Confisca «allargata»: un’interpretazione costituzionalmente orientata per la tutela del terzo

Nel caso di confisca, disposta ex art. 12 sexies, l’istanza avanzata dal terzo in sede di esecuzione, siccome portata da soggetto che non ha partecipato al processo di cognizione, se non già esaminata dal giudice di merito, ben può portare all’ingresso di nuovi elementi – secondo una interpretazione costituzionalmente orientata delle norme – volti a elidere in tutto od in parte gli effetti di un provvedimento ablativo, adottato senza contraddittorio con il terzo interessato.

Questo il principio affermato dalla I Sezione Penale della Corte di Cassazione, nella sentenza n. 30738, depositata il 17 luglio 2013. Alle origini della confisca allargata”. L'art. 12 sexies, legge n. 356/92 è stato introdotto con il D.L. n. 399 del 20 giugno 1994 convertito con modificazioni dalla legge n. 501 del 1994, a seguito dell'intervento della Corte Costituzionale con cui si era dichiarata l'illegittimità costituzionale dell'art. 12 quinquies, comma 2, legge n. 356/92. Detta norma, infatti, puniva con la reclusione da uno a cinque anni coloro, nei cui confronti erano svolte indagini per determinati delitti di criminalità organizzata e rilevante allarme sociale riciclaggio, usura, estorsione, stupefacenti , che, anche per interposta persona fisica o giuridica, risultassero essere titolari od avere la disponibilità a qualsiasi titolo di denaro, beni o altre utilità di valore sproporzionato al proprio reddito, dichiarato ai fini delle imposte sul reddito, o alla propria attività economica e dei quali non potessero giustificare la legittima provenienza. Tale disposizione venne riconosciuta incostituzionale con sentenza n. 48 del febbraio 1994. La Corte, in primis , rilevò la violazione del principio di non colpevolezza di cui all'art. 27 della Costituzione, poiché l'essere indiziati per taluni reati non può automaticamente significare che la sproporzione tra beni posseduti e reddito dichiarato sia frutto di attività illecita e non può, quindi, costituire una fattispecie incriminatrice inoltre si evidenziò che l'onere della prova in questa ipotesi di reato risultava di fatto a carico dell'imputato, il quale doveva dimostrare la legittima provenienza del patrimonio incriminato, con conseguente violazione del canone costituzionale della presunzione di innocenza, che pone a carico della pubblica accusa l’onere di provare la fondatezza della stessa. L’introduzione dell’art. 12 sexies . Il legislatore quindi, mosso da identiche ragioni di politica criminale, ha introdotto, a seguito della menzionata pronuncia di incostituzionalità dell’art. 12 quinquies , l'art. 12 sexies , con cui si è voluto colpire, attraverso una misura di carattere patrimoniale, le grandi ricchezze illecitamente accumulate, anche per interposta persona, dalla criminalità organizzata o dagli autori di reati di particolare allarme sociale. L'art. 12 sexies a differenza del 12 quinquies non prevede ora un fattispecie incriminatrice, ma una misura di carattere patrimoniale, ossia una nuova forma di confisca di patrimoni. La peculiarità di tale forma di confisca sta nel rapporto tra il reato e i beni sottoponibili a confisca, detta per l’appunto allargata”. Infatti, il sequestro preventivo e la successiva confisca dei beni patrimoniali, previsti dall'articolo 12 sexies, non sono subordinati all'accertamento di un nesso eziologico come accade per le forme tradizionali di confisca tra i reati tassativamente enunciati nella norma di riferimento e i beni oggetto della cautela reale e del successivo provvedimento ablatorio, dal momento che il legislatore ha operato una presunzione di provenienza illecita del patrimonio, senza distinguere se tali beni siano, o non siano, derivati dal reato per il quale si procede o sia stata inflitta la condanna. Ne consegue che non è necessaria la sussistenza di alcun nesso di pertinenzialità tra i beni e i reati ascritti al soggetto, bensì occorre la sussistenza di un più blando vincolo pertinenziale, di significato peculiare e più ampio, tra il bene e l'attività delittuosa facente capo al soggetto, connotato dalla mancanza di giustificazione circa la legittima provenienza del patrimonio nella disponibilità del soggetto. L’art. 12 sexies e la tutela dei terzi. Per quanto riguarda la posizione dei terzi che vantino diritti su beni sottoposti a sequestro preventivo finalizzato alla confisca allargata, l'art. 12 sexies non contempla alcuna tutela diretta di questi soggetti intestatari dei beni, ma estranei al procedimento, come invece previsto dall'art. 2 ter comma 5, l. 575/1965 in tema di confisca antimafia , in cui il terzo può intervenire nel procedimento, svolgere le proprie deduzioni in camera di consiglio e chiedere l'acquisizione di ogni elemento utile ai fini della decisione sulla confisca. Si applicheranno, quindi, le norme del codice di procedura penale, che riguardano la misura di sicurezza patrimoniale della confisca penale. Il terzo estraneo può, dunque, far valere i propri diritti sulle cose confiscate proponendo incidente di esecuzione ai sensi degli artt. 665 c.p.p. e ss e, nel corso del processo, attraverso il riesame o l’appello contro il provvedimento di sequestro. Dopo il passaggio in giudicato della sentenza e, dunque, a confisca disposta, l'art. 676 comma 1 c.p.p. stabilisce che il giudice dell'esecuzione è competente anche sulla confisca penale, e, al comma 2, dispone che qualora vi sia controversia sulla proprietà delle cose confiscate si applica l'art. 263 comma 3 c.p.p., in virtù del quale il giudice rimette la risoluzione della controversia al giudice civile del luogo competente in primo grado, mantenendo nel frattempo il sequestro. Il caso esaminato dalla Corte. Nel caso in esame il ricorrente, quale terzo estraneo al reato, aveva chiesto alla Corte di Appello, quale giudice della esecuzione di un procedimento penale conclusosi con la condanna del proprio padre, la restituzione di un conto corrente, formalmente intestato al ricorrente, ma ritenuto nel giudizio di merito quale bene aziendale e, quindi, sottoposto a confisca allargata” a seguito della intervenuta condanna del padre titolare della azienda incriminata. La domanda di restituzione era stata rigettata dalla Corte di Appello, con ordinanza pronunciata senza formalità ex art 667 comma 4 c.p.p., in quanto aveva ritenuto quel conto corrente non sottoposto a confisca. In sede di opposizione proposta avanti allo stesso giudice, a seguito di avvenuta conferma da parte degli amministratori giudiziari che quel conto fosse in effetti sottoposto a vincolo, la domanda era stata comunque rigettata in quanto nella opposizione il richiedente aveva specificato che intendeva ottenere la restituzione di una parte della somme ivi versate derivanti dal disinvestimento di titoli acquistati a seguito di un cospicuo risarcimento danni ottenuto a seguito di un grave sinistro stradale occorso al medesimo. La corte di Appello aveva respinto la richiesta, osservando in via preliminare che il ricorrente, avendo mutato la propria domanda, aveva operato una mutatio libelli , non ammessa in sede di opposizione, e che comunque non poteva porsi in discussione quanto già acclarato con sentenza passata in giudicato. Avverso il rigetto della opposizione propone ricorso l’interessato, evidenziando come, sin dalla originaria richiesta di restituzione, egli avesse evidenziato la provenienza delle somme custodite sul conto corrente e, nel merito, il fatto che egli, come terzo, non era stato posto in grado di partecipare e, dunque, di esercitare un contraddittorio nel corso del processo celebratosi nei confronti del di lui padre. La decisione degli Ermellini la tutela del terzo di fronte alle nuove confische”. I giudici della Suprema Corte, dopo aver superato la questione preliminare affermando come non di vietata mutatio libelli in sede di opposizione potesse parlarsi nel caso di specie, ma di mera specificazione della domanda di restituzione comunque già proposta dal richiedente, si pongono il problema di quale tutela sia riconosciuta nel nostro ordinamento ad un terzo che si affermi titolare di bene sottoposto a confisca nel corso di procedimento penale rispetto al quale egli sia rimasto totalmente estraneo. La questione è, invero, di assoluta rilevanza e si porrà con sempre maggiore evidenza atteso che le c.d. nuove forme di confisca dalla confisca antimafia, alla confisca allargata, alla confisca per equivalente da un lato prescindono da un nesso di stretta pertinenzialità eziologica del bene con il reato, dall’altro lato assoggettano a vincolo anche beni non di proprietà del reo o del proposto, essendo sufficiente che costui ne abbia la disponibilità. Il rischio, pertanto, che il provvedimento ablatorio – abbia lo stesso natura sanzionatoria o di misura di prevenzione – vada ad incidere su beni di proprietà del terzo estraneo al reato è rilevantissimo, con conseguente imprescindibile necessità di garantire anche a tale soggetto una tutela. Proprio sul punto allora, osservano gli Ernellini, deve evidenziarsi come solo il procedimento della confisca antimafia la cui disciplina è ora trasfusa nella legge n. 159/2011 riconosca e garantisca una partecipazione e dunque una tutela alla posizione giuridica del terzo intestatario di beni sequestrati nel processo penale, mentre tale tutela non sia prevista né nel caso della confisca allargata oggetto del caso in esame , né nel caso della confisca per equivalente. E’ evidente allora, prosegue la Corte, che onde non incorrere in incostituzionali disparità di trattamento, in difetto di un intervento del legislatore sul punto, deve essere riconosciuta comunque tutela al terzo titolare di beni sottoposti a sequestro o confisca allargata, ricorrendo ad una interpretazione costituzionalmente orientata delle norme vigenti che riconoscono al terzo possibilità di contraddittorio, nel corso del procedimento penale attraverso le forme del riesame o dell’appello reale ed, una volta passata in giudicato la sentenza, attraverso l’indicente di esecuzione. E’ quindi proprio nella sede di esecuzione che il terzo ben potrà – senza che si incorra in violazione della intangibilità del giudicato – fare valere nuovi argomenti, non valutati nel giudizio di merito in cui non è stato contraddittore, tesi a sottrarre al vincolo ablatorio il bene di cui egli si afferma titolare. Sulla base di tale premesse la Corte annulla l’impugnata ordinanza invitando il giudice del rinvio a compiutamente disaminare le risultanze del conto corrente onde accertare se trattavasi, effettivamente, di bene aziendale e dunque assoggettabile a confisca, ovvero di bene personale del terzo estraneo al reato cui spetterebbe pertanto, anche in sede di esecuzione, la restituzione.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 20 giugno - 17 luglio 2013, numero 30738 Presidente Bardovagni – Relatore Magi Ritenuto in fatto 1. In data 22.6.2012 la Corte d'Appello di Catanzaro, quale giudice dell'esecuzione, decidendo avverso l'opposizione proposta da C.A. al provvedimento emesso de plano in data 23.3.2012, confermava il diniego alla restituzione di un rapporto di conto corrente numero intrattenuto dal C. con la filiale B.N.L. di omissis . In motivazione, premessa la qualità di terzo” rivestita da C.A. nel procedimento penale tenutosi a carico del padre C.F. , si specificava che il conto in questione era da ritenersi sequestrato e confiscato nel procedimento a carico di C.F. in virtù della sua natura di bene aziendale” con particolare riferimento alla attività del omissis ”. Tale natura era stata confermata dagli amministratori giudiziari nominati nel corso del procedimento pur essendo formalmente il contratto di conto corrente riferito a C.A. quale persona fisica . Inoltre la Corte territoriale prendeva atto di una modifica dei contenuti della richiesta di restituzione formulata in sede di opposizione consistente nella indicazione non più del conto corrente in quanto tale ma della somma di denaro pari ad Euro 52.167,03 confluita su detto conto in virtù del disinvestimento di titoli - ma riteneva di non potersi pronunziare sul punto in virtù della necessaria corrispondenza tra l'oggetto della richiesta originaria” il conto corrente in quanto tale e i poteri del giudice dell'esecuzione in sede di decisione sulla opposizione al primo diniego. 2. Ha proposto ricorso per cassazione C.A. con distinti motivi - redatti dal difensore - con cui si denunzia violazione di legge e vizio di motivazione del provvedimento impugnato. Con il primo motivo si sostiene la intervenuta violazione dei limiti del giudicato in riferimento alla avvenuta qualificazione in termini di bene aziendale” del conto corrente in questione, posto che in sede di cognizione nulla sarebbe stato statuito sul punto. Con il secondo il ricorrente evidenzia la sostanziale assenza di motivazione del provvedimento emesso in sede di opposizione, basato su una erronea interpretazione dei contenuti della opposizione medesima. Con successiva memoria, il ricorrente ha ribadito l'interesse alla restituzione del rapporto di conto corrente a lui intestato, non essendo mai Intervenuta una espressa statuizione di sequestro e confisca in merito e contestando nuovamente la qualificazione di bene aziendale del medesimo in riferimento alle attività del omissis . Considerato in diritto 1. Il secondo motivo di ricorso è fondato e conduce all'annullamento con rinvio del provvedimento impugnato. Conviene tuttavia premettere all'analisi della vicenda procedimentale talune considerazioni di catattere generale. Va considerato, in particolare, che il soggetto terzo” i cui beni - come nel caso in esame - siano oggetto di un sequestro finalizzato alla confisca ai sensi degli artt. 321 cod. proc. penumero e 12 sexies legge 7.8.1992 numero 356 non prende parte, per definizione, al momento cognitivo di carattere penale, che si svolge esclusivamente nei confronti del soggetto accusato” del c.d. reato-spia” 416-bis, 644, 629 cod. penumero ed altri sulla base della condizione di riferibilità” dei beni a quest'ultimo. Ciò pone - anche in riferimento alla diversa disciplina originariamente contenuta nella legge numero 575 del 31.S.1965 in tema di misure di prevenzione patrimoniali, ora trasfusa nel d.lgs. 6.9.2011 numero 159 - una concreta questione di tutela” della posizione giuridica del terzo intestatario di beni sequestrati nel procedimento penale, stante la obiettiva disparità di trattamento di posizioni giuridiche sostanzialmente uguali. A fronte della intervenuta limitazione del diritto di proprietà, operata con il sequestro ed in funzione della possibile ablazione confisca il terzo indirettamente coinvolto per rapporti con il proposto nel procedimento di prevenzione è chiamato - infatti - dal Tribunale ad intervenire nel procedimento e può - anche con assistenza difensiva - operare controdeduzioni e chiedere l'acquisizione di ogni elemento utile ai fini della decisione sulla confisca” art. Iter comma 5 legge 575 del 1965, attuale art. 23 d.lgs. 159 del 2011 . Trattasi del riconoscimento di una componente essenziale del diritto di difesa diretta espressione del principio di cui all'art. 24 Cost. assimilabile al diritto alla prova”, pur nella struttura semplificata del processo di prevenzione, che contribuisce a rendere sistematicamente giusta” la decisione finale, coinvolgente i diritti del terzo. Ciò non accade nel procedimento penale ove detta forma di intervento non è prevista e dove le possibili ragioni” del soggetto terzo vengono affidate in via esclusiva alla rappresentazione che può farne l'imputato e il suo difensore. Le ragioni specifiche del terzo” possono, in particolare, essere autonomamente rappresentate esclusivamente tramite l'incidente di esecuzione - essendo pacifica l'impossibilità per il terzo di impugnare autonomamente il capo della sentenza riguardante la confisca Sez. III, numero 23926 del 27.5.2010, rv 247797 - o, nel corso del procedimento, attraverso il rimedio incidentale avverso il sequestro rappresentato dal riesame o dall'appello reale art. 322 e 3220/s cod. proc. penumero . Ora, è evidente che tale condizione - al di là di possibili interventi normativi tesi ad una parificazione degli strumenti giuridici di tutela - pone, allo stato attuale della normazione, la necessità di tener conto della particolare qualità del soggetto istante in tutte le procedure esecutive penali ove a fronte del giudicato in tema di confisca l'istanza valutata ai sensi dell'art. 676 comma 1 cod. proc. penumero e, in caso di opposizione ai sensi dell'art. 667 comma 4 venga proposta da soggetto che, in quanto terzo, non ha partecipato in prima persona all'intera fase cognitiva. In particolare, è da ritenersi che lì dove la questione posta dal terzo non sia stata esaminata espressamente nel giudizio che ha dato luogo alla confisca per non essere stata posta dalla difesa dell'imputato, né valutata in via incidentale in un procedimento di impugnazione del sequestro una interpretazione costituzionalmente orientata” delle norme di riferimento debba portare ad un favor per l'ingresso nel quadro conoscitivo di nuovi elementi di fatto, lì dove gli stessi appaiano effettivamente rilevanti alla scopo di elidere o limitare gli effetti di un provvedimento ablativo non assunto in contraddittorio con uno dei contrainteressati. 1.2 Ciò posto, risulta dagli atti e dal ricorso che a pacificamente C.A. è da ritenersi terzo estraneo al reato” nell'ambito del procedimento penale svoltosi in danno, tra gli altri, di C.F. b la questione relativa all'ambito oggettivo del provvedimento di confisca - per quanto concerne il conto corrente numero XXXX intestato a C.A. - non risulta mai posta in precedenza, tanto che all'esito della prima istanza la stessa Corte d'Appello territoriale emetteva un provvedimento datato 31.1.2012 in cui affermava che il bene del quale oggi si chiede la restituzione non risulta sottoposto a vincolo” dichiarando non luogo a provvedere sull'istanza c solo a seguito di nota di chiarimento redatta dagli amministratori giudiziari in data 22.2.2012 resa necessaria dalla tecnica di redazione del dispositivo di sentenza di primo grado che non individua singolarmente i beni confiscati facendo generico riferimento a quanto in sequestro in danno, tra gli altri, di C.A. , il che rendeva necessario riferirsi ai contenuti del decreto emesso in data 2.7.2007 dal Gip la Corte rettificava l'originaria affermazione e riteneva che il conto in questione andasse qualificato come bene aziendale in relazione all'attività del Motel Sybaris oggetto di confisca provvedimento emesso - ai sensi dell'art. 676 cod. proc. penumero in data 23.3.2012 . Ora, va tuttavia rilevato che già in sede di prima istanza la difesa aveva rappresentato che su detto conto in data 23.11.2004 poco più di due anni prima del sequestro era stato versato da C.A. un titolo relativo alla liquidazione in suo favore di un sinistro stradale che ha comportato lesioni gravissime per un importo pari ad Euro 460.000,00. Sul punto non solo non si rinviene motivazione alcuna - circa l'impiego di dette somme per finalità aziendali il che giustificherebbe la successiva confisca o circa l'esistenza di un residuo che spetterebbe, in virtù della legittima provenienza, a C.A. - nel primo provvedimento, ma la Corte d'Appello investita di opposizione ai sensi dell'art. 667 comma 4 cod. proc. penumero non affronta il tema relativo ad una domanda subordinata, rappresentata dallo svincolo” quantomeno della somma pari ad Euro 52.167,03 confluita sul conto in costanza di sequestro in virtù del disinvestimento di titoli correlati alla provvista” versata in data 23.11.2004. Circa tale aspetto, la Corte territoriale nel provvedimento oggi impugnato ha ritenuto di non potersi pronunziare in virtù del fatto che il ricorrente avrebbe – in tal modo - mutato l'oggetto della originaria istanza su cui era stato emesso il primo provvedimento reiettivo in data 23.3.2012. Si cita, a sostegno della decisione, la massima relativa a Sez. I 2.12.2008 numero 47537. Va tuttavia osservato che tale interpretazione non può essere condivisa. Vi è, sul punto, una prima ragione di ordine strettamente logico la richiesta originaria pur menzionando - in quanto tale - il rapporto intrattenuto da C.A. con l'istituto bancario già faceva riferimento al versamento sul conto in questione - per inferirne la natura di bene personale - delle somme liquidate a C.A. in virtù dell'Incidente stradale e, pertanto, il tema era stato già introdotto - in fatto - dal soggetto istante, pur se nel primo provvedimento non risulta espressamente affrontato. Inoltre, anche da un punto di vista giuridico - formale, va detto che una istanza di più ampia portata quella relativa alla restituzione dell'intero residuo giacente sul conto corrente ben può essere oggetto di una subordinata tesa a ridurne il contenuto il solo disinvestimento dei titoli correlati al versamento del 2004 senza che ciò comporti una modifica sostanziale dell'oggetto della decisione” ed in ciò la citazione operata nel provvedimento impugnato della massima rv. 242077 Sez. I numero 47537 del 2008 risulta fuorviante. Il caso allora posto all'attenzione di questa Corte riguardava, per quanto qui rileva, una originaria richiesta del P.M. di applicazione dell'indulto ricompresa in un primo provvedimento di cumulo su cui era intervenuta una richiesta dell'interessato tesa a rinunziare al beneficio. A seguito dell'accoglimento di tale richiesta il giudice dell'esecuzione aveva rigettato l'istanza del P.M. che, tuttavia, in sede di opposizione aveva provveduto a rielaborare il decreto di cumulo con inserzione di ulteriori condanne riproponendo - ma in misura maggiore - la richiesta applicativa dell'indulto. È evidente che in un caso del genere - di cui è facile cogliere la diversità con quello qui in esame - questa Corte censurò la mutato libelli” operata dal P.M. in sede di opposizione nuovo decreto di cumulo - innalzamento della pena da dichiararsi condonata e la relativa decisione del giudice dell'esecuzione. Ben poteva, pertanto, la difesa del C. in sede di opposizione circoscrivere l'oggetto della domanda e, su tale aspetto, il provvedimento impugnato non fornisce, volutamente, risposta. Va pertanto disposto annullamento con rinvio dell'ordinanza impugnata. 1.3 L'accoglimento del secondo motivo di ricorso preclude l'esame del primo motivo e ciò anche in virtù della necessità di non comprimere l'esercizio dei poteri valutativi spettanti alla Corte d'Appello in sede di rinvio, dovendosi realizzare - secondo le linee valutative sin qui esposte - una accurata verifica delle movimentazioni relative al rapporto di conto corrente tra il 23.11.2004 e la data del sequestro, allo scopo di qualificare in via definitiva la natura di bene personale o di bene aziendale del residuo. P.Q.M. Annulla il provvedimento impugnato e rinvia per nuovo esame alla Corte d'Appello di Catanzaro.