Il sequestro preventivo vuole una vera motivazione

Il decreto di sequestro preventivo, disposto nei confronti di un indagato per reati fiscali, che si limita a fare riferimento all’istanza del pubblico ministero e all’informativa della Guardia di Finanza, risulta essere privo di motivazione e, quindi, illegittimo perché inidoneo a sostenere l’effettiva sussistenza dei presupposti necessari per l’adozione della misura stessa.

Così si è espressa la Corte di Cassazione nella sentenza numero 72, depositata il 7 gennaio 2015. Il fatto. Un’indagata per dichiarazione infedele e, in concorso con altri amministratori e legali rappresentanti, per l’evasione per alcuni periodi di imposta del pagamento dell’IVA, ha proposto ricorso per cassazione ai sensi dell’articolo 325, comma 2, c.p.p., contro il decreto di sequestro preventivo emesso dal gip del Tribunale di Campobasso. A sostegno del ricorso la difesa dell’indagata sostiene essere il provvedimento di sequestro preventivo assolutamente carente di motivazione in ordine alla sussistenza dei requisiti del sequestro ed alla sussistenza delle condizioni per potere incidere sul diritto costituzionalmente garantito della proprietà privata. Motivazione soltanto apparente. Il Collegio investito della questione ha ritenuto fondato il ricorso, risultando il decreto di sequestro del tutto privo di motivazione quanto alla effettiva sussistenza dei presupposti necessari per l’adozione della misura in oggetto. Infatti, sostiene il Collegio, nel provvedimento impugnato, quanto al fumus delicti, il giudice si è limitato a richiamare l’indagine di natura fiscale in corso nei confronti di alcune società dalla quale sarebbero emerse condotte finalizzate alla violazione delle norme in materia di redditi ed IVA con grave danno per l’erario. Queste condotte, peraltro, non vengono neppure descritte, poiché il gip rinvia all’istanza del p.m. ed all’informativa della Guardia di Finanza. Analoga carenza emerge anche in punto di periculum in mora nella misura in cui il gip giustifica la necessità di imporre il sequestro preventivo limitandosi a richiamare il testo della norma articolo 322 c.p.p. senza fare alcun riferimento al caso concreto. Annullamento del decreto di sequestro. Per tali ragioni, la S. C. annulla senza rinvio il decreto impugnato e dispone la restituzione di quanto sequestrato in favore dell’avente diritto.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 29 maggio 2014 – 7 gennaio 2015, numero 72 Presidente Teresi – Relatore Savino Ritenuto in fatto B.M.G. ha proposto, a mezzo del proprio difensore di fiducia, ricorso per cassazione per saltum ai sensi dell'articolo 325 co 2 c.p.p. avverso il decreto di sequestro preventivo emesso dal GIP del Tribunale Campobasso avente ad oggetto l'immobile posto in comune di Campobasso, di proprietà esclusiva della predetta, nell'ambito di un procedimento penale a carico suo e di altri coindagati per i reati di cui agli articolo 81 cpv, 110 c.p., 4 d.lvo 74/2000 perché, in concorso con altri, quali amministratori e legali rappresentanti succedutisi nel tempo, e con D.C. , quale amministratore di fatto della ditta Alfiera 2001 soc. coop al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, indicava nelle dichiarazioni per gli anni di imposta 2009, 2010, elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo, indicando nelle medesime dichiarazioni i seguenti redditi complessivi, con ciò sottraendosi al pagamento dell'IRES e dell'IVA per gli importi accertati di Euro 740.000,00 per IVA evasa per l'anno di imposta 2009, ed Euro 1.210,036,97 per l'anno 2010. Così evadeva l'imposta in misura superiore ad Euro 103.291,38 200.00 milioni , limite ridotto a 50.000,00 Euro con il D.L. 13.8.011 convertito con modifiche nella L. 14.9.011 numero 148 entrata in vigore il 17.9.2011, sottraendo elementi attivi in misura superiore al 10% dell'ammontare complessivo degli elementi attivi indicati nelle dichiarazioni e comunque superiori a quattro miliardi. La stessa era anche indagata in relazione al reato previsto dagli articolo 61 numero 2,81,110, 485 c.p., perché, nella qualità descritta ai capi A , E , G , al fine di commettere i reati di cui ai capi da A a J ed il vantaggio di ottenere la riduzione delle imposte sui redditi, formavano un falso verbale di assemblea dei soci della predetta cooperativa nel quale si presentava ed approvava il bilancio di esercizio della società Alfiera 2001 soc coop , presso il poligono militare di omissis ove l'azienda era vincitrice di una gara di appalto per l'aggiudicazione dei servizi di pulizia assemblea in cui i soci, dipendenti della cooperativa, sebbene risultassero formalmente presenti nel verbale, erano di fatto assenti. A sostegno del ricorso la difesa dell'indagata deduce violazione di legge con riguardo all'articolo 125 co. 2 c.p.p. in relazione all'articolo 321 c.p.p., sia con riferimento al requisito del fumus commissi delicti, sia con riferimento al requisito del periculum in mora nonché carenza assoluta di motivazione ovvero motivazione apparente. In particolare, secondo la difesa, il provvedimento di sequestro preventivo è assolutamente carente di motivazione in ordine alla sussistenza dei requisiti del sequestro ed alla sussistenza delle condizioni per poter incidere sul diritto costituzionalmente garantito della proprietà privata. Al di là dell'aspetto grafico, già di per sé esplicativo, componendosi il decreto di soli 15 righe riservate alla motivazione, a detta del difensore, le argomentazioni addotte a sostegno della misura sono del tutto inadeguate e apodittiche, risolvendosi in un implicito richiamo alla motivazione del PM in sede di richiesta di emissione della misura quanto alla sussistenza dei requisiti del fumus delicti, senza alcuna valutazione ed elaborazione critica della adeguatezza del provvedimento. Quanto al periculum in mora la motivazione è, con tutta evidenza, apodittica ed apparente risolvendosi nel mero richiamo al testo della norma senza alcun riferimento al caso concreto. Ritenuto in diritto Il ricorso è fondato e merita accoglimento nella misura in cui il decreto di sequestro risulta del tutto privo di motivazione quanto all'effettiva sussistenza dei presupposti necessari per l'adozione della misura in questione. A ben vedere, infatti, nel provvedimento impugnato, quanto al fumus delicti, il giudice si limita a richiamare la capillare indagine di natura fiscale in corso nei confronti di alcune società dalla quale sarebbero emerse condotte finalizzate alla violazione delle norme in materia di redditi ed IVA di cui al DLvo 74/2000 con grave danno per l'erario . Siffatte condotte, peraltro, non vengono neppure descritte poiché il GIP rinvia all'istanza del PM ed all'informativa della GdF. Analoga carenza emerge anche in punto di periculum in mora nella misura in cui il GIP giustifica la necessità di imporre il sequestro preventivo sui beni degli indagati facendo un generico richiamo al testo dell'articolo 322 c.p.p. ma senza indicare specifici elementi atti a dimostrare in concreto la sussistenza di tale periculum. In conclusione il provvedimento impugnato presenta una motivazione soltanto apparente pertanto occorre annullarlo senza rinvio con conseguente restituzione di quanto in sequestro all'avente diritto. P.Q.M. Annulla senza rinvio il decreto impugnato e dispone la restituzione di quanto in sequestro in favore dell'avente diritto. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all'articolo 626 c.p.p