In virtù del principio della natura personale della responsabilità amministrativa, autore di un illecito amministrativo può essere soltanto la persona fisica che ha commesso il fatto, e non un’entità astratta, come la società.
Così la Corte di Cassazione con ordinanza numero 20517/18 depositata il 3 agosto. Il caso. La Corte d’Appello dell’Aquila rigettava il ricorso proposto dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli contro la sentenza del Giudice di merito che accoglieva l’opposizione del legale rappresentante della società all’ingiunzione con la quale gli era stata irrogata la sanzione amministrativa di €9000.00, oltre che la confisca degli apparecchi sequestrati sui quali erano stati installati videogiochi ritenuti non in regola con l’articolo 110, comma 9, r.d. numero 773/1931. Secondo la Corte territoriale, infatti, la sanzione amministrativa non doveva essere applicata personalmente al legale rappresentate della società ma solo a quest’ultima. Contro tale decisione, l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli ricorre in Cassazione. La natura personale della responsabilità amministrativa. Ritenendo il ricorso fondato e meritevole di accoglimento, gli Ermellini ribadiscono il principio generale della natura personale della responsabilità amministrativa sancito dall’articolo 6 l. numero 689/1981, il quale prevede che «autore dell’illecito amministrativo può essere soltanto la persona fisica che ha commesso il fatto, e non anche un’entità astratta», come la società. Tale assunto, a parere della Corte, non può ritenersi derogato dall’articolo 110, comma 9, lett. e r.d. numero 773/1931, come modificato l’articolo 10, comma 9-quinques, d.l. numero 16/2012 convertito nella l. numero 144/2012, in quanto norma che disciplina una specifica ipotesi di recidiva, priva di portata generale e non applicabile alla fattispecie dedotta in giudizio. Per tali motivi, i Giudici di legittimità cassano la sentenza impugnata e rinviano alla Corte d’Appello in diversa composizione.
Corte di Cassazione, sez. I Civile, ordinanza 9 maggio – 3 agosto 2018, numero 20517 Presidente Campanile – Relatore Cirese Fatti di causa Con sentenza numero 460/2013 il Tribunale di Pescara, in accoglimento dell’opposizione proposta da D.D. , annullava l’ordinanza ingiunzione numero 1077 del 14.11.2012 con cui era stata irrogata la sanzione amministrativa di Euro 9000,00 con confisca degli apparecchi sequestrati per avere installato videogiochi non in regola con la normativa vigente in violazione dell’articolo 110, comma 9, TUILPS. Affermava detto giudice che erroneamente l’ordinanza era stata emessa non già nei confronti della General Games s.r.l., proprietaria degli apparecchi, bensì nei confronti del D. precisandosi solo in motivazione che lo stesso era legale rappresentante della società. Interposto appello avverso detta pronuncia da parte dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, la Corte d’Appello dell’Aquila con sentenza numero 325 dell’1.4.2014 rigettava l’appello confermando che la sanzione amministrativa doveva essere applicata alla società e non personalmente al suo legale rappresentante. Avverso detta pronuncia l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli proponeva ricorso per cassazione articolato in un motivo. Parte intimata non si costituiva. Ragioni della decisione Con l’unico motivo di ricorso parte ricorrente deduce la violazione dell’articolo 6 della l. numero 689 del 1981 e la contestuale falsa applicazione dell’articolo 110, comma 9, lett. e del r.d. numero 773 del 1931 in relazione all’articolo 360 numero 3 c.p.c. per avere la Corte territoriale, pur riconoscendo la vigenza nel nostro ordinamento del principio personalistico della responsabilità da illecito amministrativo, applicato l’articolo 110 comma 9 lett. e TULPS a fattispecie in esso non sussumibile. La doglianza è fondata. L’impianto motivatorio della sentenza impugnata si fonda su una lettura coordinata dell’articolo 6 della I. numero 689 del 1981, che sancisce il principio della natura personale della responsabilità amministrativa, con l’articolo 110, comma 9 lett. e che, essendo successivo all’articolo 6 ed avendo carattere speciale, nell’assunto della Corte di merito dovrebbe ritenersi prevalente e quindi applicabile alla fattispecie dedotta in giudizio. Secondo tale ricostruzione l’ordinanza ingiunzione emessa dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli-Ufficio Regionale dell’Abruzzo, delle Marche e del Molise - Sezione distaccata di Pescara avente ad oggetto il pagamento della sanzione amministrativa pecuniaria di Euro 9000,00 irrogata in conseguenza della violazione dell’articolo 110, comma 6, R.D. numero 773/1931 doveva essere applicata alla General Games s.r.l. e non già personalmente al suo legale rappresentante, D.D. . Ciò premesso, l’interpretazione fornita dalla Corte territoriale non può essere condivisa. Ed invero Nel sistema introdotto dalla legge 24 novembre 1981, numero 689, fondato sulla natura personale della responsabilità, autore dell’illecito amministrativo può essere soltanto la persona fisica che ha commesso il fatto, e non anche un’entità astratta, come società o enti in genere, la cui responsabilità solidale per gl’illeciti commessi dai loro legali rappresentanti o dipendenti è prevista esclusivamente in funzione di garanzia del pagamento della somma dovuta dall’autore della violazione, rispondendo anche alla finalità di sollecitare la vigilanza delle persone e degli enti chiamati a rispondere del fatto altrui. Il criterio d’imputazione di tale responsabilità è chiaramente individuato dall’articolo 6 della legge numero 689 cit., il quale, richiedendo che l’illecito sia stato commesso dalla persona fisica nell’esercizio delle proprie funzioni o incombenze, stabilisce un criterio di collegamento che costituisce al tempo stesso il presupposto ed il limite della responsabilità dell’ente, nel senso che a tal fine si esige soltanto che la persona fisica si trovi con l’ente nel rapporto indicato, e non anche che essa abbia operato nell’interesse dell’ente vedi Cass. Sez. 2, numero 3879/2012 . Posto tale principio generale, che informa il sistema della responsabilità amministrativa, non può ritenersi che lo stesso sia derogato dall’articolo 110 comma 9, lett. e TULPS, come modificato dall’articolo 10 comma 9 quinquies del d.l. 2 marzo 2012 numero 16 convertito nella L 26.4.2012 numero 144 che testualmente prevede che Se la violazione è commessa dal rappresentante o dal dipendente di una persona giuridica o di un ente privo di personalità giuridica, la sanzione si applica alla persona giuridica o all’ente atteso che tale norma, alla luce del dato letterale e della collocazione sistematica, ben lungi dall’avere una portata generale, disciplina invece una specifica ipotesi di recidiva prevedendo una sanzione di tipo interdittivo che non può che avere come destinatario la persona giuridica. Deve, pertanto, ritenersi che tale ultima norma non possa essere applicata alla fattispecie dedotta in giudizio. Ne consegue che la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla Corte d’appello dell’Aquila in diversa composizione per un nuovo esame dell’appello demandando altresì al giudice di rinvio la regolamentazione delle spese del giudizio. P.Q.M. In accoglimento del ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’Appello dell’Aquila, in diversa composizione, anche per la regolamentazione delle spese del giudizio.