Inutile la richiesta avanzata dall’automobilista, rimasto vittima di un incidente lungo una contrada della città. ‘Salvo’ il Comune, che, secondo il Giudice di pace, avrebbe dovuto pagare per i danni alla persona e al veicolo. Fatale, per l’uomo, la mancata dimostrazione della proprietà della strada scenario dell’episodio.
Piede, anzi ruota, in fallo tutta colpa, secondo l’automobilista, del materiale oleoso presente sulla carreggiata lungo una contrada del proprio Comune. A questa ‘trappola’, difatti, l’uomo addebita la sbandata compiuta col proprio veicolo, e la relativa collisione con un’altra vettura. E, di conseguenza, sempre secondo l’automobilista, deve essere il Comune a provvedere ad un adeguato risarcimento dei danni da lui subiti. Ma la richiesta si rivela un ‘buco nell’acqua’ fatale il fatto che l’uomo non ha certificato che il luogo del ‘fattaccio’ sia di proprietà comunale. Cass., sent. numero 10827/2014, Terza Sezione Civile, depositata oggi Territorio. Eppure, in prima battuta, le pretese dell’automobilista erano state ritenute fondate per il Giudice di pace, difatti, il Comune doveva provvedere al «risarcimento dei danni alla persona e al veicolo» lamentati dall’uomo. A stravolgere tale prospettiva, però, hanno provveduto i giudici del Tribunale, rigettando la «domanda di risarcimento», e motivando tale decisione con la considerazione che l’uomo «non aveva provato che la strada» – una contrada della città – «ove avvenne il sinistro fosse di proprietà comunale». E tale sottolineatura viene condivisa anche dai giudici del ‘Palazzaccio’, i quali, difatti, rigettano le ulteriori obiezioni mosse dall’automobilista. Non vi è dubbio, difatti, che l’uomo «ha formulato una domanda di risarcimento del danno aquiliano», e «presupposto per l’accoglimento di tale domanda è tanto la colpa del convenuto, quanto il nesso di causa tra la condotta del convenuto ed il danno». Quindi, spiegano i giudici, «la circostanza che la strada, ove avvenne il sinistro, fosse nella disponibilità del Comune è elemento che atteneva tanto al primo profilo in quanto non è in colpa l’amministrazione che non cura la manutenzione di beni che non le appartengono , sia al secondo in quanto non vi è nesso di causa tra l’omissione di cautele alle quali non si era tenuti e il danno » per questo motivo, era «onere» – non adempiuto – della persona danneggiata provare la «proprietà della strada». E, a questo proposito, più in dettaglio, viene evidenziato che «nessuno degli elementi acquisiti nel corso dell’istruttoria dimostrasse, con certezza, se il sinistro fosse avvenuto dentro o fuori il perimetro del centro abitato», e viene anche ricordato che «nessuna delle parti aveva prodotto la deliberazione comunale di perimetrazione del centro abitato». Tutto ciò, come detto, conduce ad azzerare, in via definitiva, la domanda di risarcimento avanzata dall’automobilista.
Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 31 gennaio – 16 maggio 2014, numero 10827 Presidente Petti – Relatore Rossetti Svolgimento del processo 1. Il 22 gennaio 2003 il sig. M.T. deve ritenersi un mero refuso, alla luce degli altri atti processuali, il nome T. che compare nell'epigrafe del ricorso per cassazione , mentre era alla guida del proprio autoveicolo Fiat Panda, percorrendo la contrada Pontecorvo nel territorio del Comune di Benevento, sbandò e collise con altro mezzo che lo precedeva, a causa di materiale oleoso presente sulla carreggiata. 2. Allegando di avere patito danni alla persona ad al veicolo in conseguenza dell'urto, nel settembre 2003 il sig. M.T. convenne dinanzi al Giudice di Pace di Benevento il Comune di Benevento e l'ANAS, chiedendone la condanna in solido o pro quota al risarcimento dei suddetti danni. 3. Si costituì la sola amministrazione comunale di Benevento, chiedendo il rigetto della domanda. Il Giudice di Pace di Benevento con sentenza 10.12.2004 numero 966 accolse la domanda nei confronti del Comune. La sentenza, impugnata dal Comune di Benevento, venne riformata dal Tribunale della stesa città con sentenza 19.12.2007 numero 1720, con la quale venne rigettata la domanda di risarcimento, e dichiarata la nullità della citazione nei confronti dell'ANAS, con rimessione della causa - limitatamente a tale domanda - al primo giudice, ex articolo 354 c.p.c A fondamento della propria decisione il Tribunale osservò che l'attore non aveva provato che la strada ove avvenne il sinistro fosse di proprietà comunale. 4. La sentenza d'appello è stata impugnata per cassazione dal sig. M.T., sulla base di sette motivi. Il Comune di Benevento ha resistito con controricorso. Motivi della decisione 1. Il primo motivo di ricorso. 1.1. Col primo motivo di ricorso il sig. M.T. lamenta che la sentenza impugnata sia affetta da violazione di legge, ai sensi dell'articolo 360 numero 3 c.p.c., con riferimento all'articolo 346 c.p.c Espone, al riguardo, che l'eccezione sollevata dal Comune di Benevento in primo grado, secondo cui l'amministrazione non era proprietaria della strada né obbligata alla sua manutenzione, era stata rigettata dal Giudice di pace, e tale capo della sentenza non era stato espressamente impugnato. Di conseguenza il Tribunale non avrebbe potuto sindacare nuovamente tale questione, la quale doveva ritenersi abbandonata ai sensi dell'articolo 346 c.p.c 1.2. Il motivo è manifestamente infondato. Risulta infatti dall'atto d'appello allegato al fascicolo di secondo grado del Comune di Benevento, esaminabile in questa sede in considerazione della natura del vizio denunciato, che l'amministrazione appellante a pag. 4 capoversi secondo, terzo e quarto , ed a pag. 5 capoversi secondo e terzo del proprio atto d'appello ha espressamente ed inequivocamente motivato il gravame adducendo di non essere tenuta alla manutenzione della strada ove avvenne il sinistro. Né può avere alcun rilievo, per escludere che la decisione di primo grado sia stata validamente impugnata sul punto della legittimazione sostanziale passiva dei Comune, il titolo posto dall'appellante ad esergo del paragrafo nel quale espose il pertinente motivo d'appello, e tanto meno la genericità delle conclusioni formulate dal Comune appellante, ove si chiese tout court il rigetto della domanda proposta dal sig. M.T. E' infatti sin troppo noto che il contenuto e l'efficacia degli atti processuali vanno determinati non già estrapolandone passi o parti, ma valutandoli nel loro complesso ed alla luce di tutte le parti che li compongono, interpretate le une per mezzo delle altre. € nel nostro caso, alla luce dei passi dell'atto d'appello sopra indicati, non può esservi dubbio alcuno che il Comune di Benevento abbia inteso appellare la sentenza di primo grado nella parte in cui l'aveva ritenuto obbligato alla manutenzione della strada che fu teatro dei sinistro. 2. Il secondo motivo di ricorso. 2.1. Col secondo motivo di ricorso il sig. M.T. lamenta che la sentenza impugnata sia affetta da violazione di legge, ai sensi dell'articolo 360 numero 3 c.p.c., con riferimento all'articolo 345 c.p.c Espone al riguardo che il Comune di Benevento, dopo avere negato in primo grado di essere proprietario della strada ove avvenne il sinistro, nel grado di appello abbandonò per facta concludentia tale eccezione. 2.2. Il motivo è manifestamente infondato, per le medesime ragioni già esposte al § 1.1, con riferimento al primo motivo di ricorso. 3. Il terzo motivo di ricorso. 3.1. Col terzo motivo di ricorso il sig. M.T. lamenta che la sentenza impugnata sia affetta da violazione di legge, ai sensi dell'articolo 360 numero 3 c.p.c., con riferimento ancora all'articolo 345 c.p.c., ma sotto un profilo diverso da quello esaminato nel motivo precedente. Espone al riguardo che il Comune di Benevento, dopo avere eccepito dinanzi al Giudice di Pace di non essere tenuto alla manutenzione della strada, perché di proprietà dello Stato, in grado di appello mutò il fatto costitutivo della propria eccezione, allegando di non essere tenuto alla manutenzione della strada ove avvenne il sinistro, perché di proprietà dell'ANAS. Il motivo è concluso dal seguente quesito di diritto, ex articolo 366 bis c.p.c. se, ai sensi dell'articolo 345 c.p. c., l'eccezione di difetto di legittimazione passiva basata su un determinato fatto giuridico, non accolta in primo grado e riproposta nell'atto di appello sulla base, però, di una mutata prospettazione in fatto e diritto, possa essere valutata dal Giudice di appello o, invece, debba essere considerata da quest'ultimo non ammissibile, integrando una domanda nuova . 3.2. Il motivo è inammissibile, perché concluso da un quesito insufficiente sotto due profili a sia perché si traduce in una mera parafrasi dell'articolo 345 c.p.c., ed ha quindi natura tautologica b sia perché privo del necessario aggancio alla concreta fattispecie processuale. 4. Il quarto motivo di ricorso. 4.1. Col quarto motivo di ricorso il sig. M.T. lamenta che la sentenza impugnata sia affetta da un vizio di motivazione, ai sensi dell'articolo 360 numero 5 c.p.c Espone al riguardo che la sentenza d'appello ha rigettato la domanda di risarcimento sul presupposto che l'attore non avesse provato la sussistenza degli elementi costitutivi della responsabilità del convenuto ai sensi dell'articolo 2043 c.c., e tra questi la proprietà della strada ove avvenne il sinistro. Soggiunge tuttavia il ricorrente che, avendo egli invocato in primo grado la responsabilità dei Comune di Benevento ai sensi dell'articolo 2051 c.c., non era necessario provare la proprietà in capo al Comune della strada suddetta, essendo invece sufficiente provare il rapporto di custodia. Il motivo è concluso dalla seguente indicazione del fatto controverso , ai sensi dell'articolo 366 bis c.p.c. la sentenza gravata . è da censurare nella parte in cui il Tribunale ha omesso di pronunciarsi in merito alla dedotta responsabilità, non verificando la sussistenza dei presupposti di cui all'invocato disposto dell'articolo 2051 c.c. . 4.2. Il motivo è manifestamente inammissibile per due ragioni. 4.2.1. La prima ragione è che il motivo non è concluso da una corretta indicazione del fatto controverso, ai sensi dell'articolo 366 bis c.p.c. applicabile ratione temporis al presente giudizio . Affermare infatti che la sentenza impugnata ha omesso di pronunciarsi sulla sussistenza dei presupposti di cui all'articolo 2051 c.c. è una proposizione di sconfinata latitudine, posto che i presupposti richiesti dall'articolo 2051 c.c. sono almeno tre la derivazione del danno dalla cosa, il rapporto di custodia e la qualità di custode in capo al convenuto. 4.2.2. La seconda ragione di inammissibilità è che il ricorrente, pur lamentando una omessa motivazione della sentenza nella parte in cui questa ha taciuto sul'applicabilità al caso di specie dell'articolo 2051 c.c., nella sostanza ha prospettato un vizio di omessa pronuncia, che si sarebbe dovuto censurare ai sensi dell'articolo 360, numero 3, c.p.c., per violazione dell'articolo 112 c.p.c L'erroneo inquadramento del vizio denunciato, tra quelli previsti dall'articolo 360 c.p.c., comporta pertanto l'inammissibilità del ricorso. Né può giovare, ai fini dell'ammissibilità dei motivo in esame, la decisione con la quale le Sezioni Unite di questa Corte, componendo i precedenti contrasti circa gli effetti del vizio di sussunzione, hanno stabilito che l'erroneo inquadramento del motivo di ricorso in uno piuttosto che nell'altro dei vizi previsti dall'articolo 360 c.p.c. non comporta l'inammissibilità del ricorso, alla luce del principio iura novit curia e del principio costituzionale del giusto processo , come desumibile dall'articolo 111 della Costituzione e dal § 6 della Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo, per come interpretato dalla Corte di Strasburgo Sez. U, Sentenza numero 17931 del 24/07/2013 . Infatti la stessa sentenza delle Sezioni Unite appena ricordata, dopo avere sancito il principio dell'irrilevanza dei vizio di sussunzione, ne ha individuato anche il limite in tanto - vi si afferma - l'erroneo inquadramento del vizio denunciato col ricorso è irrilevante, in quanto nell'atto di impugnazione sia comunque contenuta una chiara esposizione . delle ragioni per le quali la censura sia stata formulata e del tenore della pronunzia caducatoria richiesta, che consentano al giudice di legittimità di individuare la volontà dell'impugnante e stabilire se la stessa, così come esposta nel mezzo di impugnazione, abbia dedotto un vizio di legittimità sostanzialmente, ma inequivocamente, riconducibile ad alcuna delle tassative ipotesi di cui all'articolo 360 c.p.c. . Nel caso di specie, pertanto, l'errore dei ricorrente nell'intitolazione dei quarto motivo di ricorso sarebbe rimasto irrilevante se, nell'illustrazione di esso, si fosse comunque fatto chiaro ed inequivoco riferimento ad una violazione di legge chiarezza ed inequivocità che invece mancano, soprattutto per il fatto che l'attore non ha indicato, in violazione del principio di autosufficienza, in quale atto processuale e con quali parole avesse invocato l'applicabilità dell'articolo 2051 c.c 5. Il quinto motivo di ricorso. 5.1. Col quinto motivo di ricorso il sig. M.T. lamenta che la sentenza impugnata sia affetta da violazione di legge, ai sensi dell'articolo 360 numero 3 c.p.c., con riferimento agli articolo 2697 c.c., nonché 81, 99 e 100 c.p.c Espone al riguardo che la sentenza d'appello avrebbe errato nel ritenere che l'attore fosse gravato dall'onere di provare la proprietà comunale della strada ove avvenne il sinistro. 5.2. Il motivo è manifestamente infondato, e ciò pur volendo prescindere dalla assoluta eterogeneità del quesito di diritto formulato a conclusione del motivo in esame, rispetto alla concreta ratio decidendi adottata dal Tribunale. L'attore ha infatti formulato una domanda di risarcimento del danno aquiliano, e presupposto per l'accoglimento di tale domanda è tanto la colpa del convenuto, quanto il nesso di causa tra la condotta del convenuto ed il danno. La circostanza che la strada ove avvenne il sinistro fosse nella disponibilità del Comune è elemento che atteneva tanto al primo profilo in quanto non è in colpa l'amministrazione che non cura la manutenzione di beni che non le appartengono , sia al secondo in quanto non vi è nesso di causa tra l'omissione di cautele alle quali non si era tenuti e il danno . Correttamente, pertanto, il Tribunale ha addossato all'attore l'onere della prova della proprietà della strada ove avvenne il sinistro. 6. Il sesto motivo di ricorso. 6.1. Col sesto motivo di ricorso il sig. M.T. lamenta che la sentenza impugnata sia affetta da violazione di legge, ai sensi dell'articolo 360 numero 3 c.p.c., con riferimento agli articolo 4 e 7 del codice della strada d. lgs. 30.4.1992 numero 285 . Espone al riguardo che la sentenza d'appello ha rilevato che sono per legge affidate alla manutenzione dei Comuni i tratti delle strade statali oggi, regionali che attraversano i centri abitati dei Comuni con più di 10.000 abitanti, e che a tal fine ogni Comune ha l'onere di perimetrare il proprio centro abitato. Di conseguenza, secondo la sentenza impugnata, sarebbe stato onere del danneggiato provare che a tanto il Comune di Benevento avesse provveduto, e che il luogo ove avvenne il sinistro ricadesse all'interno del suddetto perimetro. Tale statuizione, tuttavia, per il ricorrente sarebbe erronea per due ragioni a sia perché la proprietà della strada è irrilevante rispetto alla domanda di risarcimento del danno formulata ai sensi dell'articolo 2051 c.c., rilevando in tal caso unicamente il rapporto di custodia b sia perché la nozione di centro abitato è definita dall'articolo 3 cod. strad., mentre la deliberazione prevista dal successivo articolo 4 ha un solo valore ricognitivo e non costitutivo da ciò il ricorrente trae la conseguenza che il danneggiato non aveva alcuna necessità né onere di produrre in giudizio la suddetta delibera per ottenere l'accoglimento della propria domanda. 6.2. Il motivo è inammissibile. Il Tribunale, dopo avere stabilito in iure che fosse onere dell'attore provare la proprietà comunale della strada ove avvenne il sinistro pag. 6, capoverso 1, della sentenza impugnata , ha ritenuto in facto che tale prova l'attore non avesse fornito. Tanto ha ritenuto sul presupposto che nessuno degli elementi acquisiti nel corso dell'istruttoria dimostrasse con certezza se il sinistro fosse avvenuto dentro o fuori il perimetro del centro abitato. Con evidente motivazione ad abundantiam, ha poi soggiunto che comunque nessuna delle parti aveva prodotto la deliberazione comunale di perimetrazione del centro abitato. 6.3. Così ricostruito l'effettivo decisum della sentenza, ne segue che da un lato il sesto motivo di ricorso non coglie l'esatta ratio decidendi dei provvedimento impugnato, il quale non ha affatto stabilito una connessione biunivoca tra adozione della delibera comunale di perimetrazione del centro abitato e responsabilità dei comune per i danni da insidie stradali avvenuti all'interno di quel perimetro dall'altro lato che sotto le viste della lamentata violazione di legge il ricorrente sollecita in realtà da questa Corte una nuova e diversa valutazione delle prove, diversa da quella adottata dal Tribunale. Richiesta, come ognun sa, inammissibile in questa sede. 7. Il settimo motivo di ricorso. 7.1. Col settimo motivo di ricorso il sig. M.T. lamenta che la sentenza impugnata sia affetta da violazione di legge, ai sensi dell'articolo 360 numero 3 c.p.c., con riferimento agli articolo 144, 145 e 160 c.p.c Espone al riguardo che la sentenza d'appello ha erroneamente ritenuto affetta da nullità la notifica della citazione introduttiva del giudizio di primo grado effettuata nei confronti dell'ANAS, perché avvenuta in luogo diverso dalla sede legale. Espone, al riguardo, che la scelta di notificare la citazione al Compartimento Viabilità per la Campania dell'ANAS sarebbe stata giustificata dal fatto che era stato quell'ufficio dell'ente convenuto a gestire tutte le fasi preprocessuali . 7.2. Il motivo rasenta la temerarietà. I luoghi in cui la persona giuridica può ricevere le notificazioni ad essa diretta sono previsti dalla legge e tassativi, e tra questi non rientrano i luoghi ove operano gli interna corporis e le articolazioni organiche degli enti, quale che sia il ruolo da essi svolto prima, durante o dopo l'introduzione del giudizio. 8. Le spese. Le spese del giudizio di legittimità vanno poste a carico del ricorrente. P.Q.M. La Corte di cassazione - rigetta il ricorso - condanna il sig. M.T. alla rifusione nei confronti del Comune di Benevento delle spese del presente grado di giudizio, che si liquidano in euro 1.700 di cui 200 per spese .