Bracciante agricolo a mo' di operaio muore in un cantiere, la mancanza di legami formali con la società non può cancellare la responsabilità

Annullata la sentenza di assoluzione pronunciata in Appello. Il ruolo dell'amministratore dovrà essere ricostruito al di là delle apparenze, soprattutto considerando l'assoluta mancanza del rispetto della normativa per la sicurezza dei lavoratori.

Nessun legame diretto, almeno dal punto di vista ufficiale, tra la società a responsabilità limitata e il piccolo cantiere che, tirato su senza alcun rispetto per la normativa della sicurezza sul lavoro, ha portato alla morte di un bracciante agricolo impiegato come operaio. Ma questa ‘fotografia’, puramente formale, non può portare all’assoluzione dell’amministratore unico della società – come puntualizza la Cassazione, con sentenza numero 42003/2011, Quarta sezione Penale, depositata ieri –, è necessario, piuttosto, un approfondimento per arrivare alla veridicità dei fatti. Piccolo intervento. Il capannone di pertinenza di un’officina abbisogna di un lavoro sostituire le lastre di copertura, in eternit, con pannelli termoisolanti. Si tratta di un piccolo intervento, che, però, gestito in maniera approssimativa, porta alla tragica morte di un operaio, caduto da un’altezza di 5 metri. Con conseguenze ancora più terribili pensando alle lacrime della moglie e della piccola figlia dell’operaio Il pomo della discordia è l’attribuzione della responsabilità per l’incidente sul lavoro, per l’ennesima ‘morte bianca’. A questo proposito, sia il Tribunale che la Corte d’Appello decidono di assolvere l’amministratore unico della società che, almeno ufficialmente, risultava aver solo fornito i pannelli all’officina. Ma troppi dubbi e troppi punti oscuri restano Verità da ricostruire. Proprio sui punti oscuri batte forte il Procuratore Generale della Repubblica, che – affiancato dalla moglie dell’operaio come parte civile – presenta ricorso in Cassazione. Diversi i nodi ancora da sciogliere, secondo il Procuratore, tutti legati alla ricostruzione del ruolo della società, e, quindi, dell’amministratore. L’elenco è complesso, e finalizzato alla definizione del coinvolgimento dell’amministratore – ora sul banco degli imputati – «nella gestione regia, controllo e direzione della sostituzione della copertura in eternit con la nuova copertura e nella fornitura di due automezzi autogru e autocarro , legname di cantiere, scale e materiale e forza-lavoro». Esemplare, a questo proposito, anche il fatto che la società «non era la venditrice dei pannelli», ceduti invece all’officina «da altra società che li aveva consegnati in cantiere». Tutta la vicenda, secondo il Procuratore e secondo la parte civile , è stata ricostruita in maniera erronea e superficiale. L’identikit della responsabilità. Da un lato, il dato certo è il nesso tra l’evento mortale e la mancata adozione delle necessarie misure a tutela del lavoratore. Dall’altro lato, l’elemento da chiarire è il ruolo dell’amministratore della società rispetto alla mancata applicazione della normativa anti-infortunistica. Secondo la pronuncia d’Appello – che ha confermato quella di primo grado – non era provata «la stipula di un contratto d’appalto» tra l’officina e la società sotto accusa , inoltre «l’amministratore non risultava essere datore di lavoro» dell’operaio morto né «risultava avere assunto di fatto la direzione del cantiere e dei lavori», e, infine, anche «l’eventuale accordo» tra il fratello socio dell’amministratore e il committente dell’appalto dei lavori «per una consegna del nuovo tetto, con la formula ‘chiavi in mano’, non costituiva adeguato fondamento giuridico della responsabilità penale» dell’amministratore, a causa della «sua qualità di amministratore unico, che da sola non comportava la sua responsabilità penale per atti di gestione posti in essere dal socio». Ma questa visione non è assolutamente condivisa dai giudici della Cassazione. Per questi ultimi, difatti, la vicenda racconta una «complessità ed equivocità di intrecci economici e di collaborazioni produttive tra imprenditori, a fronte della accertata presenza in cantiere di mezzi e materiali» della società «e della accertata partecipazione attiva di un socio», a cui si aggiunge la «accertata singolarità del ripetuto utilizzo di un bracciante agricolo in pericolose, e in nessun modo garantite, operazioni edili, a fronte della mancanza di assunzioni formali che giustificassero quell’utilizzo». E questo quadro andava, secondo i giudici, approfondito pienamente, perché «né formule negoziali effettive o simulate né apparenze ‘cartolari’ possono fare velo alla tutela penale della salute». Logica vuole, quindi, che la sentenza di assoluzione venga annullata, e la questione riaffidata alla Corte d’Appello.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 14 luglio – 15 novembre 2011, numero 42003 Presidente Morgigni – Relatore Zecca Ritenuto in fatto La Corte di Appello di Catania, con sua sentenza pronunziata all'udienza del 18/1/2010 ha confermato la sentenza di pronunziata dal Tribunale di Catania, Sezione distaccata di Adrano, che aveva assolto R.E. amministratore unico della Comaed srl., che aveva fornito i pannelli termoisolanti utilizzati per la sostituzione delle lastre di copertura in eternit di un capannone di pertinenza dell'officina Elios Diesel di C.F., sostituzione in occasione della quale il lavoratore B.A. era deceduto a seguito di precipitazione da una altezza di circa cinque metri. Il Procuratore Generale presso la Corte di Appello di Catania ha proposto ricorso per cassazione per ottenere l'annullamento del provvedimento appena sopra menzionato. Il Procuratore generale ricorrente denunzia Erroneità della motivazione che dopo aver disarticolato il compendio probatorio, aveva omesso di considerare che dalla stessa certificazione camera commercio industria e artigianato risultava avere ad oggetto della attività sociale la realizzazione di tetti e aveva omesso la coordinata valutazione delle indicazioni della prova dichiarativa e, tra esse, delle stesse dichiarazioni dell'imputato tutte attestanti un coinvolgimento di fatto dell'imputato nella gestione regia, controllo e direzione della sostituzione della copertura in eternit con la nuova copertura e nella fornitura di 2 automezzi autogru e autocarro , legname di cantiere, scale e materiale occorrente e forza lavoro occorrente. La sentenza aveva violato l'articolo 2087 del codice civile. Anche C.M., costituita parte civile per sé e per la figlia minore, ha proposto ricorso per cassazione al fine di ottenere la riparazione, con tutte le conseguenze di legge, dell'ingiustizia realizzata dalla sentenza impugnata. La parte civile censura la mancanza e la scorrettezza della motivazione circa la pur risultata esistenza di un cantiere diretto alla sostituzione del tetto di un capannone, cantiere organizzato diretto e controllato dall'amministratore di Comaed che aveva assunto, a nero, anche l'infortunato. La ricorrente addebita alla sentenza un procedimento di scomposizione e disarticolazione della prova pur raccolta, tale da smarrirne le più significative indicazioni e da ometterne una compiuta lettura Comaed non era la venditrice dei pannelli isotermici documentatamente venduti invece al C. da altra società che li aveva consegnati in cantiere . La valutazione della prova sarebbe operata con operazione viziata da errori di diritto, da pregiudizio e da un metodo di parcellizzazione e scomposizione, tale da pervenire alla individuazione arbitraria di assenza di prove che invece sono piene e da negare circostanze pur risultate certe la stipula tra Comaed e C. di un contratto di appalto per la copertura chiavi in mano l'assunzione in nero del lavoratore B.A. a iniziativa di R.G. socio oltre che fratello di R.E., amministratore di Comaed Srl., secondo un modulo collaudato in altre precedenti vicende, la presenza in cantiere della gru Comaed per innalzare i pannelli e dell'autocarro Comaed per trasportare la calce di Comaed necessaria a legare i pannelli in opera utilizzando condizioni di esistenza della prova ignote al diritto processuale. All'udienza pubblica del 14/7/2011 il ricorso è stato deciso con il compimento degli incombenti imposti dal codice di rito. Considerato in diritto La sentenza impugnata, conforme a quella di primo grado, accertato il nesso di causalità tra l'evento mortale e la mancata adozione di qualsiasi misura di protezione del lavoratore, ha escluso la responsabilità penale dell'imputato negando la sua qualità di obbligato per la protezione antinfortunistica del lavoratore, dal momento che non era risultata provata la stipula di un contratto di appalto, avente ad oggetto la sostituzione della copertura del capannone, tra Comaed srl., che in tesi aveva fornito i pannelli isotermici della nuova copertura, e C.F., titolare dell'officina, presso il capannone della quale si svolgevano i lavori di rifacimento del tetto. Secondo la sentenza impugnata l'amministratore della Comaed srl, non risultava essere datore di lavoro del B. che normalmente svolgeva attività di bracciante agricolo nè risultava avere assunto di fatto la direzione del cantiere e dei lavori nel corso dei quali l'infortunio avvenne. Per la sentenza impugnata l'eventuale accordo intercorso tra R.G. socio Comaed e fratello dell'imputato, e il committente dell'appalto dei lavori identificato in C.F. per una consegna ciel nuovo tetto con la formula ''chiavi in mano , non costituiva adeguato fondamento giuridico della responsabilità penale di R.E. a causa della sua qualità di amministratore unico di Comaed srl., che da sola non comportava la sua responsabilità penale per atti di gestione posti in essere dal socio R.G. per effettuare forniture di coperture chiavi in mano. Le censure proposte dai ricorrenti sono fondate secondo quanto qui di seguito si scrive. La sentenza impugnata ha applicato alla lettura dei dati raccolti un filtro costituito dalla opinione che possa costituire fondamento di responsabilità penale o prova di rapporti di lavoro, solo la acquisizione di documentazione formale che quei rapporti inquadri in cornici di regolarità e conformità alle regole legali di settore, o la emersione di volontarie rappresentazioni cartolari ancorché r-elative a rapporti economici tra terzi e destinate a scopi del tutto estranei a quello della tutela della salute e della incolumità stessa dei lavoratori ben altrimenti coinvolti neIIe vicende scrutinate. Mentre entrambe le sentenze di merito danno per certa la esistenza di un nesso di causalità tra la morte del lavoratore ufficialmente addetto a una normalità di lavoro bracciantile in agricoltura e la violazione di tutte le regole cautelari concretizzata nella assenza di qualsiasi misura di protezione antinfortunistica sul luogo di svolgimento effettivo di lavori edili di copertura/sostituzione di un tetto, la sentenza impugnata non ha ritenuto di poter accertare in un quadro probatorio così ricco, alcuna causalità della colpa e non ha ritenuto che fosse individuabile il responsabile per la legge penale dell’omicidio indubitabilmente verificatosi. La sentenza impugnata ha proceduto con metodo di frammentazione e di rimozione degli elementi di prova suscettibili di individuare il quadro reale dei rapporti, il quadro reale delle obbligazioni di garanzia connesse alla fattualità di quei rapporti. A fronte di una descritta complessità ed equivocità di intrecci economici e di collaborazioni produttive tra imprenditori, a fronte della accertata presenza in cantiere di mezzi e materiali della srl Comaed e della accertata partecipazione attiva di un socio Comaed, a fronte della accertata singolarità del ripetuto utilizzo di un bracciante agricolo in pericolose, e in nessun modo garantite operazioni edili, e a fronte della mancanza di assunzioni formali che giustificassero quell'utilizzo, doveva la sentenza impugnata motivare in ordine ai significati che l'intero materiale probatorio acquisito rivestiva in termini di individuazione delle reali obbligazioni di garanzia derivanti da assunzione di fatto di tali obbligazioni, senza operare alcuna rimozione con lo strumento di schermi o apparenze cartolari che, invece, dovevano essere confrontate con le risultanze di fatto pur ritualmente acquisite al processo e menzionate nelle sentenze di merito e nel fuoco del contraddittorio. Né formule negoziali effettive o simulate né apparenze cartolari, possono fare velo alla tutela penale della salute posto che il vigente ordinamento positivo costruisce quella tutela in relazione ai rapporti reali di produzione e lavoro e in relazione alla concretezza delle dinamiche nelle quali essi si inverano. La motivazione della sentenza impugnata è viziata da tali errori di applicazione della legge processuale e da tali vizi logico-giuridici da risultare inadeguata a sostenere le statuizioni adottate e ad esistere ancora come motivazione, ove quegli errori e quei vizi siano emendati. La sentenza impugnata deve essere annullata con rinvio ad altra sezione della Corte di Appello di Catania. L'imputato E.R. deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento nonché alla rifusione delle spese di questo giudizio di Cassazione sostenute da C.M. in proprio e quale esercente la potestà dei genitori sulla figlia minore, spese liquidate in € 2.000,00 oltre accessori come per legge. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte di Appello di Catania e condanna E.R. alla rifusione in favore di C.M., in proprio e nella qualità, delle spese sostenute dalla parte civile e liquidate in € 2.000,00 oltre accessori come per legge.