rimasto comunque socio, benché di minoranza. In proposito la sentenza di appello osserva come il N. abbia mantenuto la sua qualifica di socio dell'azienda in questione pur a seguito del trasferimento, in favore dell'odierno imputato, di gran parte delle quote . Tale circostanza non è stata mai espressamente contestata dal B. nel corso del giudizio di merito e non lo è neppure col ricorso in esame.Ed invero, la parte offesa del reato di false comunicazioni sociali è, innanzitutto, il socio che è destinatario delle comunicazioni medesime. Non rileva se la sua partecipazione sia di maggioranza o di minoranza, in quanto anche in tale ultima eventualità egli ha comunque diritto a ricevere un'informazione vera, affidabile e trasparente. Anzi, è proprio attraverso la veridicità delle informazioni sociali che -specie nelle società a responsabilità limitata - si attua la tutela dei diritti del socio di minoranza e lo si mette nelle condizioni di esercitare gli strumenti di controllo sullo svolgimento degli affari sociali, ivi inclusa l'azione di responsabilità degli amministratori che nelle s.r.l. può essere promossa da ciascun socio, ai sensi dell'articolo 2476 c.c. .Deve quindi affermarsi che le querele in atti provengono da soggetto legittimato a proporle. Il motivo di ricorso in esame è quindi infondato.Infine, la questione relativa all'insufficienza delle prove non è prospettata nell'alveo di uno dei motivi tipici di ricorso per cassazione. Si tratta, piuttosto, di generiche censure in fatto, come tali inammissibili e la cui conducenza appare dubbia anche sul piano prettamente logico. In ogni caso, anche a voler diversamente intendere il motivo di ricorso come fondato su un vizio di motivazione, non mutano le sorti del giudizio. Infatti, la sentenza di secondo grado offre specifica contezza delle doglianze già proposte sul punto dal B. , osservando che La difesa si è limitata ad argomentare [ .] come se quella polizza fosse stata stipulata dal B. per conto della società e come unico beneficiario della stessa fosse sempre La Generale Elettrica s.r.l Ebbene osserva la Corte come il dato non sia corrispondente a realtà in quanto dalla copia del contratto di assicurazione prodotta all'udienza del 15/12/2009 dalla parte civile emerge chiaramente come l'assicurato fosse il Barletta Giuseppe e tra i beneficiari non risultasse la società .Il ricorso deve essere pertanto rigettato, con conseguente condanna del proponente al pagamento delle spese processuali.P.Q.M.rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.