Incombe sull'investitore l'onere di provare l'illiceità della condotta del promotore, mentre spetta all'intermediario provare che l'illecito sia stato consapevolmente agevolato dall'investitore.
Nell'interpretazione degli atti unilaterali, il canone ermeneutico di cui all'articolo 1362, comma 1, c.c., impone di accertare - mancando una comune intenzione delle parti - esclusivamente l'intento proprio del soggetto che ha posto in essere il negozio, ferma l'applicabilità, atteso il rinvio operato dall'articolo 1324 c.c., del criterio dell'interpretazione complessiva dell'atto, senza che possa farsi ricorso alla valutazione del comportamento dei destinatari di esso. È quanto emerge dalla sentenza numero 11524/14 della Corte di Cassazione, depositata il 23 maggio scorso. Il caso. Una persona fisica investiva una ingente quantità di moneta in prodotti finanziari. Detta gestione avveniva per il tramite di un noto istituto di intermediazione per il quale operava un promotore finanziario che, sin dall'origine, si era occupato ed aveva seguito la pratica. Deceduto il promotore finanziario, il cliente chiedeva ed otteneva un rendiconto della gestione da cui emergeva che, a fronte delle somme originariamente conferite, residuava un importo pari a meno della metà. L'investitore conveniva in giudizio l'istituto finanziario e gli eredi del promotore finanziario affinché fossero condannati a risarcire i danni in misura pari alla perdita monetaria patita. Il tribunale accoglieva la domanda di parte attrice. La Corte d'appello, ritenuto non provato il conferimento monetario eseguito e le conseguenti responsabilità, riformava la sentenza impugnata. Parte attrice ha proposto ricorso per cassazione. La prova della gestione finanziaria. Parte attrice ha impugnato la decisione del giudice territoriale nella parte in cui riteneva non acquisita la prova del conferimento dei soldi in favore del promotore. La cassazione ha chiarito che la corte d'appello aveva analizzato un documento riepilogativo degli investimenti ed escluso che fosse utile a fornire la prova dei conferimenti. Inoltre, sempre analizzando i predetti documenti, aveva escluso la responsabilità dell'istituto finanziario atteso che da essi non si evinceva l'acquisto di prodotti finanziari di parte convenuta. Da tale analisi, emergeva che il promotore aveva, con la consapevolezza del risparmiatore, diversificato gli investimenti dirigendoli anche verso soggetti diversi dall'istituto finanziario convenuto. Tale ultima molteplicità di rapporti risultava correttamente provata nel giudizio di merito. I giudici di legittimità hanno ulteriormente chiarito che i versamenti in favore del promotore e da quest'ultimo in favore dell'istituto finanziario risultavano essere totalmente privi di riscontro. Il punto merita attenzione. Infatti, nei primi due gradi di giudizio, è stato riscontrato lo scambio di assegni tra l'attore, il promotore e da quest'ultimo alla società finanziaria, tuttavia, non è stata fornita né la prova del legame e diretta conseguenzialità tra i tre passaggi né della infedele gestione operata dal promotore. Quest'ultima valutazione - correttamente - spetta al giudice del merito che ha obbligo di motivazione e, in cassazione, può essere oggetto di nuova valutazione solo ed esclusivamente per vizi di legittimità ovvero di errata applicazione di norme. Atti unilaterali e convincimento del giudice di merito. Nel caso in questione, la decisione dei giudici di merito risulta essere fondata su documenti unilaterali es. prospetto riepilogativo degli investimenti . La questione è stata chiarita dalla cassazione che ha ribadito che spetta in via esclusiva al giudice di merito il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di controllare l'attendibilità e la concludenza delle prove, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad essi sottesi, dando, così, liberamente prevalenza all'uno o all'altro dei mezzi di prova. Nell'interpretazione degli atti unilaterali, il canone ermeneutico di cui all'articolo 1362, comma 1, c.c., impone di accertare - mancando una comune intenzione delle parti - esclusivamente l'intento proprio del soggetto che ha posto in essere il negozio, ferma l'applicabilità, atteso il rinvio operato dall'articolo 1324 c.c., del criterio dell'interpretazione complessiva dell'atto e senza che possa farsi ricorso alla valutazione del comportamento dei destinatari di esso - Cass. numero 25608/2013. E' possibile estendere la responsabilità del promotore all'intermediario finanziario. Tuttavia, al fine di escludere la responsabilità solidale dell'intermediario per gli eventuali danni arrecati ai terzi nello svolgimento delle incombenze affidate ai promotori finanziari, non è sufficiente la mera consapevolezza da parte dell'investitore della violazione da parte del promotore delle regole di comportamento poste a tutela dei risparmiatori, ma occorre che i rapporti tra promotore ed investitore presentino connotati di anomalia, se non addirittura di connivenza o di collusione in funzione elusiva della disciplina legale. Incombe sull'investitore l'onere di provare l'illiceità della condotta del promotore, mentre spetta all'intermediario quello di provare che l'illecito sia stato consapevolmente agevolato in qualche misura dall'investitore - Cass. numero 6708/2010. Per conseguenza diretta, la responsabilità non può discendere dalla semplice diversificazione degli investimenti. Anche sotto questo profilo, in giudizio, non sono emerse prove di colpevolezza. Con queste argomentazioni la cassazione ha respinto il ricorso.
Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 18 febbraio – 23 maggio 2014, numero 11524 Presidente Russo – Relatore Barreca Svolgimento del processo 1.- Con la decisione ora impugnata, pubblicata il 10 settembre 2009, la Corte d'Appello di Roma, in riforma della sentenza di primo grado, ha rigettato la domanda formulata da F.A.M. contro la società Dival Sim S.p.A. poi Rasbank S.p.A. , nonché contro le eredi di A.D. . L'attrice in primo grado aveva dedotto che lei stessa ed il padre, ing. F.F. , si erano avvalsi, sin dal 1984, dell'opera professionale della Dival, società di intermediazione finanziaria, e del suo promotore finanziario, A.D. , per eseguire consistenti investimenti finanziari che, dopo la morte del padre, l'A. le aveva consegnato due prospetti riepilogativi situazione investimenti , intestati alla Dival, dai quali si evincevano investimenti per oltre tre miliari di lire che, invece, a seguito della morte dell'A. , aveva appreso che risultavano investimenti con la Dival soltanto per lire 900.000.000, mentre non vi erano documenti relativi alla parte restante, di circa lire 2.500.000.000. Aveva quindi sostenuto che di questa maggior somma avrebbe dovuto rispondere la Dival per il fatto del suo promotore e che in solido erano tenuti anche le eredi dell'A. ne aveva quindi chiesto la condanna al risarcimento dei danni, quantificati in lire 2.515.791.000. 1.1.- La convenuta Dival si era costituita in giudizio ed, eccepita l'incompetenza del Tribunale di Roma, nel merito aveva contestato la fondatezza della domanda, sostenendo in particolare la mancanza di prova riguardo ai dedotti investimenti con la società, oltre quelli, per L. 900.000.000, risultanti dalla documentazione già consegnata all'attrice. Si erano costituite anche C.C. , A.C. e S. , quali eredi di A.D. , resistendo alla domanda e rilevando che, comunque, avevano accettato l'eredità con beneficio d'inventario, il cui procedimento era allora in corso con la liquidazione delle attività e la riscossione dei crediti. 1.2.- Il Tribunale accoglieva parzialmente la domanda dell'attrice, condannando le convenute, in solido tra loro, al risarcimento dei danni, liquidati, in favore della F. , nell'importo di Euro 450.576,50 corrispondente a quello di otto assegni bancari consegnati dal F. all'A. e transitati sul conto corrente di quest'ultimo, per la somma di L. 906.000.000, della quale era risultata investita soltanto la somma di L. 33.581.690, perciò scomputata , oltre rivalutazione ed interessi legali dalla domanda, nonché al pagamento delle spese processuali. 2.- Proposto appello da parte della Rasbank già Dival , e dalle eredi A. , la F. si costituiva e proponeva appello incidentale. La Corte d'Appello ha, come detto, accolto gli appelli principali e rigettato l'incidentale, ritenendo che l'attrice non avesse fornito la prova degli investimenti finanziari presso la Dival, non essendo stato dimostrato che fossero a questa riconducibili le operazioni finanziarie risultanti dai prospetti riepilogativi quanto alla posizione dell'A. , e quindi delle sue eredi, ha ritenuto mancante la prova di un fatto illecito commesso da quest'ultimo ai danni del padre della F. . Ha perciò mandato assolte entrambe le parti convenute ed ha condannato la F. al pagamento delle spese del doppio grado in favore della Rasbank, compensando invece le spese tra la stessa F. e C.C. , A.S. e C. . 3.- Avverso la sentenza F.A.M. propone ricorso affidato a due motivi, illustrati da memoria. Allianz Bank Financial Advisors S.p.A., già Rasbank S.p.A., già Dival Sim S.p.A., si difende con controricorso, illustrato da memoria. Con altro controricorso si difendono C.A.C. , A.C.M.C. e A.S. , le quali propongono ricorso incidentale condizionato, con un solo motivo, a cui risponde con controricorso Allianz Bank. Motivi della decisione 1.- Col primo motivo del ricorso principale si denuncia il vizio di motivazione, nonché la violazione e/o falsa applicazione dell'articolo 5, comma 4, della legge numero 1 del 1991. La ricorrente lamenta che la motivazione sarebbe contraddittoria nella parte in cui non ha riconosciuto la responsabilità della Dival per omesso controllo sul suo promotore finanziario monomandatario. La contraddizione starebbe nel fatto che la Corte d'Appello prima ha affermato che non vi era “la prova piena di un vero rapporto associativo” tra il padre della F. e l'A. e poi ha argomentato prendendo a presupposto l'esistenza di “uno stretto rapporto tra i due” che altro non sarebbe stato che il normale rapporto di fiducia tra il F. ed il suo promotore finanziario per farne discendere “consapevolezza e completa partecipazione del F. ai molteplici investimenti effettuati dall'A. ”. Inoltre, secondo la ricorrente, la Corte d'Appello avrebbe affermato che non vi sarebbe prova del danno, mentre ella avrebbe provato di avere perduto un ingente capitale affidato all'A. e già il giudice di primo grado aveva accertato che quest'ultimo aveva violato quanto meno il divieto di operare per diversi intermediari finanziari. D'altronde, anche a voler ammettere la consapevolezza del F. circa la diversificazione degli investimenti, si sarebbe dovuto concludere che il capitale era andato perduto a causa della violazione dei doveri di correttezza da parte del promotore finanziario. Pertanto, vi sarebbe stata la prova della responsabilità dell'A. , malgrado la Corte d'Appello non l'abbia accertata. Data questa responsabilità, secondo la ricorrente, si sarebbe trattato di stabilire se la responsabilità del promotore potesse estendersi alla Dival, sua mandante, ai sensi dell'articolo 5, comma 4, della legge numero 1 del 1991, così come interpretato dalla sentenza di questa Corte numero 6708/10 della cui motivazione vengono riportati ampi stralci , non essendo sufficiente ad escluderla la mera consapevolezza, da parte del F. , del comportamento illecito dell'A. e non essendo stata dimostrata una sua collusione in danno della Dival . 1.1.- Col secondo motivo di ricorso si denuncia l'omessa motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, ovvero la responsabilità sancita dall'articolo 2049 cod. civ., in relazione all'articolo 5 della legge numero 1 del 1991. La ricorrente insiste nell'affermare che, ai sensi di quest'ultima norma, sussistendo un fatto illecito del promotore, anche se a rilevanza penale, ne dovrebbe rispondere la società di intermediazione mobiliare che si sia avvalsa della sua opera, qualora sussista un rapporto di occasionalità necessaria tra il fatto illecito del preposto è l'esercizio delle mansioni affidategli. Avrebbe errato la sentenza impugnata nel non applicare questi principi al caso di specie, essendo stata provata la riferibilità dei prospetti riepilogativi degli investimenti, prodotti in giudizio, al promotore A.D. , da questi sottoscritti, ed essendo stati altresì prodotti in giudizio otto assegni al portatore, comprovanti investimenti per ben 906.000.000 di lire, di cui è risultata investita soltanto la somma di lire 33.581.690. Ancora, secondo la ricorrente, sarebbe illogico il ragionamento seguito dalla Corte territoriale per escludere l'efficacia probatoria di questi assegni così come quello relativo alla mancanza di efficacia probatoria dei prospetti riepilogativi, malgrado fossero redatti su carta intestata alla Dival, e quindi, a detta della ricorrente, sicuramente riferibili a quest'ultima. Infine, la sentenza avrebbe omesso del tutto di motivare circa il fatto che l'asserzione della Dival di operare e di aver operato secondo rigorose modalità sarebbe stata smentita da documenti prodotti in giudizio. Pertanto, vi sarebbe stata la prova della distrazione della somma di L. 2.461.915.649, di cui la Corte territoriale non avrebbe tenuto conto. 2.- I motivi vanno esaminati congiuntamente, poiché si riferiscono, sia il primo che il secondo, sia alla posizione della Dival che alla posizione dell'A. , che la ricorrente ha trattato in via unitaria, malgrado la sentenza impugnata le abbia tenute, per certi aspetti, distinte. Essi sono in parte inammissibili ed in parte infondati. La Corte d'Appello, infatti, ha ritenuto - per un verso, mancante la rilevanza probatoria dei prospetti riepilogativi denominati situazione investimenti al 19 ottobre 1992 ed al 27 novembre 1992, reputandoli non idonei a provare sia investimenti compiuti dal F. per il tramite dell'A. , sia “ed ancor meno che tali investimenti riguardassero in qualche modo la Dival ed i prodotti finanziari da essa gestiti”. Ha aggiunto che, quanto a quest'ultima, negli stessi prospetti il riepilogo del conto degli investimenti con Dival è indicato a parte, a riscontro dell'investimento della somma di L. 900.000.000 con la stessa Dival, non contestato tra le parti, mentre manca ogni collegamento con la società delle restanti annotazioni - idonei questi stessi prospetti a dimostrare la diversificazione degli investimenti compiuti dall'A. per contro del F. , con la consapevolezza da parte di quest'ultimo del compimento di operazioni di investimento con intermediari diversi dalla Dival - provati, sia con i prospetti, sia con la documentazione prodotta dalle convenute, i “fitti rapporti di investimento” intrattenuti dal F. con l'A. e, per il tramite di quest'ultimo, con altre società finanziarie, tra cui la Cofina, la Financial Improvement Cooperative Soc. coop. e la Sherman & amp Patterson quindi, la “consapevolezza e completa partecipazione del F. ai molteplici investimenti effettuati dall'A. ”, oltre che degli “stretti rapporti” che legavano i due - assolutamente non provata la sottrazione da parte della Dival, alla morte del suo promotore, di documenti comprovanti investimenti dei F. con la società - non provata l'imputazione degli otto assegni corrisposti dal F. all'A. per l'importo complessivo di lire 906.000.000, né rilevanti gli assegni circolari emessi dal promotore in favore della società di intermediazione - che “non vi sono ragioni per dubitare, né, comunque, risulta in tal senso provato che il denaro affidato dal F. all'A. non abbia avuto le destinazioni pattuite. Né la F. ha esplicitato le ragioni per le quali l'A. dovrebbe rispondere dell'eventuale esito negativo degli investi manti”. 2.1.- La ratio decidendi della sentenza sta proprio in quest'ultima decisiva affermazione, per censurare la quale la ricorrente avrebbe dovuto, in primo luogo, contrastare la ricostruzione dei fatti compiuta dal giudice di merito, evidenziando vizi di motivazione rilevanti ai sensi dell'articolo 360 numero 5 cod. proc. civ Invece, con riguardo a tale ultima norma, sono inammissibili le censure, esposte nella seconda parte del secondo motivo logicamente preliminari , volte a criticare l'apprezzamento che la Corte d'Appello ha fatto delle prove documentali, mentre - sempre in punto di ricostruzione fattuale - non sussiste il vizio di contraddizione della motivazione, lamentato col primo motivo, né quello di omessa motivazione, lamentato con l'ultimo argomento del secondo motivo. Quanto alla valenza probatoria dei prospetti riepilogativi o situazione investimenti , degli assegni bancari del F. transitati sul conto dell'A. , degli assegni circolari rimessi da quest'ultimo alla Dival, nessun vizio logico della motivazione risulta addotto in ricorso, prospettando la ricorrente soltanto una lettura dei documenti differente da quella del giudice di merito, ed a sé più favorevole, ed essendo del tutto irrilevante -avuto riguardo all'iter logico argomentativo della sentenza, sopra riassunto - che due dei detti prospetti fossero stati sottoscritti dall'A. e che tutti fossero redatti su carta intestata alla Dival circostanze, peraltro, queste ultime, già considerate dalla Corte d'Appello e congruamente trascurate perché non era in contestazione che i conti provenissero dall'A. e perché l'utilizzazione di carta intestata non può coinvolgere, di per sé, la Dival, né aver ingannato il F. , per le ragioni ampiamente espresse dalla Corte territoriale . In proposito, non può che essere ribadito che, in sede di legittimità, non è possibile rimettere in discussione la ricostruzione dei fatti operata dal giudice di merito, sulla base dell'apprezzamento delle risultanze istruttorie, pretendendone un nuovo esame. Queste risultanze, anche quando documentali, non possono essere esaminate direttamente dalla Corte di Cassazione, essendo perciò preclusa ogni nuova valutazione di merito, salvo che si evidenzino vizi logici della motivazione riguardanti un fatto controverso e decisivo per il giudizio. 2.2.- Inoltre, non può certo essere considerato tale il comportamento che si assume tenuto dalla Dival in una occasione, nella quale avrebbe accettato modalità di investimento non conformi ad una procedura rigorosamente predeterminata, su cui la ricorrente sostiene che la motivazione sarebbe stata addirittura omessa. Ed invero, l'assunto della ricorrente si basa, ancora una volta, su una propria interpretazione di dati documentali già portati all'attenzione del giudice di merito, e da questi reputati insignificanti, o comunque non rilevanti, tenuto conto dell'insieme del materiale probatorio acquisito e preso in considerazione dalla Corte d'Appello. Pertanto, la relativa doglianza va disattesa alla stregua del principio per il quale spetta al giudice del merito, in via esclusiva, il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di assumere e valutare le prove, di controllarne l'attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad essi sottesi, dando, così, liberamente prevalenza all'uno o all'altro dei mezzi di prova acquisiti salvo i casi tassativamente previsti dalla legge . Conseguentemente, per potersi configurare il vizio di motivazione su un asserito punto decisivo della controversia, è necessario un rapporto di causalità fra la circostanza che si assume trascurata e la soluzione giuridica data alla controversia, tale da far ritenere che quella circostanza, se fosse stata considerata, avrebbe portato ad una diversa soluzione della vertenza. Pertanto, il mancato esame di elementi probatori, contrastanti con quelli posti a fondamento della pronunzia, costituisce vizio di omesso esame di un punto decisivo solo se le risultanze processuali non esaminate siano tali da invalidare, con un giudizio di certezza e non di mera probabilità, l'efficacia probatoria delle altre risultanze sulle quali il convincimento è fondato, onde la ratio decidendi venga a trovarsi priva di base. così Cass. numero 9368/06, nonché, tra le altre, di recente Cass. numero 25608/13 . 2.3.- Non sussiste infine il vizio di contraddittorietà della motivazione, poiché l'avere escluso che vi fosse un “rapporto associativo” tra il F. e l'A. finalizzato allo svolgimento - in associazione tra loro, quindi con cointeressenza - di investimenti finanziari, come sostenuto dalla Dival, non è affatto in contrasto logico con la successiva affermazione, che si legge in motivazione, per la quale è stata comunque raggiunta la prova della consapevolezza e della completa partecipazione del F. ai molteplici investimenti effettuati dall'A. il che sta soltanto a significare che l'investitore era consapevole della direzione impressa ai propri investimenti da parte del promotore e della circostanza che questi non fossero indirizzati esclusivamente nei confronti di Dival. L'inammissibilità o il rigetto dei motivi fin qui esaminati comportano che vada tenuta ferma la ricostruzione dei fatti compiuta dalla Corte d'Appello. 3.- Attesa tale ricostruzione, vanno superate, in quanto infondate, le censure avanzate dalla ricorrente per violazione di legge sia con riferimento all'articolo 5, comma quarto, della legge numero 1 del 1991, che con riferimento all'articolo 2049 cod. civ., letto in relazione allo stesso articolo 5 della legge numero 1 del 1991 applicabile al caso di specie, ratione temporis, essendosi svolti i fatti di causa nella vigenza di questa legge, abrogata dall'articolo 66 del decreto legislativo numero 415 del 1996 . Dette norme presuppongono che sia accertato un fatto illecito commesso dal promotore ai danni dell'investitore e, soltanto dopo aver compiuto tale accertamento con esito positivo, consentono la verifica dell'estensione della responsabilità del promotore all'intermediario per il quale egli ha operato cfr. Cass. numero 6708/10, indicata in ricorso, nonché Cass. numero 3773/09 Nel caso di specie, la Corte d'Appello, ricostruiti i fatti come sopra, ha escluso che l'A. abbia commesso un fatto illecito dannoso per il F. , sia penalmente rilevante appropriazione delle somme corrispostegli dall'investitore sia rilevante come inadempimento contrattuale destinazione degli investimenti diversa da quella pattuita , così come ha riscontrato che, da parte dell'attrice in primo grado, è mancata anche l'allegazione delle “ragioni per le quali l’A. dovrebbe rispondere dell'eventuale esito negativo degli investimenti”. Pertanto, contrariamente a quanto assume la ricorrente, sia nel ricorso che nella memoria, non è affatto “certo che il comportamento dell'A. fu illecito”. 3.1.- Privo di pregio risulta inoltre l'argomento - che sembra indicato a sostegno della perentoria affermazione appena riportata - fondato sulla violazione, da parte dell'A. , dell'obbligo, imposto dalla legge numero 1 del 1991 e dal contratto di agenzia stipulato con Dival, di svolgere la sua attività di promotore di servizi finanziari esclusivamente per conto e nell'interesse di quest'ultima società di intermediazione mobiliare. Si tratta di un inadempimento contrattuale, che comporta anche la violazione di una regola di comportamento imposta dalla legge, che tuttavia non rileva di per sé nei confronti del cliente investitore, che agisca per il risarcimento dei danni. In tema di contratti di intermediazione finanziaria, onde pervenire all'affermazione della responsabilità solidale del promotore e dell'intermediario per i danni subiti dall'investitore a causa della condotta del primo, occorre che l'investitore dia prova, non soltanto dell'inadempimento da parte del promotore e/o dell'intermediario finanziario di obbligazioni nascenti dal contratto o dalla legge poste a sua tutela, ma anche del danno e del nesso di causalità tra questo e il dedotto inadempimento cosi Cass. numero 3773/09, ma anche Cass. numero 6708/10 cit. . In particolare, l'affermazione di responsabilità non può conseguire alla sola diversificazione degli investimenti, concordata con l'investitore, pur in presenza dell'obbligo del promotore di svolgere la sua attività esclusivamente per conto e nell'interesse soltanto di una società di intermediazione mobiliare, come previsto dall'articolo 5, comma terzo, della legge numero 1 del 1991. Orbene, è emerso nel presente giudizio che l'A. è incorso nell'inadempimento predetto, che pertanto ben può dirsi accertato ma è mancata la prova, in primo luogo, del danno e, comunque, la prova, anzi addirittura, l'allegazione del nesso di causalità tra la diversificazione degli investimenti, peraltro ben nota al F. e da questi condivisa, e le perdite patrimoniali che la ricorrente assume essere derivate al padre ed a lei personalmente. Escluso, infatti, che sia stata provata l'appropriazione indebita, penalmente rilevante delle somme consegnategli dall'investitore, da parte del promotore, la circostanza che questi le abbia investite non presso la Dival, ma altrimenti, resta del tutto priva di efficienza causale rispetto al danno lamentato, dal momento che, come pure rilevato nella sentenza impugnata, la parte che pretende il risarcimento non ha nemmeno indicato le ragioni per le quali l'esito negativo degli investimenti sia stato provocato da questa condotta non rilevando, peraltro, rispetto all'investitore, l'inadempimento contrattuale del promotore nei confronti della società di intermediazione finanziaria . Né risultano dedotte altre condotte integranti violazione, da parte del promotore, dei doveri di correttezza o degli obblighi di legge impostigli nei confronti dell'investitore/risparmiatore. Data la ratio decidendi di cui si è fin qui detto, sono, prima ancora che infondati, non pertinenti gli ulteriori argomenti spesi in ricorso per dimostrare l'estensione alla Dival di una responsabilità che non è stata riconosciuta nemmeno in capo al promotore finanziario. In conclusione, il ricorso principale va rigettato. Resta assorbito il ricorso incidentale condizionato, concernente la condizione delle eredi A. , in quanto accettanti l'eredità con beneficio d'inventario. Le spese del giudizio di cassazione seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo. P.Q.M. La Corte, decidendo sui ricorsi riuniti, rigetta il ricorso principale, assorbito l'incidentale condizionato condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida nell'importo complessivo di Euro 12.500,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, in favore di Allianz Bank Financial Advisors S.p.A. e di Euro 12.500,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, in favore di C.C. , A.C. e A.S. , in solido tra loro, oltre accessori come per legge.