Esplode una bomba in un comando, l’intento è quello di colpire la collettività

É colpevole chi con l’intento di incutere timore o suscitare pubblico disordine, attenti alla pubblica sicurezza servendosi di armi da fuoco o altri ordigni.

Lo stabilisce la Cassazione nella sentenza numero 9286 del 26 febbraio 2014. Il fatto. Un uomo fa esplodere due ordigni esplosivi di tipo deflagrante, lanciandoli all’interno del cortile del Comando della Polizia Municipale di Parma, in ora notturna. Si trattava di un’azione di protesta ad un recente episodio che aveva suscitato un certo clamore si trattava di un cittadino ghanese che secondo l’uomo aveva subito un pestaggio dal personale di Polizia Municipale durante un’operazione antidroga. Conseguentemente il reo, insieme ad altri, prepara uno striscione che intima l’assessore alla sicurezza del comune a dimettersi. La Corte d’assise d’appello di Bologna, condanna il manifestante alla pena di 2 anni di reclusione ai sensi dell’articolo 6 l. numero 895/1967. Un’esplosione che mina all’ordine pubblico. I giudici d’appello condividono la motivazione della sentenza di primo grado che aveva ritenuto esistente il dolo specifico nel caso in esame, al fine di incutere pubblico timore o di suscitare tumulto o pubblico disordine. Infatti a parere dei giudici, la norma incriminatrice violata tutela l’ordine pubblico,e nel caso di specie, non rileva che lo scoppio sia avvenuto in zona non residenziale, in quanto gli ordigni sono stati lanciati nel cortile della Caserma dei Vigili Urbani, quindi diretti a colpire un organo rappresentativo della collettività. Pertanto, rigettano la richiesta del condannato alla riqualificazione del fatto ai sensi dell’articolo 703 c. p. Accensioni ed esplosioni pericolose , alla luce dell’inoffensività dagli oggetti lanciati, composti da artifici pirici liberamente acquistabili da maggiorenni. Conseguentemente ricorre per cassazione il condannato. Il dolo specifico nel lancio della bomba. I giudici di legittimità affermano che il dolo specifico costituisce proprio il discrimine tra il delitto e la contravvenzione di cui all’articolo 703 c. p., il quale richiede esclusivamente che le esplosioni siano pericolose e pretende l’elemento soggettivo della coscienza e volontà del fatto. Per cui anche se la condotta materiale può essere identica, il delitto previsto ex articolo 6 l. numero 895/1967 è volto a tutelare l’ordine pubblico e richiede il dolo specifico «consistente nel fine incutere timore o di suscitare tumulto o pubblico disordine o di attentare alla sicurezza pubblica, pur non essendo necessario che si sia verificato l’effetto voluto, mentre la contravvenzione prevista ex articolo 703 c. p., anche quando ha a oggetto lo stesso elemento materiale, è volta a tutelare la vita e l’incolumità fisica riferibile non a persone determinate ma ad un numero indeterminato di soggetti e richiede la coscienza e volontà del fatto che costituisce la contravvenzione» Cass. 37384/2006 Cass. 11872/1980 . La Cassazione conclude sostenendo che il gesto dell’uomo, sia stato rivolto non tanto alla persona fisica dell’amministratore, ma al Corpo del Comando di Polizia Municipale, rappresentativo della collettività, che doveva essere intimidito e la sua sicurezza messa a rischio. Per questi motivi la Corte ritiene sussistente il reato contestato e rigetta il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 20 gennaio – 26 febbraio 2014, numero 9286 Presidente Chieffi – Relatore Rocchi Ritenuto in fatto 1. La Corte d'assise di appello di Bologna, con sentenza del 2/5/2012, in parziale riforma di quella della Corte di assise di Parma, che aveva dichiarato S.G. colpevole del reato di cui agli articolo 110, 61 numero 5 cod. penumero e 6 legge 895 del 1967, con recidiva reiterata specifica e infraquinquennale e lo aveva condannato alla pena di anni due di reclusione, rideterminava la pena in anni uno di reclusione, confermando nel resto la sentenza impugnata. Sciacca è imputato, in concorso con altri soggetti separatamente giudicati, di avere fatto esplodere due ordigni esplosivi di tipo deflagrante, lanciandoli all'interno del cortile del Comando della Polizia Municipale di Parma, in ora notturna era stato, peraltro, assolto in primo grado dal porto in luogo pubblico di detti ordigni nonché dall'imputazione di atti di terrorismo ex articolo 280 bis, comma 4, cod. penumero Si era trattata di un'azione che trovava la sua motivazione in un episodio che aveva suscitato clamore nella città di Parma un cittadino ghanese aveva, secondo l'accusa, subito un pestaggio da personale della Polizia Municipale di Parma durante un'operazione antidroga. Dopo che alcune persone avevano annotato la targa dell'autovettura su cui erano saliti coloro che avevano lanciato l'ordigno esplosivo, era stato rinvenuto uno striscione che intimava all'assessore alla sicurezza del Comune - da cui dipende la Polizia Municipale - ad andarsene. L'autovettura era stata fermata e all'interno era stato identificato S. , passeggero sul sedile anteriore le intercettazioni telefoniche avevano dimostrato che si trattava di colui che aveva materialmente eseguito il lancio. La Corte territoriale rigettava il motivo di appello che chiedeva la qualificazione del fatto ai sensi dell'articolo 703 cod. penumero , alla luce dell'inoffensività degli oggetti lanciati, composti da artifici pirici liberamente acquistabili dai maggiorenni la Corte condivideva la motivazione della sentenza di primo grado che aveva ritenuto decisivo il profilo soggettivo del reato, nel caso in esame consistente nel dolo specifico costituito dal fine di incutere pubblico timore o di suscitare tumulto o pubblico disordine o di attentare alla sicurezza pubblica. Poiché la norma incriminatrice tutela l'ordine pubblico, non rilevava che lo scoppio fosse avvenuto in zona non residenziale quanto che gli ordigni fossero stati lanciati nel Cortile di una Caserma dei Vigili Urbani, quindi con specifica direzione ad ente rappresentativo della collettività. La Caserma non era mai disabitata e l'esplosione doveva incutere allarme e timore nei confronti del personale presente. Il dolo specifico e l'implicita minaccia di ripetere gesti analoghi erano dimostrati dal contenuto dello striscione, con conseguente integrazione del clamore e del timore pubblico. La Corte non riteneva concedibili le attenuanti generiche, alla luce della preordinazione del gesto gli autori del gesto provenivano da Verona e uno di loro era stato prelevato a Bologna , dei precedenti penali e di polizia e della attribuibilità dell'azione materiale allo S. . 2. Ricorre per cassazione il difensore di S.G. , deducendo violazione dell'articolo 546, comma 1, lett. e cod. proc. penumero . La sentenza impugnata manca di motivazione in ordine all'affermazione di responsabilità del ricorrente per il reato sub B. Essendo pacifico il lancio dei due ordigni esplosivi, la Corte territoriale, per ritenere sussistente il dolo specifico del delitto di cui all'articolo 6 legge 895 del 1967, aveva omesso di considerare che l'obiettivo del gesto era una sola persona l'Assessore alla Sicurezza del Comune di Parma, Monteverdi non il Comando dei Vigili Urbani o la città intera. Lo striscione non conteneva alcuna minaccia alla cittadinanza o agli organi di Pubblica Sicurezza, ma solo ad un individuo. In un secondo motivo il ricorrente denuncia vizio di motivazione con riferimento alla mancata concessione delle attenuanti generiche e della sospensione condizionale della pena, nonché con riferimento alla determinazione della pena. Il ricorrente conclude per l'annullamento della sentenza impugnata. Considerato in diritto Il ricorso deve essere rigettato. L'articolo 6 della legge 895 del 1967 punisce chiunque, al fine di incutere pubblico timore o di suscitare tumulto o pubblico disordine o di attentare alla sicurezza pubblica, fa esplodere colpi di arma da fuoco o fa scoppiare bombe o altri ordigni o materie esplodenti. La norma è caratterizzata dal dolo specifico, con riferimento a quattro finalità alternative quanto a ciò che viene fatto esplodere, il legislatore ha voluto esplicitamente comprendere nell'ipotesi incriminatrice qualsiasi ipotesi bombe o altri ordigni o materie esplodenti , anche se lieve. In effetti, il legislatore è stato attento a discostarsi dall'elencazione contenuta nell'articolo 1 della legge 895 del 1967 che, al contrario, viene richiamato dagli articolo 2, 3 e 4 il mancato richiamo alla norma di riferimento e l'utilizzo dell'espressione materie esplodenti - che è propria del T.U. di pubblica sicurezza articolo 30 R.D. numero 773 del 1931 e delle contravvenzione in materia di armi articolo 704 cod. penumero - dimostra che anche l'esplosione di ordigni di scarsa pericolosità possa integrare la condotta materiale del reato in questione. L'intervenuta assoluzione in primo grado per il reato di porto in luogo pubblico di ordigni esplosivi articolo 4 legge 895 del 1967 , pertanto, è pienamente coerente con la condanna per il reato in oggetto. La descrizione del dolo specifico costituisce il discrimine tra il delitto e la contravvenzione dell'articolo 703 cod. penumero , che richiede esclusivamente che le esplosioni siano pericolose e pretende l'elemento soggettivo della coscienza e volontà del fatto la condotta materiale può, quindi, essere identica. Questa Corte ha affermato che il delitto previsto dall'articolo 6 L. 895 del 1967 è volto a tutelare l'ordine pubblico e richiede il dolo specifico consistente nel fine di incutere timore o di suscitare tumulto o pubblico disordine o di attentare alla sicurezza pubblica, pur non essendo necessario che si sia verificato l'effetto voluto, mentre la contravvenzione prevista dall'articolo 703 cod. penumero , anche quando ha a oggetto lo stesso elemento materiale, è volta a tutelare la vita e l'incolumità fisica riferibile non a persone determinate ma a un numero indeterminato di soggetti e richiede la coscienza e volontà del fatto che costituisce contravvenzione Sez. 1, numero 37384 del 22/09/2006 - dep. 10/11/2006, Ponticelli e altri, Rv. 235082, Sez. 1, numero 11872 del 07/10/1980 - dep. 12/11/1980, Passagrilli, Rv. 146636 . Il ricorrente contesta che il dolo specifico presente al momento dell'esplosione fosse quello contestato, sottolineando il contenuto dello striscione lasciato sul posto dagli autori del gesto ma la motivazione della sentenza impugnata del tutto logicamente, pur senza prescindere dalla valutazione del messaggio presente nello striscione e del destinatario di esso l'Assessore alla Sicurezza Sociale del Comune di Parma , evidenzia il significato complessivo del gesto, ritenendolo rivolto non tanto alla persona fisica dell'amministratore, ma al Corpo del Comando di Polizia Municipale, in qualche modo rappresentativo della collettività tale Corpo doveva essere pubblicamente intimidito e la sua sicurezza doveva essere messa a rischio. La Corte territoriale ha ritenuto che proprio il messaggio all'Assessore cui lo striscione intimava di dimettersi e il riferimento alla vendetta facessero trasparire la minaccia di rinnovare in ogni momento gesti analoghi. La motivazione, in definitiva, è effettivamente esistente e niente affatto manifestamente illogica. Anche il motivo concernente la determinazione della pena assai ridotta dalla Corte territoriale rispetto alla sentenza di primo grado e la mancata concessione delle attenuanti generiche è infondato la Corte ha valutato il motivo di appello, lo ha parzialmente accolto ma, con motivazione adeguata, ha ritenuto di non poter concedere le attenuanti generiche alla luce delle caratteristiche oggettive del gesto e della personalità dell'imputato, cui è contestata la recidiva. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.