Il beneficio dell’assegno al nucleo familiare, nonostante la formulazione letterale utilizzata dal legislatore, deve essere riconosciuto, in ragione della giurisprudenza della CEDU, non soltanto a decorrere dal 1° luglio 2013, ma con effetto retroattivo dal 1° gennaio 1999.
Lo ha affermato la Corte di Cassazione – Sez. Lavoro, con la sentenza numero 15220, depositata il 3 luglio 2014. L’assegno al nucleo familiare spetta anche ai cittadini extracomunitari? La pronuncia in commento trae origine dal giudizio promosso da una cittadina senegalese, madre di tre figli minori, a seguito del mancato accoglimento dell’istanza presentata al Comune di residenza per l’assegno al nucleo familiare di cui all’articolo 65 l. numero 448/1998 il rigetto dell’istanza derivava dal mancato possesso della cittadinanza italiana o di altro Paese dell’Unione europea. A seguito del giudizio di merito, veniva dichiarato il carattere discriminatorio della condotta tenuta dal Comune e dall’INPS consistente nell’aver negato alla ricorrente, in quanto cittadina extracomunitaria regolarmente soggiornante, l’assegno al nucleo familiare conseguentemente veniva ordinato al Comune e all’INPS, nelle rispettive qualità e competenze, di cessare la condotta discriminatoria e di pagare alla ricorrente l’assegno in questione. La Cassazione ricostruisce la normativa in materia di assegno al nucleo familiare. Come è noto, l’articolo 65 l. numero 448/1998 ha previsto una speciale provvidenza a beneficio dei nuclei familiari con almeno tre figli minori, stabilendo, nella sua formulazione originaria, che con effetto dal 1° gennaio 1999, in favore dei nuclei familiari composti da cittadini italiani residenti, con tre o più figli con età inferiore ai 18 anni, che risultavano in possesso di risorse economiche non superiori al valore di un determinato indicatore della situazione economica, era concesso un assegno. Successivamente l’articolo 80, comma 5, l. numero 388/2000 ha ampliato la platea dei beneficiari di tale provvidenza, prevedendo che l’assegno fosse concesso ai nuclei familiari nei quali fossero presenti il richiedente, cittadino italiano o comunitario, residente nel territorio dello Stato, e tre minori di anni 18 conviventi con il richiedente, figli del richiedente medesimo o del coniuge o da essi ricevuti in affidamento preadottivo. Quindi, testualmente erano esclusi da tale benefìcio assistenziale i cittadini extracomunitari. Per la categoria dei soggiornanti di lungo periodo è poi intervenuta la direttiva comunitaria 25 novembre 2003 numero 2003/109/CE, che ha previsto lo status di cittadini di paesi terzi che siano soggiornanti di lungo periodo, status che gli Stati membri sono tenuti a riconoscere alle condizioni previste dalla direttiva stessa. La direttiva, all’articolo 11, ha posto il generale principio di parità di trattamento con i cittadini comunitari, stabilendo che il soggiornante di lungo periodo gode dello stesso trattamento dei cittadini nazionali per quanto riguarda in particolare le prestazioni sociali, l’assistenza sociale e la protezione sociale ai sensi della legislazione nazionale, salva la facoltà degli Stati membri di limitare la parità di trattamento in materia di assistenza e protezione sociale alle prestazioni essenziali. Conseguentemente, a livello comunitario è legittimo distinguere tra cittadini extracomunitari in possesso di tale status e cittadini extracomunitari che ne siano ancora sprovvisti per i primi opera il principio di parità di trattamento, che in materia di assistenza e protezione sociale è limitato alle sole «prestazioni essenziali». Tale non è il beneficio in questione perché ulteriore rispetto all’assegno per il nucleo familiare previsto dall’articolo 1 l. numero 153/1988, di cui, infatti, la ricorrente già godeva. Pertanto, non trattandosi di una «prestazione essenziale» operava la discrezionalità dei legislatori degli Stati membri. Successivamente, però, il legislatore italiano è nuovamente intervenuto ed ha ampliato la platea dei soggetti aventi diritto al beneficio il diritto all’assegno in questione è stato esteso anche ai cittadini extracomunitari soggiornanti di lungo periodo a seguito della previsione di cui all’articolo 13, comma 1, l. numero 97/2013 legge comunitaria per il 2013 disposizione questa che costituisce ius superveniens nella controversia che ha dato origine alla pronuncia in commento. Il beneficio spetta retroattivamente dal 1° gennaio 1999 . Nella formulazione vigente dell’articolo 65 cit., il medesimo beneficio è ora previsto, per effetto della modifica apportata dall’articolo 13 l. numero 97/2013, in favore dei nuclei familiari composti da cittadini italiani e dell’Unione europea residenti, da cittadini di paesi terzi che siano soggiornanti di lungo periodo, nonché dai familiari non aventi la cittadinanza di uno Stato membro che siano titolari del diritto di soggiorno o del diritto di soggiorno permanente con tre o più figli tutti con età inferiore ai 18 anni. Beneficio che, nonostante la formulazione letterale utilizzata dal legislatore, deve essere riconosciuto, in ragione della giurisprudenza della CEDU, non soltanto a decorrere dal 1° luglio 2013, ma con effetto retroattivo dal 1° gennaio 1999.
Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 22 maggio – 3 luglio 2014, numero 15220 Presidente Stile – Relatore Amoroso Svolgimento del processo 1. Con ricorso ex articolo 44 d.lgs. numero 286 del 1998 ed articolo 702 bis c.p.c., depositato il 16 dicembre 2011 presso la cancelleria del Tribunale di Milano la Sig.ra D.K. , cittadina senegalese, residente nel Comune di omissis , premesso in fatto che era madre di tre figli minori e che aveva presentato al Comune di residenza istanza per l'assegno del nucleo familiare di cui all'articolo 65 della legge 23 dicembre 1998. numero 448, ma che il Comune di Trezzano Rosa non accoglieva la richiesta atteso che l'istante non era cittadina italiana o dell'Unione Europea, conveniva m giudizio il Comune suddetto e l'I.N.P.S. chiedendo al Tribunale - previa eventuale disapplicazione dell'articolo 65 della legge numero 448 del 1998 e successive modifiche, nella parte in cui esclude la concessione dell'assegno per nuclei familiari con almeno tre figli minori agli stranieri regolarmente soggiornanti in Italia e, in subordine, ai lavoratori migranti o comunque previa rimessione alla Corte Costituzionale per il giudizio di costituzionalità sull'articolo 65 nelle parti sopra indicate, per contrasto con gli articolo 3, 10, secondo comma e 117, primo comma, Cost. - di accertare e dichiarare il carattere discriminatorio della condotta tenuta dall'I.N.P.S. e dal Comune di Trezzano Rosa consistente nell'aver negato alla ricorrente, in quanto cittadina extracomunitaria regolarmente soggiornante o in quanto lavoratrice migrante l'assegno di cui all'articolo 65 cit. e quindi di ordinare all'I.N.P.S. e al Comune di Trezzano Rosa, nelle rispettive qualità e competenze di cessare la condotta discriminatoria di cui sopra e pertanto di pagarle l'assegno in questione sino a che ne fossero sussistiti i requisiti a parità di condizioni con il cittadino italiano. Chiedeva pertanto di condannare i detti enti, ciascuno per quanto di rispettiva competenza, a pagarle in via principale l'assegno di cui sopra a partire dal luglio 2006 al dicembre 2011, pari ad una somma di Euro 9.215.09 oltre interessi dalle singole scadenze al saldo. In via subordinata la ricorrente chiedeva la corresponsione dell'assegno per il solo anno 2011 e pertanto Euro 1.687.27 . nonché, per il periodo precedente dal luglio 2006 al dicembre 2010 un importo a titolo di risarcimento del danno patrimoniale da discriminazione pari ad Euro 7.500.00 ovvero la diversa somma che il giudice avrebbe ritenuto di liquidare, anche in via equitativa, ex articolo 1226 c.c Si costituiva nel procedimento l'I.N.P.S. che in via preliminare eccepiva il proprio difetto di titolarità del rapporto sostanziale dedotto in giudizio e nel merito deduceva l'infondatezza della domanda. Il Comune di Trezzano Rosa non si costituiva e. pertanto, veniva dichiarato contumace. Con decisione del 2 febbraio 2012 l'adito tribunale di Milano accertava e dichiarava il carattere discriminatorio della condotta tenuta dall'I.N.P.S. e dal Comune di Trezzano Rosa consistente nell'aver negato alla ricorrente in quanto cittadina extracomunitaria regolarmente soggiornante l'assegno di cui all'articolo 65 della legge 23 dicembre 1998, numero 448 ordinava all'I.N.P.S. e al Comune di Trezzano Rosa, nelle rispettive qualità e competenze, di cessare la condotta discriminatoria di cui sopra e pertanto di pagare alla ricorrente l'assegno in questione sino a che ne sussisteranno i requisiti , a parità di condizioni con il cittadino italiano condannava detti enti, ciascuno per quanto di rispettiva competenza, a pagare alla ricorrente l'assegno di cui sopra a partire dal 22 novembre 2011 e pertanto, Euro 1.687,27 , oltre interessi legali, compensando integralmente fra le parti le spese del giudizio. 2. Avverso la suddetta ordinanza l'Istituto proponeva appello ex articolo 702-quater c.p.c., deducendo l'inammissibilità delle domande proposte nel confronti dell'I.N.P.S. per difetto di titolarità passiva del rapporto controverso. Nell'instaurato contraddittorio tra le parti, la Corte di Appello di Milano. Sezione Lavoro, con sentenza numero 867 del 16 maggio 2012 - 24 agosto 2012, respingeva l'appello dell'Istituto condannando l'INPS alla rifusione delle spese del grado. Riteneva la Corte d'appello che, in luogo di disapplicare, dichiarandone il carattere discriminatorio, l'articolo 65 della legge numero 448 del 1998, era invece consentito farne un'applicazione estensiva unitamente all'applicazione diretta dell'articolo 41 t.u. immigrazione, laddove riconosce il diritto alle prestazioni assistenziali per tutti gli stranieri con permesso di soggiorno. Nella specie - secondo la Corte d'appello - la ricorrente integrava i requisiti soggettivi di permesso di soggiorno e di reddito riferito all'intero nucleo famigliare con riguardo all'anno della richiesta. Quindi in sostanza la Corte d'appello riteneva che ai cittadini italiani e comunitari fossero da equiparare i cittadini extracomunitari purché dotati di permesso di soggiorno. 3. Avverso tale sentenza propone ricorso per cassazione l'INPS. Resiste con controricorso la parte intimata. Entrambe le parti hanno depositato memoria. Motivi della decisione 1. Con il ricorso, articolato in un unico motivo, l'Istituto deduce la violazione e falsa applicazione del combinato disposto degli articolo 65 della legge del 23 dicembre 1998 numero 448, 80. quinto comma, della legge 23 dicembre 2000 numero 388, 16 del D.P.C.M. numero 452/2000, 9, dodicesimo comma, lett. c del d.lgs. 8 gennaio 2007 numero 3 e 43 del d.lgs. numero 284/1998. Sostiene l'Istituto ricorrente che dalla disciplina dell'assegno per il nucleo familiare con almeno tre figli minori, concesso dai comuni, si evince che tale provvidenza è espressamente riservata ai cittadini italiani e comunitari e non può ritenersi esteso ai cittadini extracomunitari soggiornanti di lungo periodo. Tale limitazione non si pone in contrasto né con le disposizioni comunitarie, né con i principi costituzionali vigenti nell'ordinamento nazionale. 2. Il ricorso è inammissibile. 3. L'articolo 65 legge 23 dicembre 1998 numero 448 ha previsto una speciale provvidenza a beneficio dei nuclei familiari con almeno tre figli minori, stabilendo nella sua formulazione originaria, che con effetto dal 1 gennaio 1999, in favore dei nuclei familiari composti da cittadini italiani residenti, con tre o più figli tutti con età inferiore ai 18 anni, che risultavano in possesso di risorse economiche non superiori al valore dell'indicatore della situazione economica, di cui al d.lgs. 31 marzo 1998, numero 109, era concesso un assegno sulla base di quanto indicato dal successivo terzo comma. Successivamente l'articolo 80, comma 5, legge 23 dicembre 2000, numero 388, ha ampliato la platea dei beneficiari di tale provvidenza prevedendo che l'assegno di cui all'articolo 65 cit. è concesso ai nuclei familiari di cui al d.lgs. numero 109/1998 cit. nei quali siano presenti il richiedente, cittadino italiano o comunitario, residente nel territorio dello Stato, e tre minori di anni 18 conviventi con il richiedente, che siano figli del richiedente medesimo o del coniuge o da essi ricevuti in affidamento preadottivo. Quindi testualmente erano esclusi da tale beneficio assistenziale i cittadini extracomunitari. Per la categoria dei soggiornanti di lungo periodo è intervenuta la direttiva comunitaria 25 novembre 2003 numero 2003/109/CE, che ha previsto lo status di cittadini di paesi terzi che siano soggiornanti di lungo periodo , status che gli Stati membri sono tenuti a riconoscere alle condizioni previste dall'articolo 4 della direttiva stessa. La quale poi all’articolo 11 ha posto il generale principio di parità di trattamento con i cittadini comunitari, stabilendo che il soggiornante di lungo periodo gode dello stesso trattamento dei cittadini nazionali per quanto riguarda in particolare le prestazioni sociali, l'assistenza sociale e la protezione sociale ai sensi della legislazione nazionale, ma gli Stati membri possono limitare la parità di trattamento in materia di assistenza sociale e protezione sociale alle prestazioni essenziali. A tale disposizione articolo 11 cit. ha fatto riferimento C. cost. numero 222 del 2013 riconoscendo che “entro i limiti consentiti dall'articolo 11 della direttiva 25 novembre 2003, numero 2003/109/CE Direttiva del Consiglio relativa allo status di cittadini di paesi terzi che siano soggiornanti di lungo periodo , cui ha conferito attuazione il decreto legislativo 8 gennaio 2007, numero 3 Attuazione della direttiva 2003/109/CE relativa allo status di cittadini di Paesi terzi soggiornanti di lungo periodo , e comunque nel rispetto dei diritti fondamentali dell'individuo assicurati dalla Costituzione e dalla normativa internazionale, il legislatore possa riservare talune prestazioni assistenziali ai soli cittadini e alle persone ad essi equiparate soggiornanti in Italia, il cui status vale di per sé a generare un adeguato nesso tra la partecipazione alla organizzazione politica, economica e sociale della Repubblica, e l'erogazione della provvidenza”. Quindi a livello comunitario è legittimo distinguere tra cittadini extracomunitari in possesso di tale status e cittadini extracomunitari che ne siano ancora sprovvisti specificamente per i primi opera il principio di parità di trattamento che in materia di assistenza sociale e protezione sociale è limitato alle “prestazioni essenziali”. Tale non è il beneficio in questione perché ulteriore rispetto all'assegno per il nucleo familiare previsto dall'articolo 1 della legge numero 153/1988, di cui infatti - ricorda l'Istituto ricorrente - la sig.ra D.K. già godeva. Non trattandosi di una “prestazione essenziale”, operava la discrezionalità dei legislatori degli Stati membri fatta salva dal quarto comma dell'articolo 11 della citata direttiva comunitaria. E nell'immediato il legislatore italiano, pur recependo la direttiva suddetta d.lgs. 8 gennaio 2007 numero 3 e definendo i presupposti del permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo, non ha modificato l'articolo 65 cit. che quindi ha continuato a non prevedere i soggiornanti di lungo periodo tra i beneficiari della menzionata prestazione assistenziale. Successivamente però il legislatore italiano, sulla spinta anche di una procedura di infrazione della normativa comunitaria la numero 2013/4009 . è nuovamente intervenuto ed ha ampliato la platea dei soggetti aventi diritto al beneficio il diritto all'assegno in questione è stato esteso anche ai cittadini extracomunitari soggiornanti di lungo periodo a seguito della previsione di cui al comma 1 dell'articolo 13 della legge 6 agosto 2013, numero 97 legge comunitaria per il 2013 disposizione questa che costituisce ius superveniens nella presente controversia perché successiva sia alla sentenza impugnata che al ricorso dell'Istituto. Nella formulazione vigente dell'articolo 65 cit il medesimo beneficio è ora previsto, per effetto della modifica apportata dall'articolo 13 L. numero 97/2013, in favore dei nuclei familiari composti da cittadini italiani e dell'Unione Europea residenti, da cittadini di paesi terzi che siano soggiornanti di lungo periodo, nonché dai familiari non aventi la cittadinanza di uno Stato membro che siano titolari del diritto di soggiorno o del diritto di soggiorno permanente, con tre o più figli tutti con età inferiore ai 18 anni. È rimasta per tutte le categorie beneficiarie della prestazione cittadini italiani, comunitari e extracomunitari soggiornanti di lungo periodo la condizione del requisito reddituale costituito dal possesso di risorse economiche non superiori alla soglia suddetta. La tecnica della novellazione mediante ritaglio - ossia con la sostituzione di parole nella disposizione novellata - ha fatto sì che quest'ultima esordisce ancora riconoscendo il beneficio con effetto dal 1 gennaio 1999 . Quindi sembrerebbe che l'estensione del beneficio ai cittadini extracomunitari soggiornanti di lungo periodo sia avvenuta con efficacia retroattiva. Ma il secondo comma dell'articolo 13 1. numero 97/2013 espressamente prevede la copertura di spesa solo a partire dal 1 luglio 2013 - disposizione questa rinforzata dal successivo articolo 34 che prescrive che dall'attuazione della legge stessa non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica - e quindi - stante anche la prescrizione dell'articolo 81 Cost. secondo cui ogni legge che importi nuovi o maggiori oneri deve indicare i mezzi per farvi fronte - non infondatamente l'Istituto sostiene che l'estensione del beneficio ai cittadini extracomunitari soggiornanti di lungo periodo sia avvenuta con decorrenza da tale data, ossia con un'assai limitata portata retroattiva. Mentre la legge comunitaria per il 2013 era in corso di approvazione è intervenuta la Corte costituzionale ord. numero 196 del 2013 che ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 65 della cit. legge numero 448/1998 nella parte in cui subordina la concessione dell’assegno per nuclei familiari con almeno tre figli al requisito della cittadinanza italiana o comunitaria o, in subordine, nella parte in cui esclude dalla concessione del beneficio gli stranieri titolari di permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo. Però, quasi in prossimità dell'odierna udienza, la Corte EDU con la sentenza Dhahbi c. Italia dell'8 aprile 2014, ha affermato che l'esclusione dei cittadini stranieri regolarmente soggiornanti con un permesso non di breve periodo da una prestazione sociale familiare in ragione unicamente della loro condizione di stranieri è incompatibile con il principio di non discriminazione di cui all'articolo 14 della Convenzione Europea. La sentenza è stata resa a seguito di un ricorso presentato da un cittadino tunisino soggiornante in Italia con un permesso di soggiorno UE per lungo soggiornanti contro il diniego opposto al riconoscimento dell'assegno INPS per nuclei familiari numerosi di cui all'articolo 65 della legge numero 448/1998 cit Pertanto la limitazione a partire dal 1 luglio 2013 del riconoscimento del beneficio in favore dei cittadini extracomunitari soggiornanti di lungo periodo, operato dall'articolo 13 legge numero 97/2013 cit potrebbe ora risultare, in ragione della sopravvenuta pronuncia della Corte EDU appena citata, in contrato con l'articolo 117, primo comma, Cost. nella parte in cui, essendo questi ultimi discriminati rispetto ai cittadini italiani e comunitari per i quali non opera tale limite temporale, sarebbe violato il parametro interposto costituito dal principio di non discriminazione di cui all'articolo 14 della Convenzione Europea come interpretato dalla stessa pronuncia della Corte EDU. 4. Questo essendo per grandi linee il complesso quadro normativo di riferimento, deve ora considerarsi che la Corte d'appello, che si è pronunciata prima di tale ultima modifica dell'articolo 65 cit., nonché prima delle citate pronunce della Corte costituzionale e della Corte EDU, ha ritenuto sussistere il diritto dell'originaria ricorrente al beneficio assistenziale accogliendo una interpretazione estensiva dell'articolo 65 cit., letto alla luce del riconoscimento del diritto alle prestazioni di assistenza sociale recato dall'articolo 41 t.u. immigrazione d.lgs. 25 luglio 1998 numero 286 , così ampliando la platea dei beneficiari sino a comprendere l'appellata, originaria ricorrente, in possesso dei requisiti soggettivi di permesso di soggiorno e di reddito . Quest'ultima quindi è stata considerata come avente diritto al beneficio in quanto titolare di un permesso di soggiorno e non già in quanto soggiornante di lungo periodo, status di cui la originaria ricorrente era priva, come ammette la stessa odierna controricorrente. Quindi la Corte d'appello - seppur con una motivazione stringata e non del tutto chiara ciò che spiega l’ aberratio della censura dell'Istituto - ha considerato, in punto di fatto, una fattispecie concreta cittadino extracomunitario titolare di un permesso di soggiorno e non ancora soggiornante di lungo periodo diversa da quella in riferimento alla quale si appunta la censura mossa dall'INPS nel suo ricorso, ma anche ha argomentato in diritto pur sempre sinteticamente in ordine alla spettanza del beneficio ai cittadini extracomunitari titolari di un permesso di soggiorno e non già in quanto soggiornanti di lungo periodo. Pertanto la censura dell'INPS, tutta centrata invece sul regime dei cittadini extracomunitari soggiornanti di lungo periodo, è disallineata rispetto al decisum della Corte d'appello perché l'Istituto censura una ipotizzata ratio decidendi in riferimento ad una allegata fattispecie concreta che sono, l'una e l'altra, diverse da quelle poste a fondamento della sentenza impugnata. Né è prospettata - né sussiste - una sorta di possibile conseguenzialità logica tra quanto assume la difesa dell'INPS in ordine agli cittadini extracomunitari soggiornanti di lungo periodo e quanto potrebbe discenderne per i cittadini extracomunitari dotati di ordinario permesso di soggiorno sicché il ricorso, nel suo unico motivo, è inammissibile. 5. La peculiarità della controversia complessità del quadro normativo inciso dallo jus superveniens , unitamente alla non agevole identificabilità della ratio decidendi della sentenza impugnata e della fattispecie concreta alla quale essa è riferita giustifica la compensazione tra le parti delle spese del presente giudizio di cassazione. Poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è dichiarato inammissibile, sussistono le condizioni per dare atto - ai sensi della legge 24 dicembre 2012, numero 228, articolo 1, comma 17 Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - Legge di stabilità 2013 , che ha aggiunto il testo unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, numero 115, articolo 13, comma 1-quater - della sussistenza dell'obbligo di versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione integralmente rigettata. P.Q.M. La Corte dichiara inammissibile il ricorso compensa tra le parti le spese di questo giudizio di cassazione. Si da atto - ai sensi della legge 24 dicembre 2012, numero 228, articolo 1, comma 17 Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - Legge di stabilità 2013 , che ha aggiunto al testo unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, numero 115, l'articolo 13, comma 1-quater - della sussistenza dell'obbligo di versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso proposto.