Concessione edilizia con obbligo di trasferimento al Comune: fallita la società, il curatore non può opporsi alla consegna dell’edificio

La convenzione stipulata tra un Comune ed un privato costruttore con la quale questi, al fine di conseguire il rilascio di una concessione o di una licenza edilizia, si sia obbligato ad un facere o a determinati adempimenti nei confronti dell’ente pubblico, non costituisce un contratto di diritto privato. Poiché il successivo atto di trasferimento non ha causa giuridica omologabile al contratto di scambio, l’accordo non può avere natura di contratto preliminare il curatore fallimentare non ha poteri decisori rispetto all’esecuzione di tale accordo.

Con la sentenza numero 13091, depositata il 27 maggio 2013, la Corte di Cassazione ha confermato la decisione dei giudici di merito. Concessione edilizia ad una società, ma poi obbligo di consegna al Comune, per farvi un centro sociale. Una società chiede al Comune di Arezzo la concessione per la costruzione di alcuni manufatti sul proprio terreno. L’Ente pubblico ha previsto, come opera di urbanizzazione secondaria, la realizzazione di un centro sociale. Rilascia la concessione, ma a scomputo dei relativi oneri, la società si impegna a costruire seguendo il progetto comunale del 1987 e a cedere la costruzione «a semplice richiesta mediante atto di trasferimento al Comune». Nel 1992 il Comune prende in consegna l’edificio e lo adibisce, come previsto, a centro sociale, restando in attesa dell’atto di trasferimento. La società fallisce e non trasferisce più l’edificio può il curatore rifiutarsi? Nel 1997, prima che tale trasferimento fosse avvenuto, la società costruttrice viene dichiarata fallita. Il curatore comunica al Comune di non voler subentrare nell’accordo, chiedendogli pertanto di rilasciare l’immobile, ma senza successo. Per questo, nel 1999, lo cita in Tribunale, chiedendo l’accertamento della legittimità dell’esercizio del diritto di recesso, ex articolo 72 della legge fallimentare. Tribunale e Corte d’Appello rigettano la richiesta, obbligando invece il Fallimento a trasferire l’edificio all’ente locale, poiché «il rifiuto di dare esecuzione al suo trasferimento al patrimonio del Comune renderebbe illegittima la costruzione dell’intero comparto». Ma la convenzione urbanistica non ha natura contrattuale? Il curatore ricorre per cassazione, lamentando la mancata considerazione della natura contrattuale dell’atto d’obbligo, ribadendo quindi la natura contrattuale della convenzione urbanistica. Non c’è nessun contratto di scambio è tutto inserito nel procedimento amministrativo. La Suprema Corte ricorda che, per consolidata giurisprudenza, tale accordo non può essere considerato un contratto di diritto privato. Infatti l’atto successivo di trasferimento «non ha causa giuridica omologabile al contratto di scambio». Esso, invece, si inserisce «nel procedimento amministrativo volto al conseguimento del provvedimento finale dal quale promanano poteri autoritativi della p.a., la quale è portatrice di interessi essenzialmente pubblici e non di protezione di quelli di alcuni privati». Quindi, la convenzione urbanistica, pur concretando un contratto ad oggetto pubblico, costituisce «presupposto per l’emissione del successivo provvedimento comunale di concessione e parte del contenuto di tale provvedimento», poiché si inserisce «nel procedimento amministrativo con il quale si esercita il potere pubblicistico di assetto territoriale». L’originario atto d’obbligo non è un preliminare. L’articolo 72 della legge fallimentare è applicabile ai soli rapporti di scambio, pertanto, poiché l’originario atto d’obbligo non rappresenta un preliminare di vendita del manufatto, tale accordo resta sottratto all’esercizio delle facoltà attribuite al curatore fallimentare dall’articolo 72. La Corte di Cassazione, per tali motivi, rigetta il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 19 aprile – 27 maggio 2013, numero 13091 Presidente Carnevale – Relatore Cultrera Svolgimento del processo La società Sassoli s.r.l., proprietaria di un appezzamento di terreno in Comune di Arezzo, in data 27.9.1987 chiedeva concessione per la costruzione di vari manufatti, e, avendo il Comune di Arezzo previsto di realizzare in loco un centro sociale, classificato dall'articolo 4 della legge numero 847/1964 opera di urbanizzazione secondaria, a scomputo degli oneri dovuti per il rilascio della concessione si obbligava con atto in data 9.9.1988 rep. 57.362 rogato dal notaio Suzzi a costruire suddetta opera secondo il progetto indicato nella pratica edilizia numero 2318/87 ed in conformità alle indicazioni del computo metrico allegato a delibera consiliare, e quindi a cederlo a semplice richiesta mediante atto di trasferimento al Comune. La società realizzava il manufatto ed il Comune di Arezzo lo prendeva in consegna a partire dal 10.4.1992 in attesa del perfezionamento dell'atto di trasferimento e lo adibiva a centro sociale. Intervenuto il fallimento della società Sassoli, dichiarato con sentenza del 3.10.1997 prima della stipula dell'atto di trasferimento del manufatto, il curatore fallimentare, avendo infruttuosamente comunicato al Comune di Arezzo l'intenzione di non subentrare nel rapporto in corso, con citazione del 5.3.1999 citava l'ente innanzi al Tribunale di Arezzo al fine di conseguire sentenza che, accertato il legittimo esercizio della facoltà prevista dall'articolo 72 legge fall., dichiarasse inefficace il cennato atto d'obbligo e condannasse l'ente alla restituzione dell'opera nonché al pagamento di un'indennità per la sua occupazione senza titolo. Nel contraddittorio del Comune convenuto, che assumeva la natura pubblicistica dell'atto controverso e chiamava in causa la compagnia assicuratrice RAS, il Tribunale adito con sentenza numero 858/2002 disponeva il rigetto della domanda principale e in accoglimento della riconvenzionale disponeva il trasferimento del centro sociale a favore dell'ente locale. La decisione, impugnata innanzi alla Corte d'appello di Firenze dalla curatela fallimentare, è stata confermata con sentenza numero 1389 depositata il 5 ottobre 2005. Avverso questa decisione il curatore del fallimento della società Sassoli ha proposto ricorso per cassazione in base a due motivi ulteriormente illustrati con memoria difensiva depositata ai sensi dell'articolo 378 c.p.c., cui ha resistito il Comune di Arezzo con controricorso. Motivi della decisione 1.- Il ricorrente denunciando violazione dell'articolo 72 legge fall., critica l'impugnata decisione per avere escluso la natura contrattuale dell'atto d'obbligo, sottraendolo pertanto al regime previsto dall'articolo 72 legge fall., che rappresenta norma applicabile in via generale a qualsiasi rapporto di scambio. Con richiamo a giurisprudenza amministrativa citata, ribadisce la natura contrattuale della convenzione urbanistica di cui è causa, avente a suo avviso causa giuridica tipica del contratto di compravendita. Conclude la censura con formulazione di quesito di diritto superfluo, non trovando applicazione ratione temporis il disposto dell'articolo 366 bis c.p.c Il controricorrente replica al motivo deducendone l'infondatezza alla stregua della citata giurisprudenza di questa Corte, ribadendo la difformità, correttamente riscontrata dalla Corte del merito, tra la causa giuridica dell'atto controverso, concretante convenzione urbanistica, e quella del negozio di compravendita, erroneamente evocata dal ricorrente. 2.- Il ricorrente denuncia vizio di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, che ritiene assertiva e confusa laddove riconduce alla nozione di causa giuridica della compravendita il motivo pubblicistico sottostante l'atto controverso, qualificato convenzione urbanistica. Il Comune replica alla censura ribadendo le argomentazioni coltivate a sostegno della precedente difesa. Si sostiene nella decisione impugnata che l'atto unilaterale d'obbligo controverso non è omologabile al contratto preliminare e non rientra pertanto nella previsione dell'articolo 72 legge fall., in quanto il trasferimento del manufatto ivi previsto non concreta un contratto di vendita, ma una convenzione urbanistica. La costruzione del centro sociale, per ammissione dello stesso attore, rappresenta adempimento dell'obbligo di legge di dotare l'insediamento urbanistico per il quale era stata rilasciata la concessione edilizia di un'opera di urbanizzazione secondaria di pubblica utilità, in adempimento di un onere di urbanizzazione imposto dalla legge. Il rifiuto di dare esecuzione al suo trasferimento al patrimonio del Comune renderebbe illegittima la costruzione dell'intero comparto. L'approdo è immune dai vizi denunciati. Al lume della giurisprudenza consolidata di questa Corte le critiche agitate dal ricorrente, da esaminarsi congiuntamente per la loro logica connessione, risultano infatti prive di fondamento. La Corte del merito, esponendo il suo percorso critico con motivazione puntualmente e logicamente argomentata, ha fatto ineccepibile applicazione dell'enunciato cui il ricorrente, che neppure ne tiene conto, contrappone principio affermato in sede di giurisdizione amministrativa non pertinente al caso di specie. Ed invero, la consolidata giurisprudenza di questa Corte, cui il collegio intende dare continuità in questa sede, ha affermato che la convenzione stipulata tra un Comune ed un privato costruttore con la quale questi, al fine di conseguire il rilascio di una concessione o di una licenza edilizia, si sia obbligato ad un tacere o a determinati adempimenti nei confronti dell'ente pubblico, non costituisce un contratto di diritto privato, e dunque l'atto d'obbligo che la consacra non può avere natura di contratto preliminare poiché l'atto di trasferimento successivo non ha causa giuridica omologabile al contratto di scambio e neppure ha specifica autonomia e natura di fonte negoziale del regolamento dei contrapposti interessi delle parti stipulanti. Esso si inserisce infatti nel procedimento amministrativo volto al conseguimento del provvedimento finale dal quale promanano poteri autoritativi della pubblica amministrazione, la quale è portatrice di interessi essenzialmente pubblici e non di protezione di quelli di alcuni privati cfr. Cass. nnumero 742/2012, 24572/2006, S.U. 4016/98, 10459/2001 . Conclusivamente, pur concretando un contratto ad oggetto pubblico, la convenzione urbanistica, inserendosi nel procedimento amministrativo col quale si esercita il potere pubblicistico di assetto territoriale da parte del Comune, resta nel versante pubblico della cura dell'interesse urbanistico, finendo con il costituire al tempo stesso, presupposto per l'emissione del successivo provvedimento comunale di concessione e parte del contenuto di tale provvedimento, per quanto riguarda gli obblighi assunti dai privati ------- cfr. Cons. Stato numero 1046/1994 . A conforto, la giurisdizione attribuita al giudice amministrativo, secondo S.U. numero 3689/2012, che rappresenta questione coperta da giudicato interno, in ordine a controversia avente ad oggetto il rispetto degli obblighi nascenti dalla convenzione in discorso, si giustifica in ragione della sua natura di mero segmento del procedimento amministrativo, in cui confluisce secondo lo schema del modulo convenzionale strumentale all'emissione del provvedimento amministrativo rappresentato dal titolo abitativo e per l'effetto all'attuazione dello strumento urbanistico. In questa cornice esegetica, l'atto d'obbligo per cui è causa, non rappresentando contratto preliminare di vendita del manufatto che la società Sassoli si era impegnata a cedere al Comune di Arezzo dopo la sua realizzazione mediante regolare atto di trasferimento, non rientra nella previsione dell'articolo 72 legge fall., applicabile in linea generale ai soli ai rapporti di scambio, e resta pertanto sottratto all'esercizio della facoltà ivi attribuita al curatore fallimentare. Alla luce di queste premesse, cui è improntata la decisione impugnata, deve disporsi il rigetto del ricorso con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese della fase di legittimità liquidate come da dispositivo. P.Q.M. la Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione liquidate nella misura di complessivi Euro 4.200,00 di cui Euro 200,00 per esborsi oltre accessori di legge.