Respinte le istanze avanzate da un cittadino nei confronti del Comune. Respinta la richiesta di abbattimento o di arretramento della struttura. Decisiva la collocazione sul marciapiede della piazza, cioè su un’area appartenente al demanio comunale ciò esclude l’applicabilità della normativa sulle distanze minime tra edifici.
Inutili le lamentele in Comune del cittadino che non gradisce la vicinanza – a meno di dieci metri – alla propria abitazione di un chiosco destinato alla vendita di cibi e bevande. Impossibile accogliere la sua richiesta di vederlo demolito. Decisiva, specificano i Giudici, la constatazione che la struttura è collocata su un’area appartenente al demanio comunale ciò significa che va esclusa l’applicabilità della disciplina normativa riguardante le distanze minime tra gli edifici Corte di Cassazione, sez. II Civile, ordinanza numero 7857/21, depositata il 19 marzo . Scenario della vicenda è Ravenna. Lì un cittadino chiede al Comune «la demolizione o l’arretramento di un chiosco per la vendita di bevande ed alimenti» in quanto «nuova costruzione realizzata senza il rispetto dalla distanza inderogabile di dieci metri» fissata dal d. numero 1444/1968. In sostanza, l’uomo protesta perché la struttura è stata realizzata a meno di dieci metri dalla sua abitazione. Questo dato non è però sufficiente, secondo i Giudici di merito. Difatti, prima in Tribunale e poi in Corte d’Appello, viene respinta la richiesta di demolizione del chiosco . Ciò alla luce della inapplicabilità della normativa riguardante le distanze tra edifici. A chiudere il contenzioso provvede la Cassazione, respingendo definitivamente la domanda presentata dall’uomo e liberando quindi il Comune da ogni onere. Decisiva è proprio un’osservazione proposta dai legali dell’ente locale. In particolare, è stato sottolineato che «il chiosco è ubicato sul suolo pubblico comunale e, pertanto, rispetto ad esso non trova applicazione la previsione sulle distanze» che «ha efficacia di legge dello Stato», e poi è stato anche ricordato che «l’articolo 879, comma 2, del Codice Civile dispone che alle costruzioni che si fanno in confine con le piazze e le vie pubbliche non si applicano le norme relative alle distanze, ma debbono osservarsi le leggi ed i regolamenti che le riguardano». A questo quadro va poi aggiunto il principio secondo cui «le norme sulle distanze legali disciplinano i rapporti tra fondi privati contigui e non trovano applicazione quando si tratti di opera costruita su area di proprietà demaniale». Infine, la Cassazione ha anche stabilito, nel lontano 1964, che «l’articolo 873 del Codice Civile, che regola la distanza da osservarsi tra costruzioni su fondi finitimi, non è applicabile alle costruzioni erette su suolo pubblico, in confine con i fondi dei proprietari frontisti, ai quali spetta soltanto l’uso normale delle piazze e delle strade, e l’eventuale limitazione di tale uso non lede un diritto soggettivo del frontista ma può ledere soltanto l’interesse occasionalmente protetto alla conservazione dei vantaggi derivanti da detto uso normale, come la visuale, l’accesso et cetera». A fronte di tale quadro, poiché in questa vicenda è pacifico che «il chiosco è collocato sul marciapiede della piazza e cioè su area appartenente al demanio comunale», va affermata anche in questo caso « l’inapplicabilità della disciplina delle distanze » stabilita dall’articolo 9 del d. numero 1444/1968, concludono i Giudici della Cassazione.
Corte di Cassazione, sez. II Civile, ordinanza 2 ottobre 2020 – 19 marzo 2021, numero 7857 Presidente Di Viriglio – Relatore Casadonte Rilevato che - il presente giudizio trae origine dal ricorso, presentato dal sig. S.C. avverso la sentenza della Corte d’appello di Bologna che aveva rigettato il di lui gravame e confermato la decisione del Tribunale di Ravenna di rigetto della domanda di demolizione e arretramento del chiosco per la vendita di bevande ed alimenti di proprietà del sig. C.G. , in quanto nuova costruzione realizzata senza il rispetto della distanza inderogabile di dieci metri ai sensi del D.M. numero 1444 del 1968, articolo 9, comma 1, punto 2 - il primo giudice ha ritenuto che il chiosco del C. , realizzato sull’area pubblica e posto a più di tre ma meno di dieci metri dall’abitazione dell’attore S. non violasse le distanze, essendo applicabile nella zona A di localizzazione del chiosco, secondo le previsioni del regolamento comunale, l’articolo 873 c.c., con esclusione dell’applicabilità del D.M. numero 1444 del 1968 - con l’appello il sig. S. , ha dedotto che erroneamente il primo giudice ha negato l’applicabilità del D.M. numero 1444 del 1968, articolo 9, punto 2 , visto che il chiosco deve considerarsi nuova costruzione e censura l’applicazione del criterio della prevenzione temporale come operata dal Tribunale, perché tale criterio va riferito al momento della realizzazione degli edifici e non, come affermato nel provvedimento impugnato, al momento dell’acquisto del bene da parte del S. - la Corte d’appello ha rigettato l’impugnazione argomentando che la distanza minima di dieci metri tra pareti finestrate dei fabbricati che i Comuni devono osservare ai sensi del D.M. numero 1444 del 1968, articolo 9, comma 1, non riguarda la zona del centro storico, dove i distacchi possono essere minori e pertanto conclude per l’inapplicabilità della distanza di dieci metri al chiosco in questione - la cassazione di detta sentenza viene chiesta dal sig. S. sulla scorta di ricorso affidato a due motivi cui resiste con controricorso il Comune di Ravenna - entrambe le parti hanno depositato memorie ai sensi dell’articolo 380 bis.1 c.p.c. - non ha svolto attività difensiva l’intimato C.G. . Considerato che - con il primo motivo il ricorrente denuncia, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, numero 3,, la violazione/falsa applicazione del D.M. numero 1444 del 1968, articolo 9, comma 1, punti 1 e 2 , in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, numero 3 - secondo il ricorrente, la Corte d’appello avrebbe violato le disposizioni citate laddove non ha ritenuto che, in presenza di una nuova costruzione in centro storico, così qualificato il chiosco realizzato dal sig. C. , trovi applicazione la distanza di dieci metri prevista dal D.M. numero 1444 del 1968, comma 1, punto numero 2 - con il secondo motivo di ricorso si denuncia violazione e falsa applicazione del D.L. numero 69 del 2013, articolo 30, comma 1, lett. a , in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, numero 3 - ad avviso del ricorrente, la decisione del giudice dell’appello sarebbe viziata perché il giudice avrebbe affermato la derogabilità delle norme del D.M. numero 1444 del 1968, riconoscendo alle Regioni la facoltà di prevedere con proprie leggi disposizioni su quelle da esso dettate -i due motivi possono essere esaminati congiuntamente per l’assorbente considerazione che il ricorso è infondato dovendosi procedere, ai sensi dell’articolo 384 c.p.c., comma 4, in senso correttivo della motivazione in diritto valorizzata dalla corte territoriale per giungere ad un dispositivo conforme a diritto - infatti, come eccepito dal Comune controricorrente sin dal primo atto di costituzione e poi riproposto in appello, il chiosco in oggetto è ubicato sul suolo pubblico comunale e, pertanto, rispetto ad esso non trova applicazione la previsione sulle distanze di cui al D.M. numero 1444 del 1968, articolo 9, comma 1, punto numero 2 - D.M. che emanato su delega della L. numero 1150 del 1942, articolo 41-quienquies c.d. legge urbanistica ha efficacia di legge dello Stato - ciò in quanto l’articolo 879 c.c., comma 2, dispone che alle costruzioni che si fanno in confine con le piazze e le vie pubbliche non si applicano le norme relative alle distanze, ma debbono osservarsi le leggi ed i regolamenti che le riguardano - costituisce altresì principio ormai consolidato, a cui il Collegio intende assicurare continuità, che le norme sulle distanze legali disciplinano i rapporti tra fondi privati contigui e non trovano applicazione quando si tratti di opera costruita su area di proprietà demaniale, atteso che, in tal caso, l’eventuale pregiudizio dei diritti dei proprietari dei fondi contigui deve essere valutato in relazione all’uso normale spettante ai medesimi sul bene pubblico Cass. Sez., 2, numero 1558/1974 Cass. Sez. 2, numero 9913/2017 - a tale conclusione sono pervenute le Sezioni Unite di questa Corte quando hanno affermato che l’articolo 873 c.c., che regola la distanza da osservarsi tra costruzioni su fondi finitimi non è applicabile alle costruzioni erette su suolo pubblico nella specie, chiosco per carburanti , in confine con i fondi dei proprietari frontisti, ai quali spetta soltanto l’uso normale delle piazze e delle strade e l’eventuale limitazione di tale uso non lede un diritto soggettivo del frontista ma può ledere soltanto l’interesse occasionalmente protetto alla conservazione dei vantaggi derivanti da detto uso normale, come la visuale, l’accesso, ecc. Sez. U., Sentenza numero 1638 del 23/06/1964, Rv. 302363 - in applicazione di detto principio è stato, piu recentemente, ritenuto legittimo un piano comunale di localizzazione che, relativamente alle rivendite di giornali edicola poste sulla via pubblica, deroghi, in riduzione, alle prescrizioni del D.M. numero 1444 del 1968, articolo 9, giacché le costruzioni erette su suolo pubblico a confine con i fondi dei proprietari frontisti, sono soggette solo alle disposizioni delle leggi e dei regolamenti che specificamente le riguardano, ex articolo 879 c.c., comma 2, non trovando applicazione la disciplina di cui all’articolo 873 c.c., nè del D.M. numero 1444 del 1968, articolo 9 cfr. Cass. sez. 2, numero 2863/2016 - ciò posto e poiché è pacifico che il chiosco del C. è collocato sul marciapiede della piazza e cioè su area appartenente al demanio comunale, va affermata anche in questo caso l’inapplicabilità della disciplina delle distanze di cui al D.M. numero 1444 del 1968, articolo 9 - la conclusione è assorbente rispetto a quella della derogabilità delle disposizioni del D.M. numero 1444 del 1968, articolo 9, prospettata nel secondo mezzo - conclusivamente, quindi, il ricorso va respinto ed il ricorrente condannato alla rifusione delle spese di lite a favore del controricorrente Comune di Ravenna nella misura liquidata in dispositivo - ai sensi del D.P.R. numero 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis, se dovuto. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso condanna il ricorrente alla rifusione delle spese a favore del controricorrente e liquidate in Euro 5300,00 per compensi ed Euro 200,00 per esborsi, oltre 15% per rimborso spese generali ed accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. numero 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis, se dovuto.