Le parafarmacie non sono farmacie: stop dall’UE alla vendita dei farmici soggetti a ricetta medica a carico del cittadino

L’articolo 49 TFUE deve essere interpretato nel senso che non osta ad una normativa nazionale, come quella in discussione nel procedimento principale, che riserva alle farmacie la vendita di medicinali soggetti a ricetta medica, ma posti a carico dell’acquirente. Chiarita e ribadita l’esegesi restrittiva del principio transfrontaliero nel caso in cui la lite si risolve all’interno del singolo Stato membro.

E’ questa la conclusione rassegnata dall’Avvocato generale della CGCE relativa ad un procedimento che riunisce tre ricorsi proposti da farmaciste, titolari di una parafarmacia ed instaurato in seguito alla domanda pregiudiziale del Tar della Lombardia in merito alla lite che le opponeva alle competenti ASL, vertente sull’interpretazione dell’art. 49 TFUE. Il caso. Il Tar Lombardia solleva la seguente questione pregiudiziale se i principi di libertà di stabilimento, di non discriminazione e di tutela della concorrenza di cui agli articoli 49 ss. TFUE ostano ad una normativa nazionale che non consente al farmacista, abilitato ed iscritto al relativo ordine professionale ma non titolare di esercizio commerciale ricompreso nella pianta organica [griglia territoriale], di poter distribuire al dettaglio, nella parafarmacia di cui è titolare, anche quei farmaci soggetti a prescrizione medica su ricetta bianca”, cioè non posti a carico del SSN ed a totale carico del cittadino, stabilendo anche in questo settore un divieto di vendita di determinate categorie di prodotti farmaceutici ed un contingentamento numerico degli esercizi commerciali insediabili sul territorio nazionale . La lite, però, cui hanno aderito Federfarma ed altri stati membri, verte principalmente sulla ricevibilità del ricorso, visto che la vertenza si esaurisce all’interno del singolo Stato membro e, apparentemente, non può essere ricondotta al diritto UE. Il ricorso è ricevibile se manca l’elemento transfrontaliero ? Si critica l’orientamento assunto dalla Corte fin troppo estensivo col rischio di snaturare la ratio del Trattato di Lisbona, chiedendone un intervento restrittivo. Infatti per un principio consolidato del diritto comunitario le disposizioni del Trattato sulle libertà fondamentali non sono applicabili ad attività che in tutti i loro elementi rilevanti si collocano all’interno di un solo Stato membro V., in particolare, le sentenze del 16 gennaio 1997, USSL numero 47 di Biella - C-134/95, Racc. pag. I-195, punto 19 - del 9 settembre 1999, RI.SAN – C-108/98, Racc. pag. I-5219, punto 23 - del 21 ottobre 1999, Jägerskiöld – C-97/98, Racc. pag. I-7319, punto 42- e del 22 dicembre 2010, Omalet – C-245/09, Racc. pag. I-13771, punto 12 . Sul punto sussiste un forte contrasto giurisprudenziale della CGCE. Secondo l’opinione maggioritaria e concorde il carattere transfrontaliero sussiste anche quando essa, pur risolvendosi all’interno di un singolo stato, può avere effetti su paesi terzi caso Blanco Perez del 1/6/10 C-570/07 . In quest’ultimo si ribadiva che in forza dell’articolo 52, paragrafo 1, TFUE, la tutela della sanità pubblica figura tra le ragioni imperative di interesse generale che possono giustificare restrizioni alla libertà di stabilimento. Più precisamente, restrizioni alla libertà di stabilimento possono essere giustificate dallo scopo di garantire un rifornimento di medicinali alla popolazione sicuro e di qualità . Questa esigenza costituisce quindi un un motivo imperativo d’interesse generale su cui fondare una questione pregiudiziale. È questa la tesi accolta nella fattispecie. Coerenza dell’elemento transfrontaliero con la tutela delle libertà fondamentali. Un’altra, invece, pur riconoscendo la compatibilità di questo elemento con le libertà fondamentali garantite dal Trattato di Lisbona, ribadisce l’irricevibilità della domanda qualora la situazione di fatto all’origine del procedimento pendente dinanzi al giudice del rinvio non presenti alcun nesso con l’esercizio di una libertà fondamentale , perché la questione della compatibilità del diritto nazionale con quello UE è ipotetica e, perciò, la decisione della Corte sarebbe ininfluente sull’ emettenda sentenza, anzi ciò snaturerebbe la funzione stessa del Trattato art. 267 TFUE , perché introdurrebbe un’ermeneutica troppo estensiva, creando un mercato senza regole Hünermund e a. C-292/92 e CaixaBank France C-442/02 . La natura della misura nazionale restrittiva determina la ricevibilità del ricorso. Un’altra tesi afferma che la competenza della Corte riguarda tutti i casi in cui questo elemento è reale e diretto e quelli in cui la compressione del mercato interno nuoccia anche ad un operatore esterno che voglia trasferire la sua attività in quella nazione. Più precisamente nella misura in cui sussistano motivi sufficienti per ritenere che una normativa nazionale sia idonea a produrre effetti transfrontalieri rilevanti, per esempio, ai sensi degli articoli34, 35, 45, 49, 56 oppure 63 TFUE, tale normativa rientrerà perfettamente nell’ambito di applicazione di dette disposizioni , sì che la questione è ricevibile. Infine un altro filone giurisprudenziale, coerente con questa esegesi, stabilisce che sono la natura e il contenuto della misura nazionale e non i fatti all’origine del procedimento principale, a determinare se la Corte risolverà le questioni pregiudiziali sottopostele . Ciò vale anche se il fatto contestato non è riconducibile al diritto UE . Quanto sopra è opponibile anche nei casi in cui il fatto si basi su norme non riconducibili al diritto UE, ma applicabili in virtù del diritto nazionale, che ha adottato, per le situazioni di carattere interno, un approccio identico a quello del diritto dell’Unione è un’applicazione indiretta delle norme Ue tramite un rinvio, implicito od esplicito, da parte dell’ordinamento interno dei singoli Stati membri v. sentenze Allianzk,Thomasdünger e Guimont . Quadro Normativo. La legge numero 468/1913 definisce la prestazione di servizi farmaceutici come un’ attività primaria dello Stato”, che poteva essere esercitata solo attraverso le farmacie comunali oppure a mezzo di concessione governativa ai privati farmacisti . Successivi decreti stabilivano una griglia territoriale su cui esercitare la professione e che solo le farmacie potevano vendere i farmaci art. 122 r.d. 1265/34 . La L. numero 537/93 ha proceduto alla riclassificazione delle specialità medicinali in base alle seguenti classi A farmaci essenziali e farmaci per malattie croniche B farmaci, diversi da quelli di cui alla lettera A , di rilevante interesse terapeutico e C , farmaci diversi da quelli rientranti nelle classi A e B . Ai sensi dell’articolo 8, comma 14, della legge numero 537/1993 i farmaci collocati nelle classi A e B sono a totale carico del Servizio sanitario nazionale mentre, i farmaci collocati nella classe C sono a totale carico del cliente . L’art. 85 L. numero 388/00 aboliva la fascia B e l’art. 1 L. numero 311/04 istituiva una nuova fascia, la C bis, in cui rientravano i c.d. prodotti da banco acquistabili senza ricetta e che si distinguevano da quelli di fascia C acquistabili con una ricetta in bianco ed a totale carico dell’acquirente. Si ricordi che le parafarmacie sono state istituite dal Decreto Bersani, che ne consente l’apertura anche all’interno dei supermarket, di stazioni di servizio etc., limitando l’esercizio ai soli farmacisti ne deve essere obbligatoriamente presente uno nel punto vendita . La L. numero 214/11 ha ampliato la categoria di prodotti commercializzabili da questi esercizi consentendo la vendita di tutti i farmaci di fascia C. Le parafarmacie non sono farmacie! La Corte Costituzionale C. Cost. nnumero 430/07, 87/06 e 27/03 e le richiamate sentenze della CGCE Blanco Perez e Sbarigia del 1/7/10 C-393/08 sui limiti all’orario di apertura delle farmacie ed all’esercizio della professione di veterinario hanno evidenziato l’assoluta incompatibilità di queste due attività. In primis la parafarmacia non è soggetta agli oneri legali e di pubblicità delle farmacie, come le norme sulla tracciabilità dei farmaci. La farmacia svolge una funzione primaria di tutela alla salute e di servizi farmaceutici, volti a garantire ovunque un approvvigionamento di medicinali adeguato e di qualità . Infine l’apertura di nuove parafarmacie e la possibilità di vendere i medicinali richiesti, soggetti a prescrizione medica, falserebbe il mercato interno sottraendone illegittimamente una parte alle farmacie Tar Firenze ord. 351/13 confermati i provvedimenti del responsabile dell’ufficio SUAP di condanna di una società titolare di alcune parafarmacie nel grossetano perchè l’insegna era ingannevole sulla reale attività esercitata . Ergo , come detto, le restrizioni previste dalla normativa italiana sono legittime e conformi al diritto UE.

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