«Ho buttato degli scontrini, non l’eroina»: dichiarazione falsa, ma per proteggere sé stessa, non lo spacciatore

Il reato di favoreggiamento personale consiste in una condotta mirata ad impedire od ostacolare le indagini. Dalla dichiarazioni, false, rilasciate in sede di sommarie informazioni testimoniali, non si può dedurre che la donna abbia voluto impedire l’individuazione dello spacciatore voleva soltanto escludere la propria responsabilità amministrativa.

Con la sentenza numero 21979, depositata il 22 maggio 2013, la Corte di Cassazione ha annullato la condanna perché il fatto non sussiste. Il caso butta via l’eroina, ma dichiara che sono scontrini. Una donna di 45 anni è indagata per favoreggiamento personale, a vantaggio del soggetto che le avrebbe venduto della droga. La Polizia Giudiziaria stava infatti controllando uno spacciatore. Per questo ha sottoposto a controlli tutte le persone che sono state viste acquistare sostanze stupefacenti da lui. La donna, al momento del controllo ha gettato a terra la droga appena comprata, affermando poi, in sede di sommarie informazioni testimoniali «durante il controllo che mi avete fatto poco fa, ho tirato fuori dalla tasca dei pantaloni due scontrini fiscali e li ho gettati a terra, non ho gettato a terra gli 0,136 grammi di eroina che avete sequestrato». Favoreggiamento per lo spacciatore o tutela di sé? Il Tribunale assolve la donna ritenendo impossibile il reato, poiché la Polizia già aveva acquisito «prova adeguata della responsabilità del presunto favorito», mentre la Corte d’Appello, ritenendo che il reato di favoreggiamento sia reato di pericolo, la condanna, dando atto che «la condotta così come accertata integrava il reato ascritto». La donna ricorre per cassazione, sostenendo che sarebbe da ritenersi sussistente una causa di non punibilità ex articolo 384 c.p., visto il suo interesse a negare il possesso onde evitare le conseguenze di cui all’articolo 75, d.P.R. numero 309/1990, che prevede sanzioni amministrative per «chiunque illecitamente importa, esporta, acquista, riceve a qualsiasi titolo o comunque detiene sostanze stupefacenti o psicotrope». La Suprema Corte ricorda che «il reato di favoreggiamento personale consiste in una condotta mirata ad impedire od ostacolare le indagini». Congettura errata nessun favoreggiamento. La condotta, come descritta e contestata alla donna, «non ha assolutamente tale carattere mirato». L’imputato mirava infatti a far escludere che fosse detentrice, anche solo ad uso personale, della droga, perché un riconoscimento di tal genere avrebbe portato alla sua responsabilità ex articolo 75, d.P.R. numero 309/1990. Totalmente erronea la congettura della corte territoriale, è impossibile «ritenere che la finalità dell’azione fosse quella di impedire la individuazione dello spacciatore». Per queste ragioni e poiché ci sono sufficienti circostanze di fatto allegate, la Corte di Cassazione annulla senza rinvio la sentenza di condanna, perché il fatto non costituisce reato.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 15 aprile – 22 maggio 2013, numero 21979 Presidente Serpico – Relatore Di Stefano Motivi della decisione La Corte di Appello di Trieste con sentenza del 1 febbraio 2012 accoglieva l'appello del pubblico ministero avverso la sentenza del Tribunale di Trieste che assolveva G.D. dall'accusa di favoreggiamento personale per aver aiutato lo spacciatore di droga R. ad eludere le investigazioni negando, in sede di sommarie informazioni testimoniali, di aver comprato da lui la droga rinvenuta in suo possesso, condannandola quindi alla pena di giustizia. Ritenuti pacifici i fatti, la Corte considerava come il primo giudice avesse assolto G. ritenendo il reato impossibile avendo la polizia giudiziaria già acquisito prova adeguata della responsabilità del presunto favorito ma, ritenendo che il reato di favoreggiamento è reato di pericolo, dava atto che la condotta così come accertata integrava il reato ascritto. Contro tale sentenza propone ricorso G. a mezzo del proprio difensore deducendo,con primo motivo,violazione legge e vizio di motivazione per aver la Corte ritenuto condotta di favoreggiamento la dichiarazione della G. di non avere gettato una confezione di droga in terra e,con secondo motivo, violazione di legge e vizio di motivazione per non avere il collegio giudicante ritenuto applicabile la causa di non punibilità di cui all'articolo 384 cod. penumero atteso l'interesse della ricorrente a negare il possesso di stupefacente onde evitare le conseguenze di cui all'articolo 75 legge droga. Il ricorso è fondato. Come si è visto, la vicenda si colloca in una attività di repressione dello spaccio di droga nel corso della quale la polizia giudiziaria intervenne sottoponendo a controllo delle persone che erano state viste acquistare stupefacente da uno spacciatore. Secondo il capo di imputazione la ricorrente si sarebbe resa responsabile di favoreggiamento personale in favore del soggetto che le aveva venduto stupefacente perché aiutava R.R. ad eludere le investigazioni dell'autorità di P.G. e precisamente del personale del Comando Provinciale dei Carabinieri Reparto Operativo - Nucleo Operativo Via OMISSIS - e ciò faceva gettando a terra il quantitativo di eroina poco prima acquistato da R. ed affermando in sede di s.i.t. rese successivamente le seguenti parole Durante il controllo che mi avete fatto poco fa, ho tirato fuori dalla tasca dei pantaloni due scontrini fiscali e li ho gettati a terra, non ho gettato a terra gli 0,136 grammi di eroina che avete sequestrato . Al fatto così descritto non risulta che si aggiungano altre circostanze rilevanti in quanto la Corte di Appello, nel definire la condotta, precisa che, dei tre acquirenti di droga, infine la G. negando di avere posseduto stupefacente e di avere altresì gettato a terra l'involucro contenente l'eroina, sequestrata dai militari . Quindi, la condotta di favoreggiamento risulterebbe dal fatto stesso di aver negato il possesso della droga, così indirettamente escludendo di averla acquistata dal ricorrente. Deve rammentarsi che il reato di favoreggiamento consiste in una condotta mirata ad impedire/ostacolare le indagini, rispetto alla quale è sufficiente il dolo generico. Ma la condotta quale descritta e contestata alla G. non ha assolutamente tale carattere mirato . La G. , evidentemente, intendeva far escludere che fosse detentrice della droga, ancorché ad uso personale, comportando tale detenzione quantomeno la sua responsabilità ai sensi dell'articolo 75 del d.p.r. 309/90. Non è, invece, possibile ritenere che la finalità dell'azione fosse quella di impedire la individuazione dello spacciatore. Quest'ultima conclusione è frutto di una congettura che, invero, nella sentenza impugnata non è neanche esplicitata, ritenendosi erroneamente che la finalità di favoreggiamento fosse una automatica caratterizzazione di quella data azione. Pertanto innanzitutto la sentenza impugnata è assolutamente carente nell'indicare le circostanze di fatto da cui si possa univocamente desumere che l'azione di negare il possesso di stupefacente fosse mirata al favoreggiamento e non alla esclusione della propria responsabilità ai sensi della norma citata e, poi, risulta dalla motivazione come il materiale probatorio acquisito sia completo e completamente esplicitato nel corpo della motivazione. Questo consente di affermare che è superfluo procedere al giudizio di rinvio in quanto, a fronte delle limitate circostanze di fatto acquisite, non risulta possibile giungere a certezza sul dolo di favoreggiamento, ancorché generico, e, anzi, già dal corpo la sentenza risulta che la falsa dichiarazione era in realtà diretta a tutelare la medesima ricorrente. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non sussiste.