«Sei una rompiballe»: destinataria la vicina. Ma in assemblea di condominio, come in amor, tutto è permesso

Azzerata ogni contestazione nei confronti dell’uomo che aveva apostrofato in malo modo una condomina. Decisivo è il contesto, ossia l’assemblea condominiale, in cui si è svolto l’episodio lì quella frase non è valutabile come offensiva.

Assemblea condominiale come ‘zona franca’. Lo raccontava, con ironia, il mitico ragionier Fantozzi – alias Paolo Villaggio –, e quella visione – ovviamente paradossale, con seduta trasformatasi addirittura in rissa – non appare poi così lontana dalla realtà Perché, come evidenziano i giudici della Cassazione, quel contesto permette di dare un ‘peso specifico’ diverso a espressioni verbali poco civili. Così, rivolgersi a una vicina di casa per definirla “rompiballe” non è valutabile come “delitto contro l’onore” Cassazione, sentenza numero 22887, Quinta sezione Penale, depositata il 27 maggio 2013 . Umane reazioni. Eppure, in Tribunale, la frase incriminata – ossia “Sei una rompiballe” – è costata cara l’uomo che l’ha pronunciata, rivolgendosi a una donna durante una assemblea condominiale, è stato «condannato, ai soli effetti civili, al risarcimento del danno» procurato alla persona così malamente apostrofata. Assolutamente inaccettabile la tesi difensiva secondo cui quelle parole rappresentavano una reazione «al contegno assunto dalla donna», la quale aveva scelto di «astenersi nella votazione riguardante le nuove tabelle millesimali». A sparigliare completamente le carte, però, arriva la valutazione dei giudici della Cassazione, i quali, richiamando soprattutto il «contesto» dell’episodio, ritengono non vi sia alcuna offesa. Più precisamente, viene chiarito che «l’espressione adoperata all’interno di un’assemblea condominiale, caratterizzata da una pur minima animosità, scaturente dall’annosa questione» sul tappeto, in sostanza, è da valutare come «priva di reale offensività» per la «personalità del destinatario». Per questo motivo, ogni accusa nei confronti dell’uomo viene completamente, e definitivamente, azzerata.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 10 aprile – 27 maggio 2013, numero 22887 Presidente Marasca – Relatore De Marzo Ritenuto in fatto 1. Per quanto ancora rileva, il Tribunale di Acqui Terme, in riforma della sentenza di primo grado, ha ritenuto la responsabilità, di G.M. per il reato a lui ascritto e lo ha condannato, ai soli effetti civili, al risarcimento del danno sofferto dalla costituita parte civile, N.P. Il Tribunale ha ritenuto che l’espressione adoperata dall’imputato, nei confronti della P. “sei una rompiballe” , nel corso di un’assemblea condominiale non fosse proporzionata al contegno assunto dalla donna, dal momento che la sua scelta di astenersi nella votazione riguardante le nuove tabelle millesimali non configurava un fatto ingiusto, anche in ragione del fatto che si trattava della prima assemblea finalizzata all’esame della proposta e che non erano emersi progressi contrasti in cui la P. avesse assunto posizioni ostruzionistiche e vessatorie. 2. Nell’interesse del M. è stato proposto ricorso per cassazione affidato ai seguenti motivi. 2.1. Con il primo motivo, si lamenta violazione degli articolo 591, comma 2 e 576 cod. proc. penumero , per avere il Tribunale ritenuto ammissibile l’impugnazione della parte civile, che si era limitata a richiedere, nell’originario ricorso per cassazione, riqualificato come appello, “l’annullamento con rinvio per un nuovo giudizio ai soli effetti civili”. 2.2. Con il secondo motivo, si lamenta mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione, per avere il Tribunale ritenuto l’espressione adoperata non proporzionata al contegno assunto dalla persona offesa, trascurando di considerare il rapporto di confidenza esistente fra le parti e il contesto nel quale il fatto si era verificato, ossia un’assemblea di condominio. 2.3. Con il terzo motivo, si lamenta mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione, per avere il Tribunale ritenuto insussistente la scriminante di cui all’articolo 599 cod. penumero , dal momento che il M. attendeva da tempo la modifica delle tabelle millesimali, ritenuta corretta da un tecnico nominato ed accettato da tutti i condomini e destinata ad essere approvata nell’assemblea del 07/11/2006, che, secondo quanto riferito dal teste C., “era l’ultima di una serie, in quanto il geometra era già venuto due volte a spiegare”. Considerato in diritto 1. Il primo motivo di ricorso è infondato. Infatti, l’impugnazione della parte civile avverso la sentenza di proscioglimento che non abbia accolto le sue conclusioni, è ammissibile anche quando non contenga l’espressa indicazione che l’atto è proposto ai soli effetti civili Sez. U, numero 6509 del 20/12/2012 - dep. 08/02/2013, P.C. in proc. Cofucci e altri, Rv. 254130 . Nella specie, peraltro, la parte civile, secondo quanto riconosciuto nello stesso ricorso, nel suo originario ricorso per cassazione, riqualificato come appello da questa Corte, aveva “richiesto l’annullamento con rinvio per un nuovo giudizio ai soli effetti civili”. 2. Il secondo motivo di ricorso è fondato. Va premesso che, in tema di tutela, penale dell’onore, al fine di accertare se l’espressione utilizzata sia idonea a ledere il bene protetto dalla fattispecie incriminatrice di cui all’articolo 594 cod. penumero , occorre fare riferimento ad un criterio di media convenzionale in rapporto alle personalità dell’offeso e dell’offensore nonché al contesto nel quale detta espressione sia stata pronunciata ed alla coscienza sociale Sez. 5, numero 39454 del 03/06/2005, Braconi, Rv. 232339, secondo cui è priva di rilevanza offensiva l’espressione “siete venuti a rompere le scatole” proferita nel contesto di un vivace scambio verbale tra professoresse si veda anche Sez. 7, numero 41752 del 16/10/2001, Bastianelli, Rv. 220643 . Nella specie, ritiene questa Corte che l’espressione adoperata all’interno di un’assemblea condominiale, caratterizzata da una pur minima animosità scaturente dall’annosa questione che le parti cercavano di risolvere, sia priva di reale offensività della personalità del destinatario. La sentenza va in conseguenza annullata, perché il fatto non costituisce reato. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non costituisce reato.