Acclarata la responsabilità del conducente della ‘quattro ruote’, il quale, nonostante il contesto complicato, ha tenuto una velocità eccessiva, pur se rispettosa dei limiti per quel tratto di strada, e compiuto una manovra assurda, percorrendo una curva con scarsissima visibilità. Tutto ciò ha dato il ‘la’ alla scivolata del motociclista proveniente dalla direzione opposta, scivolata che, purtroppo, a seguito dell’impatto coll’autoveicolo, ne ha provocato la morte.
Manovra azzardata, quella compiuta dall’automobilista, soprattutto perché effettuata in una curva ‘cieca’. Ciò comporta l’addebito della responsabilità per il terribile impatto subito da un motociclista, che, spuntato all’improvviso, in direzione opposta, lungo il tratto curvilineo della strada, perde il controllo della ‘due ruote’, cade a terra e colpisce la vettura, riportando conseguenze letali. Inevitabile, e corretta, quindi, la condanna del conducente della ‘quattro ruote’ per il reato di omicidio colposo Cass., sent. numero 1804/2015, Quarta Sezione Penale, depositata oggi . Manovra. Chiarissima, e drammatica, la condotta addebitata all’automobilista egli ha «intrapreso, in un tratto curvilineo e a visuale limitata, una manovra per accedere a uno spiazzo antistante un ingresso privato, senza prestare la dovuta attenzione ai veicoli che provenivano dalla opposta direzione di marcia», e ciò ha dato il ‘la’, purtroppo, alla morte del motociclista che proveniva nella direzione opposta. Quest’ultimo, difatti, «nonostante una violenta frenata, perdeva il controllo della moto e cadeva a terra, urtando l’autoveicolo e riportando lesioni gravissime», lesioni che ne provocavano il «decesso». Di fronte a questo quadro, non vi sono dubbi per i giudici di merito l’automobilista è condannato per il reato di «omicidio colposo», e a corredo viene anche fissato il «risarcimento dei danni subiti dalle parti civili». Omicidio. Per il conducente della ‘quattro ruote’, però, è stata erroneamente trascurata la condotta tenuta dal motociclista. Se quest’ultimo, sostiene l’uomo, «fosse stato rispettoso del Codice della Strada, il sinistro non si sarebbe verificato, o si sarebbe verificato con altre conseguenze», sicuramente meno gravi. Detto in maniera ancora più chiara, l’uomo afferma, col ricorso in Cassazione, che «la segnaletica indicante la pericolosità della curva, data anche la presenza di alberi, avrebbe dovuto indurre il motociclista a tener conto che qualche veicolo, proveniente nel senso opposto, avrebbe potuto compiere qualche manovra». Tutte obiezioni teoricamente corrette, ma, ribattono i giudici del ‘Palazzaccio’, alla luce della dinamica del sinistro, è «preponderante» la «responsabilità» dell’automobilista. Ciò perché egli, «al momento dell’impatto», teneva «una velocità di 75-80 chilometri orari, di poco inferiore a quella massima consentita» su quel tratto stradale, e «tale velocità non era prudenziale, in considerazione della presenza di segnaletica indicante pericolosità della curva, collegata alla limitata profondità della visibilità». Peraltro, aggiungono i giudici, l’automobile «aveva superato la linea di mezzeria ed attraversato buona parte della semicarreggiata riservata alla direzione di marcia del motociclo». Di conseguenza, la «condotta di guida» dell’automobilista non è valutabile come «conforme alle norme di legge». E, allo stesso tempo, le «violazioni delle norme sulla disciplina della circolazione stradale a lui attribuibili risultano obiettivamente gravi e tali da turbare, su strada extraurbana soggetta a non ridottissimi limiti di velocità, il normale procedere dei veicoli in direzione opposta». Inevitabile, quindi, la conferma della «condanna» dell’automobilista per «omicidio colposo», realizzato attraverso la «violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale».
Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 10 giugno 2014 – 15 gennaio 2015, numero 1804 Presidente Brusco – Relatore Esposito Ritenuto in fatto La Corte d'Appello di Ancona confermava nei confronti di L.A. la sentenza del giudice di primo grado che aveva giudicato costui responsabile del reato di cui all'articolo 589 comma 1 e 2 c.p. Al predetto era addebitato di avere, alla guida della propria autovettura, cagionato la morte di Antonini Adriano per colpa generica e per violazione delle norme sulla circolazione stradale, con particolare riferimento a quella che prescrive l'obbligo di evitare di creare una situazione di pericolo per gli utenti provenienti dall'opposta direzione di marcia nell'effettuare una manovra di svolta. Specificamente gli era addebitato di avere intrapreso, in un tratto curvilineo e a visuale limitata, la manovra per accedere a uno spiazzo antistante un ingresso privato senza prestare la dovuta attenzione ai veicoli che provenivano dall'opposta direzione di marcia, con la conseguenza che l'Antonini, nonostante una violenta frenata, perdeva il controllo della moto che conduceva e cadeva a terra, urtando l'autoveicolo del L.A. e riportando lesioni gravissime a seguito delle quali decedeva sul posto. La Corte territoriale confermava, altresì, le statuizioni civili della sentenza di primo grado, consistenti nella condanna dell'imputato al risarcimento dei danni subiti dalle parti civili, nella misura dell'80 %, e al pagamento di provvisionali in favore delle medesime. Con ricorso per cassazione il L.A. deduce, in primo luogo, motivazione illogica sotto il profilo della graduazione della colpa e mancante circa il coefficiente di responsabilità attribuitogli. Osserva che la Corte d'Appello ricostruisce la responsabilità dei motociclista per poi affermare che le violazioni stradali emergenti a carico dell'appellante furono assai più gravi di quella attribuibile alla vittima che la segnaletica indicante la pericolosità della curva, data anche la presenza di alberi, avrebbe dovuto indurre il motociclista a tener conto che qualche veicolo proveniente nel senso opposto avrebbe potuto compiere qualche manovra. Rileva che l'illiceità del contegno della vittima, evidenziata anche dalla perizia tecnica, fa si che tale condotta ben può rilevare sotto il profilo eziologico quale causa sopravvenuta da sola sufficiente a determinare l'evento e, quindi, tale da elidere la valenza eziologica della concomitante condotta tenuta dall'imputato. Rileva che se il contegno dell'Antonini alla guida della moto fosse stato rispettoso delle regole del codice della strada il sinistro non si sarebbe verificato o si sarebbe verificato con altre conseguenze. Evidenzia l'assoluta sproporzione tra l'incidenza causale della condotta della vittima e la misura della colpa imputata all'Antonini. Con ulteriore motivo deduce erronea applicazione della legge penale articolo 141 e 146 c.d.s. Evidenzia che al L.A. non è imputabile alcuna violazione della disciplina della circolazione stradale. Osserva che costui nell'effettuare la manovra di svolta effettuava un'inversione assolutamente regolare, poiché in quel tratto stradale la segnaletica orizzontale è di linea tratteggiata e interrotta. Considerato in diritto I due motivi di ricorso possono essere trattati unitariamente in ragione dell'intima connessione. Gli stessi sono infondati. Invero i giudici del merito hanno dato conto delle ragioni in forza delle quali è configurabile in capo al ricorrente la responsabilità nella determinazione dell'evento nella misura percentuale preponderante indicata. Hanno, infatti, evidenziato che lo stesso al momento dell'impatto teneva una velocità di 75-80 km orari, di poco inferiore a quella massima consentita sulla strada in questione che tale velocità non era prudenziale in considerazione della presenza di segnaletica indicante pericolosità della curva, collegata alla limitata profondità della visibilità che al momento della collisione tra i veicoli il mezzo condotto dall'imputato aveva superato la linea di mezzeria ed attraversato buona parte della semicarreggiata riservata alla direzione di marcia del motociclo antagonista. Ne consegue che la condotta di guida del ricorrente non può ritenersi conforme alle norme di legge e che le violazioni delle norme sulla disciplina della circolazione stradale a lui attribuibili risultano obiettivamente gravi e tali da turbare, su strada extraurbana soggetta a non ridottissimi limiti di velocità, il normale procedere dei veicoli in direzione opposta. Esse, pertanto, sono idonee a giustificare l'attribuzione della percentuale di colpa al predetto assegnata e a escludere l'ipotizzata configurabilità della condotta della vittima come causa da sola idonea a determinare l'evento. In base alle svolte argomentazioni il ricorso va rigettato. Ne consegue la condanna dell'istante al pagamento delle spese processuali e alla rifusione delle spese sostenute dalle parti civili P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spes processuali oltre alla rifusione delle spese in favore delle parti civili che liquida ir complessivi euro 2.000,00 oltre accessori come per legge.