Previsioni urbanistiche e pretese del privato: il Comune non è obbligato

Non sussiste alcun obbligo, in capo all’amministrazione comunale, di prendere in esame l’istanza di variazione del p.u.c. durante il suo periodo ordinario di vigenza. Di conseguenza, la trattazione dell’istanza da parte del Comune, non obbligata, non implica alcun onere motivazionale.

Lo ha affermato il Consiglio di Stato con la sentenza numero 3623/13, depositata lo scorso 9 luglio, con cui ha altresì precisato che l'istanza del privato, in sostanza, altro non è che una mera proposta costituente espressione della facoltà collaborativa dei cittadini nei procedimenti pianificatori generali. La fattispecie. In sede di pianificazione urbanistica, le scelte relative alla destinazione di singole aree non necessitano di apposita motivazione, salvo che sussistano particolari situazioni che abbiano creato aspettative o affidamenti in favore di soggetti, le cui posizioni appaiano meritevoli di specifica considerazione. Che, nel caso posto all'attenzione della Sezione non erano ravvisabili, con conseguente inapplicabilità della disciplina della motivazione degli atti amministrativi di cui all’articolo 7 l. prov. numero 7/1993, essendone esentati gli atti a contenuto generale e, dunque, anche quelli pianificatori generali . In sostanza, è rimessa alla valutazione discrezionale della pubblica amministrazione la modificazione di una destinazione di zona disposta da uno strumento urbanistico in vigore, per cui non è configurabile un obbligo di provvedere sull’istanza del proprietario di un fondo a che il comune ne modifichi la destinazione urbanistica Cons. Stato, V, numero 1810/2002, con riguardo all’ordinamento urbanistico provinciale di Bolzano . Nel caso specifico la richiesta era tesa ad ottenere il mutamento di destinazione urbanistica dell'area da zona boschiva in zona residenziale di espansione C1. Il Collegio ha osservato che l’iniziativa pianificatoria urbanistica generale è rimessa al potere dell’amministrazione territoriale, mentre nessun potere vincolante d’iniziativa spetta al privato cittadino, la cui istanza, nel caso di specie, è stata fatta propria dall’amministrazione comunale, la quale si è determinata di trattarla e di recepirla come proposta sottoposta al vaglio del Consiglio comunale, dando luogo alla procedura di adozione/approvazione di una variante al p.u.c., ai sensi dell’articolo 21 l. urb. prov., soggetta alla disciplina generale che presiede all’adozione/approvazione dello strumento urbanistico generale, di cui ai precedenti articolo 19 e 20. Procedimento corretto . Solo a tali limitati fini, in sostanza, era necessaria la predisposizione della documentazione tecnica, richiesta dal Comune ai ricorrenti, con la quale ai medesimi era stato comunicato il parere negativo espresso dalla giunta comunale sul cambio di destinazione urbanistica richiesto dai ricorrenti e motivato da ragioni di tutela paesaggistica. E con la quale gli stessi ricorrenti erano stati resi edotti della possibilità di dare impulso ad una procedura di variazione del p.u.c. con la presentazione dei documenti tecnici all’uopo necessari, da sottoporre al vaglio del Consiglio comunale qualora il Comune avesse fatto propria la proposta, secondo la sopra delineata disciplina generale dell’adozione/approvazioni di varianti al p.u.c. . In altri termini, ha precisato la Sezione, da tale richiesta non si poteva scorgere la creazione di un’aspettativa qualificata di affidamento implicante un particolare onere motivazionale, attesa la persistente riconducibilità dello stesso avvio del procedimento pianificatorio all’iniziativa ufficiosa dell’ente territoriale, rispetto alla quale l’istanza dei ricorrenti si poneva quale mero momento occasionale d’impulso esterno. In pratica, il p.u.c del Comune di Appiano approvato con deliberazione della giunta provinciale numero 2422 del 4 luglio 2005, nella parte in cui non ha previsto nuove zone residenziali di espansione con riserva di inserirne in futuro in caso di comprovata necessità, non può essere interpretato come introduttivo di un procedimento sui generis che abbia subordinato l’adozione di varianti al p.u.c. alla previa istanza di privati, essendosi tale previsione di piano semplicemente limitata ad introdurre un elemento di flessibilità nell’esercizio del potere pianificatorio urbanistico generale con riguardo ad eventuali mutamenti del fabbisogno di volumetria residenziale nel corso del periodo ordinario di vigenza del p.u.c., lasciando immutata la generale disciplina procedimentale di cui agli articolo 21, 19 e 20 l. urb. prov Democrazia partecipativa. In ogni caso, l’impugnata deliberazione consiliare doveva ritenersi sorretta da adeguata motivazione, laddove richiama per relationem i pareri, in prevalenza negativi, espressi dai rappresentanti locali delle parti sociali maggiormente rappresentative livello provinciale, acquisiti ai sensi dell’articolo 19, comma 1, l. urb. prov. ad es., il parere del 19 maggio 2008 dell’associazione dei coltivatori diretti, che pone in rilievo l’eccessiva distanza dal centro abitato e l’impatto paesaggistico ed idrogeologico della proposta modifica di destinazione .

Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 22 marzo – 9 luglio 2013, numero 3623 Presidente Severini – Estensore Lageder Fatto e diritto 1. Con la sentenza in epigrafe, il Tribunale regionale di giustizia amministrativa, Sezione autonoma di Bolzano, respingeva a spese compensate il ricorso numero 325 del 2008, proposto dai coniugi Vieider Reinhold e Helm Rita Vieider avverso i seguenti atti del Comune di Appiano i la deliberazione del consiglio comunale numero 44/R del 25 giugno 2008, con la quale era stata respinta l’istanza dei ricorrenti – nella loro qualità di comproprietari delle pp.ff. 5978/1 e 5978/6 in P.T. 3551/II C.C. Appiano, di complessivi mq 5.842, ubicate in adiacenza alla c.d. strada del vino nel tratto Cornaiano - Frangarto, in parte in fascia di rispetto stradale e in parte in zona boschiva –, tesa ad ottenere il mutamento di destinazione urbanistica della area corrispondente alle citate particelle fondiarie da zona boschiva in zona residenziale di espansione C1 ii la nota del 17 luglio 2008 dell’assessore comunale all’urbanistica, contenente un sunto delle ragioni, per le quali gli organi comunali giunta e consiglio comunale , recependo i pareri delle organizzazioni rappresentative delle parti sociali acquisiti ai sensi dell’articolo 19 l. prov. 11 agosto 1997, numero 13 l. urb. prov. , si erano espressi negativamente sull’istanza dei ricorrenti distanza eccessiva dal centro abitato sussistenza di una fascia boschiva tipica, di valore paesaggistico, a delimitazione dalla strada mancanza di fabbisogno di ulteriori insediamenti residenziali a Cornaiano . L’adito Tribunale regionale di giustizia amministrativa, in particolare, escludeva la natura provvedimentale della nota sub ii , costituente mera comunicazione esplicativa e riassuntiva delle ragioni del mancato accoglimento dell’istanza di variazione del piano urbanistico comunale presentata dai ricorrenti, ed affermava, di conseguenza, la sua inopppugnabilità, mentre, a base della reiezione dei motivi di ricorso proposti avverso la deliberazione sub i , rilevava quanto segue - non sussisteva alcun obbligo, in capo all’amministrazione comunale, di prendere in esame l’istanza di variazione del p.u.c. durante il suo periodo ordinario di vigenza - la trattazione dell’istanza da parte del Comune, non obbligata, non implicava alcun onere motivazionale, versandosi in sede pianificatoria e risolvendosi l’istanza in una mera proposta costituente espressione della facoltà collaborativa dei cittadini nei procedimenti pianificatori generali - la deliberazione consiliare era, ad ogni modo, motivata per relationem tramite il richiamo degli acquisiti pareri - dovevano ritenersi destituiti di fondamento i dedotti vizi procedimentali tra cui, segnatamente, la censura principale dell’illegittima acquisizione del parere della commissione locale dei masi chiusi, non richiesta dalla legge urbanistica provinciale in caso di mancata incidenza sul verde agricolo . 2. Avverso tale sentenza interponevano appello i ricorrenti soccombenti, sostanzialmente riproponendo i motivi dedotti in primo grado, seppure adattati all’impianto motivazionale dell’appellata sentenza, e chiedendo, in sua riforma, l’accoglimento del ricorso di primo grado. 3. Costituendosi in giudizio, l’appellato Comune di Appiano contestava la fondatezza dell’appello, chiedendone la reiezione. 4. All’udienza pubblica del 22 marzo 2013 la causa veniva trattenuta in decisione. 5. L’appello è infondato. 5.1. Il Tribunale regionale di giustizia amministrativa correttamente ha respinto il primo e il terzo motivo del ricorso di primo grado, coi quali erano state dedotte le censure di carenza di motivazione, in violazione dell’articolo 7 l. prov. 22 ottobre 1993, numero 7 Disciplina del procedimento amministrativo e del diritto di accesso ai documenti amministrativi e di eccesso di potere sotto vari profili, in quanto - costituisce, ormai, consolidato orientamento giurisprudenziale di questo Consiglio di Stato, secondo cui, in sede di pianificazione urbanistica, le scelte relative alla destinazione di singole aree non necessitano di apposita motivazione, salvo che sussistano particolari situazioni che abbiano creato aspettative o affidamenti in favore di soggetti, le cui posizioni appaiano meritevoli di specifica considerazione, nel caso di specie non ravvisabili, con conseguente inapplicabilità della disciplina della motivazione degli atti amministrativi di cui all’articolo 7 l. prov. numero 7 del 1993, essendone esentati gli atti a contenuto generale e, dunque, anche quelli pianificatori generali - è rimessa alla valutazione discrezionale della pubblica amministrazione la modificazione di una destinazione di zona disposta da uno strumento urbanistico in vigore, per cui non è configurabile un obbligo di provvedere sull’istanza del proprietario di un fondo a che il comune ne modifichi la destinazione urbanistica v. sul punto, per tutte, Cons. Stato, V, 2 aprile 2002, 1810, con riguardo all’ordinamento urbanistico provinciale di Bolzano , sicché il Comune appellato non avrebbe avuto obbligo alcuno di provvedere sull’istanza degli odierni appellanti - l’iniziativa pianificatoria urbanistica generale è rimessa al potere dell’amministrazione territoriale, mentre nessun potere vincolante d’iniziativa spetta al privato cittadino, la cui istanza, nel caso di specie, è stata fatta propria dall’amministrazione comunale, la quale si è determinata di trattarla e di recepirla come proposta sottoposta al vaglio del consiglio comunale, dando luogo alla procedura di adozione/approvazione di una variante al p.u.c., ai sensi dell’articolo 21 l. urb. prov., soggetta alla disciplina generale che presiede all’adozione/approvazione dello strumento urbanistico generale, di cui ai precedenti articolo 19 e 20 - solo a tali limitati fini era necessaria la predisposizione della documentazione tecnica, richiesta dal Comune ai ricorrenti con la nota del 10 gennaio 2008, con la quale ai medesimi era stato comunicato il parere negativo espresso dalla giunta comunale sul cambio di destinazione urbanistica richiesto dai ricorrenti nel dicembre 2007, motivato da ragioni di tutela paesaggistica, e con la quale gli stessi ricorrenti erano stati resi edotti della possibilità di dare impulso ad una procedura di variazione del p.u.c. con la presentazione dei documenti tecnici all’uopo necessari, da sottoporre al vaglio del consiglio comunale qualora il Comune avesse fatto propria la proposta, secondo la sopra delineata disciplina generale dell’adozione/approvazioni di varianti al p.u.c. , senza che vi si potesse scorgere la creazione di un’aspettativa qualificata di affidamento implicante un particolare onere motivazionale, attesa la persistente riconducibilità dello stesso avvio del procedimento pianificatorio all’iniziativa ufficiosa dell’ente territoriale, rispetto alla quale l’istanza dei ricorrenti si poneva quale mero momento occasionale d’impulso esterno - contrariamente a quanto sostenuto dagli odierni appellanti, il p.u.c del Comune di Appiano approvato con deliberazione della giunta provinciale numero 2422 del 4 luglio 2005, nella parte in cui non ha previsto nuove zone residenziali di espansione con riserva di inserirne in futuro in caso di comprovata necessità, non può essere interpretato come introduttivo di un procedimento sui generis che abbia subordinato l’adozione di varianti al p.u.c. alla previa istanza di privati, essendosi tale previsione di piano semplicemente limitata ad introdurre un elemento di flessibilità nell’esercizio del potere pianificatorio urbanistico generale con riguardo ad eventuali mutamenti del fabbisogno di volumetria residenziale nel corso del periodo ordinario di vigenza del p.u.c., lasciando immutata la generale disciplina procedimentale di cui agli articolo 21, 19 e 20 l. urb. prov. - in ogni caso, l’impugnata deliberazione consiliare deve ritenersi sorretta da adeguata motivazione, laddove richiama per relationem i pareri, in prevalenza negativi, espressi dai rappresentanti locali delle parti sociali maggiormente rappresentative livello provinciale, acquisiti ai sensi dell’articolo 19, comma 1, l. urb. prov. v., ad es., il parere del 19 maggio 2008 dell’associazione dei coltivatori diretti, che pone in rilievo l’eccessiva distanza dal centro abitato e l’impatto paesaggistico ed idrogeologico della proposta modifica di destinazione . 5.2. Quanto al motivo d’appello ripropositivo delle censure di natura procedimentale dedotte col secondo motivo di ricorso di primo grado, lo stesso deve essere respinto sulla base del dirimente rilievo che difetta qualsiasi prova dell’incidenza causale, sull’esito procedimentale, del parere acquisito dalla commissione locale dei masi chiusi che, secondo gli odierni appellanti, non doveva/poteva essere acquisito, non incidendo la proposta variante su un’area di verde agricolo e non ricorrendo dunque i presupposti dell’articolo 19, comma 2, l. urb. prov. , atteso il tenore negativo della maggioranza degli altri pareri. La stessa, identica considerazioni di natura assorbente s’impone con riguardo alle dedotta illegittima pubblicazione dell’istanza per quindici giorni sull’albo comunale in quanto non prevista da alcuna norma , non emergendo dagli atti che tale incombente abbia inciso sull’esito procedimentale. 5.3. Per le esposte ragioni l’appello è da respingere, con assorbimento di ogni altra questione, ormai irrilevante ai fini della decisione. 6. Tenuto conto di ogni circostanza connotante la presente controversia, si ravvisano i presupposti di legge per dichiarare le spese del presente grado di giudizio interamente compensate tra le parti. P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Sezione Sesta , definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto ricorso numero 4821 del 2010 , lo respinge e, per l’effetto, conferma l’impugnata sentenza dichiara le spese del presente grado di giudizio interamente compensate tra le parti. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.