No alla simulazione: piena libertà su come provarlo

Per dimostrare l’inesistenza della simulazione di un contratto, sono utilizzabili tutte le allegazioni di prova possibili, comprese testimonianze e presunzioni, vietate invece per provare positivamente la simulazione.

Lo afferma la Corte di Cassazione nella sentenza numero 13769, depositata il 17 giugno 2014. Il caso. La Corte d’appello di Milano accoglieva la domanda proposta di una società bancaria, dichiarando la simulazione di un contratto di vendita di alcuni immobili di un privato, che solo apparentemente li aveva venduti ad una donna, ma che in realtà li aveva alienati ad un terzo debitore della banca . Il venditore ricorreva in Cassazione, contestando ai giudici di merito di aver disconosciuto che egli potesse dimostrare con ogni mezzo, anche mediante testimoni e presunzioni, la propria estraneità all’accordo simulatorio. Dimostrazione positiva o negativa? Analizzando la domanda, la Corte di Cassazione ripercorreva il filo logico seguito dalla Corte d’appello, secondo cui il ricorrente, parte del contratto, soggiaceva alle limitazioni di prova previste dall’articolo 1417 c.c. prova della simulazione , in correlazione con l’articolo 2729 c.c., per quanto riguarda le presunzioni semplici, dichiarando così l’inammissibilità delle allegazioni di prova. Tuttavia, le limitazioni normative sono operanti per le parti del contratto che mirano a dare la dimostrazione positiva della simulazione. Nel caso di specie, invece, le prove per testimoni e per presunzioni dedotte dal ricorrente puntavano ad una dimostrazione negativa, in quanto l’obiettivo era di contrastare l’affermazione della banca, secondo cui egli aveva venduto gli immobili solo apparentemente ad una persona, ma in realtà ad un terzo. Per questi motivi, la Corte di Cassazione accoglieva il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 28 marzo – 17 giugno 2014, numero 13769 Presidente Triola – Relatore Bucciante Svolgimento del processo Con sentenza del 26 luglio 2006 il Tribunale di Milano, in accoglimento della domanda proposta dalla s.p.a. Banca Antonveneta, ha dichiarato la simulazione, per interposizione fittizia di persona, del contratto di vendita di quattro appartamenti e relative autorimesse, rogato per atto pubblico il 20 settembre 2001, ritenendo che P.A. avesse alienato gli immobili apparentemente ad C.A.M. , ma in realtà ad C.A. , debitore dell'istituto di credito. Impugnata da P.A. , la decisione è stata confermata dalla Corte d'appello di Milano, che con sentenza del 2 marzo 2010 ha rigettato il gravame. P.A. ha proposto ricorso per cassazione, in base a sei motivi, poi illustrati anche con memoria. Si è costituita con controricorso la s.r.l. Vesta Finance, quale cessionaria del credito della s.p.a. Monte dei Paschi di Siena già s.p.a. Banca Antonveneta verso C.A. . Le altre parti intimate non hanno svolto attività difensive nel giudizio di legittimità. Motivi della decisione Con i primi due motivi di ricorso viene rivolta alla sentenza impugnata essenzialmente una stessa censura avere la Corte d'appello ingiustificatamente disconosciuto che P.A. potesse dimostrare con ogni mezzo, anche per testimoni e per presunzioni, la propria estraneità al preteso accordo simulatorio intervenuto, secondo la s.p.a. Banca Antonveneta, tra lui stesso, C.A.M. e C.A La doglianza è fondata. Il giudice di secondo grado ha motivato la decisione sul punto osservando che l'appellante, in quanto parte del contratto in questione, “soggiace quindi alle limitazioni di prova prevista dall'articolo 1417, in correlazione all'articolo 2729 CC anche quanto alle presunzioni semplici”, sicché ha dichiarato “l'inammissibilità di tutte le ridette allegazioni di prove”. Così argomentando, la Corte d'appello è incorsa evidentemente in errore le “limitazioni” che ha ritenuto applicabili nella specie sono operanti per le parti del contratto anche nel caso di interposizione fittizia di persona Cass. 19 febbraio 2008 numero 4071 che intendano dare la dimostrazione positiva della simulazione è a quella negativa, invece, che erano dirette le prove per testimoni e per presunzioni dedotte da P.A. , per contrastare l'assunto dell'attrice, secondo cui egli aveva venduto i beni di cui si tratta solo apparentemente ad C.A.M. , ma in realtà ad C.A. . Accolti pertanto i primi due motivi di ricorso, restano assorbiti gli altri, con i quali si sostiene che le circostanze oggetto delle prove per testimoni e per presunzioni non ammesse consentivano di concludere senz'altro nel senso dell'insussistenza di un accordo simulatorio, peraltro non provato dalla s.p.a. Banca Antonveneta mediante i non significativi elementi indiziari addotti a sostegno della sua tesi. La sentenza impugnata va dunque cassata con rinvio ad altro giudice, che si designa in una diversa sezione della Corte d'appello di Milano, cui viene anche rimessa la pronuncia sulle spese del giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte accoglie i primi due motivi di ricorso dichiara assorbiti gli altri cassa la sentenza impugnata rinvia la causa ad altra sezione della Corte d'appello di Milano, cui rimette anche la pronuncia sulle spese del giudizio di legittimità.