Non mantiene la figlia maggiorenne invalida ma non inabile al lavoro: non c’è reato

Il reato di violazione dell’obbligo di prestare i mezzi di sussistenza di cui all’articolo 570 c.p. è configurabile sino al compimento della maggiore età e non anche per il periodo successivo. In tale ipotesi, infatti, la violazione integra, laddove sussistano le condizioni, un illecito civile, salvo che il figlio, seppure maggiorenne, sia inabile al lavoro e, cioè, abbia una totale e permanente inabilità lavorativa.

Ad affermarlo è la Corte di Cassazione, nella sentenza 23581 del 30 maggio 2013. Mantenimento del figlio maggiorenne inabile al lavoro . Il Tribunale prima e la Corte di Appello di Roma dopo condannavano l’imputato per il reato di cui all’articolo 570, comma 2, numero 2, c.p. «Chiunque, abbandonando il domicilio domestico, o comunque serbando una condotta contraria all'ordine o alla morale delle famiglie, si sottrae agli obblighi di assistenza inerenti alla potestà dei genitori o alla qualità di coniuge, è punito con la reclusione fino a un anno o con la multa da euro 103 a euro 1.032. Le dette pene si applicano congiuntamente a chi fa mancare i mezzi di sussistenza ai discendenti di età minore, ovvero inabili al lavoro» , per violazione degli obblighi di assistenza familiare, per avere fatto mancare alla figlia minore i mezzi di sussistenza, non corrispondendo l’assegno familiare di mantenimento anche nel periodo successivo al compimento della maggiore età della stessa, nonostante lo stato di bisogno in cui versava a causa del suo grave stato di salute. In particolare, alla figlia, dopo il compimento del diciottesimo anno di età, veniva riscontrata una inabilità permanente al lavoro pari al 46%, a far data dal 24 febbraio 2000, circostanza questa, peraltro, nota all’imputato. Insussistenza dell’elemento costitutivo del reato . Proponeva ricorso per cassazione l’imputato, oltre che per motivi di natura processuale, deducendo principalmente erronea applicazione dell’articolo 570, comma 2, numero 2, c.p. e vizio di motivazione. Più precisamente, lamenta il ricorrente che la figlia, non è stata ritenuta inabile al lavoro, così come accertato, in data 12 settembre 2002, dalla Commissione medica provinciale, che le ha riconosciuto soltanto una invalidità nella misura del 46%. Manca, pertanto, secondo il ricorrente, l’elemento costitutivo del reato di che trattasi. Infatti, il compimento della maggiore età avrebbe dovuto comportare la cessazione della permanenza del reato, già in data 28 gennaio 1999, non costituendo, viceversa, reato la mancata corresponsione dell’assegno dopo tale data, ai sensi della norma penale richiamata. Il reato, peraltro, si sarebbe prescritto nel gennaio 2004 e non nel 2005, stante che l’azione penale era stata esercitata il 21 gennaio 2005, e, dunque, il tempo per prescrivere avrebbe dovuto essere pari ad anni cinque, secondo la normativa precedente alla novella 251/2005. Inabilità al lavoro e prescrizione . La Corte ritiene fondato il ricorso il reato di cui all’articolo 570, comma 2, numero 2, c.p. è integrato quando manca la corresponsione dei mezzi di sussistenza o al figlio minore, o al figlio maggiorenne, se inabile al lavoro, e ciò a differenza del diritto civile, ove invece, ai sensi dell’articolo 155 quinquies , il genitore separato deve concorrere al mantenimento del figlio, anche se maggiorenne, fintanto che provi che il figlio abbia raggiunto l’indipendenza economica. Secondo quanto detto, dunque, è evidente come la inabilità al lavoro del figlio maggiorenne è per la fattispecie penale richiamata, elemento costitutivo della stessa. Tuttavia, la Corte ritiene necessario precisare, altresì che, inabile al lavoro è la persona che abbia una totale e permanente inabilità lavorativa ai sensi degli articolo 2 e 12 L. 118/1971. Nel caso di specie, invece, è stata rinvenuta una invalidità comportante una riduzione della capacità lavorativa pari al 46% che, pertanto, non può rientrare nella nozione di invalidità lavorativa permanente. Stante l’insussistenza dell’elemento costitutivo della inabilità al lavoro, dunque, il reato di cui all’articolo 570 c.p. si è consumato solamente fino al compimento della maggiore età della figlia. Per tali ragioni, il Supremo Consesso annulla senza rinvio la sentenza per il periodo successivo al 28 gennaio 1999, perché il fatto non sussiste. Annulla, inoltre, senza rinvio, per il periodo precedente al compimento della maggiore età, per estinzione del reato per prescrizione, stante che l’articolo 160 c.p. prima della novella 251/2005 prevedeva che, in assenza di atti interruttivi si ricorda che l’azione penale è stata esercitata solo il 21 gennaio 2005 il reato si prescrivesse in cinque e non in sei anni, laddove la pena per lo stesso fosse inferiore ad anni cinque, come, appunto, nel caso in esame.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 13 febbraio - 30 maggio 2013, numero 23581 Presidente Milo – Relatore Carcano Ritenuto in fatto 1. A L.P. impugna la sentenza in epigrafe indicata con la quale è stata confermata la decisione di primo grado, resa all'esito di giudizio abbreviato, che lo dichiarò responsabile del delitto di violazione agli obblighi di assistenza famigliare, per avere fatto mancare alla figlia minore i mezzi di sussistenza, non corrispondendo l'assegno famigliare di mantenimento anche per il periodo successivo al raggiungimento della maggiore età della figlia, bisognosa di cure ed affetta da gravi problemi di salute. Il giudice d'appello condivide le conclusioni della sentenza di primo grado e ritiene correttamente affermata la responsabilità di L.P. , per il periodo successivo alla maggiore età della figlia, poiché ritenuta l'inabile permanente al lavoro in misura inferiore al 74% e pari al 46 % a decorrere dal 24 febbraio 2000, come risultante dal verbale di visita medica collegiale acquisito agli atti. L'imputato, ad avviso dei giudici di merito, era consapevole di tale circostanza nonché dello stato di bisogno della figlia S. e della madre affidataria. Ad avviso della Corte d'appello, è corretto il diniego della continuazione, poiché i due reati di violazione degli obblighi di assistenza morale e quelli di assistenza materiale si riferiscono a un solo reato, previsto dal primo e secondo comma dell'articolo 570 c.p., come da indirizzo prevalente della giurisprudenza di legittimità. Non vi sono elementi che, per il giudice d'appello, possano far ritenere che vi sia stata una interruzione nella consumazione del reato, poiché la documentazione prodotta dall'imputato non offre certezza alcuna al riguardo. Per tale ragione, è stata rigettata la richiesta di estinzione del reato per prescrizione. Peraltro, anche a voler considerare la documentazione prodotta idonea a interrompere la consumazione del reato, il giudice d'appello rileva che il tempo richiesto per la prescrizione, in ogni caso, non sarebbe maturato, posto che, anche a considerare i due unici pagamenti come prova della consumazione del reato, il termine di prescrizione scadrebbe il 21 agosto del 2013, anziché il 25 novembre 2013, 2. La difesa deduce - nullità del decreto di citazione a giudizio, per l'udienza del 27 gennaio 2011, davanti alla Corte d'appello nonché della notificazione dello stesso decreto all'imputato, con conseguente nullità di tutti gli atti conseguenti e, in particolare, della sentenza pronunciata il 14 luglio 2011. La nullità del decreto di citazione, ad avviso del ricorrente, è dovuta all'erronea indicazione della data di nascita dell'imputato. Mentre la nullità della notifica è dovuto all'erronea applicazione dell'articolo 161, comma 4, c.p.p., in quanto non preceduta da regolare accesso nel luogo di residenza. - erronea applicazione dell'articolo 570 comma 2, numero 2 c.p. e vizio di motivazione. La figlia S. , ormai maggiorenne alla data del omissis , non è inabile al lavoro, come accertato il 12 settembre 2002 dalla Commissione medica provinciale che le ha riconosciuto una invalidità nella misura del 46%. Non vi è, pertanto, l'elemento costitutivo richiesto per la configurazione del reato. Il compimento della maggiore età, il 28 gennaio 1999, avrebbe dovuto comportare la cessazione della permanenza del reato, non costituendo reato la mancata corresponsione del mantenimento dopo tale data, in ragione della eccepita non configurabilità del reato previsto dall'articolo 570, comma 2, numero 2 c.p Peraltro, l'azione penale è stata esercitata il 21 gennaio 2005 e, in mancanza di atti interruttivi, la prescrizione sarebbe maturata per il decorso dei cinque anni dalla data del compimento della maggiore età e non sei anni, come erroneamente ritenuto in sentenza, non applicandosi la legge numero 251 del 2005. In ogni caso, non potrebbe che ritenersi decorso il tempo massimo di prescrizione a decorrere dal omissis . Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato. Integra il reato di cui all'articolo 570, comma secondo, numero 2 c.p. la mancata corresponsione dei mezzi di sussistenza ai figli di età minore ovvero maggiorenni inabili a lavoro . L'obbligo, penalmente sanzionato, di prestare i mezzi di sussistenza ha dunque un contenuto soggettivamente e oggettivamente più ristretto di quello delle obbligazioni previste dalla legge civile. Il genitore separato, infatti, è obbligato ex articolo 155 quinquies c.c. a concorrere al mantenimento del figlio anche dopo il raggiungimento della maggiore età da parte di quest'ultimo obbligo che perdura finché il genitore interessato non dia prova che il figlio abbia raggiunto l'indipendenza economica Sez., I, civile, 8 febbraio 2012, numero 1773 Sez. VI, civile, 15 febbraio 2012, numero 2171 . Per i figli maggiorenni, portatori handicap grave, il secondo comma del citato articolo 155 quinquies prevede l'applicazione delle disposizione stabilite in favore dei figli minori. Posto che la lettera della norma fornisce la cornice per l'interpretazione del precetto penale e all'interno di essa va ricercato il significato della disposizione, ne discende che la inabilità al lavoro dei figli maggiorenni è condizione imprescindibile per la configurabilità del reato previsto dall'articolo 570, comma secondo, numero 2 c.p Inabile al lavoro è la persona che abbia una totale e permanente inabilità lavorativa ex articolo 2 e 12 legge numero 118 del 1971. Mentre, la persona cui sia riscontrata una invalidità che comporti una riduzione permanente della capacità lavorativa inferiore o pari al 74% non può essere annoverata tra gli inabili al lavoro articolo 2 e 13 Legge 118 del 1971 e articolo 9 d.lgs. 509 del 1988. In tal caso, la violazione dell'obbligo di corrispondere al figlio maggiorenne un eventuale assegno di mantenimento integra un illecito civile. 2. Nel nostro caso, come precisato nella sentenza impugnata, L.P.S. è stata riconosciuta una invalidità con una riduzione della capacità lavorativa del 46% . Pertanto, il reato di violazione dell'obbligo di prestare i mezzi di sussistenza è configurabile sino al raggiungimento della maggiore età e non anche per il periodo successivo, la cui violazione integra, là dove sussistano le condizioni, un illecito civile. S L.P. ha compiuto diciotto anni il OMISSIS , data in cui è cessata la continuazione. Ciò comporta che la sentenza impugnata va annullata senza rinvio per il periodo successivo al OMISSIS , perché il fatto non sussiste. 2.1. Anche per il periodo anteriore al compimento della maggiore età, la sentenza impugnata va annullata senza rinvio, perché il reato è estinto per prescrizione. S L.P. ha compiuto 18 anni il OMISSIS , e il Procuratore della Repubblica di Roma ha esercitato l'azione penale il 21 gennaio 2005 - come precisato nella sentenza di primo grado e accertato da questa Corte - cui spetta l'accesso agli atti per la verifica dei fatti processuali ~ e ciò comporta che il 28 gennaio 2004, il reato si è estinto per prescrizione. Infatti, in applicazione dell'articolo 157 c.p., nel testo anteriore alla novella del 2005, il tempo di prescrizione - in mancanza di altro anteriore atto interruttivo ex articolo 160 c.p. - il tempo necessario a prescrivere è fissato in cinque anni a decorrere dal tempus commissi delicti nel nostro caso il 28 gennaio 2008, data in cui è cessata la permanenza per i reati puniti con pena inferiore a cinque anni il reato di cui all'articolo 570 comma 2 numero 2 c.p. è annoverabile tra questi ultimi perché punito con la pena della reclusione fino a un anno. 3. L'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata, per estinzione del reato per prescrizione, verificatasi il OMISSIS ed in epoca anteriore alla sentenza di condanna di primo grado, comporta ex articolo 578 c.p.p. la revoca delle statuizioni civili da estendere alla condotta relativa periodo successivo per la quale, si è già detto al p.2, vi è stata assoluzione perché il fatto non sussiste. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché, in relazione alla condotta posta in essere fino al OMISSIS , il reato è estinto per prescrizione e, in relazione alla condotta successiva, perché il fatto non sussiste. Revoca le statuizioni civili.