Partecipare ad una cena di ‘ndrangheta non vuol dire essere intraneo alla stessa

La partecipazione ad una cena, unitamente a soggetti ritenuti affiliati ad una associazione mafiosa, e per festeggiare avvenimenti direttamente connessi alla medesima organizzazione criminale, non può, da sola, essere considerata quale sintomatica di un ruolo attivo all’interno del sodalizio mafioso da parte del commensale.

Il caso. Il Tribunale del Riesame di Torino rigettava l’appello proposto avverso l’ordinanza del Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Torino con cui era stata, a sua volta, rigettata la richiesta di revoca della misura cautelare della custodia in carcere avanzata da tale T.F., soggetto indagato per il reato di cui all’articolo 416 bis c.p., quale partecipe della associazione mafiosa denominata ‘ndrangheta operante nel territorio di Chivasso. In particolare, il Tribunale del Riesame, pur rilevando che gran parte del costrutto indiziario ritenuto sussistente a carico del T.F. doveva essere escluso per mancanza dei requisiti di cui all’articolo 273 c.p.p., confermava ugualmente la decisione del GIP solo sulla scorta di un unico e residuale dato indiziario. Avverso tale decisione, l’indagato ricorreva per Cassazione, deducendo, in primis, violazione della legge processuale con precipuo riferimento agli articolo 273 e 299 c.p.p. . In secundis, manifesta illogicità e mancanza di motivazione dell’ordinanza nella parte in cui il Tribunale del Riesame, dopo aver escluso la sussistenza di due dei tre elementi rappresentanti il quadro indiziario posto a fondamento della ordinanza custodiale, riteneva ugualmente sussistenti i gravi indizi di colpevolezza – rappresentanti la condicio sine qua non per un provvedimento cautelare carcerario – solo sulla scorta di una intercettazione ambientale. Nello specifico, la conversazione de qua avrebbe dovuto consentire, secondo l’ordinanza impugnata, di riscontrare la partecipazione attiva dell’indagato ad un sodalizio mafioso semplicemente sulla scorta della circostanza che i due interlocutori abbiano fatto riferimento ad una cena, avvenuta per festeggiare il conferimento di un più elevato grado di ‘ndrangheta ad un altro soggetto, alla quale avrebbero partecipato, tra gli altri, anche i figli di tale «compare Pasquale», identificati proprio nell’indagato e nel di lui germano. Dalla mera frequentazione sporadica di ambienti mafiosi non può derivarsi una intraneità agli stessi. La Corte di Cassazione, ritenendo fondato il ricorso di T.F., disponeva l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata per un nuovo esame al Tribunale del Riesame di Torino. In particolare, il Supremo Consesso ha ritenuto che risulta effettivamente viziata da illogicità e contraddittorietà la motivazione con cui i Giudici della cautela hanno rigettato l’appello proposto dall’indagato. Vizi della motivazione che deriverebbero, secondo la Corte Regolatrice, proprio dalla circostanza che il Collegio territoriale, dopo aver dapprima escluso la sussistenza dei due indizi maggiormente qualificanti nei termini di una condotta illecita ex articolo 416 bis c.p. nella specie, partecipazione ad una riunione di ‘ndrangheta, nonché partecipazione ad un rito afferente il passaggio di grado mafioso di un soggetto , successivamente, a contrario, afferma l’esistenza di una gravità indiziaria nei confronti del T.F. solo ed esclusivamente sulla scorta del residuo dato indiziario di rilevanza chiaramente marginale, rappresentato dalla presenza dell’indagato, unitamente al genitore ed al germano, alla cena organizzata per festeggiare l’attribuzione di una maggiore carica di ‘ndrangheta ad un altro soggetto. Secondo la Corte di Cassazione, infatti, la mera partecipazione – anche se unitamente ad esponenti di una consorteria mafiosa – a tale cena, per quanto la stessa sia strettamente connessa a prodromici fatti interessanti il medesimo sodalizio criminoso, non può essere da sola e di per se stessa, sic et simpliciter, ritenuta sintomatica della effettiva intraneità del commensale ad una associazione mafiosa. In effetti, per come più volte chiarito dalla giurisprudenza di legittimità, la mera frequentazione – nei termini di un rapporto di parentela o di incontri sporadici ed occasionali nell’ambito di eventi pubblici – di persone ritenute affiliate a sodalizi mafiosi, non costituisce un elemento di tale rilevanza da poter essere considerato quale significativo della esistenza di un ruolo di intraneo al sodalizio. Donde, tali dati potranno essere semmai valutati ex articolo 192, comma 3, c.p.p., ma solo quando – fermo restando il requisito della individualizzazione del riscontro – risultino qualificati da abituale o significativa reiterazione. Conseguentemente, la Prima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha disposto l’annullamento con rinvio dell’ordinanza gravata da ricorso affinchè il Tribunale di Torino rivaluti la compatibilità logica della ritenuta ed affermata esistenza dei gravi indizi di colpevolezza in ordine alla partecipazione di T.F. al delitto associativo mafioso, così come semplicemente desunti sulla scorta della mera partecipazione dell’indagato ad un evento conviviale del tipo sopra descritto.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 2- 30 luglio 2012, numero 31040 Presidente Siotto – Relatore Locatelli Ritenuto in fatto Con ordinanza emessa il 19.1.2012 il Tribunale del riesame di Torino rigettava l'appello proposto dal difensore avverso l'ordinanza con la quale il Giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Torino aveva rigettato la richiesta di revoca della misura cautelare della custodia in carcere applicata nei confronti di T.G. , indagato per i reato previsto dall'articolo 416 bis cod.penumero per avere partecipato all'associazione mafiosa denominata ndrangheta operante nel territorio di Chivasso in qualità di membro della società maggiore con il grado di trequartino , fatto commesso a decorrere dal Il Tribunale dava atto che non vi era prova certa della partecipazione dell'indagato all'incontro tra esponenti della ndrangheta piemontese avvenuto il omissis , né vi era prova certa della partecipazione di T.G. al rito del conferimento del grado di trequartino a S P. svoltosi il . tuttavia riteneva la sussistenza di gravi indizi dell'appartenenza di T.G. al sodalizio criminoso desumibili dalla intercettazione ambientale effettuata all'interno della autovettura di B I. , nel corso della quale questi riferiva a N C. della cena di festeggiamento, seguita alla cerimonia di conferimento del grado di tre quartino a P.S. , svoltasi presso un ristorante di Ca. alla quale avevano partecipato, tra gli altri, compare P. ed i suoi due figli , identificati in T.G. e T.B. , figli di T.P. . Avverso l'ordinanza di rigetto del Tribunale del riesame il difensore di T.G. propone ricorso per cassazione per i seguenti motivi violazione della legge processuale con riferimento agli articolo 273 e 299 cod.proc.penumero manifesta illogicità e mancanza di motivazione nella parte in cui l'ordinanza del Tribunale, dopo avere escluso la sussistenza di due degli indizi considerati nell'ordinanza applicativa della custodia in carcere, ritiene ugualmente sussistente in quadro probatorio gravemente indiziante sulla base dell'unico indizio costituito da una conversazione intercorsa tra terze persone, senza valutare che l'interlocutore I. poteva non conoscere personalmente i figli di T.P. , unico soggetto indicato nominativamente, e senza considerare che, secondo la giurisprudenza di legittimità, la partecipazione ad un evento conviviale non può avere la medesima rilevanza della partecipazione ad un rito di affiliazione o comunque ad incontri attinenti alla regolamentazione della vita dell'associazione mafiosa. Considerato in diritto Il ricorso è fondato. L'ordinanza impugnata è effettivamente viziata da illogicità e contraddittorietà della motivazione. Dopo aver escluso i due indizi maggiormente qualificanti partecipazione alla riunione dei maggiori esponenti della ndrangheta calabrese, partecipazione al rito del passaggio di grado di S P. , il giudizio sulla sussistenza di un quadro probatorio gravemente indiziante è mantenuto dal Tribunale sulla base del residuo dato probatorio marginale, rappresentato dalla presenza dell'indagato, unitamente al padre e al fratello, alla cena di festeggiamento in onore di P.S. svoltasi presso il ristorante di Ca. . Appare evidente, sul piano logico, che la partecipazione ad un evento conviviale, sia pure cronologicamente susseguente ad un evento che ha interessato l'organizzazione mafiosa, non può avere la stessa valenza della partecipazione diretta al rito di conferimento del grado, o della partecipazione alla riunione degli esponenti di maggior spicco della 'ndrangheta piemontese. Come già affermato da Sez. 6, numero 24446 del 05/05/2009, Rv. 244382, in tema di associazione di tipo mafioso, la mera frequentazione di soggetti affiliati al sodalizio criminale per motivi di parentela ovvero la presenza di occasionali o sporadici contatti in occasione di eventi pubblici e in contesti territoriali ristretti, non costituiscono elementi di per sé sintomatici dell'appartenenza all'associazione, ma possono essere utilizzati come riscontri da valutare ai sensi dell'articolo 192, comma terzo, cod. proc. penumero , quando risultino qualificati da abituale o significativa reiterazione e connotati dal necessario carattere individualizzante. L'ordinanza deve pertanto essere annullata con rinvio al Tribunale del riesame di Torino affinché rivaluti la compatibilità logica della affermazione della sussistenza di gravi indizi di colpevolezza in ordine alla partecipazione di T.G. al delitto di associazione di stampo mafioso desunti dalla mera partecipazione dell'indagato ad un evento conviviale. P.Q.M. Annulla l'ordinanza impugnata e rinvia per un nuovo esame al Tribunale di Torino. Dispone che copia del provvedimento sia trasmessa, a cura della cancelleria, al direttore dell'istituto penitenziario ai sensi dell'articolo 94 comma 1 ter disp.att. cod.proc.penumero .