Il giornalista fedele non deve risarcire i danni

Quando la cronaca ha per oggetto immediato il contenuto di un’intervista, e non risulta posta in dubbio la fedeltà del testo pubblicato alle dichiarazioni rese dall’intervistato, il giornalista non può essere chiamato a rispondere di quanto affermato dall’intervistato, sempreché ricorra l’ulteriore requisito dell’interesse pubblico alla diffusione dell’intervista.

Lo ha stabilito la Corte di Cassazione nella sentenza numero 23168, depositata il 31 ottobre 2014. Il fatto. Il tribunale di Palermo rigettava la domanda risarcitoria proposta da una società in relazione ad un articolo pubblicato su un giornale, il quale riportava un’intervista rilasciata al giornalista dal segretario di un’associazione sindacale, in cui veniva criticata la gestione dei punti vendita della predetta società. In parziale riforma della sentenza, la Corte d’appello di Palermo condannava il giornalista al risarcimento dei danni in relazione alla pubblicazione. Ricorre per cassazione il giornalista, lamentando che la Corte territoriale non aveva considerato che l’articolo pubblicato riportava il contenuto di un’intervista, e che pertanto il suo diritto di cronaca, neutrale rispetto alle esternazione del soggetto intervistato, non poteva subire limiti. Divulgazione lecita di una notizia lesiva della reputazione. La Corte di Cassazione è intervenuta ricordando e dando continuità all’orientamento ormai consolidato in giurisprudenza, secondo il quale la divulgazione di una notizia lesiva della reputazione può essere considerata lecita e come tale rientrante nel diritto di cronaca quando i fatti esposti sono veri, vi è un interesse pubblico alla conoscenza del fatto e, infine, vi sia correttezza formale dell’esposizione che non travalichi lo scopo informativo. Precisa il Collegio che, quando la cronaca abbia ad oggetto il contenuto di un’intervista, il requisito della verità deve essere apprezzato in termini di corrispondenza fra le dichiarazioni riportate dal giornalista e quelle effettivamente rese dall’intervistato, con la conseguenza che il giornalista, che non ha manipolato o elaborato le predette dichiarazioni, non può essere considerato responsabile di quanto affermato dall’intervistato. Nel caso di specie, ritiene la Cassazione, sussistendo l’interesse pubblico alla diffusione dell’intervista e non essendovi dubbi sulla fedeltà del testo pubblicato alle dichiarazioni rese dall’intervistato, non è ravvisabile alcuna responsabilità del giornalista. Pertanto, accoglie il ricorso, cassa la sentenza e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, decide la causa con il rigetto della domanda risarcitoria.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 16 luglio – 31 ottobre 2014, numero 23168 Presidente Amatucci – Relatore Sestini Svolgimento del processo Sul giornale L'Ora del 16.10.2001, venne pubblicata un'intervista rilasciata ad P.A. da Pa.Anumero segretario di un'associazione sindacale in cui si criticava la gestione dei punti vendita della GMC s.r.l. e si affermava - con riferimento al presidente del consiglio di amministrazione della società - che non ci vuole certo la laurea alla omissis come vanta avere M.A. per gestire così un'azienda. Basta farsi un giro nei quartieri spagnoli di Napoli . Il Tribunale di Palermo rigettò la domanda risarcitoria proposta dalla predetta GMC e da M.L. e A. in relazione al predetto articolo e ad altro del 21.4.2001. In parziale riforma della sentenza, la Corte di Appello di Palermo ha condannato P.A. e B.V. quest'ultimo quale direttore responsabile del quotidiano al risarcimento dei danni in relazione alla pubblicazione del 16.10.2001, liquidandoli in Euro 1.000,00, oltre interessi legali a far data dalla pubblicazione della sentenza. Ricorre per cassazione il P. , affidandosi a due motivi gli intimati non svolgono attività difensiva. Motivi della decisione 1. Col primo motivo, il ricorrente deduce insufficiente motivazione circa un fatto decisivo per il giudizio per avere la Corte attribuito al testo dell'articolo un significato del tutto inconciliabile con il suo effettivo contenuto assume, infatti, che il riferimento ai quartieri spagnoli di Napoli concerneva le modalità di gestione delle botteghe ivi esistenti, costituite da piccoli esercizi commerciali nella maggioranza a conduzione familiare per le quali non occorre, dunque, avere conseguito la laurea presso una prestigiosa università . 1.1. Sul punto, la Corte di Appello ha ritenuto fortemente offensivo il commento del giornalista laddove non si limita a riportare la laurea alla conseguita dal M. e a sottolineare l'insuccesso del predetto nell'attività imprenditoriale, nonostante il titolo conseguito in un'università prestigiosa, ma, con l'accenno alla frequentazione del predetto dei quartieri spagnoli di , notoriamente malfamati, evidentemente accusa il medesimo di condotte illecite o che rasentano l'illecito, offendendone l'onore e la reputazione . 1.2. La motivazione della Corte offre una lettura plausibile della frase e ne afferma - nel significato che ad essa attribuisce - l'idoneità ad offendere l'onore e la reputazione del M. si tratta di un accertamento di fatto che, in quanto sorretto da motivazione immune da vizi logici o giuridici, risulta incensurabile in sede di legittimità ex multis, Cass. numero 3284/2006 . Per parte sua, il P. si limita a proporre una diversa lettura, senza prospettare effettivi vizi motivazionali, in tal modo sollecitando la Corte a compiere un inammissibile apprezzamento di merito conforme alle proprie tesi difensive . Ne consegue l'inammissibilità del motivo. 2. Col secondo motivo violazione e falsa applicazione dell'articolo 2043 c.c. con riferimento all'articolo 595 c.c. , il ricorrente si duole che la Corte non abbia considerato che l'articolo pubblicato riportava il contenuto di un'intervista, cosicché il limite della verità doveva essere riferito non alla rispondenza dei dati forniti dall'intervistato alla verità fenomenica, ma al fatto che l'intervista si sia effettivamente svolta e che i concetti o parole riportati siano effettivamente rispondenti a quanto dichiarato dalla persona intervistata , con l'ulteriore conseguenza che il giornalista che abbia riportato opinioni manifestate in termini critici non subisce limiti al proprio diritto di cronaca ove sia rimasto neutrale rispetto alle esternazioni del soggetto interrogato . 2.1. È noto che, secondo l'orientamento consolidato di questa Corte, la divulgazione di una notizia lesiva della reputazione può essere considerata lecita e come tale rientrante nel diritto di cronaca quando 1 i fatti esposti sono veri, 2 vi è un interesse pubblico alla conoscenza del fatto, 3 vi sia correttezza formale dell'esposizione che non travalichi lo scopo informativo Cass. numero 6877/2000 . In relazione alla specifica ipotesi di espressioni diffamatorie contenute in un'intervista, si è precisato che, ove il giornalista si sia limitato a riportare senza modifiche o commenti le parole effettivamente dette dall1intervistato, presupposti per l'applicabilità dell'esimente del diritto di cronaca sono a la verità del fatto che l'intervistato abbia effettivamente formulato, nelle circostanze di tempo e di luogo indicate dal giornalista, le espressioni riportate, che è da escludersi quando, pur essendo vere le affermazioni riferite, ne siano dolosamente o colposamente taciute altre, idonee ad alterarne sostanzialmente il significato, ovvero quando, mediante accostamenti suggestivi di singole affermazioni dell'intervistato capziosamente scelte o a mutamenti dell'ordine di esposizione delle medesime, l'intervista venga a risultare presentata in termini oggettivamente idonei a creare nel lettore o nell'ascoltatore una in tutto o in – rilevante - parte falsa rappresentazione della realtà dalla medesima emergente b sussistenza, in relazione alla qualità dei soggetti coinvolti, alla materia in discussione o ad altri caratteri dell'intervista, di indiscutibili profili di interesse pubblico all'informazione Cass. numero 23366/2004 cfr. anche Cass. numero 2733/2002, Cass. numero 10686/2008 e Cass. numero 16917/2010 . Dando continuità a tale orientamento, ritiene il Collegio che, quando la cronaca abbia per oggetto immediato il contenuto di un'intervista, il requisito della verità vada apprezzato in termini di corrispondenza fra le dichiarazioni riportate dal giornalista e quelle effettivamente rese dall'intervistato, con la conseguenza che, laddove non abbia manipolato o elaborato le predette dichiarazioni in modo da falsarne - anche parzialmente - il contenuto , il giornalista non può essere chiamato a rispondere di quanto affermato dall'intervistato, sempreché ricorra l'ulteriore requisito dell'interesse pubblico alla diffusione dell'intervista. Altrettanto deve valere per il requisito della continenza, da intendersi rispettato ove il giornalista si sia limitato a riportare correttamente le dichiarazioni a prescindere dal contenuto delle stesse . 2.2. Atteso che, nel caso di specie, non è controversa la sussistenza dell'interesse pubblico alla diffusione dell'intervista valutato, ovviamente, in relazione al circoscritto ambito territoriale cui era rivolta la cronaca locale e non risulta posta in dubbio la fedeltà del testo pubblicato alle dichiarazioni rese dall'intervistato, deve ritenersi che la Corte territoriale non abbia fatto buon governo dei principi sopra richiamati, che - ove correttamente applicati - avrebbero dovuto comportare l'esclusione della responsabilità. Il motivo va dunque accolto, con cassazione della sentenza. 2.3. Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, con rigetto della domanda risarcitoria. 3. Le peculiarità della vicenda giustificano l'integrale compensazione delle spese di lite di tutti gradi di giudizio. P.Q.M. la Corte accoglie il secondo motivo del ricorso, cassa in relazione e, decidendo nel merito, rigetta la domanda e compensa le spese di lite di tutti i gradi di giudizio.