La rinegoziazione obbligatoria degli appalti pubblici di servizi e forniture, introdotta dall'articolo 8 d.l. numero 66/2014, è stata riformulata dal Legislatore in sede di conversione legge numero 89/2014 . È stato eliminato l'obbligo di riduzione dei contratti futuri, mentre è stata rivista la discussa “autorizzazione” alla riduzione in capo alle Pubbliche amministrazioni. Ad ogni modo, al di là delle ultime ridefinizioni, resta in piedi l'intera architettura della rinegoziazione, volta alla riduzione del 5%, che non considera per definizione l'efficienza ed economicità delle condizioni di partenza. Vale a dire che se in forza delle misure di razionalizzazione adottate in precedenza si è già giunti al punto-limite di sostenibilità o per i quantitativi/contenuti contrattuali, o per i prezzi non vi sono, in tal caso, i presupposti fattuali per operare ulteriori riduzioni.
La pregressa disciplina. Come già previsto in sede di decreto legge, il comma 4 dell'articolo 8 stabilisce che le amministrazioni pubbliche devono ridurre la spesa per acquisti di beni e servizi, in ogni settore. Relativamente ai Comuni, l’obbligo di riduzione, ai sensi del combinato disposto dei commi 4 e 7 dell’articolo 8 e dell’articolo 47, deve realizzarsi attraverso il conseguimento di precisi parametri di spesa, relativi ai seguenti settori beni-servizi autovetture incarichi per consulenze. Per raggiungere tale obiettivo di riduzione, le Pubbliche amministrazioni potevano giovarsi, sulla base della pregressa disciplina introdotta dal decreto legge, di un duplice strumento la riduzione dei contratti in corso e la riduzione dei contratti futuri. Il secondo strumento è stato eliminato. La riduzione dei contratti in essere. Relativamente a tali contratti, la legge di conversione ha apportato talune modifiche, dando luogo alla seguente disciplina complessiva a Le Pubbliche amministrazioni sono “autorizzate” a ridurre gli importi dei contratti in essere, nonché di quelli relativi a procedure di affidamento, per i quali sia già intervenuta l’aggiudicazione, anche provvisoria, aventi ad oggetto acquisto o fornitura di beni e servizi, nella misura del 5%, per tutta la durata residua dei contratti medesimi. Il verbo autorizzate è stato volutamente virgolettato, in quanto non sembra che si sia in presenza di una mera facoltà in capo alle amministrazioni. Infatti, al di là del mero dato letterale, che non sembra invero dar luogo ad un obbligo, occorre tener conto che, come già detto, gli obiettivi generali di riduzione devono essere sempre conseguiti. Anzi, il comma 12, dell'articolo 47, in relazione ai Comuni, è ben chiaro nel prescrivere che i medesimi possono rimodulare o adottare misure alternative di contenimento della spesa corrente, al fine di conseguire risparmi comunque non inferiori a quelli dovuti. Quindi, se non si riesce o non si vuole utilizzare lo strumento della riduzione dei contratti in essere, occorrerà individuare misure alternative di contenimento delle spese. Dato che tali misure risultano obiettivamente di difficile individuazione, appare evidente che la letterale facoltà di riduzione, di fatto, si trasforma in un obbligo di riduzione o, più correttamente, in un obbligo a ricercare la riduzione. In ogni caso, l'attuazione delle misure di contenimento, sia attraverso la rinegoziazione sia mediante altre modalità, è soggetta a verifica da parte dell'organo di controllo di regolarità amministrativa e contabile, che di ciò dovrà dar atto nella relazione al conto consuntivo o al bilancio. b Tale riduzione deve avvenire «nella salvaguardia di quanto previsto dagli articolo 82, comma 3- bis ed 86, comma 3- bis , Codice dei contratti pubblici». L'inciso virgolettato, di non immediata comprensibilità, vuol significare ed, al contempo, prescrivere che la riduzione deve comunque tener conto dei minimi salariali e della normativa in materia di sicurezza dei luoghi di lavoro. c E' evidente che il procedimento di rinegoziazione, teso alla riduzione dell'importo contrattuale, nasce già ab origine virtualmente appesantito, in quanto deve svolgersi nella prospettiva di garantire anche gli elementi, di cui al punto b , cioè minimi salariali e misure di sicurezza. Tale elementi, la cui meritevolezza è ovviamente fuori discussione, costituiscono una pesante zavorra, che potrà compromettere la rinegoziazione medesima o renderla, sicuramente, più difficile. Infatti, l'appaltatore, a fronte della richiesta di riduzione avanzata dalla Pubblica amministrazione, potrà agevolmente invocare, quale limite al ribasso, il rispetto dei predetti elementi. d La disposizione normativa prescrive che l e parti hanno facoltà di rinegoziare il contenuto dei contratti, in funzione della suddetta riduzione . Dunque, sulla base della richiesta di riduzione, si apre un procedimento amministrativo di rinegoziazione, avente ad oggetto il “contenuto” del contratto, cioè il complesso delle prestazioni, dei beni e delle attività, che l'appaltatore deve fornire all'amministrazione. È immediatamente evidente che fra il contenuto del contratto ed il corrispettivo dell'appalto, che occorre ridurre, sussiste un nesso sinallagmatico, cioè un rapporto di equilibrio innanzitutto economico, che non può non alterarsi se uno dei due elementi cambia. In altri termini, a fronte della richiesta di riduzione, l'appaltatore, in sede rinegoziazione, potrebbe, come prima arma di risposta, proporre una proporzionale riduzione del complesso delle prestazioni contrattuali il contenuto . In merito, la disciplina non dice e non può dire nulla, dal momento che tale esito non è altro che il naturale sviluppo di una logica di rinegoziazione. Quindi, si potrebbe pervenire ad un “accordo di decurtazione”, in cui sono presenti due contestuali riduzioni quella del prezzo-corrispettivo e quella del “contenuto” del contratto. e Tuttavia, la Pubblica amministrazione potrebbe non accogliere la controproposta di riduzione del corrispettivo, avanzata dall'appaltatore. Potrebbe farlo in base a diverse valutazioni discrezionali, fra cui una certamente non illogica impossibilità ad accettare una riduzione del complesso delle prestazioni, in ragione della necessità di dover salvaguardare e far permanere il livello delle prestazioni medesime. f A questo punto, in tale situazione di indubbio stallo, può profilarsi l'ipotesi del recesso dell'appaltatore, quale ipotesi espressamente prevista dal Legislatore. La rinegoziazione, volta al mantenimento del contratto, pur in presenza di riduzione di prezzo, può dunque, naufragare. La volontà di recedere dell'appaltatore deve essere comunicata all'Amministrazione e ha effetto decorsi trenta giorni dal ricevimento della relativa comunicazione. g E' chiaro, a questo punto, che il contratto sta per essere posto nel nulla, vanificato ad opera dell'appaltatore. Ovviamente, le esigenze pubbliche, sottese al contratto di servizi o di fornitura non possono rimanere insoddisfatte. Precisamente, si pone l'immediato problema di pervenire alla scelta di un nuovo appaltatore. Tale selezione richiede dei tempi tecnici, per cui il Legislatore prova ad indicare due possibili soluzioni [1] . Le amministrazioni, nelle more dell'espletamento delle procedure di gara, al fine di assicurare comunque la disponibilità di beni e servizi necessari alla loro attività, possono stipulare nuovi contratti - o accedendo a convenzioni-quadro di Consip S.p.A. o quelle di centrali di committenza regionale - oppure procedendo ad affidamenti diretti, «nel rispetto della disciplina europea e nazionale sui contratti pubblici». Ovviamente, non è possibile pensare ad una proroga tecnica , cioè esclusivamente finalizzata a consentire la prosecuzione delle prestazioni contrattuali nelle more della nuova gara, dal momento che l'appaltatore ha manifestato la volontà di recedere.