Quando parliamo di previdenza ci si pone il problema di una prospettiva di lungo periodo, ma una prospettiva di lungo periodo può esserci solo se già oggi si riesce a pensare e a prefigurare ciò che sarà, ciò che accadrà, come cambieranno le cose
«Quando parliamo di previdenza ci si pone il problema di una prospettiva di lungo periodo, ma una prospettiva di lungo periodo può esserci solo se già oggi si riesce a pensare e a prefigurare ciò che sarà, ciò che accadrà, come cambieranno le cose. I tre requisiti essenziali per qualsiasi sistema previdenziale sono equità, sostenibilità ed intergenerazionalità. Requisiti che sono intrecciati tra di loro, senza equità la sostenibilità nel tempo è molto difficile e senza intergenerazionalità non c’è una sostenibilità di lungo periodo. I sistemi previdenziali riescono a durare nel tempo non solo se le prestazioni sono commisurate alle contribuzioni ma anche se vengono alimentati da nuovi ingressi. Di fronte ai cambiamenti così radicali, ai problemi demografici che stiamo vivendo da molti anni, dobbiamo porci alcune problematiche. Oggi viviamo più a lungo e questo porta inevitabilmente a dover modificare il bilanciamento tra periodi di lavoro e periodi di pensione. Ma non solo. Dobbiamo tener presente che il numero delle persone che ogni anno raggiungono il pensionamento è significativamente più alto del numero delle persone che nello stesso periodo si affacciano nel mondo del lavoro. E dall’altro canto se teniamo troppo a lungo le persone al lavoro lasciamo poco spazio ai giovani e ai nuovi ingressi. E questo, oltre ad avere effetti negativi sulla coesione sociale e sul patto intergenerazionale, a lungo andare nuoce alla stessa sostenibilità previdenziale nel tempo. Occorre quindi trovare un giusto equilibrio tra le esigenze e gli obiettivi anche se sono apparentemente inconciliabili». Lavoro, tecnologie e innovazioni. E i cambiamenti in atto riguardano anche il lavoro, le tecnologie, le innovazioni. «Il lavoro che cambia. Io credo che oggi sia un tema che abbia bisogno di una qualche sistemazione. Oggi ci siamo presi un impegno ossia quello di costruire un forum di discussione intorno al lavoro che cambia, se ne parla, se ne scrive ma questo è un tema che ha bisogno anche di un canale istituzionale per espandersi. Un forum, quindi, che consente, on line, a tutti i soggetti che vogliono farlo di entrare nella discussione, di apportare idee e considerazioni. Penso che nessuno possa considerarsi fuori da questa discussione. La storia ci ha insegnato che i cambiamenti hanno creato problemi ma anche opportunità, io credo che ci saranno lavori che scompariranno e altri che nasceranno. Il tema è la velocità del cambiamento tecnologico che è drammaticamente superiore alla velocità dei cambiamenti sociali e della stessa capacità delle istituzioni di cambiare le regole e di costruire soluzioni congrue». «Ma il lavoro che cambia, che apre o chiude spazi occupazionali è strettamente collegato alla previdenza perché previdenza non significa solo sistema pensionistico. Farle coincidere è stato un errore e non solo della politica. I prepensionamenti sono stati una sorta di ammortizzatori sociali, si è pensato di usarli per risolvere il problema del lavoro. Io credo che sia giusto pensare che il sostegno al reddito si affianchi alla logica delle politiche attive del lavoro. Io penso che bisogna lavorare sempre tenendo insieme due elementi l’intervento di sostegno al reddito con la politica di inclusione e di attivazione. Dobbiamo costruire una rete di servizi per affrontate anche il problema della disoccupazione. In Italia chi si occupa di ambiente non si occupa di sociale, chi si occupa di sanità non si occupa di lavoro. L’Italia è un paese dove le politiche hanno la forma di silos, sono verticali, ma la vita delle persone non è fatta di pezzi verticali affiancati ma di un mix stretto di tutte le problematiche». Problematiche che riguardano anche il lavoro autonomo. «Io credo che il tema della professione sia un tema importante per l’occupazione e per il futuro perché noi abbiamo bisogno certo di una crescita occupazionale ma anche che i giovani abbiano voglia di mettere in campo la propria professionalità, le proprie competenze. La legge che è in fase di approvazione definitiva in Parlamento cerca di dare qualche elemento in più sul welfare, di dare la possibilità di investire sulla formazione rendendo i costi totalmente deducibili, di dare garanzie e tutele del rischio del credito». Ministro Giuliano Poletti . Venendo a Cassa Forense la situazione è questa. Il dato demografico, dopo l’esplosione di questi ultimi anni, andrà contraendosi e questo lo si ricava dalla contrazione già in atto nel numero di iscrizioni alla facoltà giurisprudenza. Il PIL dell’Avvocatura italiana da anni si sta contraendo anche se nell’ultimo anno ha registrato una piccola ripresa. Il reddito medio dell’Avvocatura italiana è in contrazione anche per via dell’ingente numero dei suoi iscritti. Cassa Forense nasce dalla privatizzazione della gestione pensionistica pubblica caratterizzata dal sistema di calcolo retributivo che comporta un’eccessiva generosità della promessa previdenziale. Le riforme attuate negli anni hanno cercato di attenuare il GAP tra il montante contributivo versato e la rendita percepita, ma il GAP esiste ancora e continua a generare debito latente. Dal sistema pubblico Cassa Forense ha ereditato anche il meccanismo di finanziamento che è rimasto a ripartizione con parziale garanzia di copertura. Il quadro finanziario si completa rammentando che il provvedimento istitutivo di Cassa Forense chiarisce che in nessun caso alcun onere previdenziale sarà a carico dello Stato. Oggi il patrimonio di Cassa Forense è cospicuo ma il debito latente è 3 volte più grande. Come ha scritto Alessandro Trudda nel suo “Casse di previdenza analisi delle dinamiche attuariali” la conclusione intuitiva è che il debito latente può essere estinto solo caricandolo “spalmato” sulle future generazioni il mancato afflusso di nuovi iscritti non solo non permetterebbe equità intergenerazionale, ma potrebbe mettere in crisi gli equilibri finanziari della gestione previdenziale “in estinzione”. È quindi necessario calcolare la proiezione sulla sostenibilità finanziaria di Cassa Forense basando le relative analisi anche sullo sviluppo futuro della variabile demografica nuovi ingressi oltre alle già descritte valutazioni sulle varianti economiche e finanziarie. Il Presidente di Cassa Forense, nelle sue recenti esternazioni, ha assicurato che non sarà usata la leva previdenziale per sfoltire il numero degli avvocati italiani. Prendiamo atto di ciò ma queste assicurazioni si devono accompagnare a politiche inclusive considerando i contributi previdenziali alla stregua dei tributi per assoggettarli al criterio della progressività e della proporzionalità rispetto al volume d’affari e al reddito imponibile. Diversamente molti iscritti saranno costretti a cancellarsi dall’Albo e quindi da Cassa Forense con le inevitabili conseguenze di cui abbiamo parlato più sopra.