Non basta la presunta inerzia di un dipendente comunale a far chiudere un occhio per un’offesa

Perché la scriminate della ritorsione/provocazione possa trovare applicazione occorre che la persona offesa abbia posto in essere un fatto ingiusto, per tale intendendosi il comportamento lesivo di regole comunemente accettate nella civile convivenza.

E’ quanto sostenuto dalla Corte di Cassazione nella sentenza n. 39824, depositata il 25 settembre 2013. Il caso. Un imputato era stato condannato per il delitto di diffamazione - in danno di un responsabile delle attività produttive del comune - per avere indirizzato al sindaco e alla Direzione Generale della locale A.S.L. una lettera raccomandata nella quale attribuiva alla persona offesa una congenita stupidità . Contro tale decisione, l’imputato ha presentato ricorso per cassazione, dolendosi per il fatto che la lettera da lui contrassegnata con la dicitura riservata sia stata fatta circolare contro la sua volontà. Inoltre, il ricorrente ha lamentato l’omessa motivazione circa il diniego della scriminante della ritorsione/provocazione, ex art. 599 c.p., sebbene ricorressero i presupposti per la sua applicabilità, con riferimento agli indebiti ritardi nell’emissione dei provvedimenti interdittivi da lui richiesti a carico di un ristorante sottostante la propria abitazione. Per la Suprema Corte il ricorso è privo di fondamento. Estremi della comunicazione con più persone. Relativamente alla prima censura, gli Ermellini hanno ritenuto che quand’anche si ritenesse fondato l’assunto del ricorrente, sarebbe nondimeno innegabile la configurabilità del delitto di diffamazione per il fatto stesso che la raccomandata fosse indirizzata a più soggetti. Quanto alla denunciata carenza motivazionale, Piazza Cavour ha richiamato il principio giurisprudenziale secondo cui il giudice non è obbligato a motivare in ordine al rigetto di istanze improponibili per genericità o manifesta infondatezza. Infatti, secondo il S.C., nel caso in esame, le ragioni addotte dall’imputato sono manifestamente infondate, riguardando una pretesa inerzia dell’amministrazione comunale nei confronti delle reiterate richieste di chiusura di un ristorante da lui ritenuto dannoso per la propria salute. I giudici di legittimità hanno dichiarato che l’omesso immediato accoglimento, da parte di un funzionario comunale, della richiesta di un cittadino, il cui vaglio richieda una complessa attività istruttoria in via amministrativa, non costituisce un comportamento lesivo di regole accettate tale da giustificare l’applicazione della scriminante ex art. 599, comma 2, c.p. Alla luce di ciò, il ricorso è stato rigettato.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 26 marzo - 25 settembre 2013, n. 39824 Presidente Marasca – Relatore Oldi Ritenuto in fatto 1. Con sentenza in data 28 novembre 2011 il giudice di pace di Cagliari ha condannato A M. alla pena di legge per il delitto di diffamazione in danno di S S. , per avere indirizzato al sindaco di . e alla Direzione Generale e Servizi Amministrativi della locale A.S.L. una lettera raccomandata nella quale attribuiva alla persona offesa, quale responsabile delle attività produttive del Comune, una congenita stupidità. 2. Ha proposto ricorso per cassazione l'imputato, per il tramite del difensore, affidandolo a un solo motivo articolato in due censure. 2.1. Con la prima censura il ricorrente si duole che la lettera, da lui contrassegnata con la dicitura riservata”, sia stata fatta indebitamente circolare contro la sua volontà. 2.2. Con la seconda censura lamenta che il giudice di pace abbia omesso di motivare il diniego della scriminante di cui all'art. 599, comma secondo, cod. pen., sebbene ricorressero i presupposti per la sua applicabilità, quanto meno in via putativa, con riferimento agli indebiti ritardi nell'emissione dei provvedimenti interdittivi da lui richiesti a carico di un ristorante sottostante la sua abitazione. Considerato in diritto 1. Il ricorso è privo di fondamento e va disatteso. 1.1. Per quanto si riferisce, invero, alla prima delle censure elevate dal ricorrente, mette conto di rilevare che, quand'anche si ritenesse fondato l'assunto secondo cui la lettera dal contenuto offensivo non avrebbe dovuto essere conosciuta da persone diverse dai destinatari, in quanto contrassegnata dalla dicitura riservata” ma trattasi di deduzione in fatto, non verificabile in questa sede , sarebbe nondimeno innegabile la configurabilità del delitto di diffamazione per il fatto stesso che la raccomandata fosse indirizzata a più soggetti, e cioè al sindaco di Cagliari e agli organi apicali Direzione Generale e Servizi Amministrativi della locale A.S.L. in ciò ravvisandosi, in tutta evidenza, gli estremi della comunicazione con più persone, richiesta dall'art. 595 cod. pen. affinché posa dirsi integrato l'illecito di cui si tratta. 2. Quanto alla denunciata carenza motivazionale in ordine al diniego della scriminante di cui all'art. 599, comma secondo, cod. pen., va qui richiamato il principio giurisprudenziale - ripetutamele enunciato da questa Corte Suprema con riferimento al giudizio di appello, ma chiaramente applicabile anche a quello di primo grado - secondo cui il giudice non è obbligato a motivare in ordine al rigetto di istanze improponibili per genericità o per manifesta infondatezza Sez. 5, n. 4415 del 05/03/1999, Tedesco, Rv. 213114 Sez. 5, n. 7728 del 17/05/1993, Maiorano, Rv. 194868 . Nel caso di cui ci si occupa le ragioni addotte dall'imputato a giustificazione della propria condotta erano manifestamente infondate, riguardando una pretesa inerzia dell'amministrazione comunale nei confronti delle reiterate richieste, avanzate dal M. , di chiusura di un esercizio commerciale di ristorazione da lui ritenuto dannoso per la propria salute. 2.1. Perché l'invocata scriminante possa trovare applicazione occorre che la persona offesa abbia posto in essere un fatto ingiusto, per tale intendendosi il comportamento lesivo di regole comunemente accettate nella civile convivenza Sez. 5, n. 9907 del 16/12/2011 - dep. 14/03/2012, Conti, Rv. 252948 Sez. 5, n. 21455 del 11/03/2009, Cantatore, Rv. 243506 . Ciò non è certamente a dirsi dell'omesso immediato accoglimento, da parte di un funzionario comunale, della richiesta di un cittadino il cui vaglio richiedeva una complessa attività istruttoria in via amministrativa, da condursi nel rispetto dei diritti del controinteressato. Né giova al ricorrente prospettare l'applicabilità dell'esimente in via putativa, costituendo condizione ineludibile a tal fine il fatto che l'errore dell'agente cada su circostanze di fatto, e non già su valutazioni giuridiche della condotta altrui. 3. Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.