L’unico onere del tribunale è valutare il pericolo che la madre commetta delitti

In caso di rinvio facoltativo dell’esecuzione della pena, il Tribunale di Sorveglianza, verificate la nascita del figlio e la non decadenza della potestà genitoriale della madre, ha l’unico onere di formulare un giudizio in ordine alla sussistenza del concreto pericolo di commissione di delitti da parte della madre.

Lo ha affermato la Corte di Cassazione nella sentenza n. 26678, depositata il 19 giugno 2013. Beneficio negato a una madre. Una madre ha proposto ricorso contro il rigetto di un’istanza di differimento facoltativo della pena respingimento motivato con l’impossibilità di ricavare dagli atti notizie in ordine all’attuale collocazione e affidamento dei figli, condizione imprescindibile per l’applicazione del beneficio. Il ricorrente ha lamentato errata applicazione dell’istituto della sospensione facoltativa della pena l’indagine del Tribunale di Sorveglianza, a suo dire, deve limitarsi a verificare la mancata revoca della potestà genitoriale e deve valutare la salvaguardia dell’interesse del minore a fronte del concreto pericolo di commissione di delitti da parte del condannato. La Suprema Corte ha ritenuto fondato il ricorso, ricordando che l’art. 147, comma 1, n. 3 c.p. consente il differimento della pena restrittiva della libertà personale che deve essere eseguita nei confronti di madre di prole di età inferiore a tre anni. Invece, ai sensi del comma 4, dello stesso articolo, la sussistenza di un concreto pericolo della commissione di delitti impedisce l’adozione della sospensione facoltativa è un presupposto che, pertanto, deve essere valutato dal Tribunale di Sorveglianza al momento di provvedere sull’istanza di sospensione. Esclusione della surrogabilità della madre tramite altre figure. I giudici di legittimità hanno posto in evidenza la volontà del Legislatore di distinguere la situazione prevista dal comma 4, con gli altri eventi contemplati dal comma 3 decadenza della madre dalla potestà genitoriale, la morte del figlio, l’abbandono o l’affidamento del figlio a persone diverse dalla madre , i quali costituiscono causa di revoca del provvedimento già adottato, elementi, quindi, che possono venire in rilievo in una seconda fase. Pertanto, gli Ermellini hanno annullato con rinvio l’ordinanza impugnata, poiché questa afferma esplicitamente, contro la lettera della norma, che l’affidamento del figlio alla madre è condizione imprescindibile per l’applicazione del beneficio.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 22 maggio – 19 giugno 2013, n. 26618 Presidente Squassoni – Relatore Amoresano Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza del 17/5/2012, il Tribunale di Sorveglianza di Firenze rigettava l'istanza di differimento facoltativo dell'esecuzione della pena avanzata da P.A.A. con riferimento ad un residuo di pena da espiare di mesi uno e giorni tre di reclusione. Lo stesso Tribunale di Sorveglianza aveva disposto il differimento obbligatorio della pena fino al 24/1/2012, data di compimento di un anno dalla nascita del figlio della condannata l'istanza di differimento facoltativo veniva respinta, in conformità al decreto del Magistrato di Sorveglianza, non ricavandosi dagli atti notizie in ordine all'attuale collocazione ed affidamento dei figli, condizione imprescindibile per l'applicazione del beneficio, ai sensi dell'art. 147, comma 3, cod. pen 2. Ricorre per cassazione il difensore di P.A.A., deducendo distinti motivi. In un primo motivo si deduce violazione di legge e errata applicazione dell'istituto della sospensione facoltativa della pena nonché l'erronea valutazione delle condizioni di legge per la sua applicazione. L'accertamento della collocazione e dell'affidamento dei figli non è affatto condizione imprescindibile per l'applicazione del beneficio la legge 40 del 2001, che ha riformato l'istituto, ha escluso la surrogabilità della figura materna tramite altre cui affidare il minore, eliminando la previsione della possibilità di affidare ad altri il figlio. L'unico presupposto negativo per l'accoglimento dell'istanza, dopo la riforma, è costituito dal concreto pericolo di commissione di delitti previsto dall'art. 147, comma 4, cod. pen Nel caso di figli di età inferiore a tre anni non è richiesta, per la concessione della sospensione dell'esecuzione, la convivenza fra madre e figlio e, d'altro canto, nemmeno la presenza del padre è considerata salvaguardia sufficiente dell'interesse del minore. In definitiva, l'indagine del Tribunale di Sorveglianza deve limitarsi a verificare la mancata revoca della potestà genitoriale e deve valutare la salvaguardia dell'interesse del minore a fronte del concreto pericolo di commissione di delitti da parte del condannato. In un secondo motivo, la ricorrente deduce la manifesta illogicità della motivazione il Collegio aveva tutte le informazioni necessarie per concedere la sospensione della pena richiesta, essendo stata documentata, già all'epoca della sospensione obbligatoria, la nascita del figlio della ricorrente, il luogo e la città dove il bambino vive e la convivenza con la madre. La ricorrente non poteva né doveva provare altro, essendo stata provata la potestà genitoriale sul figlio al più, doveva essere il Tribunale a dover provare il venir meno di tale condizione giuridica. Il Tribunale avrebbe dovuto, quindi, sulla base dei dati disponibili e sufficienti, esprimere una valutazione positiva, tenuto conto dell'insussistenza di pericolo di commissione di nuovi delitti. In un terzo motivo, la ricorrente deduce l'illogicità della motivazione in punto di omessa istruttoria. L'istruttoria, se ritenuta necessaria, doveva essere svolta dal Tribunale di Sorveglianza che avrebbe potuto anche esperire rogatorie la ricorrente risiede in Olanda era illogico addebitare alla condannata la mancanza di informazioni, dovuta piuttosto all'inerzia del Tribunale. La ricorrente conclude per l'annullamento dell'ordinanza impugnata. 3. Il Procuratore generale, nella requisitoria scritta, conclude per il rigetto del ricorso. Considerato in diritto Il ricorso è fondato. L'articolo 147, comma 1, n. 3 cod. pen. consente il differimento della pena restrittiva della libertà personale che deve essere eseguita nei confronti di madre di prole di età inferiore a tre anni. Il terzo e il quarto comma dello stesso articoli, frutto delle modifiche apportate dalla legge 8 marzo 2001, n. 40, contemplano alcuni eventi rilevanti per la concessione o per il mantenimento della sospensione. Come sostenuto dalla ricorrente, pare evidente la volontà del legislatore di distinguere tra detti eventi in relazione agli effetti che gli stessi possono produrre. Ai sensi del quarto comma, infatti, la sussistenza di un concreto pericolo della commissione di delitti impedisce l'adozione della sospensione facoltativa è un presupposto che, pertanto, deve essere valutato dal Tribunale di Sorveglianza al momento di provvedere sull'istanza di sospensione. Altrettanto non può dirsi per gli altri eventi, contemplati dal terzo comma, vale a dire la decadenza della madre dalla potestà genitoriale, la morte dei figlio, l'abbandono del figlio e l'affidamento del figlio a persone diverse dalla madre il terzo comma li individua come causa di revoca del provvedimento già adottato elementi, quindi, che possono venire in rilievo in una seconda fase. L'art. 6 della legge 40 del 2001, peraltro, attribuisce alla decadenza dalla potestà sui figli rilievo anche ai fini della concessione del beneficio. Venendo, quindi, al caso che qui rileva, il Tribunale di Sorveglianza, verificate già in sede di rinvio obbligatorio ai sensi dell'art. 146 cod. pen. la nascita del figlio e la non decadenza della potestà genitoriale della madre, aveva l'unico onere di formulare un giudizio in ordine alla sussistenza del concreto pericolo di commissione di delitti da parte della madre. Al contrario, l'ordinanza impugnata afferma esplicitamente, contro la lettera della norma, che l'affidamento del figlio alla madre è condizione imprescindibile per l'applicazione del beneficio per di più impropriamente rovescia l'onere probatorio sulla ricorrente, che sarebbe tenuta ad attestare che il figlio convive con lei ma, a parte che il Tribunale avrebbe dovuto valutare se la documentazione prodotta per il differimento obbligatorio era idonea al controllo che intendeva effettuare, tale onere non può essere considerato gravante sulla condannata se l'affidamento ad altri è motivo di revoca del beneficio esso deve essere provato dal P.M. che chiede la revoca o dal Tribunale con l'esercizio dei poteri officiosi. Questi ultimi non necessariamente devono concretizzarsi in una rogatoria ben può essere chiesta la collaborazione della parte - che, del resto, chiede la concessione di un beneficio ma ciò non può che avvenire mediante ordinanza interlocutoria istruttoria che la inviti a produrre i documenti ritenuti necessari, valutando la eventuale mancata produzione solo all'esito. Al contrario, sanzionare con il rigetto della domanda la mancata produzione di documentazione alla stessa non formalmente richiesta determina l'erronea applicazione della norma nel senso sopra esposto. L'ordinanza impugnata deve, quindi, essere annullata, con trasmissione al Tribunale di Sorveglianza di Firenze per nuovo esame. P.Q.M. Annulla l'ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di Sorveglianza di Firenze.