Fatture false e occultamento: la finalità di evasione è da provare

L’elemento soggettivo del reato di emissione di fatture per operazioni inesistenti è rappresentato dal dolo specifico di favorire l’evasione fiscale di terzi e si rende necessario acquisire quindi per la condanna la prova del fine specifico di consentire a terzi l’evasione delle imposte sui redditi o sul valore aggiunto.

A ribadirlo è la Corte di Cassazione nella sentenza numero 25808, depositata il 12 giugno 2013. Il ricorrente, condannato per avere, al fine di evasione fiscale, occultato la maggior parte delle scritture contabili e dei documenti, di cui era obbligato alla tenuta e alla conservazione, in modo da non consentire la ricostruzione dei redditi e del volume d’affari dell’impresa e per avere, nella sua qualità di titolare, emesso svariate fatture per operazioni inesistenti, al fine di consentire ad altre imprese individuali l’evasione Lo stato di tossicodipendenza non vale a escludere l’elemento soggettivo del reato. I giudici di merito, inoltre hanno escluso che l’imputato potesse essere esente da responsabilità in quanto reso incapace di badare in maniera accurata alla gestione dell’impresa di cui era titolare dallo stato di tossicodipendenza in cui versava. Il ricorrente ha lamentato che la Corte di merito avrebbe eluso il problema del dolo specifico, il quale postula la consapevolezza di creare attraverso le fatture fittizie le condizioni per un indebito rimborso riconoscimento di un inesistente credito d’imposta del terzo. Elemento psicologico dolo specifico da provare. La Suprema Corte ha accolto il ricorso, affermando che è stato trascurato in motivazione il profilo soggettivo dei reati contestati. Infatti, in relazione a entrambi i reati, occorre il fine di evadere le imposte. Peraltro, non occorre che il terzo consegua effettivamente la programmata evasione, trattandosi di reato di pericolo presunto.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 27 marzo 12 giugno 2013, n. 25808 Presidente Mannino Relatore Sarno Ritenuto in fatto 1. S.F. propone ricorso per cassazione avverso la sentenza in epigrafe con la quale la corte di appello di Lecce ha confermato quella del gup presso il tribunale di Brindisi che in data 13 ottobre 2011 lo aveva condannato alla pena di giustizia per i reati di cui agli articoli 10 ed 8 dLGS 74/2000 rispettivamente contestati per avere, al fine di evadere le imposte sui redditi e sul valore aggiunto, occultato la maggior parte delle scritture contabili e dei documenti di cui era obbligato alla tenuta ed alla conservazione in modo da non consentire la ricostruzione dei redditi e del volume d'affari dell'impresa e per avere, nella sua qualità di titolare dell'impresa individuale Ceta Sud, al fine di consentire all'impresa individuale G.A. ed da quella C.T. l'evasione delle imposte sui redditi e sul valore aggiunto, emesso 19 fatture per operazioni inesistenti nei confronti delle citate imprese per un importo complessivo pari a 189050 Euro. 2. La corte di appello, decidendo sull'impugnazione dell'imputato, ha rigettato il gravarne rilevando che neanche a seguito della notifica del processo verbale di constatazione avvenuto il 3/12/2009 il S. aveva fornito indicazioni idonee a consentire l'esame della documentazione occultata. Escludevano i giudici di merito inoltre che l'imputato potesse andare esente da responsabilità in quanto reso incapace di badare in maniera accurata alla gestione dell'impresa di cui era titolare dallo stato di tossicodipendenza in cui versava, osservando che lo stato di tossicodipendenza non vale ad escludere l'elemento soggettivo del reato di cui all'articolo 10 dLgs 74/2000. Quanto all'emissione delle 19 fatture per operazioni inesistenti i giudici di appello evidenziavano come queste ultime dovessero essere ritenute fittizie ed aggiungevano che la presenza di un profitto indebito, prospettato dalla difesa, non assurge ad elemento costitutivo del reato essendo sufficiente l'emissione di fattura ad integrare l'ipotesi delittuosa. 3. Deduce in questa sede il ricorrente 3.1 l'errata, contraddittoria e manifesta illogicità della motivazione in relazione ai reati di cui agli articoli 8 e 10 dLgs 74/2000. Rileva in proposito come la corte di merito non abbia chiarito la sussistenza dell'elemento psicologico del reato di cui all'articolo 10 ed aggiunge che l'ammissione di non essersi occupato con la dovuta diligenza delle questioni attinenti la società amministrata, non poteva significare che il comportamento tenuto fosse finalizzato a non consentire la ricostruzione del volume di affari della società a fini fiscali. In relazione alla ulteriore ipotesi criminosa contestata sostiene che gli elementi probanti la tipicità delle operazioni siano scarni posto che la prova sul punto si fonda essenzialmente sull'esclusione della conoscenza dell'imputato da parte dei clienti della ditta C. in favore dei quali erano state appunto emesse le fatture oggetto di verifica. Fa rilevare inoltre che la circostanza che le altre società avessero riconosciuto di aver sottoscritto un accordo con la ditta C. per lavori edili ma che non conoscevano l'impresa dell'imputato valorizzata dai giudici di appello non è comunque indice della fittizietà delle operazioni essendo invalsa la prassi di subappaltare lavori a ditte terze nonostante il contratto non preveda una forma di subappalto. Rappresenta infine che la corte di merito avrebbe eluso il problema del dolo specifico che postula la consapevolezza di creare attraverso le fatture fittizie le condizioni per un indebito rimborso o riconoscimento di un inesistente credito d'imposta del terzo. Considerato in diritto Il ricorso è fondato per le ragioni di seguito indicate. 4. Rispetto alle contestazioni di cui al procedimento in esame va in premessa rilevato che l'art. 8 DLgs 74/2000 punisce chiunque, al fine di consentire a terzi l'evasione delle imposte sui redditi o sul valore aggiunto, emette o rilascia fatture o altri documenti per operazioni inesistenti. Come più volte puntualizzato da questa Corte, inoltre, l'elemento soggettivo del reato di emissione di fatture per operazioni inesistenti di cui all'art. 8 Dlgs 74/2000 è rappresentato dal dolo specifico di favorire l'evasione fiscale di terzi e si rende necessario acquisire quindi per la condanna la prova del fine specifico di consentire a terzi l'evasione delle imposte sui redditi o sul valore aggiunto Sez. 3, n. 17525 del 17/03/2010 Rv. 246991 . Si è detto, infatti, che l'evasione d'imposta non è elemento costitutivo della fattispecie incriminatrice del delitto d'emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, ma configura un elemento del dolo specifico normativamente richiesto per la punibilità dell'agente, in quanto per integrare il reato è necessario che l'emittente delle fatture si proponga il fine di consentire a terzi l'evasione dell'imposte sui redditi o sul valore aggiunto. Non occorre peraltro che il terzo consegua effettivamente la programmata evasione Sez. 3, Sentenza n. 39359 del 24/09/2008 Rv. 241040 trattandosi di reato di pericolo presunto. 5. L'art. 10 DLgs 74/2000 punisce invece chiunque, al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, ovvero di consentire l'evasione a terzi, occulta o distrugge in tutto o in parte le scritture contabili o i documenti di cui è obbligatoria la conservazione, in modo da non consentire la ricostruzione dei redditi o del volume di affari. La formulazione della disposizione richiama anch'essa la finalità di consentire l'evasione a terzi ovvero di evasione diretta delle imposte sui redditi o sul valore aggiunto. Anche in questo caso si deve pertanto ritenere, analogamente a quanto detto per l'art. 8, che la concreta evasione non rappresenti un elemento costitutivo della fattispecie in esame bensì il fine che anima il comportamento del contribuente, e, pertanto, anche per il reato in questione l'elemento psicologico richiesto non può che essere costituito dal dolo specifico. 6. Ciò posto rileva il Collegio che la corte di merito si è correttamente soffermata ad analizzare la condotta di entrambi i reati contestati evidenziando per un verso il mancato reperimento delle scritture contabili e della restante documentazione rilevante sotto il profilo fiscale in relazione al reato di cui all'art. 10 Dlgs 74/2000 e, per altro verso, la fittizietà delle operazioni alla base della contestazione dell'art. 8 attraverso l'indicazione degli accertamenti che avevano condotto a riscontrare l'inesistenza dei rapporti documentati nelle fatture, l'inesistenza di accordi di subappalto e la natura meramente cartolare della ditta riconducibile a G.A. . Correttamente inoltre è stato ritenuto ininfluente lo stato di tossicodipendenza dell'imputato nella consumazione del reato di cui all'art. 10 non giustificando esso la condotta contestata. 7. È rimasto del tutto trascurato in motivazione, invece, il profilo soggettivo dei reati contestati nel senso che manca del tutto la motivazione sulla finalità di consentire l'evasione fiscale attraverso la condotta contestata in relazione ad entrambi i reati contestati. Per quanto concerne l'art. 10 non si chiarisce inoltre nemmeno chi sia il soggetto che ha evaso l'imposizione. E ciò nonostante la questione avesse in realtà formato oggetto anche dei motivi di appello. La sentenza deve essere pertanto annullata sul punto con rinvio. P.Q.M. La Corte Suprema di Cassazione annulla la sentenza impugnata con rinvio alla corte di appello di Lecce.