Se le Amministrazioni non hanno provveduto allo sgombero né autonomamente, né dando esecuzione al decreto di sequestro emesso tempestivamente dall’Autorità giudiziaria, la violazione dei diritti di proprietà e di iniziativa economica del privato proprietario devono essere risarciti.
Sul punto la sentenza del Tribunale di Roma numero 13719/18 depositata il 4 luglio. Il caso. Una società edilizia acquista un compendio immobiliare in Roma nell’ambito di un programma di riqualificazione elaborato da Roma capitale. Pur essendo riuscita a completare l’iter amministrativo per avviare il progetto di recupero e valorizzazione dell’area, la Società si trova impossibilitata ad iniziare i lavori a causa dell’occupazione abusiva dell’immobile, prima nel 2006, poi ancora dal 2009. Agisce dunque in giudizio per ottenere il risarcimento dei danni subiti, sia come imprenditrice, sia come proprietaria, a causa della completa perdita del possesso derivante dall’occupazione abusiva. Si costituiscono in giudizio la Presidenza del Consiglio dei Ministri, il Ministero dell’Interno e Roma Capitale, sollevando quest’ultima però il difetto di legittimazione passiva. Lesi diritti soggettivi. Il Tribunale di Roma considera la richiesta fondata nell’an e provata nel quantum, ritenendo che i diritti dei privati siano diritti soggettivi nei confronti dello stato, al quale viene imputata la mancata prevenzione dell’occupazione e la mancata esecuzione del provvedimento di sgombero. Alla società proprietaria non può essere contestato di non aver recintato la zona né predisposto un sistema di vigilanza, né di non aver esperito le normali azioni a tutela del possesso e della proprietà poiché nella fattispecie concreta la Società privata lesa era impossibilitata ad individuare gli autori dell’occupazione abusiva. Uso della forza. L’unico modo per tutelare il proprio diritto, continua il Giudice di merito, è ricorrere all’uso della forza, il cui monopolio è demandato all’intervento esclusivo degli Organi di Pubblica Sicurezza, nei casi previsti dalla legge. Nel caso concreto avrebbe risposto alla duplice esigenza di garantire da un lato il godimento dell’immobile da parte del proprietario, e dall’altro assicurare il generale interesse dei consociati ad una convivenza ordinata e pacifica, poiché «la tutela della proprietà de dell’iniziativa economica privata non è alternativa alla tutela dell’ordine pubblico e della sicurezza pubblica ma ne costituisce una delle manifestazioni più significative unitamente alla tutela della sicurezza e della libertà delle persone». Pericolo di zone franche. Il Tribunale ricorda che se è vero che gli sgomberi possono determinare immediati problemi di ordine pubblico, è altrettanto indubbio che la tolleranza delle occupazioni abusive costituisca fonte di pericoli meno evidenti ma sicuramente più gravi nel lungo periodo. Violazione dei diritti di proprietà e iniziativa economica. Il fatto che le Amministrazioni non abbiano provveduto allo sgombero né autonomamente, né dando esecuzione al decreto di sequestro emesso tempestivamente dall’Autorità giudiziaria ha determinato una violazione dei diritti di proprietà e di iniziativa economica della Società proprietaria, diritti tutelati sia a livello nazionale che europeo, comportando notevoli pregiudizi patrimoniali che devono essere risarciti in misura commisurata da un lato al valore locatizio del bene per l’impossibilità oggettiva di disporne, dall’altro al profitto non conseguito per l’impossibilità di concludere positivamente l’investimento programmato. Condanna al risarcimento. Il CTU determina il danno da liquidare complessivamente in € 27.914.635,84, che in solido tra loro lo Stato italiano e il Ministero dell’interno dovranno risarcire alla Società attrice. Fonte ridare.it
Tribunale di Roma, sez. II Civile, sentenza 3 luglio – 4 luglio 2018, numero 13719 Presidente Sacco Fatto e diritto La Ca.Sa. srl, premesso di avere acquistato, nell'ambito del programma comunale di riqualificazione delle periferie cittadine, il compendio immobiliare sito in omissis e meglio descritto in citazione, ha agito per essere risarcita di tutti i danni subiti, quale proprietaria e quale imprenditrice immobiliare, in conseguenza della completa perdita del possesso determinata dall'abusiva occupazione cui da alcuni anni è assoggettato il cespite in causa. La Società attrice ha riferito di aver acquistato il 27 novembre 2003, a ministero del Notaio Fr. Bi. di Roma, il complesso edilizio di circa mq 19.000, coperti e scoperti, con ingressi da Via omissis e di avere immediatamente iniziato le attività propedeutiche bonifica ambientale, manutenzione, vigilanza, studi di fattibilità, progettazioni, attivazione delle procedure amministrative edilizie-urbanistiche alla valorizzazione del cespite. Di essere stato il bene una prima volta occupato nel corso dell'anno 2006 ma di essere stato pochi mesi dopo liberato dagli stessi occupanti, il tutto come documentato dalla denunzia querela del 28 settembre 2006 e dalla successiva comunicazione dell'11 ottobre 2006 allegati 7 e 8 del fascicolo attoreo indirizzata al competente Ufficio della Polizia di Stato. Di essere stato, il bene, nuovamente occupato il 27 marzo 2009 allegato 10 del fascicolo attoreo e, malgrado le innumerevoli iniziative tempestivamente assunte o promosse dalla proprietà a tutela del proprio diritto, di essere tuttora nella piena e completa disponibilità di terze persone, abusive occupanti. Il tutto come pure direttamente constatato dal ctu architetto Lu. Iz. nel corso dell'accesso in loco e dallo stesso rappresentato nella relazione peritale rassegnata a conclusione della propria indagine. Di essere, comunque, riuscita a completare l'iter amministrativo per l'avvio del progetto imprenditoriale di recupero e valorizzazione dell'area in causa ma di non avere potuto dare inizio ai lavori in ragione dell'indisponibilità del compendio immobiliare, proseguendone l'abusiva occupazione. Lo Stato Italiano ovvero la Presidenza del Consiglio dei Ministri e il Ministero dell'Interno si sono costituiti in giudizio, non formulando in tale sede alcuna eccezione di carenza della giurisdizione ordinaria ma, comunque, contestando e interloquendo sulle diverse questioni giuridiche e fattuali poste dalla domanda attorea e concludendo per l'integrale rigetto della stessa. Roma Capitale si è costituita in giudizio, non formulando in tale sede alcuna eccezione di carenza della giurisdizione ordinaria ma, comunque, eccependo la propria carenza di passiva legittimazione, nel merito contestando la fondatezza della domanda attorea e concludendo per l'integrale rigetto della stessa. La Regione Lazio non si è, invece, costituita in giudizio rimanendo contumace. Esaurita la fase istruttoria nel corso dell'udienza del 30 maggio 2017 sono state precisate le conclusioni e sono stati concessi i termini previsti nell'articolo 190 c.p.c La domanda attorea è risultata pienamente fondata nell'an e ampiamente provata nel quantum e deve essere accolta nei termini e nei limiti che seguono. Invero i fatti, nella loro materiale storicità, risultano del tutto pacifici e incontestati e, comunque, risultano tutti puntualmente dimostrati dalla copiosa e pertinente produzione documentale versata in atti. Preliminarmente deve essere dato conto dell'infondatezza dell'eccezione di carenza della giurisdizione ordinaria per appartenere la controversia alla cognizione del TAR Lazio - Roma eccezione formulata dalla Difesa erariale non in sede di costituzione ma, significativamente, in sede di memoria conclusionale. L'attrice Ca.Sa. srl non ha impugnato atti o provvedimenti amministrativi e non ha direttamente e autonomamente censurato condotte amministrative in quanto tali ma ha agito a tutela dei propri diritti soggettivi di proprietà e di iniziativa economica privata , diritti riconosciuti e garantiti, sostanzialmente negli stessi termini, tanto nell'ordinamento costituzionale interno articoli 41 e 42 della Carta fondamentale quanto nell'ordinamento sovranazionale Europeo combinato disposto dell'articolo 6 del TUE e degli articoli 16 el7 della Carta di Nizza . In particolare, la Società attrice non ha censurato la legittimità di singoli profili dell'azione amministrativa ma ha lamentato l'illegittimità della situazione, di assoluta carenza di tutela delle proprie posizioni soggettive, determinata dalla sostanziale inerzia dell'Autorità Pubblica. E incontestabile che la cognizione sulle controversie in tema di diritto soggettivo appartenga, in via generale, alla giurisdizione ordinaria e, soltanto, eccezionalmente possa essere attribuita alla giurisdizione amministrativa. Vero è che la cognizione piena comprensiva dei profili di diritto soggettivo può essere attribuita, con legge ordinaria, anche alla giurisdizione amministrativa ma ciò è possibile soltanto nelle limitate materie, comunque, implicanti un rilevante margine di intervento dell'Autorità Pubblica. Tanto sulla base dei noti, autorevolissimi e, ormai, consolidati arresti interpretativi espressi dalla Corte Costituzionale con la nota sentenza 204 del 2004. In tema di proprietà e di impresa l'agire autoritativo pubblico è limitato all'imposizione dei vincoli di carattere generale articoli 41, commi 2 e 3, e 42, commi 2 e 3, della Costituzione e, comunque, dei vincoli strettamente connessi alla sicurezza pubblica e non può certamente determinare, ai sensi dell'articolo 103, comma 1, della Costituzione l'attribuzione delle controversie nelle dette materie alla cognizione esclusiva della giurisdizione amministrativa. Diversamente opinando il riparto fra le giurisdizioni, ordinaria e amministrativa, risulterebbe compiuto in ragione della natura giuridica pubblica di uno dei soggetti del rapporto o per blocchi di materie , criteri pacificamente estranei al Nostro attuale ordinamento giuridico. Ugualmente non può determinare la devoluzione della controversia in esame alla giurisdizione amministrativa la circostanza che la domanda risarcitoria svolta sia relativa al verificarsi di danni asseritamente riconducibili all'agire materiale della Pubblica Amministrazione. Vero è che alla giurisdizione amministrativa appartengono le controversie risarcitone conseguenti l'annullamento di atti e provvedimenti adottati dai soggetti pubblici ma tale attribuzione non va intesa quale riconoscimento della titolarità di una nuova ed esclusiva materia contenziosa ma quale mera estensione degli strumenti di tutela posti a disposizione della giurisdizione stessa. Ciò significa che ove il giudice amministrativo annulli un atto o un provvedimento provvedere anche a definire il relativo profilo risarcitorio evitando che l'interessato sia costretto a intraprendere sopportandone alea e costi un nuovo e autonomo giudizio innanzi il giudice ordinario. Al contrario la generale tutela del diritto soggettivo comprensiva dell'accessorio profilo risarcitorio non può che appartenere alla cognizione del giudice ordinario. Nella specie si controverte della lesione della proprietà e della libertà di impresa, o più precisamente della lesione, determinata dalla mancata effettiva tutela, della proprietà e della libertà di impresa, ovvero di situazioni giuridiche di diritto soggettivo riconosciute e garantite, al massimo grado, tanto nell'ordinamento nazionale quanto nell'ordinamento dell'Unione Europea. I termini della questione non risultano mutati neppure dalle disposizioni contenute nell'articolo 11 del decreto legge 14 del 2017, convertito nella legge 48 del 2017. In disparte ogni considerazione e valutazione sulla compatibilità delle richiamate disposizioni con l'ordinamento costituzionale nazionale e con l'ordinamento sovranazionale Europeo, risulta dirimente la circostanza che la questione dell'occupazione e dello sgombero del compendio immobiliare in causa non è stata affrontata nei termini prescritti nel comma 1 del richiamatoli del decreto legge 14 del 2017, convertito nella legge 48 del 2017. Conclusivamente, in relazione alla controversia in esame, deve essere affermata e confermata la sussistenza della giurisdizione ordinaria. Ancora in via preliminare deve essere rilevata e dichiarata l'insussistenza della passiva legittimazione tanto della Regione Lazio quanto di Roma Capitale. Invero, ferme restando le specifiche attribuzioni riconosciute agli Enti locali in tema di edilizia residenziale pubblica e in tema di contrasto delle emergenze abitative e del disagio sociale in genere, nella vicenda in esame si lamentano specificamente la carente attività di prevenzione e l'altrettanto carente attività di repressione delle occupazioni abusive di immobili. Vero è che la riduzione dell'area della marginalità e che la riduzione del disagio sociale dovrebbero tendenzialmente incidere sul fenomeno delle occupazioni abusive ma è altrettanto vero che nella specie si verte in tema di lesioni del diritto di proprietà e del diritto di impresa determinate dalla carente attività di prevenzione e dalla carente attività di repressione del fenomeno stesso e non in tema di qualità delle politiche abitative e assistenziali. Tanto è sufficiente a escludere la sussistenza della passiva legittimazione degli Enti locali vocati in giudizio che, pur titolari di specifiche attribuzioni relative alla questione casa , non possono, neppure in astratto, essere posti in diretto rapporto causale con l'illecito lamentato dalla Società attrice. Il complessivo agire politico amministrativo degli Enti Locali certamente esercita una qualche influenza sul generale svolgersi degli eventi in esame ma il tutto non nel diretto rapporto di causa-effetto che risulta l'unico giuridicamente rilevante. Conseguentemente deve ritenersi sussistente la legittimazione passiva esclusivamente dello Stato Italiano, in persona del Presidente del Consiglio dei Ministri, e del Ministero dell'Interno. Invero, quanto alla responsabilità dello Stato, in persona del Presidente del Consiglio dei Ministri, deve essere rilevato che la Società attrice lamentando la violazione della proprietà e della libertà di impresa ha lamentato la violazione di situazioni soggettive tutelate anche dall'Ordinamento Europeo. Violazione costituita non come di regola si riscontra dal mancato adeguamento dell'ordinamento interno all'ordinamento sovranazionale o dalla mancata previsione di idonei strumenti giuridici di tutela ma dall'omissione del concreto apprestamento dell'effettiva e adeguata tutela non risultando utilizzato, o attuato, alcuno dei rimedi pur previsti nell'apparato normativo. Mancata tutela, peraltro, riferibile a figure istituzionali di vertice Prefetto, Comitato Provinciale per l'Ordine e la Sicurezza Pubblica nell'organizzazione amministrativa dello stato. Il riconoscimento di una situazione giuridica favorevole, da parte dell'ordinamento dell'Unione Europea, implica per gli stati nazionali l'obbligo di tutelare effettivamente la situazione giuridica stessa e la violazione di tale obbligo non può rimanere senza conseguenze. Quanto, invece, alla posizione del Ministero dell'Interno deve essere rilevato che la sua passiva legittimazione e la sua conseguente responsabilità come di seguito puntualmente articolato trovano fondamento nella sua natura di Ministero di Polizia , intendendo il termine polizia nella sua accezione più nobile. Invero il Ministero dell'Interno in ragione di specifiche previsioni legislative è deputato a garantire le condizioni minime della civile convivenza ovvero principalmente a garantire la sicurezza e la libertà delle persone fisiche e giuridiche e l'integrità dei beni, siano essi pubblici o privati. Sul punto risultano rappresentativi e significativi i richiami all'articolo 14 del D.Lgs. 300 del 1999, all'articolo 1, commi 1 e 2, della Legge 121 del 1981 e agli articoli 1 e 2 del TULPS. Tali disposizioni confermano tutte l'attribuzione al Ministero dell'Interno delle funzioni strumentali e funzionali alla tutela dell'ordine pubblico e della sicurezza pubblica, concetti rispettivamente definiti nell'articolo 159, comma 2, del D.Lgs. 112 del 1998 come il complesso dei beni giuridici fondamentali e degli interessi pubblici primari sui quali si regge l'ordinata e civile convivenza della comunità nazionale , e come sicurezza delle istituzioni, dei cittadini e dei loro beni . Definito l'ambito del contraddittorio è opportuno l'esame della complessiva condotta pre-processuale della Società attrice e ciò al fine accertare l'eventuale sussistenza dei presupposti per l'applicazione dell'articolo 1227 del codice civile. La Ca.Sa. srl, acquisito il compendio immobiliare in causa per farne oggetto di un articolato e impegnativo progetto di investimento il tutto nell'ambito di un programma elaborato da Roma Capitale , ne ha iniziato la pulizia, la bonifica e la sistemazione dopo una prima occupazione abusiva risoltasi spontaneamente. Successivamente nel corso dell'anno 2009 l'immobile è stato nuovamente occupato ma, nonostante, l'immediata denunzia al competente Ufficio della Polizia di Stato e il tempestivo sequestro disposto dall'Autorità Giudiziaria la legittima proprietaria non ne è ancora tornata in possesso. L'attrice ha agito nei limiti del proprio diritto e ha posto in essere tutte le condotte e le azioni ragionevolmente utili per riottenere lecitamente la disponibilità del bene. Considerata la natura oggettivamente pluri-offensiva della condotta costituita dall'arbitraria invasione e occupazione di immobili di proprietà altrui, la fattispecie non soltanto integra un illecito civile cui, se del caso, porre rimedio con azione di reintegra possessoria o di rilascio ma integra, altresì, l'illecito penale previsto quale delitto nell'articolo 633 del codice penale. Il delitto in parola, ordinariamente procedibile a querela di parte, ove risulti commesso da più di dieci persone diviene procedibile d'ufficio, stante il particolare allarme sociale determinato dall'azione criminosa collettivamente posta in essere. La Ca.Sa. srl non ha protetto il compendio immobiliare con un massivo servizio di guardiania poiché a fronte di occupazioni compiute da decine di persone tale cautela risulta sostanzialmente inutile anche a volere ipotizzare una vigilanza continua eseguita nell'arco delle ventiquattro ore da numerose guardie particolari giurate. Orbene, in disparte ogni considerazione sui costi di un simile servizio di vigilanza, appare difficilmente immaginabile che le guardie private possano effettivamente agire per respingere con la forza e meno che mai con l'utilizzazione delle armi in dotazione autorizzata l'eventuale tentativo di occupazione. Ferma la possibilità, più teorica che pratica, per la parte proprietaria di adire il giudice civile deve essere considerata, in ogni caso, l'oggettiva difficoltà di individuare, nelle ipotesi di azioni di massa quali le invasioni e le occupazioni, tutti gli autori delle condotte illecite. In ragione di quanto precede non sono state esperite le classiche azioni a tutela del possesso e della proprietà poiché nella fattispecie risultano sostanzialmente impossibili da promuovere in ragione della difficoltà, se non dell'impossibilità, per il privato leso di individuare gli autori dell'occupazione abusiva nei confronti dei quali integrare il contraddittorio. Le occupazioni in parola sono compiute da decine di persone che nel corso del tempo si avvicendano e il proprietario può avere conoscenza e non sempre tempestivamente dei responsabili dell'illecito soltanto all'esito del procedere dell'eventuale azione penale. Significativamente i due autori della prima occupazione abusiva compiuta nel corso dell'anno 2006 risultano essere stati identificati dalla Polizia di Stato e l'occupazione stessa si è risolta bonariamente con lo spontaneo rilascio dell'immobile allegato 8 del fascicolo attoreo . Al contrario gli autori della seconda occupazione posta in essere nel corso dell'anno 2009, con le modalità ormai tipiche del fenomeno, sono stati presumibilmente identificati o più esattamente sono stati identificati come autori dell'occupazione i soggetti presenti all'atto dei controlli o dei rilievi e, comunque, non risultano, in atti, identificati gli occupanti attuali. Tanto coerentemente con le rappresentate modalità esecutive della tipologia di occupazioni in discussione e subordinatamente al procedere delle indagini penali. Peraltro, anche ammessa la possibilità di instaurare il contraddittorio con gli occupanti in sede civile e ottenere una sentenza o un'ordinanza di rilascio o di reintegra nel possesso, i termini del problema non mutano. L'ordine di sgombero di un compendio immobiliare può essere contenuto tanto in un provvedimento amministrativo quanto in un provvedimento giurisdizionale civile, penale, amministrativo ma la sua esecuzione coattiva, nell'ipotesi di mancata spontanea ottemperanza, richiede in ogni caso e inevitabilmente un adeguato impiego della Forza Pubblica. La tutela cautelare penale sequestro preventivo può in talune situazioni risultare più efficace e tempestiva rispetto alla tutela cautelare civile e tanto sembra essersi verificato nella vicenda in esame. La Società attrice non ha agito innanzi il Giudice civile e non ha agito innanzi il Giudice amministrativo avendo già conseguito l'ordine di rilascio del bene con l'emissione, in data 14 luglio 2009, del decreto di sequestro preventivo da parte del Giudice per le Indagini Preliminari di Roma. Considerato che una prima denunzia-querela è stata proposta lo stesso giorno in cui l'immobile è stato occupato, che la Ca.Sa. srl già il 19 maggio 2009 ha sollecitato l'emissione del decreto di sequestro poi emesso il 14 luglio 2009 appare evidente che la condotta pre-processuale attorea non possa essere censurata ai sensi dell'articolo 1227 del codice civile. A ciò va aggiunto che la Società attrice, contestualmente alla proposizione della prima denunzia-querela, ha chiesto l'immediato sgombero del compendio immobiliare, con ciò sollecitando implicitamente anche l'emissione di un provvedimento contingibile d'urgenza ai sensi dell'articolo 2 del TULPS opportunamente configurato. La Ca.Sa srl, pur evidenziando la mancata emissione del provvedimento contingibile d'urgenza previsto nell'articolo 2 del TULPS, non ha tanto lamentato il mancato rilascio di un titolo esecutivo che contenesse l'ordine di sgombero quanto piuttosto la mancata esecuzione del titolo costituito dal sequestro penale. La Ca.Sa. srl ha lamentato la lesione, anche ad opera delle parti convenute, dei diritti fondamentali e costituzionalmente garantiti della proprietà e della iniziativa economica, incomprimibili nonostante la situazione abitativa emergenziale e le connesse problematiche di ordine pubblico. Vero è che i diritti soggettivi attorei sono stati immediatamente lesi dagli autori dell'occupazione abusiva ma è altrettanto vero che la mancata prevenzione dell'occupazione e la sua mancata repressione sgombero assumono una valenza pregiudizievole ugualmente diretta. Orbene il delitto ipotizzabile nella vicenda in esame, previsto nell'articolo 633 del codice penale, continua a produrre gli effetti lesivi civile e penale sino a che l'occupazione permane e tanto significa che parallelamente permane il dovere dell'intervento repressivo e ripristinatorio da parte dell'Autorità Pubblica. Ciò conferma la sussistenza della condotta omissiva delle Autorità Pubbliche convenute che non soltanto, in sede amministrativa, non hanno provveduto a disporre autonomamente il provvedimento di sgombero e a eseguirlo ma neppure hanno provveduto a eseguire il richiamato decreto di sequestro preventivo e ciò malgrado il favorevole parere espresso dal Comitato Provinciale per l'Ordine e la Sicurezza Pubblica alla liberazione forzosa di altri immobili parimenti abusivamente occupati in particolare il compendio immobiliare contiguo alla proprietà attorea appartenente alla Valentino Immobiliare srl . Se il privato, non potendo farsi ragione da sé, per tutelare il proprio diritto deve necessariamente ricorrere all'intermediazione dell'Autorità Pubblica giurisdizionale o amministrativa per contro l'Autorità stessa è tenuta a concedere al privato la più adeguata tutela ove ne ricorrano i presupposti. La liberazione forzosa di un compendio immobiliare occupato, a fronte delle modalità esecutive che incidono pesantemente sulla libertà delle persone coinvolte gli occupanti non può prescindere dalla mediazione dell'intervento dell'Autorità Pubblica e ciò a garanzia delle libertà di tutti i consociati. Il monopolio dell'uso della forza, che lo Stato di diritto riserva a sé stesso, implica da un lato che il privato debba obbligatoriamente richiedere l'intervento dell'Autorità e dall'altro che l'Autorità, ove ne ricorrano i presupposti e sia legittimamente richiesta, sia obbligata a concedere la tutela. In concreto l'utilizzazione della forza pubblica è riservata agli organi della Pubblica Sicurezza, ma soltanto nei casi previsti dalla legge e soprattutto nel pieno rispetto delle specifiche procedure. A fronte della commissione di un illecito di rilevanza penale, come nella vicenda in esame, le esigenze di tutela della pubblica sicurezza possono essere certamente garantite anche dalla Polizia giudiziaria che, ai sensi dell'articolo 55 c.p.p., impedisce che i reati vengano portati a conseguenze ulteriori e può nei casi di particolare urgenza e per i delitti di maggior gravità, provvedere anche all'arresto o al fermo dell'autore del reato fermo e arresto in flagranza, peraltro, non consentiti per il delitto previsto e punito dall'articolo 633 c.p.c. Significativamente, già, il 22 dicembre 2009 la Procura della Repubblica costituita presso il Tribunale Ordinario di Roma ha richiesto al Commissariato della Polizia di Stato di zona, in quanto Ufficio di Polizia giudiziaria delegato, di essere aggiornata sullo stato dell'esecuzione del più volte richiamato decreto di sequestro preventivo allegato 37 i del fascicolo attoreo . Nulla risulta essere stato fatto da quel momento, nonostante l'esistenza di un provvedimento giudiziario vincolante emesso a tutela anche della specifica posizione soggettiva della Ca.Sa. srl, in quanto riconosciuta persona offesa dal reato di invasione arbitraria di edificio. E certamente tutelabile giuridicamente la pretesa del soggetto, proprietario dell'immobile occupato abusivamente, di non essere ulteriormente danneggiato dal permanere degli effetti del reato, soprattutto ove tale pretesa sia stata positivamente valutata al punto da determinare l'emanazione del decreto di sequestro preventivo da parte del giudice per le indagini preliminari il tutto per evitare che i rei, continuando nella fattuale disponibilità dell'immobile stesso, possano aggravare o, comunque, protrarre le conseguenze pregiudizievoli o pericolose della loro condotta illecita. Le forze di polizia delegate all'esecuzione del sequestro rimangono quindi vincolate nel loro agire a tutela dell'ordine pubblico, della pubblica sicurezza e del generale rispetto delle leggi ad intervenire anche nell'interesse del singolo. Nella vicenda in esame l'Autorità Giudiziaria penale ha posto in essere quanto dovuto iniziando il procedimento e disponendo, tempestivamente, il sequestro preventivo del compendio immobiliare. Al contrario l'Autorità Amministrativa, non soltanto, non si è avvalsa dei poteri, che pure le sono attribuiti, per disporre lo sgombero dell'immobile ma neppure ha dato esecuzione, in quanto organo delegato di Polizia Giudiziaria, al più volte richiamato decreto di sequestro preventivo. Nel corso del giudizio è intervenuto, nella materia in esame, l'articolo 11 del decreto legge 14 del 2017, convertito nella legge 48 del 2017, in vigore dal 21 febbraio 2017, che recita Il prefetto, nella determinazione delle modalità esecutive di provvedimenti dell'Autorità Giudiziaria concernenti occupazioni arbitrarie di immobili, nell'esercizio delle funzioni di cui all'articolo 13 della legge 1. aprile 1981, numero 121, impartisce, sentito il comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica, disposizioni per prevenire, in relazione al numero degli immobili da sgomberare, il pericolo di possibili turbative per l'ordine e la sicurezza pubblica e per assicurare il concorso della Forza pubblica all'esecuzione di provvedimenti dell' Autorità Giudiziaria concernenti i medesimi immobili . La disamina dell'incidenza della norma risulta già svolta in punto di accertamento della giurisdizione sussistente ma è opportuno rimarcare che, a tutto voler concedere, l'attribuzione al Prefetto della facoltà di ingerirsi nelle modalità esecutive di un provvedimento giudiziario deve, comunque, essere esercitata formalmente e nella specie nulla risulta e, in ogni caso, non può risolversi in una completa inerzia degli Uffici delegati per l'esecuzione. Le forze di polizia incaricate dell'esecuzione del sequestro, pur se funzionalmente dipendenti ai sensi dell'articolo 109 della Costituzione dall'Autorità giudiziaria, sono amministrativamente riconducibili al Ministero dell'Interno. Peraltro risulta evidente che la mancata esecuzione del decreto di sequestro in uno con la mancata emissione dell'ordinanza contingibile d'urgenza non costituisca un'iniziativa autonoma del Commissariato della Polizia di Stato di zona delegato ma esprima, attraverso gli alti rappresentanti locali del Ministero dell'Interno Prefetto e Questore , la volontà dell'Autorità di Pubblica Sicurezza. E' indiscutibile che non possa procedersi sic et simpliciter all'esecuzione del provvedimento di sgombero giudiziale o amministrativo di un edificio occupato ma è ugualmente indiscutibile che la necessaria ponderazione delle ricadute sul piano della sicurezza pubblica e dell'ordine pubblico non possa consentire la fattuale caducazione del provvedimento stesso. Meno ancora è possibile giustificare la mancata disposizione dello sgombero in via amministrativa o la mancata esecuzione del sequestro penale invocando i limiti previsti negli articoli 41 e 42 della Costituzione. I limiti in parola esprimono finalità sociali perseguibili esclusivamente con norme primarie di natura generale e non integrano in alcun caso circostanze scriminanti di condotte illecite civilmente o penalmente rilevanti. La previsione costituzionale di limiti ai diritti di proprietà e iniziativa privata significa che la legge può intervenire riducendo le facoltà dei titolari non che l'Autorità possa, o debba, tollerare violazioni dei diritti stessi. Nella vicenda in esame non soltanto l'Autorità di Pubblica Sicurezza non si è avvalsa in via autonoma dell'eccezionale potere previsto dall'articolo 2 del T.U.L.P.S. secondo cui Il Prefetto, nel caso di urgenza o per grave necessità pubblica, ha facoltà di adottare i provvedimenti indispensabili per la tutela dell'ordine pubblico e della sicurezza pubblica. ma neppure ha dato esecuzione all'ordine di sequestro, nella veste funzionale di organo della polizia giudiziaria. L'ordinanza contingibile e urgente è uno speciale provvedimento, ragionevolmente indeterminato nel contenuto e caratterizzato di ampia efficacia derogatoria, che presuppone il verificarsi di situazioni connotate dall'eccezionalità. Tale provvedimento, al fine di perseguire un superiore interesse generale, specificamente definito interesse diffuso o interesse adespota , può incidere in via limitativa anche su situazioni soggettive private. Vero è che l'assenza di un soggetto portatore di una posizione differenziata non consente di rilevare la sussistenza nei confronti dell'amministrazione dello specifico obbligo di emettere il provvedimento contingibile d'urgenza ma è altrettanto vero che l'obbligo sussiste ove emerga un significativo interesse generale. L'occupazione abusiva di un intero compendio immobiliare non lede i soli interessi della parte proprietaria ma lede anche il generale interesse dei consociati alla convivenza ordinata e pacifica e assume un inequivoca valenza eversiva. La tutela della proprietà e dell'iniziativa economica privata non è alternativa alla tutela dell'ordine pubblico e della sicurezza pubblica ma ne costituisce una delle manifestazioni più significative unitamente alla tutela della sicurezza e della libertà delle persone. Peraltro è fatto assolutamente notorio che le occupazioni abusive, in essere, di interi stabili nella sola città di Roma assommano almeno a un centinaio e tale situazione è da sola sufficiente a dimostrare l'inadeguatezza della complessiva azione preventiva e repressiva delle Autorità preposte. L'esecuzione degli sgomberi forzati può certamente determinare immediati, ma evidenti e limitati, turbamenti dell'ordine pubblico, la tolleranza delle occupazioni abusive, al contrario, può determinare situazioni di pericolo meno evidenti ma decisamente più gravi nel medio e nel lungo periodo. Tollerare simili occupazioni abusive può consentire il formarsi di zone franche utili per ogni genere di traffico illecito come dimostrato dal sequestro preventivo e probatorio, eseguito il 27 settembre 2016 presso il compendio immobiliare in causa, e relativo a illeciti penali in tema di raccolta, stoccaggio e smaltimento di rifiuti speciali pagine 36 e 37 della relazione rassegnata dal ctu . Invero è pacifico che la Società attrice sia proprietaria del compendio immobiliare sito in omissis che tale bene sia abusivamente occupato ininterrottamente dall'anno 2009 a tutt'oggi che le Amministrazioni Centrali chiamate in giudizio non hanno provveduto allo sgombero del compendio immobiliare né in via autonoma né dando esecuzione al decreto di sequestro tempestivamente emesso dall'Autorità Giudiziaria che, in conseguenza, i diritti di proprietà e di iniziativa economica della Ca.Sa. srl, riconosciuti tanto nell'ordinamento Europeo quanto nell'ordinamento interno, sono stati violati che la lesione dei diritti attorei ha determinato notevoli pregiudizi patrimoniali. Conclusivamente le Amministrazioni Centrali chiamate in giudizio hanno violato nei termini sopra espressi i diritti riconosciuti alla Ca.Sa. srl dall'ordinamento dell'Unione Europea e dall'ordinamento interno e devono essere condannate a risarcire il danno così causato. Il danno risarcibile in favore della Ca.Sa. srl, quanto al diritto di proprietà, è determinato dall'oggettiva impossibilità di disporre del bene e deve essere commisurato al valore locatizio del bene stesso mentre, quanto al diritto di iniziativa economica, è determinato dall'impossibilità di concludere positivamente l'investimento programmato e deve essere commisurato al profitto non introitato. La Ca.Sa. srl quale proprietaria e quale imprenditrice immobiliare ha diritto al risarcimento commisurato al valore locatizio per il periodo 2009/2013 e al profitto ritraibile dal mancato investimento per il periodo successivo poiché soltanto successivamente al 2013 sarebbero iniziati i lavori definitivi. La Società attrice sin dall'atto di citazione ha quantificato il danno subito in almeno ventisei milioni Euro 26.000.000,00 di Euro e la consulenza tecnica d'Ufficio, rassegnata dall'architetto Lu. Iz., ha ampiamente confermato la fondatezza della domanda sotto il profilo quantitativo. Tanto premesso, ai fini della liquidazione del risarcimento del danno complessivamente spettante alla Ca.Sa. srl, si rileva che gli elementi utili e necessari sono stati tratti dalla documentazione prodotta in atti e, soprattutto, dalla accurata e puntuale indagine svolta dal ctu architetto Lu. Iz Il ctu ha compiuto gli accertamenti demandatigli nel più assoluto rispetto dei canoni scientifici e tecnici di settore. Le conclusioni che ne sono risultate si appalesano esenti da vizi logici ed errori di calcolo, complete esaurienti ed equilibrate si da essere pienamente condivisibili e utilizzabili ai fini della decisione. Le critiche che alcune delle parti costituite hanno espresso in ordine all'operato del ctu riflettono essenzialmente il disappunto per il mancato riconoscimento delle rispettive tesi difensive ma, sotto il profilo tecnico, non manifestano alcuna valenza utile a confutare le conclusioni dallo stesso ctu rassegnate. Il ctu correttamente ha da un lato calcolato i costi complessivi dell'operazione di valorizzazione programmata dalla Ca.Sa. srl e dall'altro ha calcolato il complesso degli importi dei canoni locatizi non potuti riscuotere, dell'importo delle tasse e imposte ritenute rimborsabili e dell'importo del valore di mercato del compendio immobiliare a conclusione dei lavori progettati. La differenza fra i due importi riportata nella tabella di pagina 44 della relazione peritale costituisce il quantum risarcibile. Tali conclusioni possono essere fatte proprie ai fini della decisione con la specificazione che il rimborso fiscale non può essere oggetto di considerazione in questa sede e, pertanto, la somma di Euro 28.362.367,38 riportata nella tabella di pagina 44 della relazione peritale deve essere diminuita di Euro 447.731,54 imposte e tasse per un totale di Euro 27.914.635,84. Significativamente la somma determinata dal ctu risulta sostanzialmente equivalente a quanto determinato dalla Risorse per Roma spa Società in house interamente partecipata da Roma Capitale nella stima eseguita nell'ambito del programma comunale di riqualificazione delle periferie cittadine allegato 70 del fascicolo attoreo . Conclusivamente lo Stato Italiano e il Ministero dell'Interno, fra di loro in solido, devono risarcire all'attrice Ca.Sa. srl il danno complessivamente liquidato in Euro 27.914.635,84 oltre interessi legali codicistici dalla domanda al soddisfo. L'assoluta novità della questione, quantomeno con riferimento alla giurisprudenza di legittimità, consente di disporre l'integrale compensazione di tutte le spese processuali fra tutte le parti costituite. P.Q.M. Il Giudice del Tribunale Ordinario di Roma, Sezione Seconda civile, definitivamente pronunziando sulla causa in epigrafe, ogni contraria istanza, eccezione e deduzione disattese, così provvede a dichiara Roma Capitale e la Regione Lazio carenti di passiva legittimazione b condanna lo Stato Italiano, nella persona del Presidente del Consiglio dei Ministri pro-tempore e il Ministero dell'Interno, fra di loro in solido, a pagare immediatamente in favore dell'attrice Ca.Sa. srl, a titolo di risarcimento del danno, la somma di Euro 27.914.635,84 oltre interessi legali codicistici dalla domanda al soddisfo c dispone l'integrale compensazione di tutte le spese processuali fra tutte le parti costituitesi in giudizio.