Calcolo di pena: lo spaccio di lieve entità non ha più fratelli maggiori ingombranti da cui dipendere

Il d.l. numero 146/2013, convertito in l. numero 10/2014, ha innovato l’articolo 73 d.P.R. numero 309/1990, prevedendo il comma 5, relativo alla lieve entità, come una fattispecie autonoma e non più come circostanza attenuante speciale.

È quanto affermato dalla Corte di Cassazione nella sentenza numero 23906, depositata il 6 giugno 2014. Il caso. La Corte d’appello di Napoli condannava a 2 anni e 8 mesi di reclusione, per spaccio di stupefacenti, ai sensi dell’articolo 73, comma 5, d.P.R. numero 309/1990 Testo unico sugli stupefacenti un imputato, ritenendo l’attenuante della lieve entità prevalente sulla recidiva. L’imputato ricorreva in Cassazione, lamentando la carenza di motivazione riguardo sia alla responsabilità che alla negazione delle attenuanti generiche. Interventi giurisprudenziali. La Corte di Cassazione riteneva inammissibile il ricorso per la sua assoluta genericità. Tuttavia, alla luce della sentenza numero 32/2014 della Corte Costituzionale, che ha dichiarato incostituzionale gli articolo 4-bis e 4-vicies d.l. numero 272/2005 c.d. legge Fini-Giovanardi , è tornato in vigore il testo originale dell’articolo 73 d.P.R. numero 309/1990, che prevedeva un trattamento sanzionatorio più mite per spaccio di droghe leggere come quelle del caso specifico . Interventi normativi. Successivamente, con il d.l. numero 146/2013, convertito in l. numero 10/2014, è stato ulteriormente innovato l’articolo 73, prevedendo il comma 5, relativo alla lieve entità, come una fattispecie autonoma e non più come circostanza attenuante speciale. Nel caso di specie, i giudici d’appello, pur calcolando la pena all’interno dei parametri previsti dal comma 5 considerato, quindi, giustamente come fattispecie autonoma e non come circostanza attenuante prendevano le mosse da una pena base di 5 anni di reclusione, prossima al massimo edittale sia per i parametri del comma 5, attuale fattispecie autonoma, sia per quelli del comma 4. Per questi motivi, la Corte di Cassazione annullava la sentenza impugnata limitatamente alla determinazione della pena.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 15 aprile – 6 giugno 2014, numero 23906 Presidente Teresi – Relatore Mulliri Ritenuto in fatto 1. Vicenda processuale e provvedimento impugnato - Con la sentenza impugnata la Corte d'appello, ritenuta la - già riconosciuta - attenuante di cui all'articolo 73 comma 5 T.U. stup. prevalente sulla recidiva, ha rideterminato in anni due, mesi 8 di reclusione e 4500 Euro di multa la pena inflitta al ricorrente per avere detenuto, a fini di cessione, 5 bustine di marijuana, pari a poco più di 3 grammi di principio attivo, nonché ed altre 11 dosi medie singole di hashish. 2. Motivi del ricorso - Avverso tale decisione, il condannato ha proposto ricorso, tramite difensore deducendo violazione di legge per carenza di motivazione sia in punto di responsabilità che di diniego delle attenuanti generiche ed ha concluso invocando l'annullamento della sentenza impugnata. Considerato in diritto 3. Motivi della decisione - Il ricorso, nel merito, dovrebbe essere considerato inammissibile per la sua assoluta genericità ed assertività. Le vaghe doglianze difensive sono, infatti, smentite dalla constatazione che i giudici di secondo grado hanno spiegato la loro decisione ricordando come l'imputato fosse stato osservato dai carabinieri mentre era in corso una cessione di droga. L'illiceità della condotta è ulteriormente testimoniata dal fatto che, all'arrivo degli agenti, i due potenziali acquirenti si erano dati alla fuga ed il P. era stato bloccato e trovato in possesso della droga oggetto dell'imputazione. Tra l'altro, in sede di interrogatorio, egli aveva ammesso gli addebiti. Vi è da dire, però, che la decisione impugnata presenta profili di censurabilità in punto di pena alla luce delle recenti novelle. In primo luogo, vi è stato l'intervento della Consulta numero 32/14 sugli articolo 4 bis e 4 vicies ter della legge di conversione al D.L. 272/05 che aveva innovato il testo del T.u. stup. con effetti di ricaduta, in particolare, sulla disciplina dell'articolo 73 del citato T.U. nella parte in cui parificava il trattamento sanzionatorio per tutti i tipi di droga sia quelle c.d. leggere che quelle c.d. pesanti che, invece, erano differenziate prima della novella del 2005. Come precisato dalla stessa Consulta, una volta dichiarata l'illegittimità costituzionale delle disposizioni prima citate, riprende applicazione l'articolo 73 del D.P.R. 309/90 nel testo anteriore alle modifiche ad esso apportate dagli articoli dei quali è stata dichiarata la illegittimità costituzionale per eccesso di delega e che, appunto, per le droghe leggere come nel caso in esame, prevedeva un trattamento sanzionatorio più mite. Successivamente, il legislatore v. d.l. 23.12.13 numero 146, conv. l. 10/14 ha innovato l'articolo 73 prevedendo il comma 5 come fattispecie autonoma e non più come circostanza attenuante speciale quale era stata considerata sino a quel momento . È ben vero che, nella specie, i giudici, in un certo senso anticipando la riforma, hanno tarato la pena all'interno dei parametri previsti di comma 5 - considerato, quindi, come fattispecie autonoma e non circostanza attenuanti così come era all'epoca - ma è pur vero che essi hanno preso le mosse da una pena base di 5 anni di reclusione, vale a dire, prossima al massimo edittale, sia, se si considerano i parametri del comma 5 attuale fattispecie autonoma , sia, avendo presenti i parametri del comma 4 antecedente alla modifica dei 2006 . Gli effetti di ricaduta delle innovazioni, nel caso in esame, sono palesi e, ferma restando la inammissibilità del ricorso nel merito, la sentenza impugnata deve essere annullata limitatamente alla determinazione della pena con rimessione degli atti ad altra sezione della Corte d'appello di Napoli. P.Q.M. Visti gli articolo 615 e ss. c.p.p Annulla la sentenza impugnata, limitatamente al trattamento sanzionatorio con rinvio ad altra sezione della Corte d'appello di Napoli.