La prescrizione è interrotta da ogni atto che dimostra la volontà effettiva di far valere il proprio diritto

La denuncia querela non ha valore automatico di atto di rinuncia. Il mancato deposito della precisazione delle conclusioni, come anche l'assenza della parte all'udienza di p.c., non implica alcuna rinuncia tacita e produce l'unico effetto di richiamare le domande-conclusioni così come formulate nell'atto di costituzione in giudizio ed eventuali successive modifiche ex art. 183 c.p.c.

Il caso. Un ente regionale erogava dei finanziamenti mediante un istituto bancario. Un cittadino, ottenuta la delibera che autorizzava il finanziamento, chiedeva l'erogazione dei fondi alla banca incaricata della gestione che erogava la prima parte e, successivamente, revocava definitivamente il finanziamento sostenendo che la regione aveva revocato il sostegno originariamente concesso. L'istituto di credito non esibiva l'atto di revoca. La vicenda originava anche un procedimento penale che, sebbene concluso con archiviazione, documentava l'infondatezza della revoca e la violazione, da parte della banca, della convenzione stipulata con la regione e finalizzata all'erogazione dei finanziamenti. Il cittadino conveniva in giudizio la regione e l'istituto di credito affinché fossero condannati al risarcimento dei danni, inoltre, rilevava che, proprio affidandosi all'ottenuto finanziamento, aveva realizzato il 90% dell'opera. Gli enti convenuti si costituivano in giudizio e chiedevano il rigetto delle avverse istanze nonché che fosse accertata e dichiarata l'intervenuta prescrizione del credito. Il tribunale dichiarava prescritto il diritto di parte attrice e compensava le spese rilevando comunque l'illiceità della revoca del finanziamento operata dalla banca in assenza di disposizioni della regione in tal senso. La Corte d'appello confermava la pronuncia del giudice di merito. L'attore proponeva ricorso per cassazione. Rinuncia tacita alla domanda formulata in primo grado. Sostiene parte attrice-ricorrente che parte convenuta, nel giudizio di appello si era limitata a chiedere genericamente rigetto delle avverse pretese e che tanto avrebbe valore di rinuncia tacita alla domanda di accertare e dichiarare l'intervenuta prescrizione del diritto. La cassazione ha ritenuto infondato tale motivo richiamando il costante orientamento giurisprudenziale che, in tale fattispecie, predilige la ricerca effettiva della volontà della parte. Sostiene ancora la corte che la frase utilizzata da parte convenuta ha un significato generico la cui ampiezza certamente comprende le istanze formulate nell'atto di precisazione delle conclusioni. In circostanze come quelle appena richiamate, la rinuncia del motivo presuppone una esplicita rinuncia di parte. Omessa precisazione delle conclusioni o assenza della parte. Parte ricorrente sostiene ulteriormente l'intervenuta rinuncia all'eccezione di prescrizione rilevando l'assenza della parte all'udienza di precisazione delle conclusioni cui si aggiunge il mancato deposito delle stesse. Anche sotto questo profilo, la S.C., ha ritenuto infondata l'avversa pretesa rilevando che il mancato deposito della precisazione delle conclusioni non implica alcuna rinuncia tacita e produce l'unico effetto di richiamare le domande-conclusioni così come formulate nell'atto di costituzione in giudizio ed eventuali successive modifiche ex art. 183 c.p.c Decorrenza dei termini di prescrizione. Parte ricorrente ha sostenuto che il giudice distrettuale ha errato nel far decorrere il termine di prescrizione dal momento della effettiva revoca del finanziamento e non dal momento in cui la banca ha ammesso di aver revocato senza motivo il finanziamento. Tale argomentazione, osserva la Cassazione, costituisce motivo nuovo e come tale non ammissibile essendo, nel giudizio di legittimità, preclusa l'introduzione di motivi nuovi. Sul punto, hanno chiarito i giudici, non è sufficiente versare un documento nel processo e successivamente, in cassazione, sostenere che esso non è stato considerato dal giudice di merito, occorre, invece, che l'allegazione documentale sia accompagnata da una espressa domanda tanto nel giudizio di primo grado quanto nel giudizio di secondo grado. Quindi, ove tribunale e corte territoriale non abbiano considerato un documento presente agli atti, detta mancanza, se non eccepita in appello, non può essere trattata nel giudizio di legittimità perché, in fatto, è una domanda nuova. Superando tale eccezione, la S.C. ha rilevato che il motivo è comunque infondato avendo il giudice di merito correttamente individuato il momento iniziale di decorrenza del termine di prescrizione. Interruzione della prescrizione. Parte attrice ha sostenuto che l'interruzione della prescrizione può essere individuata in qualsiasi atto scritto da cui si possa desumere la volontà della parte di far valere il suo diritto, quindi, detta volontà è individuabile anche nella denuncia querela. La S.C. ha rigettato anche questo motivo richiamando la pronuncia della corte distrettuale che, dopo aver esaminato tutti gli scritti e le denunce querele, ha osservato che in nessuna di esse era formulata richiesta di risarcimento danni, pertanto, non poteva ritenersi interrotto il termine di prescrizione necessario a far valere tale diritto ha rilevato inoltre che, ex art. 2943, comma 4, c.c., la prescrizione è interrotta da ogni altro atto che valga a costituire in mora il debitore, ovvero da ogni atto che mostri con chiarezza la volontà del soggetto di far valere il suo diritto. Con queste argomentazioni, la S.C. ha rigettato il ricorso condannando la parte al risarcimento delle spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 10 gennaio – 4 marzo 2014, numero 5018 Presidente Amatucci – Relatore Ambrosio Svolgimento del processo Con citazione notificata in data 22 e 23 ottobre 2003 R.G. conveniva in giudizio innanzi al Tribunale di Cagliari la Banca di Sassari di seguito, brevemente, la Banca e la Regione autonoma della Sardegna di seguito, brevemente, Regione Sardegna , per sentirli condannare, in solido, al risarcimento dei danni subiti in relazione all'inadempimento delle convenute nell'erogazione di un finanziamento per complessive L. 146.881.000, di cui al contratto in data 05.02.1988 concluso con la allora Banca Popolare di Sassari in attuazione della legge regionale numero 40 del 1976 e sotto la vigilanza della Regione Sardegna. A fondamento della domanda l'attore esponeva che la Banca - dopo avergli erogato la prima rata di finanziamento concordato giusta delibera del comitato speciale per la gestione dei fondi regionali e provvidenze dell'artigianato - in data 30 maggio 1991 aveva comunicato la sospensione dell'erogazione e, unilateralmente, deciso di risolvere il contratto, facendo riferimento a una delibera di revoca del 29.04.1991, asseritamente assunta dal competente comitato regionale, che però non era stata allegata alla comunicazione e che la Banca si era rifiutata di esibire, nonostante le ripetute richieste e un procedimento penale conclusosi con archiviazione nel marzo 2003. Precisava che - a seguito della revoca, disposta quando i lavori oggetto del finanziamento erano stati realizzati al 90% e nonostante avesse adempiuto alle proprie obbligazioni - aveva subito gravissimi danni che, pure essendo stato esclusa la sussistenza di profili di penale responsabilità, le indagini avevano accertato che le motivazioni della Banca erano del tutto artificiose e false che la Banca aveva, dunque, violato sia il contratto di finanziamento, sia la convenzione con la Regione autonoma della Sardegna che anche quest'ultima doveva ritenersi responsabile dei danni, per essere rimasta inadempiente agli obblighi di controllo sull'erogazione del finanziamento, previsti dagli articoli 35 e 36 della legge numero 40 del 1976, nonostante ne fosse stato sollecitato ripetutamente l'intervento. Resistevano entrambe le convenute, deducendo, tra l'altro, l'intervenuta prescrizione estintiva della domanda risarcitoria. Con sentenza in data 21.04/03.05.2007, il Tribunale di Cagliari dichiarava la prescrizione del diritto al risarcimento del danno fatto valere dall'attore, con compensazione integrale tra le parti le spese processuali, sul presupposto che il fatto illecito dedotto dall'attore dovesse individuarsi nella missiva del 30 maggio 1991, con cui la Banca aveva comunicato la decadenza dal finanziamento sulla base di una delibera mai esistita e nella conseguente condotta della Banca che aveva interrotto l'erogazione del finanziamento. La decisione, gravata da impugnazione di R.G. in via principale e della Banca di Sassari in via incidentale, era confermata dalla Corte di appello di Cagliari, la quale con sentenza in data 04.06/04.08.2010, numero 410, così provvedeva rigettava entrambi gli appelli, compensava interamente le spese del grado tra appellante principale e appellante incidentale condannava l'appellante principale al pagamento delle spese del grado in favore della Regione Sardegna. Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione R.G. , svolgendo sette motivi. Ha resistito la Banca di Sassari, depositando controricorso. Nessuna attività difensiva è stata svolta da parte dell'altra intimata Regione Sardegna. Motivi della decisione 1. I primi tre motivi di ricorso riguardano il punto della decisione impugnata, con il quale la Corte di appello ha escluso che vi fosse stata rinuncia all'eccezione di prescrizione formulata da ognuna delle originarie convenute nella comparsa di risposta nel primo grado del giudizio. Con particolare riferimento alla posizione della Banca di Sassari la Corte territoriale ha osservato che la mancata riproposizione dell'eccezione di prescrizione in sede di precisazione delle conclusioni non comportava alcuna rinuncia implicita alla stessa e che, in ogni caso, non rispondeva al vero che la stessa convenuta si fosse limitata a chiedere il rigetto della domanda , avendo essa confermato le conclusioni assunte con la comparsa di risposta e, quindi, anche l'eccezione ivi formulata mentre - quanto alla Regione Sardegna - ha rilevato che, non essendo comparso il procuratore all'udienza di precisazione delle conclusioni, valeva la presunzione che restavano ferme quelle precedentemente sollevate. 1.1. Con il primo motivo di ricorso si denuncia violazione dell'articolo 360 numero 5 cod. proc. civ. in relazione alla contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio con riferimento all'articolo 112 cod. proc. civ. e cioè l'intervenuta rinuncia alla prescrizione da parte di entrambe le convenute. Al riguardo il ricorrente - ribadito che la Banca di Sassari all'udienza aveva riformulato le conclusioni chiedendo il solo rigetto delle avverse domande ” - deduce che la riformulazione delle conclusioni, senza il richiamo esplicito dell'eccezione di prescrizione, comporterebbe in relazione all'articolo 112 cod. proc. civ. la rinuncia all'eccezione così come la mancata precisazione delle conclusioni e il mancato deposito della conclusioni comporterebbero la presunzione di abbandono delle eccezioni non rilevabili d'ufficio in particolare lamenta che la Corte di appello dica cose non vere”, allorché riferisce che la Banca di Sassari aveva richiamato la comparsa di risposta, atteso che dal verbale del 12.12.2006 risulta che la Banca riformulò le conclusioni, senza menzionare l'eccezione di prescrizione la motivazione sarebbe, dunque, contraddittoria, sia nel punto in cui da per formulato un richiamo alla comparsa di risposta che, invece, non si riscontra nel verbale, sia laddove fa riferimento alla comparsa di risposta, perché nelle conclusioni di tale atto mancherebbe un richiamo espresso all'eccezione di prescrizione. 1.2. Con il secondo motivo di ricorso si denuncia violazione dell'articolo 360 numero 5 in relazione all'omessa motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio con riferimento all'articolo 112 cod. proc. civ. per non avere il giudice di appello spiegato sulla base di quali elementi oggettivi abbia escluso l'operatività della presunzione di rinuncia alle domande e alle eccezioni in precedenza formulate ”. 1.3. Con il terzo motivo di ricorso si denuncia violazione dell'articolo 360 numero 5 cod. proc. civ. in relazione all'omessa motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio in riferimento all'articolo 112 cod. proc. civ Al riguardo parte ricorrente deduce che il Giudice di appello non indica precisamente da quale atto abbia dedotto la propria convinzione circa la volontà della Regione di mantenere ferme le proprie conclusioni ed eccezioni tra cui quella di prescrizione , in tal modo violando l'articolo 112 cod. proc. civ. per essersi pronunciato su eccezione non rilevabile d'ufficio, in assenza di esplicita conferma o richiamo nelle conclusioni definitive. 2. I tre motivi, tutti espressamente formulati in relazione all'articolo 360 numero 5 cod. proc. civ. deducendo in termini, per il vero, difficilmente conciliabili, tra di loro, ora l'omessa, ora la contraddittoria motivazione, che necessariamente postula l'esistenza della motivazione propongono una questione di diritto - e, precisamente, quella del rilievo da ascrivere alla mancata riproposizione di un'eccezione in senso stretto, nel caso di riformulazione delle conclusioni nell'apposita udienza ovvero in caso di mancata comparizione a detta udienza - che non può essere oggetto di utile censura per vizio di motivazione, perché, secondo un canone indiscusso, non sono passibili di annullamento per tale vizio le affermazioni in diritto, suscettibili soltanto di integrazione se conformi alla legge o di correzione. Invero il controllo della Cassazione sulla motivazione si riferisce alla sola giustificazione del giudizio di fatto, perché quello sul giudizio di diritto rientra nel numero 3 o nel numero 4 del citato articolo 360, anche se non si deve trascurare che, quando investe la motivazione di diritto, il vizio può dare luogo anche alla sola correzione della decisione ai sensi dell'articolo 384 dello stesso codice. I suddetti motivi sono, dunque, inammissibili per erronea individuazione della tipologia di vizio. 3. Quand'anche si superasse l'assorbente rilievo che precede, i medesimi motivi risulterebbero, comunque, manifestamente infondati. Valga considerare quanto segue. 3.1. Quanto alla Banca di Sardegna, il tema della rinuncia/abbandono presunti delle domande o eccezioni non riproposte in sede di precisazione delle conclusioni, prevalentemente risolto dalla giurisprudenza di questa Corte nel senso di una ricerca ricostruttiva dell'effettiva volontà della parte , neppure può porsi, atteso che l'espressione rigetto della domanda con cui vennero rassegnate le conclusioni dalla Banca è così ampia da comprendere, tra le ragioni del rigetto, anche la questione della prescrizione sollevata nella comparsa di risposta. In tal caso, la presunzione di persistenza della stessa è quasi assoluta come corrispondentemente assoluto è il rilievo attribuito alla volontà espressa nella regola generale , salvo che la parte interessata, espressamente, non precisi nella successiva comparsa conclusionale che intendeva rinunciare alla eccezione preliminare. Ciò è tanto vero che - per sostenere il contrario - parte ricorrente arriva a profilare che l'eccezione sia stata proposta e abbandonata nel corso della stessa redazione della comparsa di risposta, laddove rileva che sebbene venga sollevata l'eccezione di prescrizione nel corpo dell'atto, tuttavia tale eccezione non è reiterata nelle conclusioni ” cfr. pag. 14 del ricorso . Orbene questo argomento, prima ancora che risultare implausibile, dimostra una vera e propria inversione logica nel ragionamento del ricorrente, dovendosi, in contrario, osservare che proprio perché - per quanto emerge dallo stesso ricorso - le conclusioni, rassegnate sia nella comparsa di risposta, sia nel verbale dell'apposita udienza, erano sempre nel senso del rigetto della domanda , non vi è alcuno spazio per ipotizzare che l'eccezione di prescrizione che altro non è che una delle ragioni esposte nella comparsa di risposta a fondamento della richiesta di rigetto sia stata abbandonata. 3.2. Quanto all'amministrazione regionale, il cui procuratore non comparve all'udienza, è sufficiente rilevare che la decisione impugnata non si discosta da principi acquisiti nella giurisprudenza di questa Corte, secondo cui in assenza della parte all'udienza di precisazione delle conclusioni, valgono le precisazioni risultanti dagli atti introduttivi e le modifiche eventuali ex articolo 183 cit Invero l'omessa precisazione delle conclusioni della parte regolarmente costituita in udienza non produce alcun altro effetto se non quello di far ritenere richiamate le conclusioni formulate in precedenza cfr. Cass. 9 ottobre 1998 numero 10027 Cass. 18 febbraio 1983 numero 1261 l'assenza non implica, difatti, alcuna volontà di rinuncia alle domande e alle eccezioni in precedenza proposte, dovendosi presumere che la parte stessa abbia inteso tenere ferme, senza variarle, le conclusioni formulate in precedenza formulate negli atti tipici a ciò destinati e, quindi, nell'atto introduttivo del giudizio o nella comparsa di risposta, come anche nell'udienza o nei termini ex articolo 183 cod. proc. civ 4. Con il quarto motivo di ricorso si denuncia violazione dell'articolo 360 numero 3 cod. proc. civ. in relazione alla falsa applicazione degli artt. 2934 e 2935 cod. civ., nonché degli artt. 1453 e 1453 cod. civ Assume il ricorrente che il termine prescrizionale non poteva decorrere dalla data del 30.05.1991 della diffida ad adempiere, bensì da quella della successiva lettera del 25.06.1996, con cui venne comunicata dalla Banca la risoluzione unilaterale del contratto. 4.1. Sul punto della decorrenza della prescrizione la Corte di appello ha ritenuto infondato il motivo di appello, secondo cui la prescrizione avrebbe dovuto decorrere - non già dal mese di giugno 1991, come ritenuto dal Tribunale - bensì solo dal momento in cui nel corso del giudizio di primo grado la Banca di Sassari aveva ammesso l'inesistenza della delibera di revoca del finanziamento da parte del Comitato regionale di controllo al riguardo i Giudici di appello hanno evidenziato che il fatto su cui si fondava la domanda di risarcimento era rappresentato dall'ingiustificato recesso dal contratto manifestato con la missiva del 30 maggio 1991 e dal conseguente inadempimento dell'istituto di credito alle obbligazioni assunte erogazione del finanziamento alle scadenze concordate ed era, dunque, da ricondursi al maggio/giugno 1991, data in cui il R. avrebbe potuto e dovuto agire a tutela del suo diritto. 4.2. Prima di ogni altra considerazione si rileva che la questione prospettata con il motivo all'esame - secondo cui il dies a quo della prescrizione dovrebbe individuarsi nella data del 25.06.1996, in cui sarebbe stata comunicata la risoluzione del finanziamento e richiesta la restituzione della prima tranche di finanziamento - risulta, all'evidenza, diversa da quella agitata in sede di appello, secondo cui la prescrizione non avrebbe potuto decorrere, perché il R. non sarebbe stato in grado di far valere il proprio diritto se non dal momento in cui in corso di causa venne ammessa dalla Banca la circostanza dell'inesistenza della delibera del comitato regionale, menzionata nella missiva del 30.05.1991. La censura introduce, dunque, una questione nuova, basata su un elemento di fatto non dedotto, né altrimenti valutato nella decisione di secondo grado, per cui il motivo deve essere dichiarato inammissibile, secondo il principio assolutamente pacifico nella giurisprudenza di questa Corte ex plurimis Cass., numero 5149/2001 Cass., numero 14848/2000 Cass., numero 9936/2000 Cass., 6766/2001 per il quale è preclusa la possibilità di prospettare, per la prima volta in cassazione, questioni nuove o nuove contestazioni non trattate nella precedente fase di merito e non rilevabili di ufficio, le quali, modificando la pregressa impostazione difensiva, pongano a fondamento della domanda o delle eccezioni titoli diversi da quelli fatti valere nelle precedenti fasi processuali. 4.3. Va aggiunto - dal momento che la sentenza impugnata non si occupa neppure della lettera del 25.06.1996, su cui si fonda il motivo all'esame - che sarebbe stato onere di parte ricorrente di dimostrare che le argomentazioni fattuali, che svolge nel ricorso riguardo a detta lettera, le aveva già svolte nel giudizio di merito, indicando specificamente i relativi atti. E ciò in quanto nel giudizio di legittimità non è possibile che la parte, che aveva prodotto un documento, svolga allegazioni sul suo contenuto, senza dimostrare di averle svolte nel giudizio di merito e che, pertanto, il giudice di merito avrebbe dovuto considerarle. Invero, produrre un documento nel processo civile è attività che fa entrare nel processo il documento, ma compete alla parte - salvo il potere del giudice di desumere dal documento i fatti che rappresenta d'ufficio, se si tratta di fatti il cui potere di rilevazione non è riservato alla parte, come i fatti costitutivi della domanda o le eccezioni in senso stretto - allegare i fatti emergenti dal documento prodotto a sostegno della sua prospettazione. Va, dunque, ribadito il principio, secondo cui è inammissibile la denuncia in sede di legittimità dell'omesso esame da parte del giudice di merito di un documento, del quale la sentenza non si occupa, quando la parte non precisa che da esso, pur prodotto nel giudizio, aveva tratto argomenti, cioè allegato fatti a sostegno della sua prospettazione, e non individua dove li aveva svolti. In particolare, non si può imputare al giudice di merito di avere tratto elementi di valutazione da un documento senza considerare un altro documento, se non si precisa in che sede nel giudizio di merito si era argomentato da quest'ultimo quanto avrebbe dovuto comportare la diversa valutazione del documento considerato dalla sentenza impugnata. Vi osta la natura del giudizio di cassazione, che impedisce di allegare in esso fatti emergenti dal documento che non si sono allegati nel giudizio di merito nonostante ch'esso sia stato prodotto Cass. 07 agosto 2012, numero 14183 . 4.4. In disparte l'ulteriore considerazione che il motivo non incide sul punto della decisione in cui si pone in evidenza che - per come prospettato dall'attore - il fatto posto a fondamento della domanda di risarcimento del danno era rappresentato dalla decadenza comunicata con la missiva del 30 maggio 1991 menzionata nell'atto di citazione e dalla conseguente mancata erogazione della seconda rata di finanziamento e, quindi, non già dalla comunicazione di risoluzione e correlativa richiesta di restituzione della prima tranche di cui alla lettera del giugno 1996 . 5. Con il quinto motivo di ricorso si denuncia violazione dell'articolo 360 numero 3 cod. proc. civ. in relazione alla falsa applicazione degli artt. 2934 e 2943 cod. civ. e all'articolo 1219 cod. civ Osserva il ricorrente che la Corte di appello ha applicato falsamente le norme in rubrica, escludendo che le denunce penali e la richiesta di documentazione fatte dal R. costituissero atti idonei a interrompere la prescrizione precisa che l'interruzione della prescrizione, non costituendo eccezione in senso stretto, va rilevata d'ufficio e individuata in qualsiasi atto scritto della parte che faccia presumere la sua attivazione per la tutela del suo contratto ” e nella specie tutte le note di sollecito inviate dal R. dal 1991 al 2003 ” dimostrerebbero che nessuna inerzia gli era addebitabile nella tutela dei suoi diritti, avendo, tra l'altro, tempestivamente denunciato il fatto in sede penale con riserva di costituirsi parte civile. 5.1. Il motivo ripropone, nella sostanza, analoga censura svolta in sede di gravame, rigettata dalla Corte di appello, per la considerazione che sia nelle missive inviate dal R. all'una o all'altra convenuta, aventi ad oggetto solleciti per l'erogazione del finanziamento o la richiesta di esibizione della delibera del Comitato regionale di controllo, sia nelle note indirizzate all'autorità giudiziaria, intese ad evidenziare pretesi aspetti di rilievo penale, non risultava manifestata alcuna richiesta di risarcimento del danno in relazione alla condotta inadempiente rispetto alle pattuizioni contrattuali nel contempo la Corte territoriale ha evidenziato che lo stesso appellante si era genericamente limitato ad affermare che la documentazione citata dal Giudice provava l'avvenuta interruzione della prescrizione perché da essa risultava chiaro che l'attore manifestava la volontà di ottenere il soddisfacimento del proprio diritto, solo da ultimo azionato in citazione ”, senza individuare quale, tra le missive inviate alla Banca e alla Regione Sardegna, contenesse la richiesta di risarcimento e avesse, dunque, efficacia interruttiva della prescrizione di quel diritto. 5.2. Anche il presente motivo non merita accoglimento. Va innanzitutto osservato che - contrariamente a quanto profilato da parte ricorrente - la Corte di appello non ha affatto attribuito valore di eccezione in senso stretto all'interruzione della prescrizione, ma ha, piuttosto, puntualmente esaminato le missive in atti, escludendo che nelle stesse vi fosse una richiesta di risarcimento, idonea a interrompere la prescrizione e, comunque, stigmatizzando il difetto di specificità delle deduzioni di parte. Ciò considerato, si osserva che il motivo ignora una delle due rationes decidendi , rappresentata dal rilievo di genericità del motivo di appello, trattandosi di argomento di per sé idoneo a sorreggere la decisione. Si rammenta che l'impugnazione in sede di legittimità di una decisione di merito che si fonda su distinte rationes decidendi , autonome l’una dall'altra e ciascuna sufficiente, da sola, a sorreggerla, è meritevole di ingresso solo se risulta articolata in uno spettro di censure che investano utilmente tutti gli ordini di ragioni esposte nella sentenza, atteso che la eventuale fondatezza del motivo dedotto con riferimento a una sola parte delle ragioni della decisione non porterebbe alla cassazione della sentenza, che rimarrebbe ferma sulla base dell'argomento non censurato Cass. 16 dicembre 2010, numero 25510 Cass. 2009/24540 S.U. 2004/19200 Cass. 2002/3965 . 5.2. Non è superfluo aggiungere che la tesi prospettata con il motivo di ricorso, intesa a ricondurre l'efficacia interruttiva alle denunce all'autorità giudiziaria o alla riserva svolta in sede penale di costituzione di parte civile ovvero ancora alla richiesta di documentazione, risulta manifestamente infondata sulla base del tenore della normativa richiamata in rubrica e del principi affermati da questa Corte, che costantemente postulano per gli atti interruttivi della prescrizione di cui all'articolo 2943, quarto comma, cod. civ., l'esplicazione di una precisa pretesa e l'intimazione o richiesta di adempimento, rivolta al soggetto che si ritiene obbligato, idonea a manifestare l'inequivocabile volontà del titolare di far valere il proprio diritto nei confronti del destinatario, con l'effetto sostanziale di costituirlo in mora. Peraltro, sotto quest'ultimo profilo, il motivo di ricorso incorre nel medesimo difetto di specificità, già rilevato dai giudici del gravame, atteso che parte ricorrente si limita alla mera allegazione dell'efficacia interruttiva di tutte le note di sollecito”, senza individuare l'atto avente significato interruttivo della prescrizione. 6. Con il sesto motivo di ricorso si denuncia violazione dell'articolo 360 numero 5 cod. proc. civ. per omessa motivazione in relazione alla violazione della legge regionale Regione Sardegna numero 40 del 1976 artt. 15, 33, 35, 36, 48 e all'articolo 1453 cod. civ Al riguardo parte ricorrente deduce che, in considerazione della domanda di accertamento di inadempimento contrattuale, la Corte di appello avrebbe dovuto pronunciarsi sulla stessa e non solo sulla connessa domanda risarcitoria, pur in presenza di prescrizione dell'azione risarcitoria. 6.1. Il motivo è inammissibile. Invero la decisione del giudice di secondo grado che non esamini e non decida un motivo di censura della sentenza del giudice di primo grado è impugnabile per cassazione non già per omessa o insufficiente motivazione su di un punto decisivo della controversia e neppure per motivazione per relationem resa in modo difforme da quello consentito, bensì per omessa pronuncia su un motivo di gravame ne consegue che, se il vizio è denunciato ai sensi dell'articolo 360, numero 3 o numero 5, cod. proc. civ., anziché dell'articolo 360, numero 4, cod. proc. civ. in relazione all'articolo 112 dello stesso codice, il ricorso è inammissibile. Cass. 15 maggio 2013, numero 11801 . È il caso di precisare che le SS.UU. - pur patrocinando con la sentenza 24 luglio 2013, numero 17931 un indirizzo non formalistico, che non richiede la formale ed esatta indicazione della ipotesi, tra quelle elencate nell'articolo 360, primo comma, cod. proc. civ., cui si ritenga di ascrivere il vizio, né la precisa individuazione, nei casi di deduzione di violazione o falsa applicazione di norme sostanziali o processuali, degli articoli di legge - hanno ribadito l'esigenza di una chiara esposizione, nell'ambito del motivo, delle ragioni per le quali la censura sia stata formulata e del tenore della pronunzia caducatoria richiesta con la conseguenza che il motivo va dichiarato inammissibile, allorché il ricorrente, nel lamentare l'omessa pronuncia in ordine ad una delle domande od eccezioni formulate, non solo menzioni un motivo non pertinente ed ometta di menzionare quello di cui all'articolo 360, primo comma, numero 4 cod. proc. civ., in relazione all'articolo 112 cod. proc. civ., ma sostenga altresì che la motivazione sia stata omessa o sia insufficiente o si limiti ad argomentare sulla violazione di legge. 7. Con il settimo motivo di ricorso si denuncia violazione dell'articolo 360 numero 3 cod. proc. civ. in relazione alla falsa applicazione degli artt. 2935 e 2941 co. 2 numero 8, 2947 co. 3 e 1449 cod. civ Al riguardo parte ricorrente deduce che la Corte di appello ha errato a ritenere che esso ricorrente avrebbe potuto e dovuto agire a tutela del proprio diritto a far data dal maggio/giugno 1991, dal momento che solo in corso del giudizio di primo grado era emersa la frode ai suoi danni, essendo stata acclarata l'inesistenza della delibera del Comitato regionale rileva che, se il fatto costituisce reato, in applicazione analogica dell'articolo 1449 cod. civ., deve farsi applicazione dell'ultimo comma dell'articolo 2947 cod. civ. e, anzi, ritenersi che la mancata vigilanza attuale da parte dell'ente pubblico sulla Banca mandataria sospenda ancora oggi i termini prescrizionali nei confronti della Regione Sardegna e della Banca. 7.1. Il motivo è palesemente eccentrico rispetto all'oggetto della domanda intesa a ottenere il risarcimento del danno conseguente all'inadempimento nell'erogazione di un finanziamento e non già a non meglio precisati profili di responsabilità penale, che, peraltro, risultano essere stati esclusi nell'apposita sede. Il tentativo di spostare in avanti il dies a quo della prescrizione, individuandolo nel corso del giudizio di primo grado, rivela, del resto, l'inammissibile modificazione dei fatti addotti a fondamento della domanda risarcitoria. Lo stesso motivo è anche manifestamente infondato laddove profila la sospensione della prescrizione in relazione al disposto del numero 8 dell'articolo 2947 cod. civ., il quale postula il doloso occultamento del debito da parte dell'obbligato. In conclusione il ricorso va rigettato. Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo alla stregua dei parametri di cui al D.M. numero 140 del 2012, seguono la soccombenza. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al rimborso delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in favore della resistente in Euro 3.800,00 di cui Euro 200,00 per esborsi oltre accessori come per legge.