L’assegno per il coniuge deve tendere al mantenimento del tenore di vita, da questo goduto, durante la convivenza matrimoniale, ma indice di tale tenore di vita può essere l’attuale disparità di posizioni economiche tra i coniugi.
Lo afferma la Corte di Cassazione nell’ordinanza numero 9660, depositata il 6 maggio 2014. Il caso. In un procedimento, la Corte d’appello di Trieste determinava l’assegno in favore della moglie. Il marito ricorreva in Cassazione, lamentando la sproporzione dell’assegno di mantenimento ed il fatto che la moglie, dipendente in un’impresa, avesse rifiutato l’offerta di trasformare il suo rapporto di lavoro da tempo parziale a tempo pieno, con corrispondente aumento del salario. Disparità tra le parti. Analizzando la domanda, la Corte di Cassazione ricordava che l’assegno per il coniuge deve tendere al mantenimento del tenore di vita, da questo goduto, durante la convivenza matrimoniale, ma indice di tale tenore di vita può essere l’attuale disparità di posizioni economiche tra i coniugi, come affermato nella sentenza della stessa Cassazione numero 2156/2010. Elemento da tenere in considerazione. Inoltre, il regime di separazione non vincola quello di divorzio, trattandosi di rapporti distinti ed autonomi, ma l’importo dell’assegno di separazione può essere liberamente considerato dal giudice del divorzio, eventualmente anche come indice del tenore di vita coniugale. Nel caso di specie, i giudici di merito avevano verificato la sproporzione tra le risorse economiche e patrimoniali di cui disponevano le parti, oltre all’elevato tenore di vita da essi goduto durante il matrimonio. Anche un’eventuale accettazione della proposta di lavoro da parte della moglie non le avrebbe comunque consentito di conservare l’elevato tenore di vita condotto in costanza di matrimonio. Per questi motivi, la Corte di Cassazione rigettava il ricorso.
Corte di Cassazione, sez. VI Civile - 1, ordinanza 28 gennaio – 6 maggio 2014, numero 9660 Presidente Bernabai – Relatore Dogliotti Fatto e Diritto In un procedimento di divorzio tra T.E. e K.R., la Corte d'Appello di Trieste, con sentenza in data 13/09/2011, in riforma della sentenza del Tribunale di Udine, determinava in €. 1.800,00 l'assegno in favore della moglie . Ricorre per cassazione il T Resiste con controricorso la K., che pure deposita memoria per l'udienza. Non si ravvisano violazioni di legge. Per giurisprudenza ampiamente consolidata, l'assegno per il coniuge deve tendere al mantenimento del tenore di vita da questo goduto durante la convivenza matrimoniale, e tuttavia indice di tale tenore di vita può essere l'attuale disparità di posizioni economiche tra i coniugi Cass. numero 2156 del 2010 . Va precisato che il regime di separazione non vincola quello di divorzio, trattandosi di rapporti distinti ed autonomi, e tuttavia l'importo dell'assegno di separazione può essere liberamente considerato dal giudice dei divorzio, eventualmente anche come indice del tenore di vita coniugale tra le altre, Cass. numero 5140 del 2011 . In sostanza il ricorrente propone , per gran parte, elementi di fatto, insuscettibili di controllo in questa sede, a fronte di una motivazione adeguata e non illogica della sentenza impugnata. Il giudice a quo valorizza in particolare la palese sproporzione tra le risorse economiche e patrimoniali di cui dispongono le parti l'elevato tenore di vita da essi goduto in costanza di matrimonio, mentre appare non sufficientemente precisato un ulteriore elemento circa la riconducibilità delle ragioni di scioglimento del matrimonio alle scelte di vita effettuate dal marito. Egli stesso ammette sostanzialmente le prime due circostanze, tanto che consentirebbe alla corresponsione di un assegno per la moglie ma, di importo ridotto. Lamenta altresì il ricorrente che la moglie, dipendente in una impresa del gruppo appartenente alla famiglia del marito, abbia rifiutato l'offerta di trasformare il suo rapporto di lavoro da tempo parziale a tempo pieno, con corrispondente aumento del salario. Vi fa specifico riferimento la sentenza impugnata, ove si afferma, che l'accettazione della predetta proposta non avrebbe comunque consentito alla moglie di conservare l'elevato tenore di vita condotto in costanza di matrimonio. Al riguardo, va peraltro precisato che il ricorrente indica la documentazione attestante tale circostanza, ma non ne riporta specificamente in ricorso il contenuto, né l'allega al ricorso stesso, ai sensi dell'articolo 366 numero 6 c.p.c Sul punto, il ricorso presenta dunque pure qualche profilo di inammissibilità. Conclusivamente, il ricorso va rigettato. Le spese seguono la soccombenza. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali che liquida in €. 2.900,00 di cui €. 100,00 per esborsi, oltre accessori di legge. In caso di diffusione del presente provvedimento, omettere generalità ed atti identificativi, a norma dell'articolo 52 D.lgs. 196/03, in quanto imposto dalla legge.