Revoca dell’assessore comunale: la motivazione è necessaria, seppur “politica”

I provvedimenti di revoca dei componenti della giunta comunale, pur essendo atti amministrativi e non politici, hanno natura ampiamente discrezionale e la relativa motivazione può basarsi sulle più ampie valutazioni di opportunità politico/amministrativa rimesse in via esclusiva al vertice dell'ente, in quanto aventi ad oggetto un incarico fiduciario. Di talché, la motivazione dell'atto di revoca può anche rimandare esclusivamente a valutazioni di opportunità politica.

E' quanto statuito dal Tar Lombardia, sez. III - Milano, con la sentenza 15 maggio 2014, numero 1263. La revoca dell'assessore. La signora C.E.F. veniva eletta nel 2009 come consigliere comunale per la lista numero 2 del Comune di Rogolo. Successivamente alla proclamazione degli eletti, il Sindaco le conferiva la delega a vice Sindaco e ad Assessore alla cultura, informazione e servizi sociali. Agli inizi del 2014, l'assessore comunicava, in occasione di una seduta di Giunta, la propria intenzione di candidarsi alle prossime elezioni quale futuro Sindaco del Comune. L'attuale Sindaco, a questo punto, ritenendo che fosse stato leso il rapporto fiduciario, revocava la nomina ad assessore, motivando il provvedimento nel seguente modo «Considerato che è venuto meno il corretto rapporto collaborativo con la suddetta, che ha talvolta impedito il sereno raggiungimento degli obiettivi di programma del Sindaco Considerato, altresì, che nonostante i diversi tentativi di conciliazione, il contrasto è divenuto insostenibile ritenuto che sia oggettivamente venuto un rapporto fiduciario tra delegante e delegato, che è alla base della nomina, e che è necessario eliminare le situazione di conflittualità, che possono essere di ostacolo alla serena prosecuzione dell'attività di governo di questa giunta comunale atteso che sono quindi venute meno le condizioni per la permanenza dell'assessore nella carica e nelle funzioni». E' stato necessario riportare l'integrale motivazione, in quanto il fulcro della concreta vicenda ed anche dell'istituto della revoca assessorile ruota proprio attorno alla medesima. Infatti, avverso la revoca, propone ricorso l'ex assessore, avanzando, come primaria censura, il difetto di motivazione, oltre, poi, la violazione delle norme sulla partecipazione al procedimento, per omessa comunicazione di avvio. La revoca assessorile è un atto amministrativo di alta amministrazione La revoca assessorile è, attualmente, disciplinata dall'articolo 46, comma 4, d.lgs. numero 267/2000, il quale dispone che «il sindaco e il presidente della provincia possono revocare uno o più assessori, dandone motivata comunicazione al Consiglio». La vigente disciplina, introdotta con la legge numero 81/1993, affida, quindi, esclusivamente al Sindaco, titolare di una potente investitura diretta proveniente dal corpo elettorale locale, la potestà di nominare e revocare gli assessori, imponendogli solo di comunicare motivatamente tali atti al consiglio. È evidente che siffatta normativa non prevede un voto di ratifica, e ciò comprova che il conferimento e la revoca dell'incarico di assessore si presentano nell’esclusiva disponibilità del Sindaco, per cui il consiglio non può opporsi, salvo solo l'estremo rimedio del voto di sfiducia, il quale, però, travolge insieme il Sindaco, la giunta ed il medesimo consiglio. Alla luce della vigente e scarna disciplina, si pone, dunque, il problema di individuare la natura giuridica della revoca assessorile. Al riguardo, occorre ricordare che gli “atti politici” sono gli atti di direzione suprema dello Stato, emanati nell’esercizio della funzione di governo e di indirizzo politico, e presentanti tre precisi caratteri - tipicità numerus clausus - libertà nel fine, in quanto essi stessi determinano gli scopi della loro sfera di azione - non assimilabilità alla categoria degli atti amministrativi, in quanto insuscettibili di sindacato amministrativo e giurisdizionale. Diversamente dagli atti politici, gli «atti di alta amministrazione» attengono alla direzione suprema della Pubblica Amministrazione, svolgenti una funzione di raccordo fra la funzione politica e la funzione amministrativa. Mediante tali atti, le scelte effettuate in sede politica vengono trasfuse in norme ed in concreti atti amministrativi. Gli atti di alta amministrazione si distinguono dagli atti politici, non solo perché sono espressione di un’attività di indirizzo amministrativo, e non politico, ma soprattutto perché diverso è il loro valore e la loro forza. Delineate le due categorie di atti nei loro tratti essenziali, appare evidente che la revoca assessorile costituisce un «atto di alta amministrazione locale», e non un atto politico. Infatti, pur fondandosi su ragioni squisitamente politiche, la revoca attiene alla direzione suprema della pubblica amministrazione locale Comune e Provincia . Essi costituiscono il primo grado di attuazione dell'indirizzo politico comunale in campo amministrativo. Diversamente dagli atti politici, non sono liberi nella scelta dei fini, ma sono legati, pure nell'ampia discrezionalità che caratterizza l'alta amministrazione, ai fini segnati dall'ordinamento giuridico nazionale e locale. quindi deve essere comunque motivato. I giudici amministrativi lombardi sono pienamente consapevoli dell’illustrata natura giuridica e ne tengono conto in termini di articolazione dell’onere motivazionale. Precisamente, il Tar afferma che la revoca assessorile, pur non configurandosi quale atto politico, deve, in quanto atto amministrativo di alta amministrazione, essere comunque motivato. Invero, in ragione dell’ampia discrezionalità, che caratterizza la revoca in esame, la motivazione assume un connotato particolare non può che fondarsi su «valutazioni di opportunità politico/amministrativa, rimesse in via esclusiva al vertice dell'ente, in quanto aventi ad oggetto un incarico fiduciario». Di conseguenza, la motivazione dell'atto di revoca può anche rimandare esclusivamente a valutazioni di opportunità politica. Tale ragionevole conclusione trova conforto anche nel paradigma normativo di riferimento. Infatti, il già citato articolo 46, comma 4, impone unicamente la comunicazione della revoca dell’incarico di assessore al Consiglio. Quindi, un provvedimento frutto di scelte altamente discrezionali, assunte dall’organo di vertice istituzionale dell’ente e sottoposte, unicamente, alla valutazione dell’organo consiliare di controllo, il quale potrebbe opporsi, tramite una mozione di sfiducia. Il Tar, “calando” tali principi nella concreta fattispecie, ritiene che la motivazione contenuta nel provvedimento oggetto di impugnazione, integrata con gli altri elementi contenuti nella comunicazione del Sindaco al Consiglio, garantisce il contenuto minimo, che l’onere motivazionale deve avere, attesa la natura ampiamente discrezionale. Infine, per quanto concerne la censura, afferente l’omessa comunicazione di avvio, il Tar fa osservare che occorre tener conto delle già illustrate peculiarità dell’atto di revoca. In buona sostanza, rientrando il provvedimento nell’esclusiva competenza del Sindaco ed essendo sottoposto il medesimo unicamente alla valutazione del consiglio comunale, non sussiste «spazio logico, prima ancora che normativo, per l'applicazione dell'istituto partecipativo».

TAR Lombardia, sez. III, sentenza 24 aprile – 15 maggio 2014, numero 1263 Presidente Leo – Estensore Mameli Fatto e diritto I La ricorrente è stata eletta nel 2009 come consigliere comunale per la lista numero 2 del Comune di Rogolo. Successivamente alla proclamazione degli eletti il Sindaco le ha conferito la delega a vice Sindaco e ad Assessore alla cultura, informazione e servizi sociali. Il Sindaco l’ha delegata anche a rappresentare il comune presso la locale Comunità Montana di Morbegno. Agli inizi del 2014 la ricorrente ha comunicato, in occasione di una seduta di Giunta, la propria intenzione di candidarsi alle prossime elezioni quale Sindaco del Comune. Successivamente con decreto prot. 273 del 17 febbraio 2014 il Sindaco ha revocato la nomina della ricorrente come componente della Giunta comunale, con incarico di vicesindaco e con delega assessorile nonché la precedente designazione quale rappresentante del Comune di Rogolo in seno all'assemblea della Comunità Montana Valtellina di Morbegno. Con provvedimento prot. 520 del 27 marzo 2014 il Sindaco ha poi nominato il nuovo vice sindaco. Quindi con deliberazione numero 3 del 4 aprile 2014 il consiglio comunale ha preso atto della revoca alla ricorrente dell’incarico assessorile e di vice Sindaco. Nella stessa seduta il Consiglio ha preso altresì atto della nomina del nuovo Vicesindaco e delle dimissioni di due assessori. Alla deliberazione è stata allegata una comunicazione del Sindaco con la quale sono state esplicitate in dettaglio le ragioni della revoca. Avverso il provvedimento di revoca della nomina della ricorrente come componente della Giunta comunale l’interessata ha proposto il ricorso indicato in epigrafe, chiedendone l’annullamento previa tutela cautelare. Si è costituito in giudizio il Comune di Regolo resistendo al ricorso e chiedendone il rigetto. Alla camera di consiglio del 24 aprile 2014 la causa, chiamata per l’esame della domanda cautelare, è stata trattenuta in decisione per essere risolta nel merito con sentenza in forma semplificata, ai sensi dell’articolo 60 c.p.a., stante l'integrità del contraddittorio, l'esaustiva trattazione delle tematiche oggetto di giudizio, nonché la mancata enunciazione di osservazioni oppositive delle parti, rese edotte dal Presidente del Collegio di tale eventualità. II Con l’atto introduttivo del giudizio la ricorrente ha dedotto la violazione delle norme sulla partecipazione al procedimento, il difetto di motivazione, nonché l’inefficacia del provvedimento stesso non essendo stato comunicato al Consiglio comunale. A tale ultimo proposito il Collegio osserva che successivamente al deposito del ricorso il Consiglio comunale, con deliberazione numero 3 del 4 aprile 2014, ha preso atto della revoca della nomina della ricorrente, perfezionandosi così la fattispecie di cui all’articolo 46 comma 4 D.lgs. 267/2000. Il Sindaco ha solo l'onere formale di comunicare al Consiglio comunale la decisione di revocare un assessore, visto che è soltanto il Consiglio l'organo che potrebbe opporsi, con una mozione di sfiducia, all'atto di revoca T.A.R. Torino sez. II 13 dicembre 2012 numero 1354 . Quanto agli altri motivi di gravame, il ricorso non merita accoglimento. Il Collegio osserva che il provvedimento impugnato reca la seguente motivazione Considerato che è venuto meno il corretto rapporto collaborativo con la suddetta, il che ha talvolta impedito il sereno raggiungimento degli obiettivi di programma del Sindaco Considerato, altresì, che nonostante i diversi tentativi di conciliazione, il contrasto è divenuto ingiustificabile, in ed è insostenibile ritenuto che sia oggettivamente venuto un rapporto fiduciario tra delegante delegato che è alla base della nomina che è necessario eliminare le situazione di conflittualità che possono essere di ostacolo alla serena prosecuzione dell'attività di governo di questa giunta comunale atteso che sono quindi venute meno le condizioni per la permanenza dell'assessore nella carica e nelle funzioni. In ordine alla motivazioni dei provvedimenti di revoca dei componenti della Giunta comunale, la giurisprudenza consolidata ha avuto modo di affermare che, pur essendo atti amministrativi e non politici, gli stessi hanno natura ampiamente discrezionale e la relativa motivazione può basarsi sulle più ampie valutazioni di opportunità politico/amministrativa rimesse in via esclusiva al vertice dell'ente, in quanto aventi ad oggetto un incarico fiduciario. Di talché, la motivazione dell'atto di revoca può anche rimandare esclusivamente a valutazioni di opportunità politica cfr. T.A.R. Bari sez. I 19 febbraio 2013 numero 230 Consiglio di Stato sez. V 10 luglio 2012 numero 4057 . Facendo applicazione di tali principi al caso di specie il Collegio osserva che la motivazione contenuta nel provvedimento impugnato, integrata con elementi di dettaglio dalla comunicazione del Sindaco allegata alla deliberazione del Consiglio comunale numero 3/2014, soddisfa il contenuto minimo necessario di tale tipo di atto, attesa la natura ampiamente discrezionale. Quanto all’applicazione delle norme sulla partecipazione al procedimento amministrativo, la revoca dell'incarico di assessore comunale è esente dalla previa comunicazione dell'avvio del procedimento, atteso che — in un contesto normativo nel quale la valutazione degli interessi coinvolti è rimessa in modo esclusivo al Sindaco, cui compete in via autonoma la scelta e la responsabilità della compagine di cui avvalersi per l'amministrazione del Comune nell'interesse della comunità locale, con sottoposizione del merito del relativo operato unicamente alla valutazione del consiglio comunale — non c'è spazio logico, prima ancora che normativo, per l'applicazione dell'istituto partecipativo di cui all'articolo 7, l. 7 agosto 1990 numero 241 Consiglio di Stato sez. V 5 dicembre 2012 numero 6228 . In conclusione il ricorso deve essere rigettato. Le spese di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia Sezione Terza definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta. Condanna la ricorrente al pagamento a favore del Comune di Rogolo delle spese del presente giudizio che liquida in € 1.500,00 millecinquecento oltre oneri fiscali e previdenziali di legge. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.