Italia condannata per la mancata rivalutazione dell’indennità integrativa speciale per le vittime delle emotrasfusioni infette

La CEDU ha sancito che è contraria agli artt. 1, 6, 14, 41, 42 e 46 CEDU la soppressione della rivalutazione dell’indennità integrativa speciale IIS introdotta dalle L. 210/92 e 229/05, annullata dal DL d’urgenza 78/10, dichiarato incostituzionale dalla Consulta e ha stigmatizzato un’indebita ingerenza a danno dei ricorrenti.

La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo CEDU , sez II, con la sentenza del 3 settembre 2013 Ricorso n. 5376/11 , non definitiva, perché le parti hanno tre mesi di tempo per ricorrere alla Grande Chambre e/o l’Italia ha sei mesi per adottare tutte le misure atte a garantire i diritti delle vittime di emotrasfusioni infette, ha condannato lo Stato per aver violato dette norme della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali CEDU , disattendendo anche pronunce della Consulta che aveva dichiarato l’incostituzionalità del DL 78/10 L. 122/10 con cui era stata soppressa la rivalutazione dell’IIS ex L. 210/92 e sue successive modifiche. Le scelte legislative e l’illegittima sospensione dei pagamenti, riconosciuti anche da sentenze interne definitive, hanno fatto scattare una condanna anche per indebite ingerenze e per la mancata attuazione di misure a tutela delle vittime da trasfusioni o da farmaci prodotti con sangue infetto. La sentenza è lunga e complessa, anche perché edita solamente in francese come riportato dal comunicato stampa riassuntivo di ieri sono 130 pagine con le indicazioni dell’anno e del luogo di nascita dei ricorrenti, la posizione giudiziale e le sentenze loro favorevoli con il conteggio delle somme spettanti. Per questioni interne alla Corte sono i ricorrenti stati suddivisi in tre categorie a seconda che abbiano o meno ottenuto una decisione definitiva a loro vantaggio o che abbiano iniziato una causa per tale fine. Il caso. 162 malati e loro eredi di epatite B e C, HIV, contratte negli anni 80 e 90 dello scorso secolo, a seguito di emotrasfusioni o per l’assunzione di prodotti derivati da sangue infetto, si sono rivolti alla Corte perché l’Italia non ha mai saldato la rivalutazione annua prevista dalla legge in materia, malgrado pronunce a loro favorevoli della Cassazione e della Corte Costituzionale. Chiedevano ed ottenevano la sua condanna per violazione dell’equo processo, delle pari opportunità, della proprietà art. 1 del Protocollo n. 1 e del diritto alla vita . Nelle specifico contestavano tale inottemperanza, tanto più che questa voce costituisce il 90-95% di tutta l’IIS con relativo grave nocumento ai loro diritti patrimoniali. Il quadro normativo. La L. 210/92 riconosceva un risarcimento a tutti coloro che avevano contratto malattie da sangue infetto trasfusioni o derivati e tale diritto era esteso agli eredi. Il Ministero della Salute doveva una somma complessiva comprensiva di due voci un’indennità fissa ed un’integrativa speciale. La L. 229/05 riconosceva un ulteriore indennizzo da rivalutarsi annualmente secondo l’andamento dell’inflazione ed estendeva la categoria degli aventi diritto anche a chi era stato danneggiato dalle vaccinazioni obbligatorie e la L. 244/07, nonchè il Decreto del ministero del lavoro n. 163/09, l’attribuivano anche ai soggetti affetti dalla c.d. sindrome di talidomide dal nome del noto farmaco . Ribadivano che era un’IIS che si sommava a quella prevista dalla L. 210/92 e che doveva essere rivalutata annualmente. È questo il punto focale della lite. Infine l’art. 2 DL 78/10 imponeva drastici tagli al bilancio ed all’art. 11 controllo della spesa sanitaria , comma XIII, sanciva che il comma 2 dell'articolo 2 della legge 25 febbraio 1992, n. 210 e successive modificazioni si interpreta nel senso che la somma corrispondente all'importo dell'indennità integrativa speciale non è rivalutata secondo il tasso d'inflazione . Il contrasto giurisprudenziale della Cassazione sull’esegesi della normativa. Tale comma è frutto di un revirement della Cassazione che nel 2009 l’aveva esclusa, perché essa era prevista solo per l’indennità base, perciò sarebbe stata irrazionale e diseguale, in contrasto con l’art. 32 Cost, tanto più che questa voce aveva già la funzione di compensare la svalutazione monetaria Cass. 2170 e 22112/09 . Il precedente orientamento del 2005 Cass. 15894/05 e 18109/07 confermava l’interpretazione della normativa ante DL 78/10 in senso favorevole alla rivalutazione annua. L’incostituzionalità della norma contestata. Sin da subito la Consulta ha emesso varie sentenze d’incostituzionalità del decreto in esame, sino alla sentenza 293/11. In essa ha evidenziato che il riconoscimento della rivalutazione annua solo ai malati di sindrome di talidomide e da patologie derivanti dalle vaccinazioni obbligatorie costituiva una discriminazione contraria all’art. 3 Cost. a danno degli affetti da epatite da sangue infetto trasfusione e derivati . Infatti doveva esser riconosciuta ad entrambe le categorie di malati, anche perché era impensabile una distinzione, in quanto tutte avevano subito un danno permanente ed una lesione del diritto della salute artt. 32 Cost. e 35 CEDU , ma soprattutto perché questa voce costituiva la maggior parte dell’importo della IIS, con ulteriore nocumento dei soggetti ingiustamente esclusi, in ossequio ai principi di solidarietà e cooperazione sociale sanciti per la tutela dei danneggiati dalle vaccinazioni obbligatorie stabiliti dalla C.Cost. 423/00, così come espressamente richiamato dalla stessa. Sì alla retroattività, ma da quando? La Consulta stabiliva la retroattività della decisione e dunque del diritto alla rivalutazione delle somme. Sul punto si era creato un dubbio se essa, come sosteneva il Ministero della Salute, dovesse essere calcolata dall’entrata in vigore della L. 244/07 oppure dalla vigenza della L. 210/92. La Cass. civ. con l’ordinanza 10769/12 stabiliva che la C.Cost. 293/11 doveva essere interpretata in quest’ultimo senso. Si noti che la CEDU rileva come l’adozione di questa esegesi ha fatto cessare la materia del contendere, riconoscendo, contestualmente la palese violazione sia della norme CEDU che dei principi dell’ordinamento legislativo e giudiziario interni che vietano l’irretroattività della legge, salvo rari casi. Nella fattispecie essa aveva valenza erga omnes e danneggiava i richiedenti. Motivi della condanna a no all’ingerenza dello Stato ed al perseguimento di fini egoistici. La Corte ha ricordato che, per i principi di uguaglianza, del giusto e dell’equo processo è severamente vietato un intervento legislativo che possa influire sul sistema giudiziario, determinando o condizionando l’esito delle liti, salvo che per superiori motivi d’interesse generale sauf pour d’impérieux motifs d’intérêt général, . In realtà la norma era sottesa ad un interesse egoistico dello Stato di tutelare i propri interessi finanziari ciò viola la regola della preminenza del diritto sulla legge, strettamente connessa anche alla sicurezza dei rapporti giuridici, id est all’ottemperanza delle sentenze definitive ex plurimis Raffineries grecques Stran et Stratis Andreadis c. Grèce , 9 décembre 1994, § 49, série A n o 301‑B Papageorgiou c. Grèce , 22 octobre 1997, § 37, Recueil des arrêts et décisions 1997‑VI National & amp Provincial Building Society, Leeds Permanent Building Society et Yorkshire Building Society c. Royaume-Uni , 23 octobre 1997, § 112, Recueil des arrêts et décisions 1997‑VII, Zielinski et Pradal et Gonzalez et autres c. France [GC], n os 24846/94 et 34165/96 à 34173/96, § 57, CEDH 1999‑VII, Agrati et autres c. Italie , n os 43549/08,6107/09 et 5087/09, § 58, 7 juin 2011 et Maggio et autres c. Italie , n os 46286/09, 52851/08, 53727/08, 54486/08 et 56001/08, § 43, 31mai 2011 Brumărescu c. Roumanie [GC], n o 28342/95, § 61, CEDH 1999‑VII . b Tutela della proprietà. Il concetto di bene, riportato in sentenza, è di duplice valenza, perché indica sia un interesse legittimo che un valeur patrimoniel , ossia una perdita economica. Più precisamente si desume che questo lemma indica sia il complesso di beni valutabili economicamente indennizzo che il patrimonio del danneggiato che subisce un indubbio danno patrimoniale dalla lesione dei suoi diritti. Infatti lo Stato aveva sospeso l’esecuzione delle sentenze, anche dopo la decisione della Consulta, con una scelta ingiustificata ed inqualificabile, sì da far ricadere un peso anomalo ed esorbitante sui ricorrenti charge anormale et exorbitante , privati della dovuta rivalutazione dell’indennizzo speciale, tanto più che non solo era stata sancita dalle leggi abrogate dal DL 78/10, ma anche dalla giurisprudenza costante interna. Ciò si traduce in un duplice interesse legittimo ad ottenere ciò che è dovuto per legge che al rispetto delle sentenze loro favorevoli, arbitrariamente sospese dall’Italia. Rileva che la titolarità di questo interesse scaturisce ed è ribadito dalla C.Cost. 293/11, essendo assurdo e discriminatorio fare distinzioni tra le sopra citate categorie di malati, avendo tutti diritti allo stesso trattamento ed essendo impossibile fare alcuna distinzione tra loro tutti hanno avuto un danno permanente alla salute ed al loro patrimonio per la malasanità. c Mancato bilanciamento degli interessi. Da ciò discende che ogni intervento statale deve tenere conto del bilanciamento degli interessi collettivi e di quelli individuali, assente nella nostra ipotesi. Infatti lo Stato deve garantire la tutela delle proprietà, intesa come complesso di diritti soggettivi ed interessi legittimi che di patrimonio, come sopra esplicato. Da tutto quanto sinora espresso si evince l’ingerenza indebita dello Stato, stigmatizzata con la presente sentenza. Sentenza pilota ed interventi richiesti allo Stato. La CEDU ha deciso di adottare questa particolare procedura per agevolare e rendere più rapidi da parte dell’Italia interventi legislativi e l’adozione di misure atte a sopperire a queste criticità e diseguaglianze, sì da attuare una piena ed effettiva tutela di questi soggetti e di altri che versino in condizioni analoghe. Si rileva come la fattispecie non sia un caso isolato, ma un problema sistematico, dovuto a carenze e défaillances sia interne che esterne nel rapporto con i cittadini che spesso non sanno a quale autorità rivolgersi. Infatti in sentenza c’è stato un tentativo di scaricare la responsabilità sulle Regioni e nello specifico sul Veneto, cui era stata indirizzata la richiesta di refusione, perché ritenute dall’Italia soggetti delegati a gestire questi casi ed a versare gli indennizzi, ma, come si è visto, ciò spetta esclusivamente allo Stato. Si rinvia al testo per ogni eventuale approfondimento.

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